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« inserito:: Giugno 15, 2024, 11:21:25 am »

Azioni e bond, le 5 lezioni dal passato per costruire il portafoglio del futuro

di Francesca Gerosa

I settori protagonisti sui mercati cambiano in fretta. Fare market timing non sempre è la cosa giusta. Ecco quale può essere l’asset allocation ideale tra bond e azioni per ogni ciclo di mercato sulla base delle dinamiche del passato. I consigli dei gestori | Azioni, ecco i 28 titoli che beneficeranno maggiormente dei tagli dei tassi in arrivo
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Dal 1989 a oggi i mercati globali hanno subito innumerevoli trasformazioni e si sono visti eventi di ogni tipo, di cui la maggior parte anche difficilmente immaginabili. Tuttavia, al netto dell’imprevedibilità degli eventi, secondo Alberto Foà, presidente di AcomeA Sgr, una costante ha sempre pagato: comprare sugli eccessi di ribasso. «Il mercato è pieno di esempi che hanno portato grandi soddisfazioni a chi avesse, con un approccio saldo e diversificato, incrementato sugli eccessi di ribasso: 1987 (Black Monday, lunedì nero, ndr), 1998 (la crisi finanziaria russa e asiatica, ndr), la Grande crisi del 2008, la pandemia di Covid del 2020 e tante altre fasi intermedie che si sono intervallate nei mercati», ricorda Foà.
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Due lezioni di base per chi investe in azioni
Ciò che non è mai davvero cambiato è la capacità dei mercati azionari globali di recuperare il terreno perso nei momenti di maggior volatilità (si veda il grafico pubblicato in pagina). Ed è per questo motivo che Cosmo Schinaia, Country Head per l’Italia di Fidelity International, ritiene che l’azionario rimanga l’asset class da cui non si può prescindere per la costruzione di un portafoglio diversificato, nonché l’unico vero hedge all’inflazione nel lungo periodo. «A mio avviso sono due le lezioni importanti da trarre dalla storia economica degli ultimi 30 anni. La prima è che la chiave per rimanere sui mercati è la pazienza, anche quando i mercati registrano una volatilità elevata e i prezzi delle aziende fluttuano in modo repentino. D’altra parte, quando le cose vanno molto bene, è facile farsi trascinare dall’euforia e dalle mode del momento, e questa è la seconda lezione: è fondamentale rimanere razionali», indica Schinaia. Guardando al futuro, «penso che l’azionario rimarrà uno degli elementi costitutivi dei portafogli diversificati bilanciati, unito a un’elevata gestione del rischio».

Quando si pensa, in effetti, ai periodi passati di euforia e crisi dei mercati è sempre fondamentale collocare la loro performance nel contesto di lungo periodo. «Nel corso del tempo i mercati azionari sono cresciuti in media del 4%-6% all'anno in termini reali. Ci sono stati anni di rendimenti negativi, ma questi sono sempre stati più che compensati da rendimenti positivi», nota Nicholas Bratt di Lazard Asset Management. Perché? Il motore a lungo termine della performance del mercato azionario, spiega Bratt, è la creazione di ricchezza da parte delle società quotate grazie al successo delle loro attività e alla generazione di profitti. Il pil globale è stato creato in gran parte da aziende di successo e questo si è riflesso nell'aumento dei prezzi delle azioni.

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Meglio non fare market timing
Si è tentati di credere di poter approfittare di questi estremi, vendendo ai massimi e comprando ai minimi di mercato. «La storia, tuttavia, ci dice che si tratta di un approccio poco saggio. Non è possibile prevedere su base costante quali siano i momenti migliori e peggiori per investire. Questo fenomeno si ripete in tutta la storia dei mercati azionari, anche se le specificità variano, compreso il tempo necessario per recuperare le perdite. Il messaggio rimane lo stesso: non cercate di fare market timing sull'entrata e sull'uscita dal mercato azionario, anche se potreste prendere profitti parziali quando i mercati sembrano fortemente sopravvalutati e aggiungere posizioni quando gli investitori sono in preda alla disperazione», consiglia Bratt, individuando quattro dinamiche del passato da tenere in considerazione: il ritmo del cambiamento, soprattutto nel mondo della tecnologia e della farmaceutica, si è accelerato; il numero di mercati azionari nel mondo è aumentato con lo sviluppo dei mercati emergenti, ampliando il ventaglio di opportunità; l'investimento passivo è cresciuto di importanza relativa, mettendo sotto pressione le commissioni di gestione; la psicologia del mercato rimane la stessa: «la follia delle folle, la speculazione e la paura».

Inoltre, sin negli anni ‘70 gli investitori erano restii a operare a livello globale. Si chiedevano: perché dovrei investire in tutto il mondo se le migliori società si trovano tutte negli Stati Uniti? Oggi, osserva Rob Lovelace, gestore di portafoglio azionario di Capital Group, si percepisce un sentiment analogo. «Il concetto di investire a livello globale non era ampiamente accettato come oggi, ma ci sono stati alcuni fattori che hanno contribuito a renderlo più credibile», indica Lovelace.

L’importanza degli indici globali
A svolgere un ruolo importante in tal senso furono gli sforzi compiuti da Capital International per creare indici globali (Capital International corrisponde alle lettere C e I di quella che è oggi nota come Msci) e statistiche a sostegno di tali indici. Sebbene all’epoca ci fossero solo tre variabili (ovvero il rapporto prezzo/utili, prezzo/flusso di cassa e prezzo/valore contabile), l’analisi statistica fornì validità agli investimenti in Europa e Asia, contribuendo a far sì che gli investitori si sentissero più a loro agio a operare al di fuori del proprio mercato di riferimento. Il fatto che questi dati venissero pubblicati solo due volte all’anno, con uno sfasamento temporale di un anno, dava inoltre agli investitori fondamentali un enorme vantaggio informativo. Ecco perché «la storia di lungo periodo e la memoria contano davvero», dichiara Lovelace.

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La leadership può cambiare
Arrivando ai giorni nostri, a una prima analisi si potrebbe dedurre che, dopo il 2020, i mercati siano andati generalmente bene. Una considerazione che va, però, approfondita in quanto il mercato è molto polarizzato a livello globale, afferma Foà. «Dagli Stati Uniti con i suoi magnifici 7, al mercato europeo con le banche, abbiamo un mercato che guarda a pochi titoli concentrati, dimenticando tutto il resto, tendenza amplificata dalla rapida diffusione del fenomeno degli Etf», chiarisce il presidente di AcomeA Sgr, notando anche che sui mercati globali non è mai stato così ampio il divario di valutazione tra le large cap e le mid e small cap.

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«Con ogni giro di mercato cambiano i market leader, che ad oggi sono le magnifiche 7 statunitensi o le banche in Europa. Posizione di leadership e di concentrazione esasperata dai flussi dei gestori passivi, che come già detto, sono sempre più determinanti sui mercati. Tuttavia, come visto in tutti questi anni, la leadership può cambiare e anche molto in fretta. I vincitori del momento che hanno attirato tanta attenzione e tanta performance», avverte Foà, «potrebbero lasciare il posto ad altri attori».

I settori che prenderanno il posto del comparto tecnologico
Un’area che sta entrando in un periodo entusiasmante per Lovelace è quella del settore farmaceutico e sanitario: «non so se soppianterà il settore tecnologico a livello di predominio del mercato azionario, ma l’impressione è che ci troviamo all’inizio di un’era in cui si stanno presentando tutti insieme i benefici delle attività di ricerca e sviluppo svolte nell’ultimo decennio. Il comparto tecnologico», sostiene il gestore di Capital Group, «ha ancora molto da offrire e con ogni probabilità ci attendono interessanti sviluppi. L’informatica quantistica, ad esempio, sta portando con sé una gamma di opportunità totalmente nuova in grado di sovvertire lo status quo». Non solo.

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In un contesto di trasformazioni tecnologiche, forte concentrazione di alcuni indici, aspettative di cambiamento dei tassi e l'incertezza geopolitica, «una lezione del passato che è sicuramente di attualità sta nel fatto che decidere sin dall’inizio chi sono i vincitori di una rivoluzione tecnologica ancora agli esordi può essere prematuro; per questo motivo sul settore tecnologico e in particolare sul tema dell’intelligenza artificiale suggeriamo un approccio diversificato», dichiara Ilaria Romagnoli, ceo di Symphonia sgr e responsabile dell’asset management del gruppo Banca Investis.

Come costruire un portafoglio bilanciato facendo tesoro delle lezioni passate
Per costruire un portafoglio bilanciato facendo tesoro di queste lezioni del passato, per quanto riguarda l’esposizione azionaria, Romagnoli vede con favore un sostanziale equilibrio fra azioni statunitensi e quelle degli altri paesi, in virtù delle elevate valutazioni raggiunte dal mercato americano, che rappresenta quasi il 70% degli indici di mercato globali. «Con l’indice S&P 500 in rialzo di quasi il 50% dai minimi di ottobre 2022, riteniamo che prendere qualche profitto su un’esposizione eccessiva alle grandi capitalizzazioni Usa possa essere prudente, sottopesare eccessivamente le allocazioni al mercato che stanno guidando la rivoluzione tecnologica di questo decennio potrebbe essere un errore», precisa il ceo di Symphonia Sgr. Per quanto riguarda la componente obbligazionaria (il 50% del portafoglio) «riteniamo che un’allocazione del 25% a titoli governativi a breve termine, 10% alla componente governativa a medio lungo termine e 15% ai subordinati finanziari possa essere adeguata alle attuali condizioni di mercato. Ora che il pricing di tagli accelerati è stato rimosso, la parte breve delle curve offre rendimenti elevati e attraenti. Nel credito, gli spread investment grade sono ormai molto compressi e anche se i rendimenti sono storicamente elevati, l’appeal rispetto ai governativi è ridotto. I bond subordinati finanziari sono la nostra asset class di credito preferita, in particolare gli AT1. La parte lunga delle curve potrebbe avere nuovamente un ruolo come bene rifugio per le strategie bilanciate, dopo la debacle del 2022».

L’asset allocation per un investitore con una media propensione al rischio
Il suggerimento di Foà per un portafoglio di un investitore con una media propensione al rischio nel contesto attuale prevede una quota azionaria massima del 40%, una componente obbligazionaria del 50% e una parte di liquidità remunerata al risk free del 10%. Per quanto riguarda le azioni, più che una scelta di area geografica, dove sovrappesare la sola area emergente rimasta molto indietro in relativo, il consiglio di Foà è quello di investire sulle sulle medie e piccole capitalizzazioni fortemente penalizzate dalla grossa concentrazione su pochi e mega titoli e quindi su valutazioni ai minimi storici, con un differenziale valutativo molto accentuato.

Bond, il cocktail migliore
«Sulle obbligazioni un buon mix tra governativi e corporate senza eccedere nella duration di portafoglio sembra essere sensato, con la presenza di alcuni paesi emergenti anche in local currency per avere un maggior rendimento. La presenza di liquidità», conclude Foà, «è utile per cogliere le eventuali opportunità di correzione dei mercati che dopo aver corso parecchio potrebbero rifiatare». A proposito di liquidità, avverte Bratt, cresce lentamente e spesso i tassi d'interesse sono in ritardo rispetto all'inflazione, per cui nel tempo la liquidità perde il suo valore reale. Al contempo le obbligazioni, spesso considerate investimenti sicuri e difensivi, possono essere molto volatili quando i tassi di interesse non sono stabili. Poi in quanto prestiti, non crescono di valore e quando vengono rimborsate il loro valore adeguato all'inflazione è tipicamente inferiore al prezzo di emissione originale.

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«Un immobile ben scelto può essere un ottimo investimento a lungo termine, ma soffre di una liquidità limitata. Mentre l'oro è l'investimento più antico della storia dell'uomo. Nel corso del tempo si è rivelato un efficace elemento di diversificazione, poiché», conclude Bratt, «spesso è inversamente correlato all'andamento del mercato azionario. Ha inoltre una caratteristica unica come strumento finanziario: non rappresenta una passività di un'altra entità». (riproduzione riservata)

MF - Numero pag. 59 del 22/04/2024
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