Gimbe: “Cittadini costretti a migrare al Nord per curarsi, con Autonomia aumentano le diseguaglianze”
È netto il giudizio della fondazione Gimbe sull’Autonomia differenziata: aumenterà la frattura tra Nord e Sud, aumentando la migrazione sanitaria verso le Regioni più ricche e mettendo a repentaglio il diritto costituzionale alla salute di tutti i cittadini.
A cura di Annalisa Girardi
Uno schiaffo al Meridione, così la fondazione Gimbe descrive il progetto di Autonomia differenziata, denunciando come il Sud rischia di diventare sempre più dipendente dalla sanità del Nord, obbligando moltissime persone a recarsi nelle Regioni settentrionali per curarsi. Un report della fondazione analizza il fenomeno di mobilità sanitaria interregionale ed evidenzia che nel 2021 sia stata raggiunta la cifra di 4,25 miliardi di euro, con saldi estremamente variabili a seconda della Regione. La capacità di attrazione dei pazienti da altre Regioni è molto diversa: se in cima alla classifica troviamo tutte Regioni del Nord – cioè Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto – quelle del Mezzogiorno sono fanalino di coda: il 76,9% del saldo passivo si concentra infatti in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo.
Perché la fondazione Gimbe critica il progetto di Autonomia
Il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, sottolinea come la mobilità sanitaria rifletta "le grandi diseguaglianze nell'offerta dei servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto tra il Nord e il Sud del Paese" che si sono ormai trasformate in una "frattura strutturale destinata ad essere aggravata dall'Autonomia differenziata". In sanità il progetto dell'Autonomia, sempre secondo Cartabellotta, "legittimerà normativamente il divario Nord-Sud, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell'esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute".
Oggi il Senato avvia la discussione in Aula del ddl Calderoli, che contiene appunto il progetto di Autonomia differenziata. La fondazione ritiene che sia un errore concedere maggiore autonomia alle Regioni in materia sanitaria, anche a causa della grave crisi che sta affrontando il Servizio sanitario nazionale, che spesso impedisce di stanziare risorse sufficienti ad assicurare livelli essenziali di assistenza, figuriamoci a colmare le diseguaglianze. C'è anche un problema legato al personale sanitario: "una maggiore autonomia in termini di contrattazione del personale rischia di provocare una fuga di professionisti sanitari verso le Regioni in grado di offrir condizioni economiche più vantaggiose", sottolinea il report.
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Secondo Gimbe il progetto dell'Autonomia è in contrasto con uno degli obiettivi trasversali del Pnrr, ciò quello di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali. "Risulta ai limiti del grottesco la posizione dei presidenti delle Regioni meridionali governate dal Centro-Destra, favorevoli all’autonomia differenziata. Una posizione autolesionistica che dimostra come gli accordi di coalizione partitica prevalgano sugli interessi della popolazione", aggiunge Cartabellotta.
La mobilità sanitaria tra le Regioni
Nel 2021 le principali Regioni a registrare un saldo positivo a causa della mobilità sanitaria interregionale erano Emilia-Romagna (€ 442 milioni), Lombardia (€ 271,1 milioni) e Veneto (€ 228,1 milioni); le principali in saldo negativo, invece, Abruzzo (-€ 108,1 milioni), Puglia (-€ 131,4 milioni), Lazio (-€ 139,7 milioni), Sicilia (-€ 177,4 milioni), Campania (-€ 220,9 milioni), Calabria (-€ 252,4).
Il report della fondazione spiega come l'86% della mobilità sanitaria riguardi i ricoveri ordinari e in day hospital (69,6%) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,4%). Per fare poi il punto sulla mobilità verso le strutture private.
La mobilità verso il privato
Oltre 1 euro su 2 speso per i ricoveri e le prestazioni specialistiche va nelle casse del privato: parliamo di 1.727,5 milioni di euro (54,6%), rispetto ai 1.433,4 milioni (45,4%) delle strutture pubbliche. "Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate, oltre che dell’indebolimento di quelle pubbliche", commenta Cartabellotta.
Il presidente della fondazione, quindi, prosegue: "I flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il governo per la richiesta di maggiori autonomie. E che oltre la metà del valore delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale vengono erogate dal privato accreditato, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica". Secondo Cartabellotta sono dati che confermano non solo come ci sia un divario tra il Nord e il Sud del Paese, ma anche come questo sia "inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno concesse maggiori autonomie alle più ricche Regioni settentrionali", compromettendo "l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute".
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