Scurati e Sangiuliano, censura e rimozione storica
Nel centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti per mano dei sicari fascisti di Mussolini, il ministro della Cultura Sangiuliano e il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca danno una interpretazione revisionista dei fatti omettendo il mandante e la matrice ideologica di tale atto.
Alessandro Brescia 24 Aprile 2024
Sembra un paradosso ma lo scrittore Antonio Scurati con il testo del suo monologo si è inevitabilmente legato al ministro della Cultura Sangiuliano. Un monologo mai andato in onda, oggetto di una becera censura, forse perché troppo ricco di dettagli sulla morte di Giacomo Matteotti, peraltro, va ricordato al ministro, rintracciabili anche in un buon libro storia.
Ad esempio, semplicemente, che “Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini”. Al contrario, il testo del discorso letto dal ministro Sangiuliano in occasione dell’inaugurazione della mostra dedicata a Matteotti al Museo di Roma, nel centenario della morte, è ricco di omissioni.
Nel discorso del ministro, al contrario di quello di Scurati, il nome di Benito Mussolini non compare mai. Né che Matteotti fu ucciso dai fascisti oppure che lo stesso duce si assunse pubblicamente la responsabilità politica e morale della violenza di quei giorni nefasti, compreso il delitto contro il leader socialista.
Solo l’incipit del Ministro è da antologia (forse per dei nuovi libri di storia): “La soppressione di una vita umana è uno degli atti più deprecabili che un uomo possa compiere“.
Ancora, “quando poi la motivazione proviene dall’ambito della lotta politica, cioè da quella dimensione che, pur nella varietà delle convinzioni di ciascuno, attiene al bene comune, l’atto e ancor più grave e riprovevole“.
Dopo queste parole generiche, Sangiuliano si supera toccando l’apice del qualunquismo, parlando di “un parlamentare attivissimo nel suo lavoro di oppositore al fascismo cui venne brutalmente spezzata la vita cento anni fa“. Insomma, è morto, è accaduto.
L’hanno ucciso. Ma chi ha spezzato quella vita, il Ministro non riesce proprio a dirlo. Non una riga per mettere in relazione il brutale assassinio di uno dei padri della democrazia, un gigante della nostra storia, forse troppo poco commemorato. Peggio del ministro ha fatto solo il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca.
Anche nel suo discorso, breve e sconclusionato, non c’è traccia di nulla. Anzi, secondo Rocca, “prima della scomparsa del deputato socialista, il dibattito politico, intellettuale e parlamentare rimaneva vivace e relativamente libero” e dopo le elezioni del 1924 – ha aggiunto Rocca – “Matteotti decise di prendere di petto, pubblicamente, il risultato e avviare un’opposizione forte e determinata, prendendo di mira fascisti e comunisti, considerati corresponsabili del clima di violenza, complici l’uno dell’altro”.
Insomma, una ricostruzione che è tutto dire.
Il dramma è che non si capisce se sia peggio la censura ai danni scrittore Scurati o le intenzionali rimozioni e bizzarre ricostruzioni da parte di uomini delle Istituzioni.
Ma forse, in questa Italia di destra, le due cose si spiegano reciprocamente.
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