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Autore Discussione: STEFANIA MIRETTI - Il mio dito indice  (Letto 2220 volte)
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« inserito:: Gennaio 16, 2008, 02:07:22 pm »

16/1/2008 (7:20) - I TIC DEL POTERE

Il mio dito indice

A corto di parole che sappiano indicare l’orizzonte i leader s’ingegnano a surrogare col gesto

STEFANIA MIRETTI


Quando un uomo si mette in posa accanto a noi - che siamo le mogli, gli amici, i parenti - per una foto ricordo, e prende a puntare il dito in una qualunque direzione, non è sempre il caso di perder tempo a cercare la luna: può darsi che stia semplicemente ispirandosi ai suoi divi pop di riferimento. Non ai calciatori che dopo il gol corrono indicando a casaccio verso gli spalti, e neppure alle rockstar degli Anni Ottanta specializzate nel figurato, ma ai premier che nell’immaginario collettivo e sui siti del gossip ne hanno preso il posto. Paiono i «Village People» e invece sono statisti (in carica/ex/futuri/aspiranti), leader dotati di un dito indice vispissimo, sempre pronto allo scatto se nei paraggi c’è un fotografo e nelle vicinanze un malcapitato (regnanti, alti prelati, dittatori, first lady di Paesi con usanze diverse) che l’obiettivo immortalerà con l’espressione un po’ fessa di chi si sta chiedendo cosa cavolo ci sia da vedere. Ma quel punto, sei già fortunato se nella foto non vieni con le corna.

Perciò, attenti a quei due: Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy, sempre pronti a segnare col dito in barba alle regole di buona creanza apprese dalle nonne, mai colti di sorpresa nelle foto ufficiali, quando al loro vicino tocca invariabilmente la parte del pesce lesso. Cosa staranno indicando? E’ naturalmente possibile che, per ragioni d’imbarazzo e di gap linguistico, stiano cercando di rompere il ghiaccio (look! watch! guarda le mucche! guarda le piramidi!). Più probabile, però, che non stiano indicando proprio nulla, se non il loro dito che non indica la luna: e finché era solo folclore italiano, oltretutto superato, pazienza; ma ora, dopo la «rupture» francese, si rischia l’epidemia.

Sempre più a corto di parole forti che sappiano indicare da sé l’orizzonte, ai leader politici non resta, a quanto pare, che surrogare col gesto. E «segnare col dito» è, tra gli svariati usi che un uomo di potere può fare del suo indice, il più nuovo. Niente a che vedere con lo sdegnoso «puntare il dito», quello in cui Silviò&Sarkò sono campioni è invece gesto confidenziale e barzellettaro, super-giovane e un po’ tamarro, soprattutto post-ideologico e post-verbale; apparentato, ma solo per lontana derivazione, alla lezione americana che suggerisce all’oratore d’indicare a caso in direzione della platea, così che ciascuno degli ascoltatori abbia la sensazione che ci si stia rivolgendo proprio a lui. E’ l’«indice imbonitore» - ehi, sto parlando proprio a te! - che sfoggiava per esempio Bill Clinton, quando toccava a lui correre per la presidenza. Ora quel gesto lo fa fare a sua moglie, con esiti purtroppo disastrosi sulla mimica facciale della povera Hillary: il rapporto tra le signore e il loro dito indice tende alla goffaggine, rivela storici ritardi tanto nell’elaborazione del rapporto col potere quanto nella pratica della cialtroneria.

Più universale e transgenerazionale, ma storicamente radicato tra i politici di sinistra, è invece il vezzo di sollevare il dito indice per fare il predicozzo. E’ il «ditino alzato» dei saputelli e dei Maestri, cattivi o buoni c’è da discuterne, e dopo decenni di declino torna in auge. Gesto che nel suo essere ideologicamente d’antan risulta persino sexy, ha in Barack Obama un fuoriclasse indiscusso, in pole-position alle primarie dell’indice più assertivo davanti a campionissimi come Bin Laden e Tariq Ramadan. In casa nostra, svettano i rifondaroli Fausto Bertinotti e Franco Giordano, il giornalista Giuliano Ferrara e, fuori competizione, categoria «indici ontologici», Massimo D’Alema: uno che il dito non lo alza quasi mai, ed è come se lo facesse sempre.

E gli altri? Esclusi i leader di impostazione ecumenico-papalina, alla Veltroni, alla Rutelli, capaci di gesti rotondi rassicuranti e in generale di mettere le mani al posto giusto, ossia avanti, rimangono quei pochi che ancora sanno stare fermi con le mani nelle mani, o perlomeno con le braccia lungo i fianchi: lo spagnolo Zapatero, le cui posture eleganti un po’ si riflettono sull’andamento del Paese che governa; il fin troppo classico inglese Gordon Brown (però: persino l’indice di Tony Blair era sufficientemente british da starsene tranquillo); i navigati o forse legnosi Romano Prodi e Angela Merkel; i sicurissimi di sé, linea Bush-Putin dittatori compresi. Non è assolutamente provato che siano uomini migliori e statisti più autorevoli, e alcuni degli orizzonti da loro evocati con la sola forza delle parole sembrano abbastanza rovinosi. Magari sono solo persone meno interessate alle mucche e alle piramidi, o con riflessi meno pronti. Ma se ci finisci accanto quando in giro ci sono i fotografi, perlomeno non corri il rischio di fare la figura del pirla.

da lastampa.it
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