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Autore Discussione: Ci spingono verso il privato? AUMENTATE IL RIMBORSO FISCALE ALLE FAMIGLIE!!!!!!  (Letto 2050 volte)
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« inserito:: Giugno 04, 2024, 07:36:28 pm »

Tempi di attesa infiniti e gli italiani rinunciano a curarsi

Secondo un sondaggio Ipsos sono tre cittadini su 4 a rinunciare alle prestazioni del servizio nazionale per le attese troppo lunghe. Il dato peggiora al Centro sud

30 aprile 2024
 Saverio Scattarelli / SIPA / AGF - Operatori sanitari nell'ospedale Miulldi di Acquaviva delle Fonti

SANITÀ CURE SONDAGGIO
AGI - Tre cittadini su quattro hanno rinunciato a curarsi nel Servizio Sanitario Nazionale ma due su tre sperano ancora in una Sanità totalmente pubblica. È questo uno degli aspetti più significativi a emergere dal sondaggio condotto da Ipsos in occasione della giornata mondiale della Salute. In particolare, ben il 74% del campione ha dovuto rinunciare almeno una volta ad una prestazione del SSN a causa dei tempi di attesa (è accaduto più frequentemente al 65% dei cittadini).
Si aggiunga che il 57% degli intervistati ha dovuto rinunciare perché la prestazione non era erogata nella propria zona. Il dato è più preoccupante nelle regioni del centro nord e del centro sud, ma si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il Paese. L'80% dei cittadini che hanno rinunciato a curarsi nel Servizio Sanitario Nazionale ha avuto comunque la possibilità di rivolgersi a un servizio privato per ottenere la prestazione, mentre il 16% ha del tutto rinunciato alle cure, una percentuale che tende a raddoppiare tra le fasce della popolazione più in difficoltà economiche e socialmente più marginali.
Nonostante queste evidenti lacune, il 64% del campione sostiene che la sanità debba essere esclusivamente pubblica "ad ogni costo" (metà dell'intera popolazione accetterebbe anche un aumento delle tasse se finalizzate a sostenere il SSN) mentre il 26% accetterebbe un sistema misto pubblico-privato.
"L'offerta specialistica risente in tutto il Paese di una insufficiente disponibilità di risorse economiche ed organizzative per garantire i livelli essenziali di assistenza - sottolinea Silvestro Scotti, Segretario Nazionale della FIMMG - e a questo si aggiunge la difficoltà per molti cittadini di raggiungere il luogo in cui la prestazione viene offerta, spesso troppo lontana dai luoghi di vita delle persone. La Medicina Generale si riconferma ancora una volta l'unico vero baluardo del Servizio Sanitario Nazionale strutturalmente adeguato a fornire ai cittadini un'assistenza di prossimità, gratuita e accessibile a tutte le fasce socioeconomiche, trasversalmente in tutto il Paese.
L'accesso alle prestazioni indifferibili dal proprio medico non prevede liste di attesa, mentre le visite programmate vengono effettuate entro pochi giorni. Per questi motivi i cittadini non rinunciano alle prestazioni del proprio medico di famiglia, a differenza di quello che accade in altri ambiti. La difesa del servizio sanitario pubblico - conclude Scotti - passa attraverso la difesa della medicina generale, che è ancora oggi espressione compiuta dei principi che ne hanno ispirato l'istituzione".
"Il valore della sanità pubblica è riconosciuto e difeso dagli italiani, nonostante il rammarico per tempi di attesa e scarsa capillarità dei servizi sul territorio - afferma Andrea Scavo, Direttore dell'Osservatorio Italia Insight di Ipsos che ha curato l'indagine. Su questo tema le nostre indagini registrano costantemente una grande sensibilità degli italiani, che considerano la sanità una delle priorità nazionali e, aspetto più unico che raro, si dichiarano disponibili anche a sostenere un aumento delle tasse pur di migliorarne i servizi".

Da - https://www.agi.it/cronaca/news/2024-04-30/salute-italiani-rinunciano-cure-servizio-nazionale-tempi-attesa-lunghi-26211630/
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« Risposta #1 inserito:: Giugno 07, 2024, 12:45:04 pm »

Solo poco più della metà delle prenotazioni per le visite specialistiche in attività intramuraria (si parla di ALPI) ossia al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale ha un tempo di attesa inferiore ai 10 giorni, mentre una prenotazione su sei si deve attendere oltre i 30/60 giorni. Un altro terzo delle visite viene fissato fra gli 11 e i 30 giorni dalla richiesta. Sono i dati provenienti dal rapporto di Agenas Monitoraggi Nazionali ex ante dei tempi di attesa per l’attività libero professionale intramuraria (ALPI) e volumi di prestazioni ambulatoriali e di ricovero erogate in attività Istituzionale e ALPI relativi al 2022. La rilevazione di Agenas si basa su quattro momenti – gennaio, aprile, luglio, ottobre – e ha coinvolto 188 delle 196 strutture sanitarie che erogano prestazioni ambulatoriali in ALPI nelle 21 Regioni/PA.
 Più nel dettaglio, vediamo che in libera professione oltre il 70% delle visite gastroenterologiche, dell’ecografie addome inferiore, delle spirometrie semplici, delle TAC e degli esami audiometrici viene prenotato entro i 10 giorni. La mammografia si conferma essere la prestazione che registra invece la percentuale più bassa.

Quanto ricorriamo alle visite mediche a pagamento nel SSN? In alcuni casi tanto di prenotazioni entro i 10 giorni: il 19% delle mammografie monolaterali viene effettuato in 10 giorni, e il 38% di quelle bilaterali, contro il 47% delle ecografie al seno. Lo stesso vale per la fotografia del fundus oculare per rilevare eventuali malattie della retina e del nervo ottico, (38%), la visita neurologica (42%), la colonscopia totale con endoscopio flessibile (46%).
Questi dati vanno comunque letti alla luce del fatto che ci sono quattro classi di priorità che il medico utilizza per prenotare una visita specialistica per un proprio paziente. Urgenti (U) da eseguire in 72 ore, brevi (B) da farsi entro 10 giorni, differibili (D) entro i 30 giorni per le visite specialistiche ed entro 60 giorni per le prestazioni strumentali, e infine le visite programmate (P) che possono attendere fino a 120 giorni, cioè tre mesi. I “senza priorità” devono attendere anche più tempo, oltre i tre mesi.

A livello nazionale si registra che la classe di priorità U viene utilizzata maggiormente per l’ecografia ginecologica, la classe B e classe D per l’esofagogastroduodenoscopia mentre la classe P oltre che per la mammografia e l’ecografia della mammella anche per la fotografia del fundus; 32 a livello regionale si nota che alcune regioni (Emilia- Romagna, Valle d’Aosta, Toscana) utilizzano la classe B più delle altre regioni. Va detto però che la Lombardia, la regione più popolosa d’Italia, non ha inviato ad Agenas il dato distinto per classe di priorità.
Alla fine del rapporto si possono esaminare i dati dei tempi di attesa per singola prestazione in ogni regione.

Il ricorso alla libera professione
Chiaramente la libera professione non deve essere la soluzione, anche perché non tutti possono permettersi una spesa ulteriore rispetto al ticket. Il rapporto tra l’attività erogata in ALPI e quella erogata in regime istituzionale non deve superare il 100%. In 16 regioni su 21 tuttavia si rileva almeno una situazione in cui il suddetto rapporto è superiore al 100% soprattutto nell’ambito della visita e dell’ecografia ginecologica.
A livello di singola regione, si nota che le realtà che erogano più prestazioni in numero assoluto in ALPI sono la Campania, l’Emilia-Romagna, il Lazio e la Lombardia (è ovvio, essendo fra le più popolose) rimanendo comunque su percentuali molto modeste in rapporto alle prestazioni erogate in regime istituzionale.
In media l’8% delle visite specialistiche o degli esami strumentali nel 2022 sono state erogate in ALPI, con picchi del 14% in Provincia di Trento, e del 12% nelle Marche e in Valle d’Aosta. Non basta però questo dato per dire che una regione fa meglio di un’altra.

Questo rapporto registra valori compresi tra il 3%-4% per le visite fisiatriche e oncologiche, che sono i più bassi, che significa che i pazienti oncologici, per esempio, sono molto ben presi in carico dal punto di vista istituzionale, fino al 31% per le visite ginecologiche, che sono quelle per le quali è più scelta la libera professione. Per quanto riguarda le prestazioni strumentali come la diagnostica per immagini, andiamo dall’1% (per TC, mammografia monolaterale, elettrocardiogramma dinamico (holter), ecografia monolaterale della mammella, fotografia del fundus) al 36% per le ecografie ginecologiche.
Prestazioni in ripresa dopo la pandemia

Già nel 2022 emerge un netto recupero delle prestazioni specialistiche, che hanno addirittura superato i livelli del 2019. Nello specifico, nel 2019, le prestazioni erogate in ALPI erano state 4.7 milioni e quelle in istituzionale erano 58 milioni, mentre nel 2022 quelle erogate in ALPI 4.9 milioni e quelle in istituzionale 59 milioni. Questi dati non comprendono solo le prime visite/prestazioni, ma l’insieme totale delle prestazioni erogate, quindi anche i controlli successivi. Per l’attività istituzionale sono rilevate anche le prestazioni delle strutture private accreditate, ma non le prestazioni ambulatoriali erogate in Pronto Soccorso non seguite da ricovero e non le prestazioni di screening.
Come registrato negli ultimi anni, la visita cardiologica è la prestazione più erogata in ALPI, seguita dalla visita ginecologica, da quella ortopedica, dall’elettrocardiogramma e dalla visita oculistica. Come attività in regime istituzionale l’esame più richiesto è l’elettrocardiogramma, seguito dalla visita ortopedica , dalla visita oculistica, dalla TC e solo dopo dalla visita cardiologica, che è invece quella come abbiamo visto più erogata in intramoenia.
Le visite più richieste in ALPI sono state quelle ortopediche (44.822 visite nel 2022: 12.042 prenotazioni a gennaio, 9.946 ad aprile, 13.584 a luglio e 9.250 ad ottobre), seguite da quelle cardiologiche (43.684), le visite ginecologiche (38.179). Per quanto riguarda le prestazioni strumentali, quelle maggiormente richieste sono state l’elettrocardiogramma (23.756), l’ecografia all’addome inferiore, superiore e completo (8.501), l’eco (color) dopplergrafia cardiaca (7.002) e l’ecografia monolaterale e bilaterale della mammella (6.777 prestazioni).

Da FB del 5 giugno 2024
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