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Autore Discussione: Piero Stagno - Cari amici, ieri è stato un giorno particolarmente brutto  (Letto 4249 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Gennaio 17, 2008, 11:01:35 pm »

 
http://liste.margheritaonline.it/pipermail/spaziolibero/
_________________________________________________________


questa è una lettera che sto diffondendo fra i miei amici

17/1/2008 - lettera un po' lunga

Cari amici,

ieri, secondo me, è stato un giorno particolarmente brutto.

Alla Camera è stato segnato il punto più basso del dibattito politico di
questi anni.

Senza conoscere una virgola delle carte, la Camera, con poche eccezioni, ha
immediatamente gridato al complotto, con toni (fra cui si è distinto Casini,
di nuovo con la bava alla bocca) e dichiarazioni che avevano un solo
significato: "non si possono indagare i politici"; la cosa è continuata in
serata col miserando spettacolo offerto da vari politici nella trasmissione,
mai abbastanza deprecata, porta a porta, (specializzata in processi
popolari, da Cogne in avanti, come ai soviet); ancora una volta i politici
intendono difendersi "dal" processo e non "nel" processo.

Di passaggio, ricordo che in questa fase esistono controlli preliminari (il
GIP convalida la richiesta della Procura, c'è il tribunale del riesame) e
poi ci sono tre gradi di giudizio, che spesso, specie per imputati ricchi e
potenti (che si possono pagare ottimi avvocati, esperti nelle contorsioni
della procedura), portano alla prescrizione.

La conclusione che ho tratto dai comportamenti ostentati dai politici (fatta
salva l'ovvia e doverosa solidarietà umana ad un collega che attraversa un
passaggio difficile della propria vita) è che costoro non hanno la minima
idea di cosa significhi la tripartizione dei poteri, cardine e baluardo
della nostra civiltà, né abbiano mai sentito parlare dell'art. 104 della
Costituzione "la magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente
da ogni altro potere".

Per fortuna stamattina ho visto l'editoriale della Stampa, che vi invito a
leggere, il cui titolo è eloquente "Gli applausi affrettati della casta" e
si conclude con questa frase "dove si trova sul serio l'antipolitica, nel
Paese o nel Palazzo?"

Nel merito, avendo ascoltato radio e televisione e letto i giornali, mi
pare, conoscendo come vanno le cose, che le imputazioni siano quanto meno
verosimili, mentre ho forti riserve che configurino ipotesi di reato così
gravi, ma i processi ci sono proprio per questo; un po' paradossalmente mi è
venuto da pensare che, se passasse questa interpretazione, bisognerebbe
costruire d'urgenza nuove carceri.

Noto di sfuggita che, se complotto ci fosse, l'interpretazione potrebbe
essere la seguente: questa vicenda ha forti probabilità di causare la caduta
del Governo e, quindi, nuove elezioni: "cui prodest"?

Secondo avvenimento triste: il referendum si farà; non mi facevo grandi
illusioni, specie dopo il pesante ricatto fatto da Guzzetta alla Corte
Costituzionale sulle colonne del Corriere della Sera (citato nella mia del
23/12/2007 - "il fantasma del partito d'azione sul Partito Democratico), ma
si acccresce la tristezza e la voglia di battermi contro questo referendum;
i motivi sono vari:
- ripropone la legge Acerbo del 1924, col premio di maggioranza dato alla
lista con la maggioranza relativa e sappiamo che la legge Acerbo era una
legge fascista che aprì la strada alla dittatura; inoltre è verosimile che
il premio di maggioranza lo prenda Forza Italia (e allora ci sarà da
tremare: un altro 3 gennaio?, anche perché si renderà più facile modificare
la Costituzione), il che fa anche riflettere sull'adeguatezza
dell'attuale dirigenza del Partito Democratico (che ha incontrato
Berlusconi, fidandosene e poi essendo subito smentita, che ha proposto il
modello presidenziale francese apparentemente ignara che implica una
modifica alla Costituzione che ha scarse probabilità di passare);
- apre la strada alla sottomissione del legislativo all'esecutivo, proprio
nel momento in cui c'è già la voglia di sottomettere il giudiziario (vedi
sopra), con il che la tripartizione dei poteri sarebbe cancellata e
Montesquieu rinnegato: egli scrisse infatti: "Tutto sarebbe perduto, se
l'istesso uomo, o il medesimo corpo de' principali, o de' nobili, o del
popolo, esercitassero queste tre potestà: quella di far leggi, quella di
eseguire le pubbliche risoluzioni, e quella di giudicare i delitti, o le
vertenze de' privati." Dello Spirito Delle Leggi (Libro XI);
- la voglia di sottomissione del legislativo all'esecutivo si tradurrà
inevitabilmente in un attacco all'art. 67 della Costituzione "Ogni membro
del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza
vincolo di mandato"; già ci sono prodromi in tal senso, senza pensare che
una norma del genere, cioè il vincolo di mandato (che non mi pare esista in
alcun paese) renderebbe inutile l'essere parlamentare, sicché basterebbe
dare a ciascun capo di partito tanti bigliettini quanti sono i seggi e che
facciano loro (dieci persone al massimo, il che farebbe risparmiare dei bei
soldi); il tutto senza contare che l'art. 67 deriva direttamente dallo
Statuto Albertino che all'art. 41 diceva "i deputati rappresentano la
Nazione in generale e non le sole provincie in cui furono eletti. Nessun
mandato imperativo può loro darsi dagli elettori"; tenete presente che nel
1848, col suffragio maschile e censitario, è verosimile che i deputati
conoscessero personalmente una buona parte dei loro elettori;
- i soloni che predicano per la governabilità dovrebbero poi spiegare come
mai la madre di tutte le Costituzioni, cioè la Costituzione americana che
funziona da 220 anni, attraverso il meccanismo dei tempi delle elezioni
rende possibile che ogni due anni ci possa essere una maggioranza alle
Camere (o in una di esse) contraria al Presidente (come è adesso); siccome i
Padri Fondatori erano intellettualmente di alta levatura, questo fatto fa
pensare che ritenessero auspicabile che legislativo ed esecutivo fossero di
segno differente( e poi c'è la Corte Suprema); quello che ci vuole è un
emendamento alla Costituzione che introduca la "sfiducia costruttiva".

Terzo avvenimento triste: la vicenda dell'inaugurazione della Sapienza su
cui condivido, da credente, le parole pronunciate oggi da Mussi, ma mi ha
fatto anche riflettere la lettera di Giovanni Bachelet pubblicata sulla
Stampa di oggi che dice " non ho firmato la lettera (dei docenti contro
l'intervento del Papa) perché non ero d'accordo col contenuto, col tono e
con lo stile; perplessità sul formato previsto per l'incontro e possibili
varianti ispirate alla prudenza le ho espresse privatamente al Rettore e ai
miei amici preti, ma non sono state prese in considerazione."   Ma quello
che mi ha rattristato ancora di più è stata la certificazione, per bocca del
Cardinale Ruini, che la Chiesa oggi si sente un partito politico: non
altrimenti si può intepretare la chiamata a Piazza San Pietro che mi colpito
in senso fortemente negativo, per tono e contenuto, quando l'ho sentita ieri
alla televisione e che ho visto tradotta nel titolo della Stampa di oggi
"Ruini chiama all'adunata: domenica tutti a San Pietro".

Scusate la lunghezza, ma l'avevo premesso.

Un caro saluto.

Piero Stagno

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Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Gennaio 17, 2008, 11:03:13 pm »

VELTRONI: LA LAICITA' NON PUO' VIVERE QUANDO VIENE MENO LA LIBERTA'

17 Gennaio 2008

Un ateneo blindato con tutti gli accessi controllati dalle forze
dell'ordine. Appare cosi', questa mattina, la cittadella
dell'università romana della Sapienza, monitorata sin dalle prime
ore del giorno da polizia e carabinieri.

Il Papa non verrà più ma le misure di sicurezza previste per
l'inaugurazione dell'anno accademico restano le stesse per la presenza
del ministro Fabio Mussi e del sindaco di Roma e leader del Pd Walter
Veltroni, viste le annunciate contestazioni dei collettivi.

Ed è proprio il primo cittadino di Roma a cambiare il suo intervento
ed a ricordare il perchè di un'atmosfera tanto surreale. "La cerimonia
di inaugurazione dell'anno accademico a La Sapienza, per l'assenza del
Papa - esordisce nel suo intervento Walter Veltroni - si svolge in una
situazione particolare. Voglio dire subito che quello che è successo,
per un democratico, è inaccettabile”. Mentre un lungo applauso
segue le sue prime parole.

“Mai può accadere – aggiunge subito dopo - , che a un'opinione non sia
concesso di essere espressa e ascoltata. Per nessun motivo può
accadere che l'intolleranza tolga la parola a qualcuno, men che meno
quando si tratta di temi che hanno a che fare con i diritti universali
dell'uomo e quando ad esprimere tale opinione e' una persona come Papa
Benedetto XVI, figura che per milioni e milioni di persone in tutto il
mondo, rappresenta un altissimo e imprescindibile riferimento
spirituale, culturale e morale. Ciò che è - ribadisce ancora -
successo è particolarmente grave perchè avremmo ascoltato un discorso
alto e aperto del Papa Benedetto XVI. Un discorso - prosegue – che, se
il pontefice fosse venuto, avremmo sentito dalla sua viva voce e che
rimarrà anche un passo importante per il suo pontificato”.

“Stiamo vivendo – spiega ancora il leader del Pd - tempi non facili se
si riesce ad avere paura della libera circolazione delle persone”,
tempi in cui domina una radicale insicurezza, ed in cui ognuno è
portato a rinchiudersi “nel falso riparo della propria casa ideologica”.

“Ma la paura – ammonisce - non è la risposta” e in Italia il rischio è
quello della frattura e dello scontro “che questa città universitaria
ha conosciuto pagando un prezzo altissimo con Paolo Rossi e Ezio Tarantelli”.

Un discorso diverso da quello preparato, in cui Veltroni avrebbe
dovuto parlare esclusivamente della moratoria sulla pena di morte
approvata dall'assemblea generale dell'Onu lo scorso dicembre.

Per tutti i giornalisti accreditati, infatti, l'ufficio stampa
dell'università romana stamani ha fatto trovare pronta una cartella
con tutti gli interventi dei presenti alle celebrazioni,tutti contro
la pena di morte: da quello del rettore Renato Guarini a quello del
rappresentante degli studenti Gianluca Senatore, dalla lectio
magistralis del professor Mario Caravale fino al discorso del primo
cittadino. Il quale, però, ha preferito riscrivere le sue parole.

Nel discorso non pronunciato, il sindaco condannava la pena di morte
come “strumento inutile, non necessario”, citando il Pontefice prima,
lo scrittore francese Victor Hugo poi, ma anche lo storico greco
Tucidide e il filosofo britannico John Stuart Mill. E accennava al
“successo diplomatico dell'Europa e soprattutto dell'Italia” ottenuto
con l'approvazione della risoluzione sulla moratoria.

Resta ferma anche nel nuovo intervento, comunque, la condanna alle
esecuzioni capitali, ma si arricchisce di diversi spunti e altre
citazioni (da Piero Calamandrei al presidente statunitense Franklin
Delano Roosevelt): Veltroni ha voluto così criticare il clima che ha
portato Benedetto XVI a non partecipare (“un esito che sa di censura,
di rifiuto del dialogo e del confronto; una cosa inaccettabile per un
Paese democratico") e a chi sentiva con questa censura di aver vinto,
Veltroni ha ricordato: “Non si è affermato, non è più forte di ieri,
il principio di laicità, che per me è indiscutibile. La laicità non
c'è, non può vivere, quando viene meno la libertà”.


da Lom-volontari.com
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« Risposta #2 inserito:: Gennaio 17, 2008, 11:20:42 pm »

PAPA ANNULLA VISITA ALLA SAPIENZA, PD: UNA FERITA PER LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA’

16 Gennaio 2008



PAPA ANNULLA VISITA ALLA SAPIENZA, PD: UNA FERITA PER LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA’
BINETTI: FERITA DOLOROSA ALLA DEMOCRAZIA MA IL PD NON TEMA CONSEGUENZE
FIORONI: QUEI NO AL PAPA, SEGNALE PREOCCUPANTE PER LA DEMOCRAZIA
TURCO: IL DIRITTO DI PAROLA
CACCIARI: SI AL DIALOGO, UN ERRORE POLEMIZZARE

«A seguito delle ben note vicende di questi giorni in rapporto alla visita del Santo Padre all'Università degli Studi La Sapienza, che su invito del Rettore Magnifico avrebbe dovuto verificarsi giovedì 17 gennaio, si è ritenuto opportuno soprassedere all'evento. Il Santo Padre invierà, tuttavia, il previsto intervento». E’ quanto si leggeva nel comunicato diffuso ieri sera dalla sala stampa vaticana, a seguito dei disordini scaturiti all’interno della struttura universitaria dopo l’annuncio della visita del Santo Pontefice in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico.

Premessa dei disordini, una lettera del 22 novembre, diretta al rettore della Sapienza e immaginata "ad uso interno", a firma di 67 docenti e scienziati nella quale veniva sottolineato «in nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, l'auspicio che l'incongruo evento possa ancora essere annullato».

Parole che, spiega Giancarlo Ruocco, ordinario di fisica de La Sapienza e tra i firmatari della lettera, non ricevettero mai una risposta dal rettore Guarini e che, pertanto, esaurirono il proprio compito nel momento in cui la missiva fu consegnata «all'usciere dell'università», per rimarcare il carattere non ufficiale della questione. Tanto più che, sebbene i docenti avessero inviato la lettera anche alla stampa italiana, nessuno la riprese e sulla vicenda scese il silenzio.

Poi, improvvisamente, a sei giorni dalla inaugurazione dell'anno accademico dell'ateneo romano i giornali, prima il Foglio ma senza citare la 'lettera dei 67' e poi La Repubblica, parlano di un «fronte anti-Ratzinger alla Sapienza». In particolare, il 12 gennaio il quotidiano diretto da Ezio Mauro lega la lettera «inviata giovedì ai vertici dell'università» alla protesta in preparazione da parte di alcuni studenti.

Ed ecco scoppiare la polemica: parte la ridda dei commenti e delle reazioni, delle parole di sostegno alla libertà di pensiero, al laicismo, a Galileo Galilei (primo motore della contesa, visto che la presenza del Papa non sarebbe stata gradita a causa di alcune frasi 'infelici' sul processo della Chiesa al filosofo-scienziato) e i firmatari si sentono in dovere di precisare che è «imbarazzante che il quotidiano 'La Repubblica' abbia tirato fuori ora la vecchia lettera dei docenti, quando si era guardato bene dal pubblicare il documento - spiega uno dei firmatari - quando gli era stato inviato due mesi fa. Invece lo pubblica ora che il rettore è in difficoltà, visto che è stato citato in giudizio per interesse privato».

Intanto tra gli studenti monta la protesta: si organizzano in un batter d'occhio pranzi anticlericali, proiezioni sulla vita di Galileo e persino una 'frocessione'. Poi, striscioni e volantini contro la visita del Papa e il pensiero unico cattolico e ieri mattina un gruppo di ragazzi giunge addirittura ad occupare “simbolicamente” il senato accademico della Sapienza. Chiedono un incontro con il rettore Guarini e l'ottengono, come ottengono l'autorizzazione a manifestare giovedì prossimo presso la facoltà di Lettere.

Poi, la marcia indietro dei docenti, arrivata però troppo tardi: in una nuova missiva i firmatari della lettera del 22 novembre precisano di non avere «mai avuto intenti censori" e che la presenza del Papa «in altro contesto sarebbe stata la benvenuta». Ma non basta.

Contemporaneamente, infatti, arriva la decisione della Santa Sede di annullare la prevista partecipazione del Papa all'inaugurazione, la delusione degli studenti cattolici, le prese di posizione del mondo politico e l'esultanza di chi, tra docenti e studenti, ritiene che si tratta di una «decisione saggia e opportuna».

Il Governo, dal canto suo, si esprime ai massimi livelli per chiarire da un lato la condanna dell'intolleranza che ha portato il Papa a disdire la visita e dall'altro il proprio avere fatto tutto il necessario per garantire la sicurezza totale dell'evento: il premier Romano Prodi condanna «i gesti, le dichiarazioni e gli atteggiamenti che hanno provocato una tensione inaccettabile e un clima che non fa onore alle tradizioni di civiltà e di tolleranza dell'Italia» ed esprime tutto il suo «più profondo rammarico per la decisione di Papa Benedetto XVI», nonché «solidarietà forte e convinta alla Sua persona», rinnovando il suo invito affinché il Pontefice possa mantenere il programma originario .
 
«E' davvero inammissibile – aggiunge - che il Papa non possa parlare all'Università, che è sede del dialogo e dell'apertura e le circostanze che hanno portato a questo mi hanno molto rattristato Nessuna voce – conclude - deve tacere nel nostro Paese e a maggior ragione quella del Papa».

sorpreso e fortemente  amareggiato anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che ha inviato al Pontefice una lettera personale per esprimere il suo sincero, vivo rammarico, considerando inammissibili manifestazioni di intolleranza e preannunci offensivi che hanno determinato un clima incompatibile con le ragioni di un libero e sereno confronto. «Il Presidente Napolitano - si legge in una nota del Quirinale - ha altresì richiamato i temi della conversazione telefonica dello scorso 24 dicembre con il Pontefice, nell'auspicio di ogni possibile continuazione del dialogo tra l'Italia e la Santa Sede».

Solo nel 1994 era accaduto che un Papa annullasse una visita, quando Giovanni Paolo II rinunciò ad andare in una Sarajevo in guerra. In tutt'altro contesto, rispetto a quelo che ha spinto Benedetto XVI  di annullare la sua visita a La Sapienza.

Il ministro dell'Interno spiega la posizione del Governo. «Mi dispiace che il Santo Padre abbia tratto dalle polemiche di questi giorni la conclusione che era bene non andare», commenta a caldo Giuliano Amato. «Quello di cui sono certo, e direi che la Santa sede è certa non meno di me, anche per i contatti personali che io ho avuto - aggiunge dopo una giornata di consultazioni ai massimi livelli - che non è una questione di sicurezza».

Il titolare del Viminale punta i riflettori sui disordini che avrebbero accompagnato l'intervento di Ratzinger. I motivi dell'annullamento, spiega, «riguardano contestazioni che si prevedeva avrebbero avuto luogo anche in Aula Magna e il rischio di manifestazioni di altro genere intorno e quindi - conclude - il Papa non ha ravvisato le condizioni di serenità a cui ogni professore ha diritto quando tiene una lezione in una università». Parole che trovano eco nelle considerazioni di un cardinale che preferisce rimanere anonimo. «Inutile dare alimento, seppure inconsapevolmente, a polemiche che aumentano le contrapposizioni di cui l'Italia è già fiorentissima», afferma.

Il Senato accademico del La Sapienza, riunito in seduta ordinaria, «appresa la decisione della Santa sede - si legge in una nota - condivide la dichiarazione del Rettore, Renato Guarini».

«Sospende i propri lavori - prosegue la nota - esprimendo grande rammarico per la perdita di una occasione di dialogo e riflessione culturale e civile che la comunità accademica aveva voluto percorrere secondo una tradizione consolidata di ascolto e rispetto».

«Le manifestazioni di intolleranza, limitate per altro ad una esigua minoranza, sono state contrarie allo spirito di libertà e di ricerca che costituiscono la stessa ragion d'essere dell'Università».

E rammarico e solidarietà, intanto arrivano al Pontefice da tutta la maggioranza. «Mentre ogni critica è legittima e il confronto delle opinioni è l`ossigeno della nostra convivenza – sottolinea il sindaco di Roma e segretario del Pd Walter Veltroni - , ogni atteggiamento di intolleranza, come quelli che si sono manifestati in questi giorni verso il Pontefice, fa male alla democrazia e alla libertà».

La mancata partecipazione di Benedetto XVI alla cerimonia prevista per il 17 gennaio all`Università di Roma 'La Sapienza' rappresenta, infatti per il leader del Pd «una sconfitta della cultura liberale e di quel principio fondamentale che è il confronto delle idee ed il rispetto delle istituzioni».

«L`appuntamento del 17 – ribadisce - avrebbe rappresentato una nuova, alta occasione per la città di Roma - conclude Veltroni - per confermare al mondo la sua vocazione di grande capitale di dialogo e civiltà, levando ancora la sua voce contro la barbarie della pena di morte».

Il fatto che Benedetto XVI rinunci alla visita all'Università di Roma «costituisce – sottolinea anche la capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro - una ferita grave a quei principi sacrosanti che sono alla base della convivenza civile: il libero confronto tra le idee e la capacità di reciproco ascolto».

«Non c'è voce – continua in una nota - che nel nostro paese debba tacere e non comprendo sinceramente le ragioni che hanno portato a quegli atteggiamenti e quelle prese di posizione che di fatto sono diventati intolleranza. Che questo sia avvenuto nel mondo accademico - conclude - è ancora più grave e inspiegabile. Oggi non è un bel giorno per la democrazia del nostro Paese».

L’annullamento della visita papale è il frutto di «un esercizio di intolleranza – ammonisce più severamente il capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro, - da parte dei cattivi maestri».

«Siamo molto turbati – spiega l’esponente del Pd nel dibattito scaturito alla camera a seguito dei disordini degli ultimi giorni - dall'idea che al mondo venga trasmessa un'immagine dell'Italia diversa da quella che pensiamo, diversa da quella in cui gli italiani credono di vivere, e basata sul rispetto e la tolleranza».

«Il pensiero di cosiddetti cattivi maestri – conclude - genera estremismo, chiusura. Il nostro giudizio negativo sulla scelta espressa da una parte minoritaria dei docenti dell'Ateneo romano è stato negativo e non equivocabile».

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BINETTI: FERITA DOLOROSA ALLA DEMOCRAZIA MA IL PD NON TEMA CONSEGUENZE

16 Gennaio 2008



Sullo stesso argomento:PAPA ANNULLA VISITA ALLA SAPIENZA, PD: UNA FERITA PER LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA’ BINETTI: FERITA DOLOROSA ALLA DEMOCRAZIA MA IL PD NON TEMA CONSEGUENZE FIORONI: QUEI NO AL PAPA, SEGNALE PREOCCUPANTE PER LA DEMOCRAZIA TURCO: IL DIRITTO DI PAROLA CACCIARI: SI AL DIALOGO, UN ERRORE POLEMIZZARE Intervista alla Sen. Paola Binetti
La Repubblica

«Guardi, è un tale dispiacere... Anzi, è un dolore, un dolore personale per tutti quanti noi quello che è successo. Quando in un´università, che dovrebbe essere il luogo della libertà intellettuale, viene impedito il confronto, è una ferita profonda, si affievolisce il senso della democrazia come comunicazione».
Dal telefono di casa la senatrice "teodem" Paola Binetti parla con un filo di voce.

Adesso teme ripercussioni nel rapporto fra Vaticano e Partito democratico? La destra già soffia sul fuoco...

«No, c´è gente troppo intelligente da una parte e dall´altra. Ne abbiamo avuto prova qualche giorno fa: quando è sembrato che le parole del Papa sul degrado di Roma potessero essere strumentalizzate politicamente, dal Vaticano è subito arrivata la smentita. Semmai sono preoccupata per l´armonia del rapporto fra Stato e Chiesa».

Addirittura?

«Be', non dimentichiamo che quello che io chiamo il Santo Padre è formalmente anche il capo dello Stato del Vaticano. Quando alla Columbia University, a New York, è andato a parlare l´iraniano Ahmadinejad era chiaro il dissenso della platea, ma c´è stato ascolto. Noi abbiamo dimostrato di non esserne capaci».

I professori e gli studenti contrari all´invito al Papa si difendono dicendo di aver solo manifestato il loro dissenso, una cosa che in una democrazia dovrebbe essere consentita persino quando c´è di mezzo un Papa...

«Troppo facile dire questo quando si è previsto un "assedio sonoro" al Papa, quando si sono organizzate manifestazioni tra il goliardico e l´offensivo sotto forma di processione, quando si è fomentata una tale bagarre di stampa che ha sfigurato i tratti culturali del Papa, caricandogli sulle spalle persino il peso del processo a Galileo. Dovrebbero assumersi le loro responsabilità».

Perché con Giovanni Paolo II queste cose non accadevano e con Ratzinger sì? Non sarà che il nuovo pontefice, a differenza del precedente, entra spesso a gamba tesa sulla politica italiana?

«Credo che Benedetto XVI porti in sé lo stigma di una mitezza d´animo che veramente non merita un´aggressione così violenta».

Lei parla di mitezza, ma il Papa sembra piuttosto insistente...

«Forse Wojtyla non insisteva sui temi della vita? Il problema non è la presunta insistenza del Santo Padre ma questa vena di anticlericalismo che cerca in tutti i modi di tornare in superficie».

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CACCIARI: SI AL DIALOGO, UN ERRORE POLEMIZZARE

15 Gennaio 2008



Sullo stesso argomento:PAPA ANNULLA VISITA ALLA SAPIENZA, PD: UNA FERITA PER LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA’ BINETTI: FERITA DOLOROSA ALLA DEMOCRAZIA MA IL PD NON TEMA CONSEGUENZE FIORONI: QUEI NO AL PAPA, SEGNALE PREOCCUPANTE PER LA DEMOCRAZIA TURCO: IL DIRITTO DI PAROLA CACCIARI: SI AL DIALOGO, UN ERRORE POLEMIZZARE Intervista di Paolo Conti – Il Corriere della Sera


ROMA — Come si comporterebbe il laico professor Massimo Cacciari, da sindaco di Venezia, con un Papa all'università?
«Lo accoglierei con immenso piacere... Tutta questa polemica scoppiata a Roma mi pare un grave errore. Francamente me ne sfuggono i fondamenti. Il Papa è una grande autorità morale e culturale, al di là della fede dei singoli. Mi pare doveroso mantenere un dialogo con questa istituzione, se vogliamo limitarla a quel semplice ruolo. Nulla vieterà al rettore, porgendo il benvenuto al Pontefice, di specificare la profonda differenza tra un magistero religioso, come quello di Benedetto XVI, e l'attività propriamente scientifica che deve svolgersi in un'università».

Il suo vecchio amico Alberto Asor Rosa (avete condiviso l'esperienza della rivista «Contropiano » tra il '68 e il '71) dice che l'invito è «una manifestazione di soggezione a una super-autorità papale» .
«Si sente soggetto subalterno solo colui che davvero lo è... Non mi sono mai sentito subalterno a qualcuno, meno che mai ricevendo il Papa. Alberto Asor Rosa è persona ragionevole. Anche lui riconoscerà che il ruolo del Papa è superiore a me, a qualunque rettore o professore di qualsiasi università. Un po' di modestia non guasterebbe. Modestia, ho detto. Non certo subalternità».

Alcuni docenti promettono di togliersi la toga, giovedì davanti a Papa Ratzinger per protesta. Che ne dice?
«Un gesto privo di senso e di senno. Il Papa non andrà all'università per processare Galileo o qualche scienziato contemporaneo. Non si metterà a demonizzare Giordano Bruno. Né, credo, difenderà Giuliano Ferrara sull'equivalenza tra pena di morte e aborto. Ritengo molto utile che le istituzioni universitarie e politiche dialoghino con le autorità religiose. Ovviamente, un dialogo nella fermezza».

Chi protesta sostiene: la presenza di Benedetto XVI all'inaugurazione è un sigillo culturale su tutto l'anno accademico.
«Ma qui parliamo del vescovo di Roma. Alle aperture delle università veneziane è sempre presente il Patriarca. A Milano, ricordo mille presenze del cardinal Martini...».

Si parla di cortei per contestare la visita. C'è chi annuncia un nuovo 1968. Cosa ne pensa?
«Una sola cosa: è sempre fertile il grembo che partorisce i cretini. Ci saranno manifestazioni? Benissimo, non saranno certo motivo di apprensione né di grande scandalo. Meglio che mettersi a manifestare sarebbe studiare, approfondire, tentare di comprendere. E dialogare. Più faticoso, lo ammetto ».

Walter Veltroni e Fabio Mussi devono partecipare alla cerimonia nonostante le polemiche laiche?
«Ma scherziamo? A questo punto gli toccherà andare comunque, a tutti i costi. Anche se avranno la febbre alta...».


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FIORONI: QUEI NO AL PAPA, SEGNALE PREOCCUPANTE PER LA DEMOCRAZIA

16 Gennaio 2008



Sullo stesso argomento:PAPA ANNULLA VISITA ALLA SAPIENZA, PD: UNA FERITA PER LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA’ BINETTI: FERITA DOLOROSA ALLA DEMOCRAZIA MA IL PD NON TEMA CONSEGUENZE FIORONI: QUEI NO AL PAPA, SEGNALE PREOCCUPANTE PER LA DEMOCRAZIA TURCO: IL DIRITTO DI PAROLA CACCIARI: SI AL DIALOGO, UN ERRORE POLEMIZZARE Intervista di Fabrizia Bragozzi - Europa

«Questo è un segnale preoccupante. Una cosa di questo genere ci deve interpellare sulla qualità della democrazia nel nostro paese». Il Vaticano ha appena annunciato che Benedetto XVI non andrà alla Sapienza, il ministro dell’istruzione Beppe Fioroni, uno dei protagonisti del dibattito sulla laicità fuori e dentro il Pd, è un fiume in piena. «Dà l’immagine di una democrazia che si sta deteriorando e può degradarsi».

Crede che esista un rischio concreto?
Se il confronto, il dialogo e la capacità di reciproco ascolto diventano una variabile dipendente dalla condivisione delle idee, abbiamo creato i presupposti perché da una democrazia si passi a qualcosa di sostanzialmente diverso. Se chiunque di noi può parlare soltanto se quello che dice risulta gradito, questo non è un sistema democratico. E la cosa è ancora più grave se si considera che tutto questo si è verificato in una università, il luogo per eccellenza del dialogo, della elaborazione e della tensione costante per la ricerca del sapere e della verità. Se coloro che ricercano il sapere non hanno la capacità di generare confronto, ci troviamo di fronte al festival del pregiudizio, che è poi l’anticamera del pensiero unico: il substrato fondante di una democrazia che sta virando verso altro.

Questa vicenda nasce da un malinteso senso di laicità....
Scorgo un’aberrante concezione della laicità che sfocia in un laicismo preoccupante. Perché invece del rispetto dell’autonomia delle decisioni e delle scelte di ciascuno basata sul principi della libertà e della responsabilità della persona, subentra qualcos’altro. Un processo negativo per cui l’autonomia decisionale si declina come l’autonomia dai valori e da ogni forma di confronto valoriale ed etico. E peggio ancora ha che fare con un’idea della laicità che è come una grande stanza bianca dentro la quale non c’è nulla: né il dibattito sui valori, né ipotesi sui valori. Allora la laicità si trasforma in una sorta di laicismo perché la si concepisce appunto come una stanza vuota in cui l’unica cosa su cui ci si mette d’accordo è che è vietato vietare. Ma c’è qualcosa che ritengo forse ancora più grave.

A che cosa si riferisce?
Dopo aver rimosso ogni confronto si è cominciato a dire che bisogna essere tolleranti.
Ma la capacità di ascoltare, per un laico, non è frutto di una “tolleranza”. È di più: l’esercizio di un dovere che discende dal diritto di ogni persona a dire quello che pensa. Che è un principio fondante. Rispetto al dovere di ascoltare perché esiste il diritto degli altri di parlare e di esprimersi, la tolleranza è qualcosa di meno ed è il primo cattivo frutto dello schema amico-nemico che ha avvelenato la nostra storia recente: in quella logica io ho la tentazione di giustificare gli amici e condannare i nemici, e allora essere tolleranti diventa il minor danno. Se in un’assemblea si invoca la tolleranza, vuol dire che subentra questo schema e si finisce a ragionare per tifoserie. Tutto questo poi mi suscita un’altra riflessione.

Quale?
Collego questi fattori con l’emergenza educativa del nostro paese, quella che vivono i genitori nei confronti dei figli ma anche la scuola e l’università. Si è affermato un relativismo che porta a pensare che si può rimuovere il concetto di bene e male sostituendolo con l’appagamento dei propri desideri e allora il desiderio, per il semplice fatto di essere pensato, diviene un diritto da fruire. Se poi ci sono gli altri che me ne impediscono la fruizione, sono nemici che vanno abbattuti. Il principio fondamentale del relativismo è che il rispetto dell’altro non è più riconosciuto come un bene intangibile. Tanto più se chi fa il bene non è premiato e chi fa il male non è punito, cosa che mette in discussione il principio di legalità. E se non si riconosce più che il bene supremo è il rispetto dell’altro, ci troviamo di fronte a un problema. In questa vicenda c’è stata una grave lesione del rispetto dell’altro. Ovviamente non perché si siano indette manifestazioni contro, ma perché si sono creati i presupposti perché un diritto venisse negato. Il nodo vero, però, è che in una società relativista noi ci sentiamo coinvolti solo quando a essere toccata è la nostra dignità. Ciò genera indifferenza. Ma di fronte a un fatto di questo genere non è possibile non indignarsi. E non mi riferisco solo al santo padre. L’indignazione deve valere anche per chiunque altro, scienziato o cittadino a cui, invitato a parlare, venga tolto il diritto di poterlo fare.

da lom-volontari
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