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Autore Discussione: Virginia Lori - Altro che 194: il vero fallimento è la fecondazione  (Letto 8380 volte)
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« inserito:: Gennaio 25, 2008, 11:04:31 pm »

Altro che 194: il vero fallimento è la fecondazione

Virginia Lori


Evitate oltre 3 milioni e 300 mila interruzioni volontarie di gravidanza - di cui un milione di aborti clandestini. È questa il bilancio di 30 anni di legge 194. Meno bimbi e boom di viaggi della provetta all’estero, nonchè una sfilza di sentenze di tribunale che ne certificano il fallimento. Questo invece il «risultato» di quasi 4 anni di legge 40. Eppure, di moratoria sulla «legge medievale» sulla fecondazione assistita - la legge dei no: soprattutto quello alla diagnosi preimpianto - nessuno parla.

Due provvedimenti che riguardano direttamente la salute delle donne e la loro scelta di maternità. Due provvedimenti che funzionano in maniera «opposta». La 194 continua a far diminuire il numero di aborti - dai 235mila casi l’anno nel 1982 ai 20mila del 2006 - nonostante nei servizi pubblici, lo sottolina l’Istituto superiore di sanità, siano obiettori il 60% dei ginecologi, il 46% degli anestesisti e il 39% del personale non medico. E nonostante il problema consultori: 914 al nord, 428 nell’Italia centrale, 514 al sud e 207 nelle isole. La legge e la sua piena applicazione: per questo il ministro Turco tra l’altro ha proposto tre quesiti agli esperti per meglio definire i limiti dell’aborto terapeutico, ovvero dopo i primi 90 giorni di gravidanza. A rispondere sarà il Consiglio superiore di sanità a partire da una questione centrale: da quando inizia la possibilità di «vita autonoma» per il feto?.

Dall’altra parte il fallimento della legge 40. I giudici di Cagliari prima, quelli di Firenze poi e l’altro giorno quelli del Tar del Lazio hanno ribadito i limiti pesanti di quel provvedimento. Ribadendo soprattutto un punto: la prevalenza del diritto alla salute della donna così come sancito dalla Costituzione. È lecito ovvero rifiutare il numero obbligatorio di tre embrioni - come invece prescrive la 40 - se per esempio c’è il rischio di una gravidanza che può mettere a rischio la vita della madre. Salute, dunque. Ma anche dignità. I divieti della legge sulla fecondazione - da quello sull’eterologa, cioè al di fuori della coppia, a quello sulla sperimentazione e clonazione degli embrioni, passando per quello sulla diagnosi pre-impianto degli embrioni - hanno avuto conseguenza pesanti sulle coppie italiane. Dai rischi appunto legati all’impianto obbligatorio di tre embrioni alla questione dei viaggi all’estero, dove esistono leggi più avanzate ed umane. Le dimensioni del fenomeno, affermavano ieri Alessandro Di Gregorio, direttore del centro Artes di Torino che opera nel campo della riproduzione assistita dal 1982, e Luca Gianaroli, direttore scientifico del Centro Sismer sono impressionanti: «Le coppie che si recavano all’estero prima della legge 40 erano circa mille. Solo un anno dopo della sua entrata in vigore sono quadruplicate. Oggi, grazie a questa normativa, almeno 25 mila coppie si rivolgono all’estero, con una spesa media di ottomila euro per ciclo a cui vanno aggiunte spese di viaggio, pernottamento e sostentamento. E sono soldi in meno per le casse italiane».

Per non parlare della diminuzione delle gravidanze: nelle coppie con infertilità maschile nei passati 3 anni il numero di gravidanze a termine con successo si è ridotto dal 35,7 al 23,5% (oltre il 10% in meno sul totale). Nelle gravidanze in generale, il divieto di impiantare più di tre ovociti ha causato, per le donne con più di 35 anni, una riduzione del numero di gravidanze del 5-10%. Terzo effetto: nelle donne sotto i 28 anni il divieto di congelare gli embrioni ha costretto gli operatori, per avere più garanzie di successo, a impiantare insieme i tre consentiti dalla legge. Questo ha incrementato i parti gemellari dal 14 al 22% e i parti trigemellari dal 2 all’11%.

Ed ecco perchè - dopo l’ultima sentenza che «bocciava» le linee guida sulla fecondazione dichiarando di fatto legittima la diagnosi preimpianto - sono centinaia le telefonate di coppie che arrivano alle associazioni che hanno promosso il ricorso al Tar del Lazio. «A chiamare - spiega Filomena Gallo, legale di “Amica Cicogna onlus” e “L’altra cicogna onlus” - sono coppie che stanno già tentando di avere un bambino in qualche centro all’estero - ha aggiunto Gallo - e che ci chiedono se è possibile restare in Italia. Altre coppie, che non hanno i soldi per andare all’estero, ora vogliono sapere se le condizioni sono cambiate. Noi rispondiamo che i centri possono fare diagnosi preimpianto, non comporta nessun reato alla luce della legge 40».

Pubblicato il: 25.01.08
Modificato il: 25.01.08 alle ore 15.08   
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« Risposta #1 inserito:: Febbraio 04, 2008, 11:13:57 am »

CRONACA

LA POLEMICA. I firmatari: non vogliamo intervenire sui feti abortiti

I neonatologi: al di sotto della 24esima settimana è solo accanimento

Medici spaccati sulla Carta di Roma "Non forzate i limiti della natura"

di PAOLA COPPOLA


 ROMA - È polemica sulle cure da prestare a un neonato estremamente prematuro ma vitale. Il documento dei neonatologi delle cliniche universitarie romane - che suggerisce "di trattarlo come qualsiasi persona in condizione di rischio e assisterlo adeguatamente" indipendentemente dall'età gestazionale - divide i medici. Applicare la rianimazione a un neonato al di sotto della 24esima settimana, accusa il front dei contrari, potrebbe configurare un accanimento terapeutico.

"Il limite per la vita umana e la qualità della vita umana da assumere attualmente come riferimento è la 24esima settimana di gestazione. Prima, la potenzialità di risposta positiva del paziente risulta nella quasi totalità delle volte inefficace", chiarisce Gianpaolo Donzelli, il direttore della Clinica di medicina neonatale dell'ospedale Meyer che è tra i firmatari della Carta di Firenze. Donzelli precisa anche che il medico "non può procedere senza l'alleanza e il rapporto dei genitori su cui ricadono sofferenza e dolore", come due giorni fa ha anche ipotizzato Domenico Arduini, uno dei firmatari del documento.

Un altro firmatario, Mario De Curtis, ordinario di neonatologia alla Sapienza di Roma, intervenendo al Tg1 precisa che il documento non prende in considerazione la rianimazione dei feti abortiti ma dà conto del miglioramento della prognosi dei neonati estremamente pretermine e rivendica "un approccio non basato su un criterio statistico, come la percentuale di sopravvivenza o disabilità, ma individualizzato". Per il chirurgo e senatore Ignazio Marino "partendo dalle conoscenze scientifiche è necessario aprire una riflessione sull'età gestazionale e l'assistenza ai neonati estremamente prematuri che oggi hanno possibilità di vita impensabili fino a pochi decenni fa".

Mette in guardia contro l'adozione di un "vitalismo estremo" suggerita dalla "Carta di Roma" il ginecologo ed esponente radicale Silvio Viale, che ha condotto a Torino la sperimentazione sulla Ru486: "Sarebbe dannoso per le conseguenze sul neonato, la famiglia e la società". Il rischio, avverte il ginecologo, è che "di fronte a patologie materne e fetali si affretti la decisione di abortire per evitare di giungere ad un'epoca in cui un medico potrebbe decidere di rianimare ad ogni costo".

Oggi dopo la 22esima settimana esiste l'ipotesi che il feto sia vitale, ovvero abbia una capacità autonoma di respirare, tuttavia se sopravvive potrebbe riportare gravi deficit. Così per Claudio Giorlandino, presidente della Sidip (Società italiana di diagnosi prenatale e medicina fetale) la rianimazione sarebbe "un esercizio di forza contro il disegno naturale che si conclude con l'inganno dei genitori". "Rianimare un prematuro estremo significa voler vincere a tutti i costi sulla natura", chiarisce. "A quell'età il sistema nervoso centrale del feto non è formato, così come i polmoni, e chi riesce a sopravvivere riporta danni neurologici serissimi".

Per quanto riguarda la decisione di rianimare contro il parere della madre, per il ginecologo "significa ingannare i genitori i quali avranno tutti i diritti di rivalersi civilmente per i danni conseguenti a una vita miserevole alla quale le manipolazioni e gli esercizi di accanimento terapeutico li avranno condannati a vivere".

"Il documento esprime la posizione di pochi" afferma Giovanni Monni, primario di ginecologia dell'ospedale di Cagliari e presidente dell'Aogoi, l'associazione che raccoglie oltre 5000 ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani. E ribadisce: "La maggioranza approva quanto previsto dal decalogo stilato dal pool di esperti istituito dal ministro Turco che rispetta la legge 194".


(4 febbraio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #2 inserito:: Febbraio 04, 2008, 11:15:13 am »

CRONACA

L'INTERVISTA. Livia Turco, ministro della Salute: così non si aiuta la maternità

"Aspetto il parere del Consiglio Superiore di Sanità: servono punti fermi ed equilibrati"

"Crudeltà insensata la rianimazione contro la volontà della madre"

di MARINA CAVALLIERI

 
ROMA - Livia Turco, anche se ministro della Salute di un governo sconfitto, è ancora molto determinata. "Sfido", dice in modo netto e scandendo le parole, "sfido chi vuole mettere in discussione la 194, una legge molto saggia e lungimirante". Anche se è dispiaciuta e stanca per i toni di un dibattito che appare a tratti "surreale", per la "bagarre politica", per affermazioni che "non aiutano la maternità e ad accogliere una vita", Livia Turco non si sente vinta. E sa che non è il momento dei giri di parole: "É una crudeltà insensata voler rianimare un feto contro la volontà della madre".

Ministro, perché è tornato lo scontro sull'aborto?
"Non lo so, so però che non è un dibattito sereno, non so quanto queste prese di posizione saranno efficaci per promuovere la capacità di accoglienza della maternità. Questo è invece importante: che chi vuole un figlio possa farlo con un sostegno, un'accoglienza. Occorre fare un dibattito serio su questo, bisognerebbe ragionare di più sulle persone e meno sui principi, sarebbe necessario mettere in campo dialogo e reciproco ascolto. Il dibattito che c'è ora non promuove una maggiore accoglienza di una vita umana, invece si allontana sempre di più dalle persone reali".

Eppure posizioni come quelle dei ginecologi delle università romane sembrano voler dare più attenzione alla vita. Cosa ne pensa di quello che hanno detto che può essere necessario rianimare il feto anche contro la volontà della madre?
"Vogliono rianimare il feto? Va bene, rianimino il feto. Anche nella 194 c'è un riferimento a questo, c'è sempre comunque un medico che decide, di volta in volta, in base ad ogni storia e ad ogni peculiarità. Mi sembra però una crudeltà insensata che certo non aiuta ad accogliere una vita umana farlo contro la volontà della madre. Credo che conti il parere del medico e che la vita vada alimentata ma non contro la volontà della madre ma con quella volontà e il medico non può non tenerne conto. Questo documento delle università romane è solo un documento, lo prendo per quello che è".

Lei ha chiesto il parere del Consiglio superiore di sanità sulle cure ai nati prematuri. È stato elaborato? Lo diffonderà?
"L'ho avviato ma non è stato ancora deliberato, lo solleciterò nonostante la complessa situazione politica. Credo che ci sia bisogno di punti di riferimento sereni che nascono dalle competenze mediche, il Paese deve avere punti di riferimento equilibrati lontani dalla bagarre e dalle strumentalizzazioni politiche".

Si attende anche l'entrata in commercio della Ru486, la pillola abortiva. Anche su questo c'è già chi ha dichiarato battaglia. È vero che sarà in vendita a febbraio?
"C'è un procedimento avviato, si deve proseguire una procedura, la Ru486 è utilizzata nei paesi europei, l'Italia si basa su una procedura che non è conclusa, l'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, dovrà pronunciarsi, è un passo necessario per consentire un dibattito sereno".

Ministro, siamo alla vigilia di un nuovo governo, pensa che nella prossima legislatura verrà messa in discussione e cambiata la legge 194?
"L'ho detto e lo ripeto: sfido chi vuole metterla in discussione. Vedendola da vicino l'ho apprezzata ancora di più, ho apprezzato il suo equilibrio e la sua lungimiranza. La legge ha fatto leva su due principi etici fondamentali: la responsabilità femminile e la responsabilità del medico. Io sono serena. Tutti sanno che con questa legge l'aborto è diminuito. Ho fiducia nelle donne e nella loro saggezza".


(4 febbraio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #3 inserito:: Febbraio 04, 2008, 05:19:14 pm »

Se la madre non conta

Vittoria Franco


Dopo Milano e la Lombardia, anche neonatologi di università statali e cattoliche di Roma pongono la questione della opportunità e della necessità etica di rianimare un feto vitale anche di estrema prematurità e - aggiungono - senza il consenso della madre.

La questione non è nuova sotto il profilo giuridico, ma è nuova proprio sotto il profilo etico. La legge è, infatti, chiara sul punto che tratta dell’aborto «terapeutico», quello a cui si ricorre dopo i primi 90 giorni di gestazione.

L’articolo afferma che esso può essere praticato «quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna» e quando «siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la sua salute fisica o psichica». All’articolo 7 si dice ancora che, quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, la gravidanza può essere interrotta solo nel primo caso e «il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto».

Ciò che il legislatore non poteva sapere trent’anni fa, quando la legge è stata varata, è il fatto che la scienza e le tecniche avrebbero consentito di rianimare un feto anche di 22 settimane. Nella sua lungimiranza esso ha, infatti, evitato di porre limiti temporali e ha affidato la decisione a una valutazione medica fatta insieme con la paziente. Certamente la novità è rilevante e non la si può trascurare. E bene ha fatto la ministro Turco a chiedere un parere tecnico prima di dare indicazioni che ristabiliscano uniformità di criteri a cui ispirarsi.

Resta però il problema del consenso o meno della donna. Io credo che non si possa fare tutto obliterando il fatto che c’è un’altra volontà e che con la gravidanza si stabilisce una relazione insopprimibile tra la madre e il feto. Se diventa un obbligo rianimare il feto anche quando è altamente probabile che diventerà un bambino con gravi malformazioni, non si contraddice uno dei principi della legge 194 che tutela la libertà di decisione della madre e cha salvaguarda la sua vita fisica e psichica? Sostenere la legittimità di fare a meno del consenso della madre sempre e comunque a me sembra un primo passo verso lo svuotamento del principio fondamentale della legge, la maternità responsabile e consapevole.

Questa è una linea di ragionamento che parte dai fatti e che richiede una riflessione. Ma non si può non vedere che sono in campo altre posizioni con diversi intenti. Una consiste nell’uso della 194 come clava a cui ricorrere periodicamente per tenere alto il livello dello scontro ideologico. Si veda la polemica ancora in corso sulla moratoria sull’aborto, che assimila l’interruzione di gravidanza alla pena di morte. Una proposta aberrante. L’altra consiste nell’assunzione di un’etica della vita prescindendo dalle condizioni concrete delle persone. La vita, anche quella iniziale, viene collocata sopra ogni cosa, anteposta anche alla vita di coloro che sono già nati. Una concezione astratta che annulla e distrugge gli elementi relazionali sui quali l’etica si fonda e che entrano in campo con più forza proprio nel caso della nascita, della maternità, della perdita. Con la legge 40 sulla procreazione assistita si difende, ad esempio, la vita dell’embrione o del feto a tutti i costi, ma si impedisce a una coppia portatrice di malattie genetiche di avere figli con le tecniche riproduttive. Si pensa di semplificare in questo modo la scelta etica con un dovere astratto. Ma soprattutto, con i continui attacchi alla legge 194, si mira a indebolire quel concetto di autonomia della scelta di maternità che è il fondamento della facoltà morale della donna.

Credo che fra gli elementi di nuova civiltà politica e professionale vi sia anche quello di creare condizioni per una discussione il più possibile pacata su questioni difficili, ma che è necessario affrontare, come quelle bioetiche nell’ottica del rispetto di tutti i soggetti coinvolti.

Pubblicato il: 03.02.08
Modificato il: 04.02.08 alle ore 13.31   
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« Risposta #4 inserito:: Febbraio 05, 2008, 06:38:11 pm »

Livia Turco: «194, definire quando il feto ha vita autonoma»

Anna Tarquini


«Perché scandalizzarsi? Dopo trent’anni di applicazione la legge 194 deve essere applicata nella sua parte più progressista, cioè nella tutela della donna e nella difesa della vita». Livia Turco ha appena finito di partecipare a un convegno di donne immigrate, quelle che da qualche anno in Italia alzano la percentuale degli aborti. Era uno dei problemi che il governo aveva cercato di affrontare con un progetto il centro nazionale per la salute dei migranti. Non è impazzita e non sta rompendo un tabù. «Nessuno ha mai pensato di fissare un termine come quello della 22ª settimana - dice - . Nessuno vuole dare linee guida o decidere quando un feto deve essere considerato vitale. Ma in trent’anni la scienza è cambiata, ha fatto progressi». Da dove è cominciata la polemica? Mesi fa il ministro della Salute ha chiesto a una commissione di affrontare il tema dei pre-prematuri e di quale fosse il confine tra accanimento terapeutico e obbligo del medico a rianimare un feto. Nei primi giorni di gennaio sempre il ministro ha chiesto al Consiglio superiore di Sanità di pronunciarsi sulla vita autonoma del feto. Quando cominciava? Quando scattava un obbligo di cura? La richiesta prendeva spunto proprio da una particolare tutela del feto già prevista nella legge 194. Dalla 194 ai nuovi parti pre-termine che la scienza medica ormai avanzata sa o può far sopravvivere. Non il contrario. Ma la politica ha preso la palla al balzo ed è arrivata la lettera dei medici di 4 università romane.

Allora ministro trent’anni dopo la scienza ci dice che è bene rivedere la 194?
«Sono stati gli operatori, nell’ottica della piena applicazione della 194, a pormi due questioni: la prima è che lo sviluppo delle tecnologie consente di accertare in modo molto anticipato la presenza di malformazioni e dall’altra l’abbassamento dell’età gestazionale e quindi la presenza di parti molto pre-termine. Per quanto riguarda la 194 il problema che è emerso è quello di dare piena applicazione agli articoli 6 e 7 della legge. L’articolo 6 dice che l’interruzione volontaria di gravidanza dopo il 90° giorno può essere effettuata solo in caso di grave pericolo per la vita della donna, l’articolo 7 dice che di fronte alla vita autonoma del feto l’aborto è consentito solo e soltanto quando c’è un serio pericolo per la vita della donna e il medico che procura questo intervento è tenuto a salvaguardare la vita del feto. La domanda che si pone è: è possibile definire - oggi, dopo trent’anni dalla legge - una soglia, una indicazione su quando e che cosa è vita autonoma del feto? Questo è uno dei quesiti che ho posto al Consiglio superiore di Sanità».

Quindi dobbiamo fissare dei limiti che ora non ci sono?
«Io credo che possa essere utile che una sede autorevole, indipendente, scientifica quale è il Consiglio superiore di Sanità a partire dall’esperienza clinica e dalle evidenze scientifiche, dopo trent’anni di applicazione della legge, penso che sia utile e dia forza alla legge definire - se possibile - quando c’è la vita autonoma del feto. Non si tratta di un limite. Si tratta di indicare un punto di riferimento che varrà per gli operatori come punto di riferimento non vincolante. Vorrei poi dire che c’è un aspetto su cui la legge è chiarissima e non ha bisogno di linee guida. È l’articolo 7 quando dice che l’aborto non può essere praticato a fronte della vita autonoma del feto. C’è un solo unico ed esclusivo caso in cui l’aborto a fronte della vita autonoma del feto può essere praticato, quando sussiste un serio pericolo per la vota della donna. E in questo caso il medico è tenuto a rianimare la vita del feto. La legge è chiara e dimostra tutta la sua saggezza e la capacità di costruire un equilibrio di valori».

Il comitato di bioetica però è contrario a fissare dei limiti. Dice che è immorale.
«Io penso che sia il momento dell’assunzione di responsabilità e non del protagonismo di un organismo sull’altro».

E ai medici cattolici che dicono “Da domani rianimeremo tutti gli aborti alla 22esima settimana”?
«Lo facciano. È quello che prevede la legge 194 che lascia anche questa libertà di coscienza. Però dico anche: la legge 194 è una legge rigorosa e restrittiva. L’aborto terapeutico è una rarissima eccezione. Non esiste il caso, il conflitto tra la madre e il potenziale nascituro non esiste. Quando c’è vita autonoma del feto non si può praticare un aborto. Non vorrei che coloro che vogliono salvare la vita diano un interpretazione ancora più lassista della 194 per poi imporre dei vincoli, o inventarsi dei conflitti».

Pubblicato il: 05.02.08
Modificato il: 05.02.08 alle ore 12.34   
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« Risposta #5 inserito:: Febbraio 08, 2008, 10:44:34 pm »

La strategia del feto

Chiara Valentini


Una quindicina d’anni fa Susan Faludi aveva intitolato «Contrattacco» un suo fortunato saggio, poi uscito anche nel nostro Paese, sulla grande manovra messa in atto da varie forze nell’America neoconservatrice di Bush padre per screditare le donne e la loro immagine e cercare di farle rientrare nei ranghi. Il programma non deve aver funzionato più di tanto, come il protagonismo di Hillary Clinton nella corsa per la Casa Bianca insegna. Eppure nell’Italia di oggi si è messo in moto qualcosa di ancora più grave e per certi aspetti paradossale. Perché è difficile non provare uno stupore ai limiti dell’incredulità di fronte al piano inclinato su cui sta scivolando la libertà delle italiane di decidere di se stesse e del proprio corpo, e in sostanza di esercitare pienamente i propri diritti di cittadinanza.

L’ultimo di una serie di attacchi iniziati con la legge 40 sulla fecondazione assistita è il documento di un gruppo di primari ginecologi romani, che affronta un tema delicato e difficile, quello dei cosidetti super prematuri, che escono dal corpo materno molto prima che il loro sviluppo sia compiuto, ma che in qualche raro caso possono restare vitali. Finora in Italia si era adottata la prassi di sottoporli alle cure di rianimazione dopo 24 settimane. Ma negli ultimi tempi, in seguito ai progressi scientifici in questo campo, la ministra della Salute Livia Turco aveva chiesto un parere a una commissione di esperti e all’Istituto superiore di Sanità.

Improvvisamente invece è comparso il documento romano. Giusto in coincidenza con la Giornata nazionale della vita solennemente celebrata da papa Ratzinger, vi si affermano due principi decisamente inediti. Il primo è che il feto che dà qualche segno di vita va rianimato comunque, anche se, come dicono gli esperti, intervenendo troppo presto aumentano i rischi di gravissimi handicap polmonari o cerebrali e della cecità. Il secondo e ancora più grave principio è che non serve il consenso della madre, e che anzi la rianimazione può essere fatta contro la sua volontà. È un’indicazione inaccettabile («una crudeltà insensata», l’ha definita Livia Turco), che diventa ancora più paradossale nei casi di aborto terapeutico, autorizzato dalla legge 194 quando ci sono gravi malformazioni del feto. Ma attenzione, siamo al punto cruciale. In questo modo i ginecologi romani, tutti rigorosamente obiettori, indicano una strada concreta per mettere finalmente le mani nella legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, svuotandone quel caposaldo che è l’autodeterminazione della donna.

È un’operazione che comincia a mostrare come la moratoria sull’aborto lanciata da Giuliano Ferrara e purtroppo accolta dal Vaticano, può riempirsi ancor prima del previsto di contenuti concreti.

Per ora sembra un brutto sogno, se si pensa con quanto equilibrio è stata costruita la legge 194, quanto è presente nelle sue norme quel senso del limite e insieme della flessibilità rispetto ai bisogni delle persone di cui parla Mary Warnock, la filosofa morale che ha elaborato per l’Inghilterra le norme etiche nel campo della riproduzione. Ma impoverire via via la 194, inchiodandola a norme costrittive e riducendo le donne a semplici contenitori, come è stato fatto con la legge sulla fecondazione assistita, appare come l’idea fuori dalla storia di forze religiose che sembrano avere perso il contatto in primo luogo con le loro fedeli.

Sono numerose le ricerche che mostrano come fra le utenti della provetta le cattoliche sono più di un terzo e non molto inferiore è la percentuale di quelle che abortiscono. Gli anticoncezionali poi sono usati dalla maggioranza delle coppie cattoliche. Tutti ricordiamo d’altra parte il tappeto di preservativi che veniva trovato la mattina dopo, sugli spiazzi dove avevano dormito nei loro sacchi a pelo i papa boys. Mentre le condanne sempre più insistenti nei confronti della pillola del giorno dopo hanno avuto come solo effetto di far crescere in misura consistente i medici del servizio pubblico che si rifiutano di prescriverla. E intanto schiere di ragazze, soprattutto il sabato sera, sono costrette a vere e proprie odissee per riuscire a procurarsela.

Non è facile farsi una ragione del perché le italiane, credenti e non, sono spinte in misura crescente a diventare «le donne con la valigia», come vengono definite nelle cliniche spagnole, belghe o svizzere dove si pratica una fecondazione assistita meno punitiva e pericolosa della nostra. Perché uniche in Europa non possono interrompere una gravidanza con l’aborto chimico della pillola RU486, a cui il Ministero della Sanità sembrava aver aperto le porte, ma che con la caduta del governo è di nuovo esposta ai fulmini teodem della senatrice Binetti. Manca ancora il parere dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, e già le lobby cattoliche dichiarano battaglia.

Di «ondata neoguelfa che sta scuotendo il paese» parla il giurista Aldo Schiavone, riferendosi alla debolezza che dimostrano la maggior parte dei partiti italiani nei confronti dei diktat della Chiesa e perfino delle campagne degli atei devoti. Stefano Rodotà invece osserva che le donne sono sparite da queste discussioni in quanto soggetti, diventando semplicemente gli oggetti di politiche regressive. E mentre il Corriere della Sera lamenta con una buona dose di ipocrisia «il silenzio delle femministe» (ma intanto a Roma, sabato prossimo alle 14 a piazzale Ostiense, è prevista una manifestazione contro l’attacco alla 194) prende la parola proprio partendo da se stessa una scrittrice cult dei giovani come Valeria Parrella. In un breve romanzo in buona parte autobiografico, Spazio bianco (Einaudi), Parrella racconta la sua drammatica esperienza di madre sconvolta per la nascita di una bimba prematura, che passa tre mesi attaccata all’incubatrice della figlia, con i medici non vogliono o non possono dirle se e come ne uscirà, con quali handicap. È il ritratto di una passione materna sullo sfondo di un sistema ospedaliero burocratico e approssimativo, molto lontano dal poter praticare le sofisticate terapie prenatali che richiederebbero le nuove tendenze. E dove le donne sono costrette a scegliere senza sapere nulla di quel che le aspetta. Forse è su queste realtà che i primari ginecologi romani potrebbero applicarsi in modo più utile.

Pubblicato il: 08.02.08
Modificato il: 08.02.08 alle ore 8.15   
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« Risposta #6 inserito:: Febbraio 15, 2008, 09:21:10 pm »

Diritti sotto assedio

Silvia Ballestra


Sulle pagine dei giornali dell’altro giorno si incrociavano due argomenti: l’irruzione in campagna elettorale della crociata contro una delle poche leggi di questo Stato che funziona, la 194, con gli aborti clandestini spariti e quelli legali, fortunatamente, dimezzati, e la tirata della Cei contro la presunta scena «hard» del film Caos calmo.

L’accostamento è giusto poiché l’ingerenza della Chiesa, nonostante ci si affanni a dire che il Vaticano è una cosa e la Cei un’altra, o che nessuno vuole toccare la 194 e che la laicità dello Stato non è in discussione, si fa di giorno in giorno più pressante. Sui temi etici, sulla nascita, sulla morte, su come si fanno o non si fanno i bambini, su cosa deve essere la nostra sessualità, su come si può morire, in buona sostanza sui passaggi fondamentali della vita di ognuno di noi, c’è in questo paese un monopolio che si vorrebbe indiscutibile. Monopolio, controllo, potere. Cos’ha dato veramente fastidio nel film di Antonello Grimaldi? Non è credibile che si tratti della scena di sesso, una scena che si potrebbe trovare in qualsiasi telefilm a qualsiasi ora, né il seno di Isabella Ferrari (se dovessero attivarsi per ogni donna nuda, i fax della Cei fonderebbero). C’è di più e di meglio: c’è, in Caos calmo la rappresentazione di un lutto epurato da qualsiasi accenno alla tradizione cattolica. Insomma, muore una donna, una madre, e il marito e la figlia affrontano il dolore in maniera umanissima e non ortodossa: piombati nel caos, quietamente, sobriamente, ma decisamente lontani da ogni conforto di tipo religioso. La loro elaborazione del lutto è, per così dire, fuori dalle regole codificate e consigliate dalla religione, non solo senza prefiche, ma anche senza un prete né una preghiera all’orizzonte. Dunque, personalmente non credo affatto che sia stata la scena di sesso, peraltro edulcorata rispetto al libro di Sandro Veronesi, a far scattare il veemente penitenziagite, l’invito all’obiezione di coscienza rivolto agli attori e tutto l’armamentario da concilio di Trento. Il dispetto e lo scandalo riguardano semmai quel dolore muto e laico, che non chiede conforto alla fede, che è un altro mattoncino del monopolio che se ne va, altro terreno perduto. Dopo la nascita e la morte, ecco il dolore: un altro luogo dell’esistenza, che non è più sotto stretto controllo dei preti. Viene da qui, e non da un frettoloso accoppiamento, la minaccia laica del film.

I fondamentalisti incattiviti attaccano su ogni fronte, a tappeto, anche un po’ scompostamente, aggressivi come chi perde terreno. Ed è un peccato. Perché così facendo si spreca l’occasione per un confronto vero, legittimo, su temi assai articolati. Lo scandalo, la censura, l’appello all’obiezione di coscienza non sono soltanto un’ingerenza (dopotutto, ognuno fa l’amore come vuole), ma un errore, perché alzando i toni, rendendo tutto questo violento e rozzo, invitando all’astensione dunque all’ignoranza e alla deresponsabilizzazione, veniamo tutti ricacciati in un angolo oscuro.

Se tutto ciò rimanesse al livello di dibattito teorico, di discussione colta e problematica, oppure anche solo di gossip, o di spettacolarizzazione buona per le prime pagine (funziona la foto di Moretti, funziona l’irruzione scenografica stile Rambo all’ospedale di Napoli), potremmo anche sorvolare. Ma invece, toccare il dolore, maneggiare la sofferenza delle persone, richiede molto più pudore e rispetto. Da mesi sento ripetere nei miei giri fra le donne «non facciamoci dettare l’agenda politica da Ferrara», «ignoriamolo»: è un atteggiamento condivisibile poiché è ripugnante buttare nel parapiglia della contesa elettorale temi tanto dolorosi e delicati. Ma l’apparizione della lista pro-life e l’insistenza su questa solenne scemenza della moratoria sull’aborto (che avrebbe come ricaduta naturale il ritorno a pratiche clandestine e pericolose) hanno effetti deleteri e di inaudita gravità. Il vergognoso episodio di Napoli è solo l’ultimo di un lungo stillicidio di provocazioni, basti guardare alla Lombardia di Formigoni: funerali ai feti, consultori svuotati, liste d’attesa per gli aborti (chiunque intuisce che ogni giorno d’attesa in più significa la maturazione del feto con maggior carico di sofferenza per tutti, solo i sadici gioiscono) perché due medici su tre sono obiettori di coscienza. In più, feroce minaccia, la rianimazione forzata dei super-prematuri che suona, questo sì (altro che «l’eugenetica») veramente crudele e peggio: incapace di pietà.

È vero, non facciamoci dettare l’agenda. Anche questo, soprattutto questo volevano dire le migliaia di donne che ieri hanno affollato manifestazioni e presidi in tutta Italia. Ma non solo: stanche di giocare in difesa per salvaguardare diritti acquisiti che - come si vede - acquisiti non sono mai, si chiedevano anche: ma per dettarla noi, l’agenda dei nostri corpi e delle nostre vite, che bisogna fare? Dovremmo chiedere a gran voce che l’obiezione di coscienza non diventi, com’è di fatto, una facilitazione per la carriera dei medici. Dovremmo avere il diritto di morire in pace, senza rimanere attaccati a forza a un respiratore, dovremmo gestirci i nostri lutti senza anatemi. Dovremmo raccontare con più forza com’era la situazione prima delle conquiste civili di questo paese che oggi vengono rimesse in discussione con tanta malafede. E soprattutto dovremmo avere il diritto di riflettere serenamente e con rispetto su tutto questo senza che certi crociati ci costringano all’arroccamento. Che si arrocchino loro, l’agenda è nostra, basta ricominciare a scriverla.

Pubblicato il: 15.02.08
Modificato il: 15.02.08 alle ore 14.40   
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« Risposta #7 inserito:: Febbraio 22, 2008, 09:44:53 am »

POLITICA

L'iniziativa è stata apertamente criticata in un editoriale di Rondoni"perché porta in modo sbagliato nella competizione elettorale un tema morale"

La Cei boccia la lista anti-aborto

Avvenire: Ferrara estremizza

La senatrice teodem Binetti: la 194 ha bisogno del tagliando

di PAOLA COPPOLA

 
ROMA - La lista pro-life di Giuliano Ferrara non convince la Cei. Dopo aver già raccolto un'accoglienza fredda da parte del quotidiano Avvenire, ieri è stata apertamente criticata in un editoriale firmato da Davide Rondoni. L'iniziativa non convince perché "al di là di nobili intenti finisce per portare in modo sbagliato in mezzo alla competizione elettorale un tema morale", scrive Rondoni. Che nella lista vede "un grave rischio di estremizzazione, e di ghettizzazione, di una parte del mondo cattolico su un tema così delicato".

Ferrara va avanti con il suo progetto elettorale e ha presentato ieri alla Tv della libertà di Maria Vittoria Brambilla il suo programma: lotta contro la Ru486, la pillola abortiva; appoggio ai neonatologi per la tutela sanitaria del neonato malato anche in assenza del consenso genitoriale; tutela della maternità e garanzie alle donne che lavorano". Infine: "protezione degli embrioni, che sono già vita; difesa della legge 40, che la sinistra vuole abolire".

Rispondendo a una domanda sull'iniziativa di Ferrara, il presidente della Pontificia accademia della vita Elio Sgreccia ha commentato: "Se tutti i partiti politici debbano mettere il tema dell'aborto in programma o solo uno debba farlo, sono i politici a doverlo decidere. Però l'aborto volontario è un problema non solo privato, ma un problema politico". Per Gianfranco Fini la lista pro-life è "spregiudicata". Il leader di An si è detto "contrario all'aborto, ma la 194 va fatta rispettare in toto". Dello stesso avviso il candidato dell'Udc Pier Ferdinando Casini.

Sul tema dell'aborto è intervenuto anche Fausto Bertinotti: "Non dobbiamo schivare la questione della vita che la destra ci butta addosso, dobbiamo dimostrare una superiorità civile e culturale sulla questione della vita". Nel centro-sinistra il dialogo tra laici e cattolici è aperto: ieri i cattolici vicini al partito democratico hanno presentato "Italia solidarietà", un laboratorio di formazione e cultura politica che ruota intorno a tre idee guida: laicità democratica, buona politica e riformismo solidale, come ha chiarito il coordinatore dei cristiano sociali, Mimmo Lucà.

Sulla mozione appena firmata da Anna Finocchiaro e Paola Binetti è intervenuta anche la senatrice teodem chiarendo che a trent'anni dalla 194 è arrivato il momento di fare il "tagliando" alla legge e verificare gli obiettivi mancati. L'obiettivo - ha aggiunto - è "mettere in primo piano tutto quello che può dire a favore della vita. Fare in modo che la legge assuma come obiettivo prioritario la tutela della vita nascente". L'altra senatrice teodem del Pd, Emanuela Baio, ha offerto invece la sua interpretazione del documento: "si afferma che l'aborto non è un diritto, è una piaga".


(22 febbraio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #8 inserito:: Febbraio 23, 2008, 11:22:48 pm »

POLITICA

Documento su aborto e contraccezione del Consiglio Nazionale della Fnomceo

"Sostenere la possibilità di vita autonoma del feto, ma senza arrivare ad accanimento"

Ordine medici: "Sostenere la 194 sì a pillola giorno dopo e a Ru486"


 ROMA - La legge 194 va sostenuta in quanto, anche a distanza di anni, "dimostra tutta la solidità e la modernità del suo impianto tecnico-scientifico, giuridico e morale", l'uso della pillola del giorno dopo come contraccettivo d'emergenza non deve essere sottoposto a "surrettizie limitazioni" e deve essere finalmente ammesso l'uso della pillola abortiva, la Ru486, quando c'è la possibilità va sempre garantita "la possibilità di vita autonoma del feto": sono le posizioni assunte dalla Federazione degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) in un documento approvato oggi Roma dal suo Consiglio nazionale.

Sostenere la legge. La legge 194, "pur scontando ritardi e omissioni applicative, a distanza di 30 anni dimostra tutta la solidità e la modernità del suo impianto tecnico-scientifico, giuridico e morale. Occorre supportarla", si legge nel documento. Pur con "ritardi ed omissioni applicative", secondo la Fnomceo la legge 194 ha contribuito "alla sostanziale scomparsa dell'aborto clandestino" e anche alla "drastica riduzione delle interruzioni volontarie di gravidanza".

Non ostacolare la pillola del giorno dopo. Nel testo si parla anche di pillola del giorno dopo, il contraccettivo d'emergenza che troppo spesso è difficile riuscire ad avere. "Non può incontrare surrettizie limitazioni - afferma la Fnomceo - che ostacolino la fruizione del diritto della donna che intenda prevenire una gravidanza indesiderata e un probabile successivo ricorso all'aborto".

Introdurre la RU486. I rappresentanti dei camici bianchi sono anche a favore della pillola abortiva Ru486, non ancora autorizzata in Italia: va data piena attuazione alla legge, sottolineano, "compreso l'articolo 15, laddove raccomanda 'l'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità psicofisica della donna e meno rischiose per l'interruzione di gravidanza".

L'assistenza ai feti abortiti. Ogni volta che ci sono possibilità di vita autonoma del feto secondo la Fnomceo questa va sostenuta. Legge 194 sull'interruzione di gravidanza e Codice deontologico dei medici, si rileva nel documento, contengono già orientamenti condivisi sulla questione dei nati prematuri. Ad esempio, la legge 194 prevede che "quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto ... il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto". Secondo il Codice deontologico, prosegue il documento, il medico deve "ispirare il proprio comportamento caso per caso, secondo un'appropriata e autonoma valutazione clinica", evitando ogni forma di accanimento terapeutico.

(23 febbraio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #9 inserito:: Febbraio 24, 2008, 11:16:43 pm »

AMEDEO BIANCO (ORDINI DEI MEDICI) :«PROPONGO INCONTRO CON MEDICI CATTOLICI»

Avvenire: «Testo dei medici è un falso»

Il quotidiano dei cattolici: «Il documento diffuso non è quello approvato dai 103 presidenti degli Ordini»

 
ROMA - Un documento «choc» che però non è quello votato dal consiglio dei 103 presidenti degli Ordini provinciali dei medici: è l'accusa lanciata dal quotidiano dei vescovi "Avvenire" contro la nota diffusa sabato - in nome dell'associazione dei camici bianchi - su aborto, pillola del giorno dopo, diagnosi pre-impianto nella fecondazione assistita e assistenza ai neonati estremamente prematuri. Si tratta «di un fantomatico documento», afferma il giornale cattolico: il consiglio nazionale della Fnomceo - spiega Avvenire - aveva in realtà approvato una riflessione in nove cartelle sul ruolo dei medici nella società. «Strane manovre - si legge nell'occhiello dell'articolo -: l'assemblea approva una relazione sulle politiche sanitarie in vista delle prossime elezioni. Invece alle agenzie di stampa ne viene inviata una su pillola abortiva e assistenza neo-natale».

CONTRO VERONESI- "Avvenire"attacca anche la candidatura dell'oncologo Umberto Veronesi nelle liste del Pd, come pure la presenza di radicali (il cui comitato nazionale ha dato nel frattempo il via libera all'unanimità alla mozione generale che prevede di dare "immediata attuazione" all'accordo elettorale e politico con il Partito democratico). «È impossibile ignorare quale sia l'antropologia di Umberto Veronesi», si legge in un editoriale firmato da Francesco D'Agostino. «È impossibile - aggiunge - ignorare la visione libertaria (e non liberale, come viene spesso arbitrariamente presentata) di chi ha sempre militato nel Partito Radicale».

PANTI (ORDINE MEDICI DI FIRENZE): «ACCUSA FALSO IDEA OFFENSIVA» - «L'accusa di falso la respingo come idea offensiva e balzana. Non scherziamo su queste cose». Lo ha affermato il presidente dell'Ordine dei medici di Firenze, Antonio Panti, interpellato sulla presa di posizione del quotidiano «Avvenire». «Faccio parte del comitato ristretto che ha redatto il documento. Un gruppo dove ci sono anche esponenti di varie filosofie», ha riferito Panti. Il dibattito è stato intenso nel comitato ristretto e il documento scaturito «è stato distribuito in cartella già venerdì mattina e illustrato, insieme ad altri documenti presenti in cartella, ai presidenti degli ordini. Non è stato cambiato nessun testo. È stato approvato tal quale». «Non è un testo fatto all'ultimo momento ed è stato presentato a una riunione ufficiale, non clandestina, ci sono i verbali», ha detto ancora Panti.

BIANCO(ORDINI MEDICI) PROPORRÒ INCONTRO CON MEDICI CATTOLICI - Cerca invece di trovare una mediazione il presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) Amedeo Bianco, che propone due giorni di confronto su Scienza e coscienza insieme ai medici cattolici. «Proporrò ai medici cattolici due giorni di lavoro insieme, il primo giorno - ha riferito Bianco - per affrontare la scienza, il secondo giorno la coscienza». Bianco ha parlato di «offerta di dialogo». Il presidente degli Ordini dei Medici ha annunciato inoltre che scriverà al movimento Scienza&Vita e ai medici cattolici «per trovare le ragioni per dialogare insieme».

LIVIA TURCO: «DOCUMENTO DEI MEDICI E' UN MONITO» - Per il ministro della Salute, Livia Turco, «il documento siglato dai medici sia un monito, non soltanto per ciò che vi è contenuto, ma anche per la fonte da cui proviene». «È un documento molto importante - ha aggiunto la Turco - un documento senza precedenti, di grandissimo rilievo. Sono rimasta molto colpita. Se i medici, a partire dalla loro scienza e coscienza, dalla loro autonomia, in modo unitario all'interno del loro ordine professionale, hanno sentito il bisogno di dire cose così chiare sulla legge 194, sul modo di sostenere la maternità, sulla tutela della vita a partire dall'attenzione ai parti molto pre-termine, addirittura sulla Ru486, vuol dire che anche loro hanno avvertito un pericolo e hanno sentito il dovere di rassicurare il clima mettendoci la voce dell'esperienza clinica e del sapere medico».

MANTOVANO (AN): «MANIPOLAZIONE DA ORDINE MEDICI»- «Da parte dell'Ordine dei medici c'è una manipolazione contro la salute delle donne». Così il senatore Alfredo Mantovano (An), commenta il documento della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) a difesa dell'aborto. «Il quotidiano "Avvenire" - ha osservato Mantovano - ha avanzato dubbi sull'attribuibilità a tutti i medici del documento pro pillola abortiva. Il presidente dell'ordine di Firenze, Antonio Panti, prova a smentire, ma invece conferma: il documento è stato sottoposto ai presidenti degli ordini delle varie province italiane, all'interno di una cartella che ne conteneva altri ed è il frutto di una discussione avvenuta in un comitato ristretto di cui egli faceva parte». Dunque, sottolinea, «dandogli credito, emerge che il confronto, se c'è stato, è avvenuto fra pochi intimi (un comitato ristretto); che non è stato seguito da una discussione altrettanto ampia con i presidenti degli ordini provinciali; che ancor di meno possa essere riferito a tutti i medici italiani». «Non è la prima volta - ricorda il senatore - che l'arbitrio di pochi viene spacciato per volontà generale. Che ciò avvenga in una compagna elettorale che ha al centro il tema del diritto alla vita qualifica la strumentalità dell' intervento dell'ordine dei medici. Che ciò sia preso a pretesto dal ministro della Salute per accelerare l'autorizzazione della Ru 486 - conclude - è il segno che per qualche voto in più, da strappare alla sinistra radicale, esponenti di un Pd rinforzato da radicali e sono capaci di giocare sulla salute delle donne».

FINOCCHIARO: «SMETTERE DI FARNE TEMA POLITICO» - La presa di posizione del quotidiano dei vescovi suscita una serie di reazioni. Per Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato e candidata alla presidenza della Regione Sicilia, «è davvero strano che ci sia chi contesta la presa di posizione della Federazione degli Ordini dei medici sulla 194. Sarebbe ora di smettere di fare di questo argomento un tema di polemica politica».

SGOBIO (PDCI): «NON RIPORTARE INDIETRO IL TEMPO» - Pino Sgobio, capogruppo del PdCI alla camera dei Deputati, dice «no a chi vuole riportare indietro le lancette del tempo e no alla continua ingerenza della Chiesa su questo argomento. Le critiche dei fondamentalisti italiani al documento della Federazione dell'ordine dei medici mirano a mettere in discussione la 194, che è una legge che tutela la libertà e la dignità della donna».

VOLONTE' (UDC): «RU486 FRUTTO DI INTERESSI LOBBISTICI» - Secondo il presidente dei deputati dell'Udc, Luca Volontè, invece, «la pillola Ru486 è una kill-pill, ha ucciso 16 donne e quindi la sua introduzione in Italia è frutto di esclusivi interessi lobbistici non di oggettive ragioni curative. Il falso documento dell'ordine dei medici conferma le preoccupazioni sulla campagna ideologica ed economica che muove una certa 'medicina'».

24 febbraio 2008

da corriere.it
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