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Autore Discussione: Nella storia della letteratura mondiale, da Laerte in giù il povero era vecchio.  (Letto 501 volte)
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« inserito:: Luglio 10, 2024, 12:38:42 pm »

Jack Daniel allora derubiamo i vecchi, tacciamo sulle evasioni, chiudiamo un occhio sulle corruzioni, continuiamo a pagare MALE IL LAVORO, avanti tutta con il precario e applaudiamo alla signora Meloni e soci che sfruttando codesti pensieri ci stanno rubando la libertà e violentando la Costituzione.  Nulla di nuovo. ggg
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Post della sezione Notizie
Jack Daniel

Nella storia della letteratura mondiale, da Laerte in giù,  il povero era il vecchio, il vecchio padre nel suo piccolo podere, la madre vedova che non ha di che sfamarsi. Il IV comandamento di Mosè, « Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio » è (anche) una codifica dell'obbligo morale di non abbandonare i vecchi genitori, forse in ristrettezze.
In Italia, nel 2022, il reddito medio pensionistico (https://tinyurl.com/549spzfh ) è stato pari a quello da lavoro (https://tinyurl.com/5czpdyfd pag. 8 ).
Ma questo è solo un aspetto del problema, quello reddituale. A ciò bisogna affiancare quello patrimoniale, vale a dire il fatto che i più anziani detengono un patrimonio (case, risparmi variamente investiti) maggiore di quello dei giovani o comunque delle persone in età lavorativa (vedere per esempio qui: https://tinyurl.com/46zydkds).
La conclusione, che peraltro conferma ciò che vediamo attorno a noi ogni giorno, è che in Italia, oggi, gli anziani stanno economicamente meglio dei giovani e degli adulti. Tutto ciò, però, è un generatore automatico di diseguaglianze.
Per dirla breve: immaginiamo due colleghi di lavoro, entrambi che guadagnano 20mila euro all'anno. Uno dei due ha i genitori con un paio di case, l'altro no. La pensione ai genitori col paio di case la pagano entrambi i lavoratori, sia il figlio che il collega. Quando i genitori mancheranno, il figlio si troverà a ereditare il paio di case e il collega no.
Questo perché le pensioni, tutte, dalle più piccole alle maggiori, sono pagate dai lavoratori, giovani e adulti. In molti casi, soprattutto per la quota calcolata al retributivo, la pensione percepita non corrisponde all'ammontare dei contributi versati dal pensionato nella sua vita lavorativa, quindi riceve un plus rispetto a quanto ha versato.
In definitiva: vi è un trasferimento di reddito da giovani e adulti ad anziani.
La situazione sopra descritta, nel Paese che ha uno dei record di case di proprietà, è molto diffusa. Sono tanti i giovani consapevoli del fatto che potranno avere una certa tranquillità economica solo in virtù della futura eredità, e questo spiega, tra l'altro, il perché in questo Paese vi sia un rifiuto di massa al solo sentir pronunciare patrimoniale o tassa sulle successioni anche da parte di chi non ha al momento alcun patrimonio, ma spera di averne uno, pur piccolo, un giorno. Né l'ipotesi di tassare solo i grandi patrimoni potrebbe cambiare di molto: la stragrande maggioranza dei patrimoni più giganteschi è data da quote azionarie dell'impresa di famiglia, quote che sono esenti (ricordate l'eredità Berlusconi? https://tinyurl.com/ycxdex3u : alla fine i figli pagheranno tasse solo sulle ville, a valore catastale, per giunta).
Tutta questa situazione, vecchi più benestanti dei giovani e patrimoni così rilevanti per il benessere futuro degli eredi ha, in fondo, un'unica causa e spiegazione, ed è il fatto che i redditi attuali (salari e retribuzioni in genere) siano bassi e fermi da un quarto di secolo. Più i redditi sono bassi, più il patrimonio ereditato acquista rilevanza e meno si vuol sentir parlare di patrimoniali o tasse di successione. Un circolo vizioso determinato, anche in questo caso, dalla bassa crescita del Paese.
La quale bassa crescita dovrebbe essere il primo argomento all'ordine del giorno da anni, vista la marea di problemi che provoca. Non lo è.

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Peo Panizzolo
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Gli educatori
Credo che la figura dell'educatore non esista.
O meglio, credo che si tratti di un artificio, di una invenzione di chi pretende di plasmare, di forgiare, di costruire la personalità altrui su un modello dato, che generalmente corrisponde al proprio.
Penso che l'educazione non sia un'operazione a senso unico, dall'educatore all'educando; penso, al contrario, che il cosiddetto "educatore" debba assumere a sua volta il ruolo di educando attraverso una continua autocritica e una costante disponibilità a imparare, a rivedere le proprie posizioni e in ultima analisi a evolvere. Se questo è vero, è vero anche che non può esistere un autentico processo educativo se non tra individui che siano in una condizione di sostanziale parità. L'educazione, se mi è lecita un'espressione "fisica", è per definizione un'operazione orizzontale. Se si limita a scendere dall'alto verso il basso, da un superiore a un inferiore, se si traduce cioè in un rapporto di dipendenza, cessa immediatamente di essere "educazione". Ciò significa che tutti gli educandi sono anche educatori e viceversa e in definitiva che tutti gli esseri umani possono essere considerati educatori. Il che, ovviamente, toglie ogni senso e ogni contenuto alla tradizionale figura dell'educatore.
L'educare, così come solitamente lo si intende, assomiglia molto al governare, e la vocazione del governante è assai diffusa. Forse universale. Inoltre, per quel che posso giudicare dalle mie esperienze, si tratta di un impulso che diventa sempre più forte man mano che l'individuo si allontana dall'infanzia, non tanto cronologicamente quanto psicologicamente. Il cancellare da sè la componente infantile, cioè l'attitudine al gioco, produce la dilatazione e quindi l'assoluto prevalere della componente adultistica, che è la propensione economica al potere. Colui che arriva ad essere "solo" adulto è intramente dedito alla conquista e all'esercizio del potere, quindi al governare, dato che ha perduto la capacità di giocare. Quando il suo cammino involutivo è terminato egli decide di essere un Educatore.
(Marcello Bernardi - Educazione e libertà)

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