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Autore Discussione: colloquio con John Micklethwait: sedicesimo direttore dell''Economist'  (Letto 3195 volte)
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« inserito:: Giugno 25, 2007, 07:09:00 pm »

Attualità

Ci vuole più coraggio
colloquio con John Micklethwait

di Annalisa Piras
 
John Micklethwait, 44 anni, è il sedicesimo direttore dell''Economist', da 160 anni uno dei più influenti magazine economici del mondo. Un giornale in pieno boom, che rispetto a dieci anni fa vende il 94 per cento di copie in più.


Vista dall''Economist' oggi come vi sembra l'Italia?

"È la solita vecchia storia. Una grande confusione. L'Italia dovrebbe abbondonare una volta per tutte i vecchi vizi di ingerenza dello Stato nell'economia. Dovrebbe abbandonare Alitalia al suo destino, senza condizioni, per il bene di Alitalia. Stessa cosa per la Rai. Romano Prodi sta facendo bene e sa cosa fare, ma c'è bisogno di più coraggio politico".

Nessun segno incoraggiante?

"Siamo molto più ottimisti sull'Italia di quanto lo fossimo sei mesi fa. In particolare le piccole e medie imprese stanno reagendo molto meglio del previsto ai contraccolpi della globalizzazione, e alla competizione della Cina. Sembrano aver capito rapidamente come aggiustare il tiro. Immagino sia la vecchia arte d'arrangiarsi italiana, che prescinde completamente dalla confusione della politica. Ma per quanto riguarda le grandi imprese l'unica parola che viene in mente è un macello totale. Prenda Telecom o Alitalia, appena la politica e lo Stato intervengono tutto sembra diventare un gran pasticcio. E quello che preoccupa è il risorgere di nazionalismi economici che non giovano al Paese".

Come giudica il processo di riforme in Italia?

"L'economia in Europa si sta rafforzando. La situazione è migliorata moltissimo rispetto ad un anno fa. Il governo italiano ha una pressione molto inferiore dei precedenti per la riduzione del deficit.

E questo consente oggi una finestra di opportunità ideale per le riforme, perché alcune costano parecchio. Ma l'Italia sta facendo troppo poco e troppo lentamente. Le riforme Bersani sono state ottime. Ma poi si è assistito a un rallentamento. Per esempio, sulla riforma delle pensioni, l'Italia è fuori tempo limite considerato il suo profilo demografico. La tendenza dovunque in Europa è di posticipare l'età pensionabile per tutti, uomini e donne, ma l'Italia non sembra orientata in questo senso".

Il suo giornale ha definito l'atteggiamento di Tommaso Padoa-Schioppa verso le pensioni molto rischioso, perché?

"L'economia italiana sta migliorando e le entrate fiscali pure, ma è molto pericoloso pensare di poter usare le entrate fiscali per conquistare il consenso dei sindacati. Potrebbe funzionare, ma potrebbe anche alzare pericolosamente il livello della spesa pubblica. L'urgenza sono le riforme delle pensioni e dei contratti di lavoro, e ancora non si vede granché".

Cosa pensa del dibattito sui governi di tecnici?

"In Italia, hanno funzionato se si pensa a Ciampi o Dini. Il problema è che i tecnocrati tendono a non avere la forza di coloro che hanno una forte base di consenso politico. Noi facciamo il tifo per Padoa-Schioppa, ci sembra estremamente capace e consapevole delle scelte che bisogna fare per il bene dell'Italia. Temiamo purtroppo che non abbia la forza politica per superare le resistenze al cambiamento dei sindacati e di altre corporazioni".

da espressonline.it
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