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Autore Discussione: MONICA BONETTO - Mauri, diavolo appesantito dall’età  (Letto 2442 volte)
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« inserito:: Gennaio 14, 2008, 12:51:53 pm »

TORINOSETTE
11/1/2008 - TEATRO
 
Mauri, diavolo appesantito dall’età
 
E’ Mefistofele ma anche Faust nell’opera di Goethe, in uno scambio di ruoli con Sturno al Teatro Valdocco dal 15 al 20
 
MONICA BONETTO

 
Dal capolavoro di Johann Wolfgang Goethe nasce lo spettacolo che Glauco Mauri porta in scena con Roberto Sturno da martedì 15 a domenica 20 gennaio al Teatro Grande Valdocco nell'ambito del cartellone della Fondazione del Teatro Stabile. Di questo Faust, Mauri non è soltanto interprete e regista; guidato dalla grande maestria di uno studioso come Dario Del Corno, Mauri si è anche occupato della traduzione, dell’adattamento e della versione teatrale dell’opera. A Mauro Carosi è stata affidata invece l’ideazione delle scene, a Odette Nicoletti quella dei costumi, a Germano Mazzocchetti quella delle musiche.

Mauri ha ricordato, nell’allestire il proprio spettacolo, come Goethe fosse stato affascinato da uno spettacolo di marionette cui aveva assistito da bambino, nel quale veniva raccontata la storia del Dottor Faust, mago e scienziato che per sete di onnipotenza firma col proprio sangue un disgraziato patto col diavolo. Il ricordo della leggenda di Faust e delle marionette resta indelebile nella mente dello scrittore tedesco per tutta la vita e darà origine all’opera che egli stesso definì «un grande gioco molto serio».

A tale affermazione si rifà Mauri che costruisce un gioco teatrale ineccepibile nel quale si inserisce lo scambio di ruoli (Faust /Mefistofele) con Roberto Sturno: questi, da vivace Mefistofele alle prese con il vecchio Faust desideroso di giovinezza e di gloria (interpretato da Mauri) diventa nella seconda parte un Faust ringalluzzito alle prese con un diavolo appesantito dagli anni, ma più che mai lucido ed infido. Ancora per il cartellone T.S.T., mercoledì 16, al Teatro Gobetti, debutta Il metodo Gronholm dell’autore catalano Jordi Galceran.

Il testo, divenuto ormai un successo internazionale, riflette sui metodi adottati dalle imprese per la selezione del personale, e nasce da un aneddoto reale: un fascicolo, trovato per caso nell’immondizia, contenente domande di assunzione per una catena di supermercati; sopra ciascuna domanda un impiegato incaricato della selezione aveva apposto commenti personali sui candidati che si erano presentati, scrivendo frasi crudeli, xenofobe, razziste, maschiliste.

Il testo di Galceran spinge all’eccesso la propria denuncia e racconta i metodi di selezione del personale come moderni, sottili, strumenti di tortura psicologica. La versione teatrale italiana del testo ha la regia di Cristina Pezzoli e l’interpretazione di Nicoletta Braschi, Enrico Ianniello, Armando De Ceccon, Tony Laudadio. Repliche sino al 20. Infine, inserito nella stagione del T.S.T., ma anche in quella, al debutto, del Teatro Baretti, va in scena dal 17 al 23 gennaio alle Limone Fonderie Teatrali di Moncalieri lo spettacolo Canti dall’Inferno. Coprodotto dall’Associazione Baretti e dalla Fondazione Teatro Regio di Torino in collaborazione con Fondazione e Scuola del Teatro Stabile di Torino, è un lavoro che coniuga parola parlata e parola cantata in quello che è stato definito un «moderno madrigale rappresentativo».

Tratto da «Lettere dall’inferno » di Ramon Sampedro e da testi di Beatriz de Dia, Luigi Chiarella e Roberta Cortese, lo spettacolo diretto e interpretato da Davide Livermore su musiche di Andrea Chenna e con Roberta Cortese e Manuela Custer, narra la storia di un tetraplegico che per quasi trent’anni si batte per il diritto all’eutanasia. «Non si tratta di uno spettacolo che affronta direttamente il tema dell’eutanasia - ha affermato Livermore -. L’arcata drammaturgica segue la tensione interna del personaggio, che vuole trovare un senso alla vita. Ramon estremizza il percorso, una ricerca comune a tutti gli esseri umani».

da lastampa.it
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