AMERICA LATINA
Il futuro del Venezuela
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Camilla Desideri, giornalista di Internazionale
20.7.2024
La leader dell’opposizione María Corina Machado e il candidato presidenziale Edmundo González Urrutia a Valencia, il 13 luglio 2024.
(Gaby Oraa, Reuters/Contrasto)
Il 28 luglio in Venezuela si terranno le elezioni e più di 21 milioni di persone saranno chiamate a scegliere chi guiderà il paese per i prossimi sei anni. Il leader socialista Nicolás Maduro, eletto nel 2013 dopo la morte di Hugo Chávez, è in cerca del suo terzo mandato consecutivo, mentre l’opposizione, che nel 2018 aveva boicottato il voto, questa volta si presenta unita e intenzionata a raccogliere la voglia di cambiamento del paese. Il suo candidato è Edmundo González Urrutia. Ex diplomatico, era praticamente uno sconosciuto nel paese fino a qualche mese fa.
La scelta della Plataforma unitaria democrática (Pud), la coalizione che riunisce vari partiti dell’opposizione, è caduta su Urrutia, 74 anni, dopo la sentenza della corte suprema che a gennaio ha escluso María Corina Machado dalla corsa elettorale, dichiarandola ineleggibile per quindici anni per irregolarità amministrative e per aver sostenuto le sanzioni statunitensi contro il governo di Caracas.
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Secondo i sondaggi, Urrutia è in vantaggio e potrebbe vincere se le elezioni si svolgessero senza irregolarità. Ma il governo controlla tutte le istituzioni e l’ondata repressiva degli ultimi mesi non fa ben sperare sulla disponibilità del leader chavista ad accettare una transizione con garanzie e a riconoscere un’eventuale sconfitta. Una vittoria di Maduro, invece, potrebbe eliminare completamente l’opposizione dalla mappa politica e rafforzare ulteriormente il governo del leader socialista.
La campagna elettorale è cominciata ufficialmente il 4 luglio e in soli dieci giorni 71 persone vicine all’opposizione sono state arrestate, secondo l’ong Laboratorio de paz. Vari collaboratori stretti di Machado, del suo partito Vente Venezuela, erano già stati fermati mesi fa e qualcuno è ancora rifugiato nell’ambasciata argentina a Caracas. È stato arrestato anche l’autista di un camion su cui hanno viaggiato Machado e González Urrutia durante una manifestazione il 13 luglio nella città di Valencia, con l’accusa di aver investito due passanti, e un’altra persona che allo stesso evento ha distribuito dell’acqua.
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Inoltre, le autorità tributarie hanno ordinato la chiusura di un piccolo ristorante dove si erano fermati a mangiare i due leader dell’opposizione. Attivisti e membri dell’opposizione hanno reso noto che nelle ultime settimane alberghi, ristoranti e un chiosco che vende empanadas sono stati multati per aver servito Machado e il suo staff. Il 18 luglio Machado ha denunciato che le auto usate per la campagna elettorale sono state vandalizzate e che il suo capo della sicurezza, Milciades Ávila, è stato arrestato all’alba mentre era in casa. Secondo la leader di centrodestra la detenzione di Ávila, accusato di presunta violenza contro alcune donne che si sarebbero scagliate contro Machado e González Urrutia, fa parte della strategia di intimidazione del governo.
Se contrariamente ai pronostici vincerà Maduro, è probabile che altri venezuelani si uniranno ai quasi otto milioni che dal 2013 a oggi sono emigrati a causa della crisi economica, sociale e politica. Un sondaggio condotto a maggio dalla società Meganálisis stima che il 40 per cento dei venezuelani – in gran parte giovani – prenderà in considerazione la possibilità di partire se non ci sarà un cambio di governo. Molti andranno nei paesi vicini, primo tra tutti la Colombia, altri sceglieranno mete più lontane, come gli Stati Uniti. Nel 2023 più di 328mila venezuelani hanno attraversato il Tapón del Darién (tappo del Darién), una distesa di circa 25mila chilometri quadrati di montagne, paludi e foreste pluviali al confine tra Colombia e Panamá, infestata da animali feroci e controllata dai gruppi criminali. Dall’ottobre del 2019 le autorità statunitensi di frontiera hanno registrato l’ingresso nel paese di circa ottocentomila migranti provenienti dal Venezuela e dal 2021 più di 450mila venezuelani sono entrati negli Stati Uniti con lo status di protezione temporanea o con lo status di rifugiati.
Per quanto riguarda la trasparenza del voto, a maggio il Consiglio nazionale elettorale ha revocato l’invito agli osservatori dell’Unione europea. E pochi giorni dopo il governo colombiano, guidato dal presidente Gustavo Petro, ha reso noto che non manderà i suoi osservatori perché non c’è stato il tempo per mettere in piedi una squadra con le caratteristiche giuste per una missione di questo tipo. Anche se gli osservatori internazionali non possono assicurare il corretto svolgimento dello scrutinio, scrive Tamara Taraciuk Broner su Americas Quarterly, aiutano gli elettori a sentirsi più protetti e sicuri. A preoccupare sono anche le difficoltà burocratiche che molti elettori stanno incontrando per registrarsi per votare, sia in Venezuela sia all’estero.
Broner racconta la sua esperienza personale al consolato di Montevideo, in Uruguay, mentre il New York Times dedica un reportage alla questione. “Davanti al consolato venezuelano a Madrid, in Spagna, la fila è lunghissima. Donne incinte, famiglie con bambini piccoli e persone anziane si sono presentate addirittura quattro ore prima dell’apertura dell’ufficio per cercare di iscriversi e poter votare alle elezioni del 28 luglio. Adriana Rodríguez, 47 anni, è andata via dal Venezuela nel 2018 e da due giorni arriva alle otto in punto. Entrambe le volte ha fatto ore di fila per poi sentirsi dire, quando era il suo turno, che non poteva registrarsi perché lo spazio per la giornata era finito”.
Il suo è solo uno dei tanti casi raccontati dai venezuelani residenti all’estero: il loro numero oscilla tra i tre e i cinque milioni e mezzo e si trovano principalmente in Spagna, negli Stati Uniti e in altri paesi dell’America Latina, come Colombia, Argentina e Cile. Ma attualmente solo 69mila sono riusciti a iscriversi per votare. “Queste elezioni potrebbero essere decisive per determinare il futuro della democrazia di un paese che ha le maggiori riserve di petrolio del mondo, ma da dove negli ultimi anni quasi un quarto della popolazione è andata via per la crisi economica e un governo che è diventato sempre più autoritario”.
https://www.internazionale.it/notizie/camilla-desideri/2024/07/20/elezioni-venezuela