Trento, Meloni sfida Schlein sul premierato: «O la va o la spacca».
La leader Pd: «Democrazia non è acclamare un capo»
Di Paola Di Caro
Entrambe sul palco del Festival dell'Economia, ma non insieme. Scintille dopo il confronto tv saltato in vista delle Europee
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Non è un duello televisivo, per il quale Elly Schlein si dice «sempre disponibile, ovunque e comunque», ma è lo stesso un botta a risposta a distanza quello tra la leader del Pd e la premier Giorgia Meloni. E avviene a Trento, dove si tiene il festival dell’Economia (organizzato dal Gruppo 24 Ore e Trentino marketing), e dove prima la leader di FdI e poi Schlein sono invitate e si lanciano messaggi, approfondendo ciascuna i propri temi forti di campagna elettorale.
È scontro sul premierato, che Meloni vuole a tutti i costi perché «è una riforma necessaria», e se si fa carico di una vita molto faticosa, dice «è perché io voglio lasciare qualcosa, e o la va o la spacca. Nessuno mi chieda di scaldare la sedia o stare qui sopravvivere, non sarei la persona giusta per ricoprire questo incarico». Poi ributta la palla all’avversaria: «Mi potrà rispondere e mi risponderà». E Schlein replica. «Siamo andati con sei proposte per rafforzare la stabilità dell’esecutivo: ad esempio la sfiducia costruttiva, che evita crisi al buio, non l’hanno nemmeno considerata questa proposta. Per me la democrazia è più complessa che la libertà di acclamare un capo una volta ogni 5 anni per poi lasciargli fare quello che vuole». Da cambiare, piuttosto, è «la legge elettorale».
Altro tema di scontro è il lavoro. Meloni attacca: «Grazie alla segretaria del Pd perché ci ricorda i disastri della sinistra al governo. Io sono fiera che in un anno e mezzo abbiamo fatto ricrescere i salari. Le lezioni da chi ha fatto calare dell’1,5% i salari quando era al governo no». È irritata, due ore dopo, Schlein: «Fino a quando la premier continuerà a scaricare le responsabilità sui governi precedenti? Certo, se la sinistra avesse fatto tutto bene in questi anni, una come me non avrebbe mai vinto le primarie del Pd, ma ora al governo c’è lei e tocca a lei dare risposte».
Naturalmente opposte le visioni su Superbonus e Redditometro, non tanto nel merito quanto sul metodo. Sul primo, Schlein rimprovera a Meloni di aver sostenuto la misura quando era all’opposizione, sul secondo di avere davanti un governo «confuso», mentre la premier dice che ha bisogno ancora di tempo prima di decidere sul decreto, che infatti è stato sospeso.
Su molti altri temi naturalmente le differenze sono nette, dall’immigrazione al trattamento dei casi Forti e Salis, ma qui è chiaro che ciascuno porta avanti la propria linea in vista del voto europeo. Meloni ne parla anche esplicitamente aprendo la porta a Marine Le Pen: «Con lei ci sono dei punti in comune, è evidente, sul contrasto all’immigrazione illegale, sull’approccio alla transizione verde, sulla difesa della identità europea, ci sono dei punti di contatto».
E sempre sull’Unione, parte un attacco duro: sull’assegno unico «abbiamo un problema che riguarda l’Ue, perché la commissione apre una procedura di infrazione contro l’Italia su questo strumento con motivazioni surreali. Dice che se vogliamo mantenerlo dobbiamo riconoscerlo anche ai lavoratori comunitari e potenzialmente anche a quelli extracomunitari», ma «non potrei permettermelo», quindi «intendo dare battaglia» perché sono «procedure di infrazione folli». Al contrario, Schlein sembra dare ragione alla presidenza Ue su più di un punto, come la direttiva per le case green: «La destra la sta attaccando, io non credo che facciamo l’interesse nazionale se andiamo a piagnucolare a Bruxelles sulle scadenze». Invece, la leader del Pd è «preoccupata» per lo sviluppo dell’automotive, e si dice «non aprioristicamente contraria» a dazi su auto elettriche cinesi. Alla fine, con la sua avversaria, è un punto di incontro.
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