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Autore Discussione: da Politico.it Foglio. Fratelli d’Italia e Lega « estrema destra» per la Francia  (Letto 611 volte)
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« inserito:: Febbraio 16, 2024, 05:40:58 pm »

Politico.eu, Foglio
Le Pen, una Meloni 2.0 di estrema destra o una politica conservatrice e un po’ «noiosa»?
    di ALESSANDRO TROCINO


   Colleghi stranieri - francesi e spagnoli - spesso ci rimproverano di definire Fratelli d’Italia e Lega «destra», quando per loro la locuzione corretta sarebbe «estrema destra». E in questo modo, spesso, questi due partiti vengono etichettati sulla stampa non italiana. È una questione non puramente terminologica che si ripropone con Marine Le Pen. È una politica di destra o di estrema destra? La prima cosa che si nota, nell’analisi di Nicholas Vinocur, è che Le Pen è definita Meloni 2.0.

La domanda che si pone l’articolo di Politico.eu è quanto a destra sia davvero Le Pen. Più precisamente: «Per molti francesi e non pochi stranieri che guardano dall’estero, la domanda rimane: quanto è davvero “normale” Le Pen e il suo partito Rassemblement National? Si tratta di un’organizzazione di estrema destra che scatenerà l’inferno sui gruppi minoritari in Francia, oltre a far saltare i legami della Francia con l’Ue e la Nato, se raggiungerà il potere? O è un movimento populista di destra sulla falsariga del governo di coalizione del primo ministro italiano Giorgia Meloni, che abbaia molto ma non morde?».

La questione non è teorica visto che, secondo i sondaggi, alle elezioni del Parlamento europeo di giugno il partito otterrebbe il 28 per cento dei voti, molto di più della coalizione di centro-destra guidata da Renaissance di Macron, che sarebbe ferma al 19 per cento. E la Francia stessa appare divisa sulla classificazione del partito. La principale agenzia di stampa, la France-Presse, continua a descrivere il «Rassemblement National» come un partito «di estrema destra». Altri organi di stampa hanno aggiornato il loro vocabolario in «populista di destra» o «destra nazionalista». Nel 2022, un giornalista della televisione pubblica francese, Valery Lerouge, ha spiegato: «Il termine che usiamo più comunemente per parlare del Rassemblement National è destra nazionalista. Perché se si guarda alla storia dell’estrema destra, si parla di un partito razzista, antisemita e omofobo. L’estrema destra si rifà al fascismo, e non è più il caso di Rn».

Marine Le Pen ha fatto molta strada da quando ha cominciato. Il padre, Jean Marie Le Pen, era uno che alla domanda sullo sterminio di sei milioni di ebrei rispose che si trattava di «un dettaglio» nella storia. Uno che aveva difeso l’uso della tortura in Algeria, arrivando a dire (per poi smentire) di avere dato ordine di torturare detenuti. Uno per il quale l’incitamento all’odio razziale era pane quotidiano. Quando è arrivata Marine sulla scena, è stato automatico associarla al padre, re degli orchi, «cattivo da cartone animato». Eppure, a poco a poco, Marine ha imparato a evitare le polemiche. A schivare gli argomenti più scottanti, a non usare parole troppo violente. È diventata, dice Vinocour, «un po’ noiosa».

E meno male, si potrebbe dire. Marine considera «inelegante» citare il padre, il Front national e tutto l’armamentario della guerra d’Algeria. Il partito è diverso, molti militanti e dirigenti non erano neanche nati all’epoca. Insomma, «tredici anni dopo aver preso il posto del padre al vecchio Front National, e 18 mesi dopo aver ceduto la presidenza del Rassemblement National a Bardella, Le Pen è riuscita a tagliare i ponti con il suo predecessore con la benda sull’occhio, o almeno lo ha reso irrilevante nella politica quotidiana».

Il parallelo con Meloni, in effetti si pone. Non ha senso - e soprattutto non è efficace - combattere Le Pen facendo riferimento al passato, alla tortura, all’antisemitismo. Lo stesso può dirsi per Meloni e il fascismo storico, ma anche per il post fascismo del Movimento sociale? Può darsi, ma Vinocour dice che un tratto di continuità c’è, in Le Pen, e va studiato: «Per esempio, la promessa di instaurare una politica di “priorità nazionale” in base alla quale i cittadini francesi avrebbero accesso preferenziale al lavoro, ai sussidi e all’edilizia sociale rispetto agli stranieri, anche a quelli che pagano le tasse in Francia».

Altri sostengono che, mentre Le Pen potrebbe aver rotto con l’antisemitismo di suo padre, i suoi commenti sui musulmani e sugli immigrati rasentano l’islamofobia. Sottolineano le sue dichiarazioni sulle «incessanti richieste delle minoranze», sul velo musulmano come «marcatore ideologico, pericoloso quanto il nazismo». Ricordano che non vuole la cittadinanza per diritto di nascita, che sostiene il rimpatrio forzato di criminali nati all’estero. I musulmani costituiscono il 10 per cento della popolazione francese. Non c’è dubbio - sostiene Vinocour - che, se Le Pen fosse eletta presidente, questa popolazione soffrirebbe restrizioni alle manifestazioni pubbliche di religiosità, come minimo».

Cécile Alduy, specialista e ricercatrice linguistica che ha scritto libri sul linguaggio di Le Pen, ha spiegato a Les Echos di non avere alcun dubbio: «È ovvio che appartiene all’estrema destra. Sostiene il determinismo del sangue, della famiglia, della nazione.
Stigmatizza alcuni gruppi etnici e religiosi. Non credo che suo padre sarebbe stato in disaccordo con il suo programma». Non aiuta il fatto che in Europa sia nel gruppo Identità e Democrazia, dove ci sono Alternativa per la Germania e Lega Nord, che Vinocour definisce «di estrema destra».

Le Pen ha raggiunto o no una rispettabilità politica, scrollandosi di dosso l’identità del padre? No, dice Vinocour: «Non c’è dubbio che la sua lunga campagna elettorale volta a ripulire la reputazione del suo partito sia stata, in larga misura, un successo. Ma non si è mai spinta fino al punto di ripudiare completamente l’eredità di suo padre, ad esempio denunciando pubblicamente il razzismo, l’antisemitismo e la xenofobia dei primi anni del suo partito. Invece, ha cercato di cambiare l’immagine del suo marchio senza mai abbandonare parti chiave della sua piattaforma, come il piano di priorità nazionale, o allontanarlo dal suo Dna fondamentalmente nazionalista. Per gran parte della popolazione francese – musulmani, ma anche i nati all’estero e chiunque cerchi la cittadinanza francese – una presidenza Le Pen rappresenterebbe una minaccia. E per il più ampio ordine occidentale e filo-europeo, c’è un evidente pericolo nella sua continua simpatia per Putin, che sostiene apertamente Le Pen e l’ha ricevuta in visita ufficiale nel 2017».

Vista così, la somiglianza è più con Salvini che con Meloni. Ma il capogruppo lepenista in Europa, Jean-Paul Garraud, a dicembre ha detto al Foglio: «Meloni è la sorella di Le Pen. È evidente quanto Meloni sia estremamente simile a ciò che noi siamo e a ciò che Le Pen rappresenta». Sorellanza problematica, dal punto di visto tattico, visto che nei giorni scorsi l’Ecr, il gruppo dei conservatori guidato da Meloni ha accolto tra le sue braccia Reconquête!, il partito di Eric Zemmour, che contende a Le Pen lo stesso spazio. A destra, molto a destra.   

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