Schlein attacca: «Meloni ha perso il contatto con la realtà». E Calenda si candidadi Alessandra Arachi
Il leader di Azione sarà capolista ovunque. Conte (M5S): a La premier è re Mida al contrario»
Elly Schlein sceglie la metafora di una favola: «Giorgia nel paese delle meraviglie». Poi la segretaria dem rilancia: «La presidente del Consiglio si divide tra Palazzo Chigi e TeleMeloni e per questo ha perso contatto con la realtà». Quindi ancora attacchi, a raffica: «Seppellisce i problemi sotto un fiume di retorica». E ancora: «Un’ora di discorso senza nemmeno nominare la sanità pubblica e le infinite liste d’attesa che si allungano per i tagli. Senza citare i salari bassi, la precarietà, la sicurezza sul lavoro di fronte a 1041 morti nel 2023. Lei dice l’Italia è cambiata. Si, ma in peggio».
Le parole di Giorgia Meloni dal palco di Pescara hanno fatto ribollire gli animi delle opposizioni. Carlo Calenda, leader di Azione, ha scelto proprio la giornata di ieri per annunciare la sua candidatura in tutte le circoscrizioni, ma senza dire se sarà capolista, ha solo fatto sapere che insieme con lui in tutte e cinque le circoscrizioni ci sarà anche Elena Bonetti, già ministra nelle fila di Italia viva. Dure, comunque, le sue parole contro la presidente del Consiglio: «È una discepola di Orbán», dice. E aggiunge: «L’idea di Europa della Meloni è la fine dell’Europa. L’Italia è un grande Paese fondatore della UE, non l’Ungheria degli amici di Putin».
Ieri mattina la kermesse di Fratelli d’Italia ha portato sul palco tutti gli alleati e anche se Matteo Salvini era in versione virtuale, ha fatto di tutto per fugare i dubbi di scollature all’interno della coalizione: «Ringrazio Giorgia che per me è un onore accompagnare da vicepremier». Una difesa netta arriva da Ignazio La Russa, presidente del Senato di FdI: «Grazie Giorgia che ti candidi». E anche Antonio Tajani, leader di Forza Italia, la supporta confermando da alleato un appoggio incondizionato: «Io sono abituato così, quando prendiamo un impegno lo manteniamo fino alla fine».
Le dichiarazioni di sintonia nella maggioranza però non hanno fermato l’ironia pungente di Matteo Renzi, leader di Italia viva: «Giorgia Meloni non è una statista, ma un’influencer. Ci chiede di votarla per le Europee ma sa perfettamente che al Parlamento Europeo non ci andrà». Giuseppe Conte ha rivendicato i suoi meriti da presidente del Consiglio. Anche lui usa sarcasmo: «Con Giorgia “l’Italia cambia l’Europa”: per una volta la premier ha ragione.
Le abbiamo lasciato un’Italia che riportava a casa 209 miliardi del Pnrr per infrastrutture, investimenti, sanità. Nemmeno il tempo di arrivare a Bruxelles da presidente del Consiglio, ha dato l’ok a un accordo con tagli da 13 miliardi l’anno che colpiranno le tasche degli italiani, i servizi, la sanità, le scuole con un’onda di austerità». Ognuno tra i leader dell’opposizione ha avuto da dire il suo per trovare un appellativo alla premier: «Discepola di Orbán», «Influencer», «Giorgia nel paese delle meraviglie». Conte ci ha voluto aggiungere: «Re Mida al contrario», mentre Angelo Bonelli, leader dei Verdi, si è rifatto all’antica Grecia chiamandola «Apate dea dell’inganno», visto che «racconta un Paese che non c’è»
Riccardo Magi, segretario di +Europa, è convinto: «L’idea dell’Europa delle nazioni di cui parla Giorgia Meloni è quella dei veti dei piccoli nazionalismi, delle ripicche tra Stati, delle sospensioni di Schengen, dei muri e dei porti chiusi». Per Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, il discorso della premier è stato «la solita pappardella. Meloni sta al governo da un anno e mezzo ma ripete il copione come quando era all’opposizione. Ha fatto il tiro al piccione: ha attaccato i burocrati, gli ambientalisti, i pacifisti, la sinistra brutta sporca e cattiva, fino ad arrivare a Report, Ranucci e i giornalisti Rai, colpevoli di fare il proprio lavoro di ricerca della verità anche su Capi di Stato esteri. Non è riuscita a dare mezza risposta agli italiani»
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