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Autore Discussione: Jack Daniel -- Torniamo a settembre, tre mesi fa, mica dieci anni.  (Letto 284 volte)
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« inserito:: Dicembre 20, 2023, 05:26:16 pm »

Post della sezione Notizie
Jack Daniel

Torniamo a settembre, tre mesi fa, mica  dieci anni.
- l'Arabia Saudita di bin Salman, proseguendo sulla falsariga degli accordi di Abramo, stava aprendo a Israele e al mondo ebraico. Il simbolo, del 3 ottobre (4 giorni prima del pogrom), è forse stata la preghiera recitata a Ryad da  una delegazione israeliana di alto livello (https://www.timesofisrael.com/in-first-israeli.../ ) con tanto di Torah con scritte in arabo e con il simbolo della corona saudita.
- dopo decenni di tensioni e guerre per procura, la medesima Arabia di bin Salman aveva promosso un dialogo con l'Iran, allo scopo di cominciare a normalizzare rapporti sin lì assai turbolenti (https://tinyurl.com/4fmrs66u )
- uno dei punti caldissimi della crisi tra Iran e Arabia era la guerra condotta in Yemen, in penisola arabica, quindi praticamente a casa di bin Salman, dai ribelli Houthi (sciti, appoggiati dall'Iran). Dopo anni di massacri, in genere del tutto ignorati qui da noi (si calcola più di 100mila morti), alla fine si era cominciato a discutere seriamente di pace (https://tinyurl.com/mtrdzmkj ) e di come por fine al conflitto.

Settembre, non dieci anni fa.
Siamo a dicembre e il pogrom del 7 ottobre ha immediatamente interrotto ogni possibile dialogo tra mondo islamico (arabo e non) e Israele. Verissimo che Hamas fa paura a quasi tutti i governanti della Regione (tranne Iran e pochi altri) che vedrebbero assai volentieri la sua fine, ma sono cose che si pensano e non si possono dire ad alta voce. Quindi, almeno di facciata, prevale l'unità contro Israele e ogni dialogo e apertura sono rimandati sine die.
In Yemen da qualche tempo, da parte degli Houthi, si è cominciato a lanciare razzi contro le navi di passaggio. La posta in gioco è Suez, un tabù che significa buona parte del traffico commerciale da e verso l'Europa. È una posta in gioco, la chiusura di Suez, così enorme che immediatamente si sono messe in moto le flotte di mezzo mondo (compresa qualche nostra nave). Si parla di coalizione militare per mettere in sicurezza lo stretto di Bab el-Mandeb, quello sputacchio di mare largo 30 Km che separa Gibuti dallo Yemen e attraverso il quale passa di tutto, dalle merci cinesi, al gas, al petrolio, alle nostre merci verso la Cina e l'Asia. Ma mettere in sicurezza vuol dire, di fatto, aprire le ostilità contro gli Houthi. I sauditi non sarebbero intenzionati a partecipare in prima persona, e il motivo è ovvio: se stai negoziando con gli Houthi per la pace in Yemen i giorni pari, non puoi partecipare, o addirittura dirigere, una spedizione militare contro gli Houthi i giorni dispari. Le navi da guerra, però, sono in navigazione, e quello Yemen che sembrava avviato verso la pace rischia di ripiombare nel conflitto.
In tutto ciò, bin Salman e il Presidente iraniano Raisi si sono incontrati nei giorni dopo il pogrom a riaffermare l'unità nella crisi palestinese, quindi almeno formalmente il dialogo continua. Ma è difficile non vedere una serie di costanti in ciò che è successo, e sta succedendo, da tre mesi a questa parte. È come se le forze della guerra si siano messe in movimento per allontanare ogni possibile prospettiva di pacificazione. E si parla del solo quadrante mediorientale, senza allargarsi all'Ucraina o altrove.

Molto spesso capita di leggere appelli alla pace, spesso promossi da eccellenti persone, che invitano al dialogo. Sovente il presupposto di queste persone è che la pace sia un bene e un desiderio universale, e se non la si ha è per incomprensioni, mancanza di volontà o equivoci. Si coltiva, insomma, la pia illusione che, sedendosi ad un tavolo, visto che la pace è ciò che tutti vogliono, alla fine una soluzione la si trovi. Purtroppo non è sempre così vero, nel senso che ci sono invece persone e potenze che non considerano affatto la pace un bene, ma fanno di tutto per sabotarla, anche quando, come sino a settembre, i colloqui c'erano, e stavano procedendo. Anzi: proprio perché stavano procedendo si è reso necessario, per taluni, far saltare il banco, col risultato che era settembre, e paiono dieci anni fa.

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