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Autore Discussione: LA SALUTE di tutta la Cittadinanza, oggi, nelle mani della Partitocrazia Locale.  (Letto 2547 volte)
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« inserito:: Dicembre 29, 2023, 12:20:59 am »

Riccardo Saporiti
Data journalism
22.12.2023
Come sta il Servizio sanitario nazionale, 45 anni dopo
Dai finanziamenti agli incassi legati al ticket, dai tempi di attesa alla carenza di personale fino alla mobilità sanitaria: Wired usa i dati per raccontare lo stato di salute del Ssn, istituito nel 1978
Il 23 dicembre 1978 entrava in vigore la legge che ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn). In occasione del 45simo anniversario di questa norma, Wired ha raccolto alcuni dati per raccontare lo stato di salute di chi si occupa della salute degli italiani.
Il finanziamento
Il primo elemento per raccontare il Ssn è certamente il più prosaico, ma anche il più importante: quello economico. Secondo l'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel 2023 la spesa italiana per il servizio sanitaria è stata pari al al 6,8% del Pil, dato che pone il nostro paese al 15simo posto in Europa. Se però si guarda ai numeri assoluti, come nel grafico sottostante, i finanziamenti alla sanità in questo paese sono in crescita da anni.
Secondo i dati forniti da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), dal 2001 ad oggi il finanziamento al Servizio sanitario nazionale è quasi raddoppiato: era pari a 71,3 miliardi di euro nell'ultimo anno in cui ancora si usavano le lire, raggiungerà i 130,4 nel 2024. O almeno, questa è la previsione contenuta nella legge di bilancio. E che, se confermata dal parlamento che la sta esaminando in questi giorni, porterebbe a 2.224 euro la spesa pro capite per la salute.
Tornando ai dati storici, sono solo tre le occasioni in cui, nel periodo considerato, c'è stata una contrazione del finanziamento al Servizio sanitario. La prima nel 2006 (-0,02%), la seconda e più consistente nel 2013 (-0,89%), l'ultima nel 2015 (-0,19%). L'aumento più consistente nel 2005, quando la spesa salì del 13,1%, seguito da quello approvato nel primo anno della pandemia, il 2020, che fece aumentare del 5,31% la spesa sanitaria.
La compartecipazione alla spesa: i ticket
Un'altra fonte di finanziamento del Sistema sanitario nazionale è rappresentata dal ticket. La somma complessiva, pari secondo Agenas a poco più di 1 miliardo per il 2022, è di due ordini di grandezza inferiore rispetto al finanziamento istituzionale, ma il tema tocca da vicino i cittadini che hanno bisogno di usufruire di una prestazione.
Non solo: dipendendo in maniera diretta dal numero di prestazioni eseguite, i dati relativi alle somme ‘incassate’ dal Ssn grazie al ticket contribuiscono a dare un'idea dell'impatto della pandemia sulle prestazioni sanitarie. Nel grafico sottostante la situazione che consente di visualizzare anche l'andamento nelle singole regioni (con l'eccezione di Alto Adige, Basilicata e Calabria, per le quali alla pubblicazione dei dati mancava il consolidato economico del 2022).
Nel 2019 le somme versate dai cittadini per accedere alle prestazioni sanitarie, sempre con l'eccezione di Alto Adige, Basilicata e Calabria, ammontavano a 1,3 miliardi di euro. L'anno successivo sono crollate a 790 milioni. In numeri assoluti si tratta di un calo di 513 milioni di euro, in percentuale del 39,4%. Ancora nel 2022, rispetto al 2019, gli incassi legati al ticket segnavano -22%.
I tempi di attesa
Uno degli indicatori per misurare lo stato di salute del sistema sanitario nazionale è certamente rappresentato dai tempi di attesa per accedere alle prestazioni. Sempre il sito di Agenas, fornisce informazioni rispetto alla percentuale di interventi in classe di priorità A effettuati nelle tempistiche previste. Si tratta di interventi, come spiega il Portale per la trasparenza dei servizi per la salute, che devono essere compiuti entro 30 giorni, perché riguardano “casi che possono aggravarsi rapidamente pregiudicando gravemente la salute del paziente”. Nel grafico la situazione, aggiornata al 2022.
Il cerchio rosso mostra la percentuale di interventi realizzati entro la scadenza prevista, quello azzurro la media nazionale. Di default viene visualizzata la Lombardia, ma il filtro nella parte bassa (in alto a sinistra per chi leggesse da desk), consente di selezionare un'altra regione italiana. Detto che non sono presenti dati relativi alla Valle d'Aosta, sono solo tre le prestazioni per le quali lo scorso anno è stata rispettata pienamente la scadenza.
    di Giulio Zoppello
Si tratta delle operazioni per il melanoma in Calabria e gli interventi chirurgici per i pazienti affetti da tumore al colon e alla tiroide in Alto Adige. Il dato peggiore riguarda invece le operazioni per il tumore alla prostata in Basilicata: solo il 13,3% di quelli in classe A è stato effettivamente realizzato entro 30 giorni dalla diagnosi.
Fin qui le operazioni chirurgiche. Ma che succede con visite ed esami? A questo proposito, nella scorsa primavera, Agenas ha lanciato insieme alla Fondazione The Bridge un monitoraggio ex ante dei tempi di attesa delle prestazioni ambulatoriali. In altre parole, ha chiesto di fornire i dati relativi alle prenotazioni effettuate tra il 22 e il 26 maggio di quest'anno, specificando se visite ed esami siano stati erogati entro i termini. Nel caso specifico, entro 10 o 60 giorni, a seconda del grado di urgenza del paziente. Nel grafico sono riportati, nel dettaglio, i risultati.
I filtri nella parte bassa consentono di selezionare il tipo di visita e il grado di urgenza. Le barre in blu fanno riferimento a quelle regioni per cui sono stati raccolti tutti i dati, quelle rosse ai territori in cui la raccolta è stata parziale. Nel dettaglio dall'Abruzzo hanno risposto solo le Asl di L'Aquila e Chieti, dalla Campania solo Napoli 2 Nord e Salerno, dal Lazio Roma 1 e Rieti, dalla Sardegna Oristano, dall'Umbria Perugia e Terni, dal Veneto le Asl Dolomiti, Berica e Euganea.
    di Giulio Zoppello
Da questa sperimentazione, si legge in una nota, emerge come “la prima visita cardiologica è garantita nell’84% dei casi” per i pazienti con maggiore urgenza, e “nell’80% dei casi” per quanti possono attendere 60 giorni. Per la prima visita ortopedica si scende, rispettivamente, al 74% e al 78% dei casi. Sul fronte della diagnostica, i tempi di prenotazione delle Tacsono rispettati per il 78% dei pazienti con urgenza e nell'89% per coloro che possono attendere, mentre per un'ecografia all'addome le percentuali di rispetto delle tempistiche si attestano rispettivamente al 78 e all'89% dei casi.
Importante anche sottolineare che a peggiorare queste statistiche contribuiscono anche gli utenti, che “nel 51% dei casi scelgono una data peggiorativa rispetto a quella che gli viene offerta” dal sistema. In tre casi su quattro, questo avviene perché si chiede “di poter avere la prenotazione presso una struttura diversa da quella proposta in prima disponibilità”. i ritardi, in altre parole, non sono solo imputabili al Ssn.
La carenza di personale
Tra le cause dei ritardi imputabili al Servizio sanitario nazionale c'è certamente la carenza di personale. Secondo Il Sole 24 Ore mancano 4mila medici nei pronto soccorso, 5mila medici di base e tra i 60 e i 70mila infermieri. Il tema è che questo problema appare destinato ad aggravarsi. Valga, su tutti, l'esempio relativo ai medici di medicina generale, l'importanza dei quali è stata ben avvertita durante la pandemia. Secondo il ministero della Salute, al 2021 il 75,3% era in servizio da oltre 27 anni, mentre solo l'1,6% aveva iniziato a lavorare da meno di 6 anni. Nel grafico il dettaglio su base regionale.
Con la sola eccezione dell'Alto Adige, dove i medici di medicina generale con oltre 27 anni di lavoro alle spalle sono ‘solo’ il 53,4% del totale, per le altre regioni d'Italia si pone un serio problema di ricambio generazionale di quei professionisti che rappresentano il canale di accesso ai servizi legati alla salute. Tornando agli ospedali, per far fronte alla carenza di personale molte realtà fanno ricorso ai cosiddetti gettonisti. Ovvero medici che lavorano per delle cooperative e che costano al Ssn nazionale molto più dei professionisti assunti. Una situazione che sta creando problemi economici, tanto che ci sono realtà come la Lombardia che hanno deciso di bandire i gettonisti.
La mobilità sanitaria
In un paese in cui esistono 21 sanità a livello locale, un altro tema centrale è quello legato alla cosiddetta mobilità sanitaria. Ovvero al fatto che ci siano dei pazienti che scelgono di farsi curare al di fuori della propria regione di residenza. Vuoi perché si sentono più sicuri ad affidarsi a professionisti che operano in altre parti del paese, vuoi perché, e questo è l'elemento problematico, la regione in cui vivono non è in grado di soddisfare il loro bisogno di salute.
    di Giulio Zoppello
Agenas ha elaborato un indicatore che consente di misurare la capacità delle regioni di soddisfare il bisogno di salute interno. Ovvero di garantire l'accesso ai servizi sanitari ai propri cittadini. Si chiama Isdi, sigla che sta appunto per indicatore di soddisfazione della domanda interna: se il suo valore è maggiore di uno significa che la regione è in grado di dare risposta ai bisogni sanitari dei propri cittadini, se è inferiore significa che i pazienti devono spostarsi fuori regione. Ecco il dato aggiornato al 2022.

I dati rappresentati nel grafico fanno riferimento a tutte le patologie considerate per elaborare l'indicatore ed escludono i ricoveri casuali. Come si può vedere, solo 7 regioni italiane sono in grado di soddisfare la domanda interna. Ci sono realtà come l'Emilia Romagna (2,83) e la Lombardia (2,51) dove l'offerta di salute è addirittura più che doppia rispetto alla domanda. Col risultato che chi vive nelle altre regioni finisce per spostarsi qui per veder soddisfatti i propri bisogni legati alla salute.

Da - https://www.wired.it/article/servizio-sanitario-nazionale-45-anni-1978-numeri-italia-ticket/?utm_source=pocket-newtab-it-it
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 15, 2024, 06:05:50 pm »

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I POLLI DEL SUPERMERCATO? PULCINOTTI MACELLATI DOPO 5-7 SETTIMANE CHE QUINTUPLICANO IL PESO IN SETTE GIORNI

  Roberto La Pira  5 Marzo 2024
Mangereste un pulcino cresciuto a dismisura, con un petto esageratamente grande e macellato dopo 35-49 giorni perché l’ulteriore incremento di peso renderebbe molto difficile camminare e stare in piedi? La domanda è retorica, perché è quello che avviene ogni giorno quando compriamo un pollo arrosto o un petto di pollo. Si tratta infatti di animali di razze (Ross 308 e Cobb 500) selezionate appositamente per diventare in cinque settimane dei pulcinotti con il corpo deformato da un petto esageratamente pesante, chiamati broiler. La situazione diventa più complicata se si pensa che una parte rilevante dei polli soffre di un’infiammazione ai muscoli (miopatia) correlata alla crescita rapidissima che causa la formazione di strisce bianche visibili a occhio nudo. Ma procediamo con ordine.

Pulcini che quintuplicano il peso in 7 giorni
Dopo la schiusa, i pulcini finiscono in grandi capannoni dove in 35-45 giorni raggiungono il peso di 1,8-2,0 kg prima di essere macellati. Per arrivare al peso ottimale, i pulcini mangiano in modo forsennato tutto il giorno mangimi molto energetici. In poco più di un mese ingurgitano 3 kg di cibo superbilanciato e sviluppano una muscolatura esagerata soprattutto nel petto. Alla fine del ciclo che dura da 5 a 7 settimane, i polli hanno un petto enorme, fanno fatica a camminare e vengono macellati. Non potrebbe essere altrimenti, perché con il passare dei giorni il peso del petto aumenta ulteriormente e le zampe non riescono a sostenere il corpo. Per rendersi conto, basta dire che all’inizio i pulcini guadagnano 10-20-30 g al giorno e che l’incremento ponderale aumenta di cinque volte nella prima settimana. Poi negli ultimi giorni si superano i 100 g al giorno.
I polli vengono macellati dopo 35 giorni quando si possono considerare pulcinotti

Pulcinotti o polli?
In queste condizioni, molti polli soffrono di malattie ossee, a causa di una ridotta ossificazione, e si registrano molti casi di zoppìe. La rapida crescita dei muscoli del petto e delle altre parti del corpo, va a discapito di uno sviluppo adeguato di organi come cuore e polmoni, creando evidenti scompensi. Basta dire che quando si posticipa la macellazione di quattro settimane, il tasso di mortalità spontanea aumenta di sette volte perché il fisico dei polli non riesce a supportare la crescita troppo rapida.

Questo aspetto che emerge in modo evidente entrando in un allevamento e vedendo polli che si muovono impacciati, ha un effetto collaterale che non si può nascondere. I petti di pollo mostrano delle striature bianche ben visibili anche quando si comprano le vaschette confezionate al supermercato. La presenza di queste striature a base di collagene e grasso cambia l’aspetto del petto di pollo e anche la consistenza. Cambia anche la qualità nutrizionale, perché la carne ha meno proteine (1,5-2,0%) e più grassi (1% circa), per cui il petto di pollo risulta meno morbido.

I pulcini crescono in fretta, ma manifestano criticità allo scheletro che non sostiene il peso del corpo
Polli con deformità ossee
Il fenomeno delle strisce bianche noto agli addetti ai lavori come white striping (ne abbiamo parlato in questo articolo sull’indagine di Essere Animali) è collegato alla crescita rapida. Gli studi confermano questo problema nei polli di razze a crescita rapida e, anche se in maniera meno frequente, nei polli di razze macellati dopo 60 giorni, ma sono alimentati con mangimi troppo energivori che determinano un aumento di peso molto rapido. L’incremento ponderale determina uno sviluppo esagerato del petto, ma al contempo sottopone il corpo degli animali a ritmi stressanti per cui la quantità di sangue e ossigeno che arriva alle fibre muscolari risulta insufficiente, provocando così una forte infiammazione muscolare (miopatia).

Le strisce bianche che si vedono sui petti di pollo ad occhio nudo interessano dal 50 al 90% degli animali di razze a rapido accrescimento. I polli del XXI secolo sono quattro-cinque volte più grandi e pesanti dei loro progenitori selvatici, questo vuol dire che i muscoli pettorali si sviluppano troppo rispetto a quelli pelvici, con il  risultato che  la crescita è tre volte più veloce e questo comporta sovente un elevato tasso di anomalie e deformità ossee.
Sul petto di pollo sono bene visibili le strisce bianche che denotato una crescita rapida
Consumatori inconsapevoli
Ogni giorno i consumatori mangiano, senza saperlo, pulcinotti cresciuti troppo in fretta con un petto esagerato che non gli permette di muoversi come fanno di solito i polli. Questa carne è facilmente riconoscibile per via delle strisce bianche e a questo punto ognuno può fare le scelte. Ben venga la proposta di Greenpeace e delle altre associazioni di adottare solo animali di razze a crescita lenta. Certo la carne costerà un po’ di più, anche se sarebbe il caso di quantificare questo incremento. Sono tanti i consumatori disposti a pagare 1-2  €/kg per comprare veri polli e non pulcinotti deformi che per l’esagerato peso del petto non stanno in piedi.
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Abbiano contatto produttori e  supermercati, ma questo ve lo racconteremo presto (Continua…)
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