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Autore Discussione: Inondati dalle cattive notizie? La risposta può essere il "solution journalism".  (Letto 2084 volte)
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« inserito:: Ottobre 28, 2023, 12:00:48 pm »

Inondati dalle cattive notizie? La risposta potrebbe essere il “solution journalism”

Ormai la quantità di informazioni che si ricevono è talmente eccessiva che è come se si sentisse una sorta di necessità di difendersi. Non a caso si sente parlare proprio in questi tempi di disconnessione selettiva
di Simona Sirianni

Abituarsi al brutto fa diventare indifferenti, porta a non reagire e a non indignarsi più. E questo è esattamente il comportamento che troppe persone stanno assumendo oggi perché sopraffatti dalle cattive notizie e dalle tragedie che le cronache raccontano.

Doomscrolling, la ricerca compulsiva di cattive notizie alimenta l’ansia: come liberarsene
Le cattive notizie non si leggono più
La scia infinita dei femminicidi, l’attacco dei terroristi di Hamas in Israele, i morti al Bataclan a Parigi, ma bastano anche le storie di tutti i giorni tra cyberbullismo, morti sul lavoro, le stragi dei ragazzi sull’asfalto, il disastro del clima, i barconi dei migranti che naufragano. Ormai la quantità di informazioni che si ricevono è talmente eccessiva che è come se l’utente sentisse una sorta di necessità di difendersi.

Basta brutte notizie: cos’è “l’elusione informativa”
Cos’è la disconnessione selettiva
Non a caso si sente parlare proprio in questi tempi di disconnessione selettiva che sarebbe una sorta di selezione delle notizie davanti alle quali il cervello è come se dicesse: stop cattive notizie. Questo meccanismo, che può sembrare da vigliacchi, serve però come autodifesa della propria saluta mentale. Non succede solo agli italiani, in ogni caso: a leggere il report di Reuters Institute, il Digital New Reports 2023, in cui viene analizzato tutto il sistema a cominciare dal boom delle notizie visive su TikTok e Instagram, il fenomeno sembrerebbe mondiale, con picchi in America dove 4 americani su 10 vogliono volutamente essere disinformati sulle cattive notizie.

In che modo si evitano le cattive notizie
Quest’anno, però, per la prima volta, Reuters Institute ha chiesto informazioni sui diversi modi in cui le persone evitano le notizie brutte e ha scoperto che circa la metà cerca di farlo, ad esempio, spegnendo la radio o scrollando in avanti sui social media quando arrivano determinate notizie. Un secondo gruppo tende ad evitare le notizie intraprendendo azioni più specifiche: come il controllo delle notizie meno spesso, ad esempio disattivando le notifiche del cellulare, o non guardando le notizie come ultima cosa la sera. Altri, scelgono invece di evitare alcuni argomenti “emotivamente faticosi” che abbassano l’umore e aumentano l’ansia.

Solution journalism, le risposte del mondo dell’informazione
Tutto questo, ovviamente sta creando problemi all’industria dell’informazione e, infatti, molte testate giornalistiche stanno cercando di affrontare in vari modi sia l’elusione generica che quella specifica. Alcuni, per esempio, stanno cercando di commissionare notizie più positive, altri stanno adottando approcci diversi, come il solution journalism, il giornalismo di soluzione, un approccio alla notizia che lascia al lettore un maggiore senso di speranza o una spinta alla chiamata in azione.

Non solo la tragedia, ma anche le possibili soluzioni
Gli articoli in questione scelgono l’approfondimento alla velocità di narrazione e raccontano le soluzioni invece di focalizzare l’attenzione solo sui problemi. Il focus viene spostato e, pur affrontando tematiche dure e drammatiche, si cerca sempre la via di uscita ai problemi, la soluzione appunto. E così chi legge è informato correttamente ma allo stesso tempo non si sente così affranto e perso. Il cosiddetto “giornalismo di soluzione” nasce all’inizio di questo secolo e ha visto la sua svolta nel 2010 con la rubrica “Fixes” sul New York Times nella quale i giornalisti informano sì, ma aggiungendo come risolvere i problemi o evidenziando cosa imparare dai fallimenti.

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