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Autore Discussione: Il commento Di Aldo Ferrari, Head, Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale  (Letto 833 volte)
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« inserito:: Giugno 25, 2024, 10:38:09 am »

24 giugno 2024
RUSSIA: COSA È SUCCESSO IN DAGHESTAN?

Dopo gli attacchi coordinati in due città del Daghestan le autorità locali accusano l'Ucraina e gli Stati Uniti, minimizzando la minaccia islamista nella regione.

Sono cominciati oggi i tre giorni di lutto in seguito al doppio attentato che ha colpito la provincia russa del Daghestan, nel Caucaso settentrionale: ieri, un commando di uomini armati ha aperto il fuoco in due città prendendo di mira una sinagoga, due chiese ortodosse e un avamposto di polizia. Secondo i media locali, l’attacco coordinato ha causato una ventina di vittime tra cui l’arciprete ortodosso Nikolai Kotelnikov.
Nella città di Derbent, uomini armati hanno attaccato una sinagoga, sede della comunità ebraica nella regione a maggioranza musulmana, che successivamente avrebbero dato alle fiamme. In una sparatoria separata, avvenuta contemporaneamente a Makhachkala, capitale del Daghestan, circa 110 chilometri a nord lungo la costa del Mar Caspio, uomini armati hanno attaccato un commissariato di polizia. Secondo le autorità locali, almeno un agente è stato ucciso e altri sei feriti. “Questo è un giorno tragico per il Daghestan e per l’intero paese” ha scritto su Telegram Sergei Melikov, governatore della regione, decretando tre giorni di lutto dal 24 al 26 giugno. “Sappiamo chi c’è dietro l’organizzazione degli attacchi e quale obiettivo perseguivano” ha aggiunto Melikov, definendo l’azione “un tentativo di destabilizzare la situazione”, mentre un membro del parlamento locale, Abdulkhakim Gadzhiyev, ha collegato direttamente l’attacco “ai servizi speciali dell’Ucraina e dei paesi della Nato”.

Attentato di matrice jihadista?
Questa mattina le autorità russe hanno dichiarato concluse le operazioni antiterrorismo, classificando l’attacco armato come “attentato terroristico”. Sebbene gli aggressori non siano stati ufficialmente identificati, i media russi riferiscono che tra gli uomini armati c’erano i due figli di Magomed Omarov, rappresentante locale del partito Russia Unita di Vladimir Putin. Omarov è stato arrestato dalla polizia. Da quanto emerso finora, almeno 6 attentatori sarebbero stati uccisi dalle forze di sicurezza, ma non è chiaro se altri siano riusciti a fuggire. Quel che è certo è che si tratta del peggior attacco armato avvenuto in Russia dall’assalto al Crocus City Hall di Mosca, nel marzo scorso, quando uomini armati fecero irruzione in una sala concerti uccidendo 145 persone e ferendone 180. Quell’episodio fu poi rivendicato dalla branca afghana dello Stato islamico, nota come Provincia Khorasan dello Stato islamico (Is-K). Secondo il think tank statunitense Isw, anche in Daghestan gli attacchi potrebbero essere stati condotti da un gruppo affiliato a Is, la provincia Kavkaz, ramo del Caucaso settentrionale dello Stato Islamico. Isw riporta che “la filiale russa dell’IS-K Al-Azaim Media ha pubblicato una dichiarazione in seguito all’attacco elogiando “i loro fratelli del Caucaso” per aver dimostrato le loro capacità”.

Una regione instabile?
Speculazioni a parte, però, al momento nessun gruppo ha rivendicato l’azione, avvenuta in una regione storicamente instabile, coinvolta dall’insurrezione islamica che si era diffusa dalla vicina Cecenia negli anni 2000 e soppressa nel sangue dall’esercito russo. Le sparatorie avvenute ieri sembrano rientrare in un generale aumento della violenza islamista in Russia osservato negli ultimi mesi: all’inizio di giugno sei prigionieri, alcuni dei quali condannati per terrorismo, avevano preso in ostaggio due funzionari della prigione di Rostov, un’altra città nel sud della Russia. Le forze speciali avevano fatto irruzione nel carcere e ucciso tutti e sei gli aggressori, alcuni dei quali avevano coltelli, bandane e bandiere con il logo dell’Isis. La regione non è estranea neanche a episodi di antisemitismo: lo scorso ottobre la polizia aveva arrestato una sessantina di persone dopo che una folla infuriata per la guerra condotta da Israele a Gaza aveva preso d’assalto un aeroporto a Makhachkala. Episodi isolati ma significativi, considerato che Mosca ha combattuto per anni un’insurrezione separatista nel Caucaso settentrionale a maggioranza musulmano. Negli ultimi anni, è proprio da quest’area della Russia che migliaia di abitanti sono partiti per combattere per lo Stato islamico in Iraq e Siria; alla fine, diverse centinaia sono stati riportati indietro per scontare pene detentive dopo che il gruppo è stato sconfitto da una coalizione internazionale sostenuta dagli Stati Uniti.

Il Cremlino minimizza?
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha escluso responsabilità di gruppi jihadisti negli attentati. “Ora siamo un paese diverso”, ha affermato. “La società è consolidata e tali manifestazioni terroristiche non sono supportate né in Russia né in Daghestan”. Allo stesso modo, diversi funzionari hanno suggerito che dietro gli attacchi possano esserci “forze esterne” che puntano a indebolire la Russia. “Comprendiamo chi c’è dietro questi atti terroristici – ha detto Melikov, vovernatore del Daghestan, in un discorso in cui ha paragonato le vittime dell’assalto di ieri con i soldati russi che combattono in Ucraina, dicendo che “si trovavano di fronte lo stesso nemico”. “Dobbiamo capire che la guerra sta entrando in casa nostra” ha aggiunto Melikov che come altri rappresentanti russi sembra voler minimizzare i fallimenti dell’intelligence russa accusando l’Occidente e Kiev, senza però fornire prove. Se anche quest’attacco fosse rivendicato da una cellula vicino allo stato islamico, infatti, ciò dimostrerebbe ancora una volta che il terrorismo di matrice jihadista in Russia non è scomparso, come sostiene il Cremlino, ma al contrario aspetta il momento giusto per rialzare la testa. Tra le poche voci che hanno il coraggio di dissentire dalla propaganda ufficiale c’è quella del senatore Dmitry Rogozin, il quale si è lamentato del fatto che se ogni attacco terroristico “fosse attribuito agli intrighi dell’Ucraina e della Nato, questa nebbia rosa ci porterà a grossi problemi”.

Il commento
Di Aldo Ferrari, Head, Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale ISPI

“Anche se può verosimilmente imbarazzare il Cremlino, la matrice islamista degli attacchi in Daghestan – considerati gli obbiettivi degli aggressori, una sinagoga e due chiese ortodosse –  sembra essere poco discutibile, in una regione storicamente instabile e a lungo focolaio di violenza jihadista”.

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L'ISPI Daily Focus è a cura di Alessia De Luca
                            



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