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Autore Discussione: MONICA GUERZONI. -  (Letto 46869 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Maggio 22, 2017, 11:59:50 am »


L’intervista

«L’orologio è solo un regalo Chi corrompe non ringrazia»
La sottosegretaria dimissionaria Vicari: conosco Morace, ma ho favorito una categoria e non lui

Di Monica Guerzoni

«Sono Simona Vicari, mi aveva cercato?». Alle nove della sera l’ormai ex sottosegretaria alle Infrastrutture e ai Trasporti ha voglia di parlare e spiegare. La senatrice alfaniana, architetta, nata a Palermo nel 1967, si dice «assolutamente serena», ma il tono della voce tradisce emozione e stanchezza.

Il ministro Delrio è rimasto «molto stupito» per la sua scelta di prendere quel Rolex in regalo e le ha consigliato di dimettersi. Avete discusso?
«Ma no, e perché mai? Come avrà letto, Delrio ha detto di apprezzare il mio gesto».

Anche il premier Gentiloni le ha telefonato per chiederle di fare un passo indietro?
«Assolutamente no, mi hanno detto entrambi di prendere liberamente le mie decisioni».

Decisione sofferta, quella di lasciare?
«Nessuna sofferenza, perché io non ho agito nell’interesse di una persona, ma nell’interesse di una categoria. Il trasporto marittimo era l’unico mondo del trasporto pubblico rimasto fuori dall’esenzione dell’Iva e il ministro Delrio era a conoscenza di quell’emendamento».

Perché, al telefono con l’armatore Morace, rivendica il merito di averlo fatto modificare lei?
«Il testo ha fatto il percorso che doveva fare. Lo abbiamo mandato al Mef, poi all’ufficio legislativo...».

Al di là dell’inchiesta, non pensa che sia stato un errore anche dal punto di vista dell’opportunità politica accettare da Morace un orologio del valore di 5.800 euro? Lo rifarebbe, da sottosegretaria ai Trasporti?
«Ho letto sulle agenzie che sarei accusata di corruzione. Ma di che parliamo? Quell’orologio riguarda rapporti con le persone che uno ha a prescindere. Dalle intercettazioni si capisce benissimo che si tratta di un regalo di Natale. Poi sì, io ho chiamato per ringraziare. Ma se lo avessi fatto per corruzione, secondo lei avrei ringraziato?».

Morace ha risparmiato 7 milioni di tasse.
«Ecco, non le pare che rispetto a questo, il valore del Rolex fosse un po’ sproporzionato? Un po’ poco, intendo».

In Parlamento gira voce che la contropartita del suo interessamento sia stata ben più alta. È vero che, dal suo posto al governo, lei ha convinto l’armatore Morace ad assumere suo fratello Manfredi?
«Ma quando mai? Mio fratello si è laureato in Giurisprudenza un anno, un anno e mezzo fa e alla Liberty Lines sta facendo uno stage a tempo determinato».

Glielo ha chiesto lei, di far entrare sul fratello?
«No, lui cercava qualcuno... Il mio rapporto con Morace non nasce da questo episodio, in Sicilia ci conosciamo tutti. Certo, in questo periodo i rapporti tra noi si sono intensificati. Ma voglio dirle un’altra cosa, anche se può suonare un po’ antipatico».

Prego.
«Ci sono ministri che hanno preso non uno, ma tre Rolex e sono ancora in carica».

Con questa uscita si farà qualche nemico. Altri se n’è fatti in Sicilia, ad esempio con quella vecchia storia della villa di lusso sul meraviglioso litorale di Kalura, che sua madre avrebbe costruito abusivamente quando lei era sindaco di Cefalù.
«Non c’è niente, assolutamente. È solo fango. Ma una come me, che fa politica da quando era ragazzina, è abituata a queste cose. Io ho fatto carriera dal basso, non sono di quelle nominate».

Il suo curriculum dice che a 23 anni era già assessore a Palermo.
«Esatto, la più giovane di sempre. Posso dire con orgoglio di essermi fatta sette campagne elettorali in Sicilia con la preferenza, che nella nostra terra non è facile».

Carriera brillante, non c’è che dire. La deve in grandissima parte all’amicizia con Renato Schifani, giusto?
«Ah no! Basta dottoressa, per favore. Se vogliamo parlare di politica, bene, altrimenti la saluto».

Nel centrodestra raccontano che Schifani si senta «tradito», perché quando è tornato con Berlusconi lei ha deciso di restare con Alfano. Lei gli deve molto, politicamente...
«Io gossip non ne voglio fare ed è per questo che mi sono dimessa. Per dare serenità all’azione del governo Gentiloni».

E adesso? Come vede il suo futuro?
«Difenderò la mia correttezza e il mio operato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
19 maggio 2017 (modifica il 20 maggio 2017 | 07:19)

Da - http://www.corriere.it/politica/17_maggio_20/orologio-solo-regalo-8a7a6042-3cd3-11e7-bc08-57e58a61572b.shtml
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« Risposta #76 inserito:: Giugno 03, 2017, 11:35:04 am »


La riforma

I 5 Stelle divisi sulla legge elettorale Renzi ha dubbi sulla tenuta del patto
Per Fico e Taverna «niente è scontato». Il leader pd: «Non so se reggeranno, noi ci siamo».

E ancora: «La partita non è chiusa. Può accadere che facciamo la legge e non si va a votare, o che salta e si vota col decreto»

Di Monica Guerzoni

La nuova segreteria del Pd che si è riunita giovedì a Roma

Luigi Di Maio arriva tra i primi al ricevimento nei giardini del Quirinale. Disinvolto e a suo agio, l’esponente del M5S non schiva le domande dei giornalisti. L’accordo sulla legge elettorale rischia di saltare? «Per le tensioni con Renzi? Ma no, no... Io credo che l’accordo non salterà». Eppure tra i vialetti dove svettano i corazzieri, la musica ritma una certa agitazione. Matteo Renzi posa per un selfie via l’altro, ma (sottovoce) rivela la sua preoccupazione: «Io non sono così sicuro che i cinquestelle reggano sull’accordo...».

La senatrice Paola Taverna aveva strappato la tela già al mattino: «È quasi un mega Porcellum. Io non mi sarei neanche seduta». A sera Roberto Fico, anche lui sul Colle, conferma che tutto si è rimesso in movimento: «L’accordo non è affatto sancito, l’emendamento Fiano crea problemi. Continuiamo a lavorare, ma non c’è niente di scontato». Una formula dubitativa che lo stesso Renzi distilla con altri accenti: «La partita non è chiusa. Può accadere che facciamo la legge e non si va a votare, o che salta e si vota col decreto».

Il diavolo nei dettagli
Il leader del Pd si apparta con Ettore Rosato, il regista delle trattative: «Se volete sapere qualcosa sui collegi dovete chiedere a lui». I pentastellati romperanno? «Pongono qualche problema sul voto disgiunto — risponde Renzi —. Io non lo so se il patto terrà, ma noi ci siamo. Abbiamo fatto un’operazione intelligente, per tenere fede all’impegno con il presidente della Repubblica. Siamo stati così seri che sui collegi abbiamo diviso Rignano e Pontassieve», scherza con i giornalisti. E adesso? «La tensione c’è, ma è normale». E se l’accordo salta, che succede? «La palla è al Parlamento. I guai maggiori, se salta tutto, li ha il M5S. Io con le preferenze non ho problemi, loro invece non so come se la cavano».

Riuscire ad approvare la legge sarebbe «una grande opera di pacificazione», insiste l’ex capo del governo, ed ecco che il leghista Giancarlo Giorgetti lo avvicina: «Siamo diventati tuoi impensabili alleati, ma la questione dei tempi è fondamentale». Il leader del Pd fa pochi passi e incontra Gianni Letta, con il quale lo scambio è molto confidenziale. Si parla della moglie di Renzi, in gita a Madrid con i tre figli, poi (inevitabilmente) di legge elettorale. «I cinquestelle pongono un problema di voto disgiunto, ma io spero proprio che l’accordo regga», risponde l’ex sottosegretario di Berlusconi.

Come vengono ripartiti proporzionalmente i candidati? A livello nazionale o per quota circoscrizionale?
Maria Elena Boschi, accompagnata dal fratello, si dice «ancora ottimista» sulla tenuta del patto, ma intanto monitora il malessere dei pentastellati: «Io non lo so se reggeranno, perché si fanno condizionare dai titoli dei giornali e da alcuni magistrati, che non vedono bene il dialogo con Berlusconi». Fa quasi buio, Renzi sta per lasciare il palazzo dei Papi quando, per puro caso, incrocia Paolo Gentiloni. Un abbraccio con il premier, un complimento alla moglie Emanuela per il G7 di Taormina e poi il segretario del Pd e il capo del governo si appartano per un quarto d’ora. Rosato, che li conosce bene entrambi, immagina quel che si sono detti: «Paolo sarà il primo a capire quando è ora di staccare la spina. E quale occasione migliore di un accordo largo sulla legge elettorale?».

1 giugno 2017 | 23:04
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://roma.corriere.it/notizie/politica/17_giugno_01/i-5-stelle-divisi-legge-elettoralei-dubbi-renzi-tenuta-patto-d56d7948-470c-11e7-b9f8-52348dc803b5.shtml#
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« Risposta #77 inserito:: Ottobre 09, 2017, 06:29:14 pm »

Speranza: «Pisapia? L’attesa è una soap opera. No a Renzi, con lui alleanze farlocche»

Il coordinatore nazionale di Mdp sull'ex sindaco: «Avanti anche senza di lui. Il 19 novembre le nostre primarie»

Di Monica Guerzoni

«Il tempo è finito».
Roberto Speranza, vi siete stancati di aspettare Godot?
«Abbiamo parlato troppo di noi, ora basta. Bisogna correre. Dobbiamo offrire all’Italia un’alternativa che riparta dal lavoro e dalla lotta alle diseguaglianze».


Convocherete quella assemblea costituente per la quale Pisapia non si sente ancora pronto?
«Per me il 19 novembre è la data giusta per una grande assemblea democratica, in cui finalmente un popolo possa trovare una casa».
Le primarie della sinistra?
«Faremo votare la gente in tutta Italia, chiameremo migliaia di persone a eleggere i propri rappresentanti nell’assemblea e a condividere un progetto in cui tutte le forze abbiano pari dignità».
Il leader di Campo progressista non è convinto. Non si fida del tutto di lei, Bersani, D’Alema, Errani?
«Pisapia è naturalmente protagonista di questa storia, ma non si può più perdere un solo minuto e neanche stare lì a parlare tutti i giorni di nomi dei big, invece che di proposte. È diventata una soap opera insopportabile».
Una «soap» i litigi tra Campo progressista e Mdp?
«Noi siamo quelli del lavoro, della progressività fiscale, della sanità pubblica. Dico con forza basta a una discussione autoreferenziale che la gente non capisce, ora si va avanti. Il mio è un appello a tutti, ognuno prenderà le sue decisioni».
Pensa che Pisapia si alleerà con Renzi?
«No, da lui ho sentito parole chiare di alternativa alle politiche del renzismo. Però ora basta aspettare, bisogna correre. Serve una grande forza popolare, inclusiva, con ambizioni di governo e radicale nel messaggio di cambiamento. Aperta al civismo, all’ambientalismo e al cattolicesimo democratico. Vogliamo prendere un voto più degli altri, altro che ridotta».
Insomma, avanti anche senza Pisapia?
«Mi sembra di essere stato chiarissimo. Noi andiamo avanti e l’auspicio è che lui ci sia. Ognuno valuti tranquillamente, ma questa è una operazione più grande, non si ferma davanti a una singola personalità. In gioco c’è il futuro del Paese e della sinistra italiana. Il tempo è ora, non possiamo andare oltre novembre».
Avanti a sinistra, con Fratoianni e Civati? Il 1° luglio vi eravate impegnati a costruire un nuovo centrosinistra.
«La nostra proposta è e resta larga, aperta, plurale e alternativa alle politiche di Renzi. Non basta un cartello elettorale, si parte da una lista per costruire una nuova soggettività. La mia cultura politica è di centrosinistra, non mi interessa una stretta identitaria».
Renzi ha aperto alla coalizione, perché non andate a vedere le sue carte? Volete regalare il Paese alle destre?
«Apertura mi sembra una parola generosa. Il Pd non sarà mai il nostro nemico. Ma le alleanze si fanno sulla linea politica e le fratture sono state troppe. Il Jobs act ha aumentato la precarietà, la Buona scuola ci ha messo contro insegnanti e studenti, al posto degli investimenti si sono scelte le regalie fiscali e invece della rivoluzione ecologica sono spuntate le trivelle. Se si mette al centro una radicale discontinuità sono pronto a confrontarmi con tutti».
Boccerete il Rosatellum?
«Sì, è sbagliato perché disegna alleanze farlocche. Siamo di fronte all’ennesimo accordo Renzi-Berlusconi, oggi sulla legge elettorale e domani sul governo. Avremo il record mondiale di nominati e questo è indegno. Il nostro emendamento che chiedeva un solo programma per la coalizione è stato bocciato, che apertura è quella di Renzi? Noi presenteremo un candidato in ogni collegio all’uninominale».
Se Pisapia non raccoglie il vostro appello chi sarà il leader? D’Alema, Bersani, Errani, o lei?
«La sinistra rinasce se parte dalla vita degli italiani e non dai nomi dei leader. Prima il progetto, poi le personalità. Mi piace molto la nuova generazione in campo, che ha idee chiare su cosa serve al Paese».
Senza Pisapia riuscirete a superare la soglia del 3%?
«Non sono uscito dal Pd per fare un partitino, ma per costruire una grande forza popolare a due cifre. Ci sono milioni di persone che non sono di destra, non vogliono votare per Grillo, ma non si fidano più del Pd di Renzi. Lavorerò incessantemente per offrire agli italiani una nuova proposta progressista vincente».

8 ottobre 2017 (modifica il 8 ottobre 2017 | 06:50)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/17_ottobre_08/pisapia-l-attesa-soap-opera-speranza-04fc251e-ab9a-11e7-b201-3d87a5727083.shtml
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« Risposta #78 inserito:: Febbraio 18, 2018, 05:48:26 pm »

L’INTERVISTA AL PROFESSORE

Sfida sul premier, Prodi rilancia Gentiloni: «Il mio ritorno da pensionato dopo nove anni
Ho fatto quello che dovevo fare»
«Paolo è la serietà al governo, lavora bene in un momento difficile»
Il padre dell’Ulivo sostiene «Insieme»: il Rosatellum va cambiato

Di Monica Guerzoni

Per nove anni, come lui stesso ha voluto sottolineare, Romano Prodi si è tenuto lontano dai palchi della politica, declinando ogni invito ad assemblee di partito e kermesse elettorali. Un’assenza plateale, lunga quasi quanto l’intera vita del Pd. Finché ieri nella sua Bologna l’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea ha spostato tutto il suo peso dalla parte di Paolo Gentiloni. Lo ha abbracciato, lodato, rilanciato alla guida di Palazzo Chigi come l’unica personalità in grado di tirare l’Italia fuori dal pantano, se dalle urne del 4 marzo non dovesse uscire una maggioranza. Un endorsement con tutti i timbri dell’ufficialità, che di fatto conclude il progressivo smarcamento del «prof» dal Pd a trazione renziana. Dopo una lunga e sofferta riflessione, simboleggiata dalla tenda prodiana che si avvicinava o allontanava dall’accampamento dem a seconda delle decisioni del segretario, il fondatore ha maturato lo strappo: per la prima volta non voterà per il Pd, ma per la lista ulivista Insieme. Una scelta che il professore, il quale in campagna elettorale non ha mai presenziato a un evento di Renzi, ha voluto enfatizzare condividendo con Gentiloni il palco del teatro Celebrazioni. E quando l’iniziativa si è chiusa, aveva ancora voglia di dire la sua.

Gentiloni ha parlato da candidato premier?
«Sì, ha fatto un gran bel discorso. E io ho fatto quel che dovevo fare. Però non scriva che rientro in politica (ride), perché ormai sono in pensione e sto più all’estero che in Italia. E quando le candeline pesano più della torta...».

Anche quelle di Berlusconi pesano più della torta, eppure lui non va in pensione e potrebbe vincere.
«Ma lui farà una torta molto grande, che pesi più delle candeline».

In caso di stallo sosterrebbe un governo di larghe intese con Berlusconi?
«Io ho dato il mio sostegno pieno a un disegno, dopodiché in democrazia tutto dipende dai voti. Il problema dell’Italia è l’instabilità. Quando diventai premier e andai a Berlino per la prima visita ufficiale, il cancelliere Kohl mi abbracciò felice e poi mi chiese “chi viene la prossima volta?”. Ormai questo aneddoto lo conoscete a memoria, ma se non chiudiamo questa storia dell’instabilità ci staremo sempre dentro».

Per questo la legge elettorale va cambiata?
«La Francia a differenza di noi non sta messa affatto bene, è politicamente più divisa e commercialmente meno forte, eppure ha un sistema di voto che rende il Paese stabile, al contrario dell’Italia».

Gentiloni è la persona giusta per guidare un governo che riformi il Rosatellum?
«Sì. Non per caso la mia sortita dopo nove anni è stata a sostegno di Gentiloni, non è un fatto casuale».

Come scongiurare l’ingovernabilità?
«Il 4 marzo si vota, vedremo i risultati. Io qui ho rotto un lungo silenzio perché mi sentivo in dovere di sottolineare l’importanza della scelta di sostenere la coalizione di centrosinistra. Il mio sostegno va in particolare alla lista Insieme, perché porta avanti gli stessi valori che sono stati alla base dell’Ulivo».

Perché è così duro con Bersani e D’Alema?
«I miei amici, con cui ho lavorato lungamente assieme e quindi sono ancora amici, hanno profondamente sbagliato. In questo momento bisogna stare insieme, perché si decide il futuro del Paese e solo vincendo è possibile determinarlo».

Voterà Insieme e non Pd, giusto presidente?
Prodi saluta e scende lo scalone del teatro con il passo di uno che all’alba ha corso otto chilometri («oggi ho fatto pochino!»). Risponde per lui la portavoce, Sandra Zampa: «Il prof è stato chiarissimo. Ha detto sostegno alla lista Insieme e alla coalizione, perché il centrosinistra sia più unitario possibile».

17 febbraio 2018 (modifica il 18 febbraio 2018 | 10:07)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/elezioni-2018/notizie/sfida-premier-prodi-rilancia-gentiloni-il-mio-ritorno-pensionato-nove-anni-ho-fatto-quello-che-dovevo-fare-eb80f99a-142e-11e8-93af-70bfe0994910.shtml
 
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