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Autore Discussione: INCREDIBILE SCOPERTA Confessione dell’assassino mancato di Lorenzo il Magnifico.  (Letto 481 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Aprile 04, 2023, 09:32:37 pm »

30 marzo 2023

La “Congiura dei Pazzi” è uno dei fatti di sangue più efferati e famosi della storia d’Italia avvenuto nella Cattedrale di Firenze il 26 aprile del 1478. Lo storico Marcello Simonetta ha il merito di aver contribuito alla verità sulla vicenda attraverso due grandi scoperte archivistiche: la confessione autografa di Antonio Maffei da Volterra che va ad aggiungersi alla lettera cifrata scritta dal duca di Urbino emersa vent’anni fa. Per saperne di più non vi resta che leggere il numero 27 di Storie di Storia, newsletter di Repubblica. Buona lettura.

LA STORIA
INCREDIBILE SCOPERTA
La confessione dell’assassino mancato di Lorenzo il Magnifico

Di Marcello Simonetta (Storico. Insegna alla New York University, membro del Medici Archive Project).
Alle idi di marzo 2023 sono andato in Archivio di Stato di Firenze per consultare alcune filze che mi incuriosivano. In una di queste, sfogliando delle carte sciolte, ho trovato la confessione autografa di Antonio Maffei da Volterra, il sicario che doveva uccidere Lorenzo de’ Medici in Duomo durante la Congiura dei Pazzi. Confesso che non credevo ai miei occhi quando l’ho letta la prima volta, e ho pensato che si trattasse di un’allucinazione archivistica, ma no, è proprio lui, che scrive sotto pressione “pazzesca” prima che gli taglino le orecchie e il naso, e lo appendano al cappio!
L’unica confessione dei congiurati nota finora era quella di Giovan Battista Montesecco, sul quale nel 2014 ho fatto alcune nuove scoperte, pubblicate nell’edizione BUR del mio Enigma Montefeltro. Questa confessione completamente ignota racconta molti dettagli della preparazione del complotto. Maffei era pieno di risentimento nei confronti di Lorenzo perché cinque anni prima aveva ordinato una “operazione militare speciale” contro la sua Volterra. Venne convocato a Firenze nel settembre 1477, cioè sette mesi prima dell’attentato, da Francesco de' Pazzi. All’inizio il Pazzi e il suo complice principale, l’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati, si tennero sul vago, ma poi gli illustrarono l’obiettivo, cioè l’eliminazione dei fratelli Medici. Antonio è titubante, e confessa i suoi timori che il tutto si risolva nella “manifesta ruina nostra”. Il 26 aprile 1478 si accelera improvvisamente tutto: Maffei viene prescelto come sicario di Lorenzo, mentre Francesco si riserva Giuliano...
Come questo documento, messo in una filza apparentemente innocua che contiene soprattutto carte irrelate, sia passato inosservato per tanti secoli è un enigma di per sé.

I DOCUMENTI
Le foto dei documenti che riaprono la vicenda della Congiura dei Pazzi
Di Marcello Simonetta (Storico. Insegna alla New York University, membro del Medici Archive Project).
In Duomo, durante la solenne messa dell’Ascensione, quando il sacerdote solleva l’ostia, gli assassini attaccano i loro bersagli: Giuliano viene pugnalato ben 19 volte e lasciato rantolante in una pozza del suo sangue. Ma Antonio, prima di sferrare il primo fendente contro Lorenzo, grida: “Ah traditore” mettendo, l’uomo che nessuno ancora chiama il Magnifico, sull’avviso.
Il coltello sfiora la carotide, ma la ferita è leggera. Gli amici si precipitano a soccorrerlo: uno, Franceschino Nori, rimane ucciso nelle colluttazioni, ma Lorenzo riesce faticosamente a trovar rifugio nella Sacrestia vecchia, protetta da una pesante porta. La congiura è fallita.
Nel panico generale, Francesco de’ Pazzi – che nella foga dell’attacco si è lacerato un piede – torna a casa sua, a pochi passi dal Duomo, nella direzione opposta al palazzo Medici. Ma i filo-medicei lo prelevano, lo trascinano nudo per strada e lo appendono alle finestre del Palazzo della Signoria, dove nel frattempo è stato catturato anche l’arcivescovo Salviati, che aveva tentato di impadronirsi della sede del governo fiorentino. Appaiati in uno spasmo mortale, Francesco morde il collo del suo complice.
Cosa succede ad Antonio Maffei? Si rifugia nella Badia Fiorentina, e ci rimane un’intera settimana in incognito. Poi il 3 maggio (in quel giorno Machiavelli compie nove anni!) lo scoprono, e lo vorrebbero linciare. Ma lui conosce i retroscena della congiura, e quindi lo sottopongono a un duro interrogatorio. Antonio prende un foglio e comincia a scrivere:

Io Antonio Maffei da Volterra confesso esser vere tutte queste cose che qui di sotto
Prima Io venni da Roma chiamato per lettere da Francesco de’ Pazzi et giunsi a Montughi alla fine di settembre

Il testo si interrompe qui, il resto della carta è bianco: è una falsa partenza. Forse sono necessarie altre sevizie. Allora Antonio gira il foglio e sull’altro lato ricomincia a scrivere:
La confessione autografa di Antonio Maffei scoperta dal professor Marcello Simonetta nell’Archivio di Stato di Firenze

Io Antonio Maffei da Volterra confesso esser vere queste cose sottoscripte
Prima io venni qua [a Firenze] alla fine di settembre da Roma chiamato per lettere da Francesco di Pazzi et venni a Monte Ughi dove trovai che quel dì l’arcivescovo…

La confessione è scritta su una pagina e mezza, fitta fitta, con una mano nitida e nervosa. Antonio racconta tutto. Non sapeva “ciò che bolliva” in pentola, ma riusciva facilmente a immaginarlo. Dice di aver millantato di poter portare cento o duecento uomini armati da Volterra, per eseguire un piano di cui non conosce ancora i dettagli. Sta mentendo “per la gola”, cioè sfrontatamente, eppure gli viene rivelato tutto, salvo il giorno scelto per l’esecuzione. La mattina, viene scortato in groppa a un cavallo a Firenze e con Francesco Pazzi va a trovare suo zio Jacopo, che è ancora a letto. Si accende una disputa a proposito della modalità dell’attacco. L’unica opzione è quella dell’attentato in chiesa.

Francesco de’ Pazzi gli rivolge un discorso che viene riportato senza aggiungere o togliere una parola nella confessione. È “venuto el tempo di por fine a’ vostri e nostri danni passati et provedere al ben futuro”. Segue una dettagliata lista delle forze dispiegate fuori e dentro Firenze per sostenere il progetto di cambio di regime.

 Davanti alle proteste (non ingiustificate) del Maffei che era troppo tardi per far venire qualcuno ad assisterlo nell’arduo compito di eliminare il capo del clan mediceo – l’azione da cui dipendeva la riuscita di tutta l’operazione, ma era stranamente delegata e differita – si apre un altro squarcio inedito sull’ambiguo ruolo del Montesecco, che avrebbe fornito un paio di suoi fanti fidati per dar man forte al Maffei. Curiosamente, non viene mai menzionato Stefano da Bagnone, il prete che affiancò Antonio e che poi, insieme a lui si rifugiò nella Badia fiorentina, a pochi passi dal palazzo dei Pazzi. Secondo Poliziano, la fonte di tale aneddoto, Maffei fu torturato e impiccato “post confessionem sceleris”. Machiavelli, più sbrigativo e amante dell’effetto drammatico, riprendendo nelle sue Istorie fiorentine molti elementi del racconto polizianesco, ne scrisse dando invece l’impressione che il linciaggio fu pressoché immediato. Per questo nessuno sospettava che la confessione fosse stata conservata.
Da una lista coeva degli “impiccati” risulterebbe che Antonio fu giustiziato solo il 13 maggio, dunque dieci giorni dopo il suo arresto. Senza dubbio i tormenti riferiti – fra cui il taglio del naso e delle orecchie – furono messi in opera, data la gravità della colpa di Maffei, ma la stesura di questa confessione, pur incompleta, indica che almeno inizialmente il sicario fallito volesse sgravarsi la coscienza e raccontare la sua versione dei fatti, mostrando anche di essere stato coinvolto in modo confuso in un’iniziativa più grande di lui e di aver nutrito dubbi sulla caotica conduzione dell’impresa (non veramente sul suo obiettivo, che implicitamente veniva ritenuto legittimo dal punto di vista politico e personale). Il tutto causò, come lui temeva, la “manifesta ruina nostra”.
Maffei non era un soldato professionista, e per di più era un uomo emotivo. Dunque, la scelta di Francesco de’ Pazzi si rivelò strategicamente sbagliata, e causò il fallimento di tutta la traballante architettura cospiratoria. I Pazzi si rivelano ancora più pazzi di quanto non si potesse immaginare attraverso l’inedita testimonianza. Viene confermato il severo giudizio di Machiavelli, secondo il quale gli uomini prescelti “erano a tanta impresa inettissimi”.
Antonio fornisce un’ultima, fondamentale precisazione sul diciassettenne cardinale Raffaele Riario, il quale doveva celebrare la messa in Duomo: secondo lui era ignaro della congiura, mentre ne erano perfettamente informati (in qualità di istigatori) il papa Sisto IV, il re di Napoli Ferrante d’Aragona, e il duca di Urbino Federico da Montefeltro. Il nome di quest’ultimo, come ho dimostrato nel mio Enigma Montefeltro, fu espunto dalla confessione dei Giovan Battista Montesecco, il sicario professionista che si era tirato indietro all’ultimo minuto, che fu pubblicata a scopi di propaganda politica.

Venti anni dopo
Nel 2004 la mia scoperta sul “codice Montefeltro” fu presentata sulla prima pagina de La Repubblica e fece il giro del mondo in meno di ottanta giorni. Vent’anni dopo, mi ritrovo di nuovo sulle pagine (virtuali) dello stesso quotidiano a raccontare questa nuova scoperta. Quella rivelazione riguardava una lettera cifrata scritta dal duca di Urbino ai suoi ambasciatori in cui il famoso mercenario, allora al servizio della Chiesa, accettava di inviare metà del suo esercito e circondare Firenze. Dopo l’eliminazione dei Medici sarebbe stato un gioco da ragazzi occuparla e restaurare l’ordine turbato. Ma l’imperizia di Antonio Maffei vanificò quel piano diabolico.

La lettera di Federico da Montefeltro duca di Urbino, cifrata, decifrata grazie alla tecnica dell’antenato del Prof. Marcello Simonetta, Cicco Simonetta, cancelliere degli Sforza.
Riuscii a decrittarla grazie al trattato di Cicco Simonetta, il cancelliere degli Sforza che Machiavelli considerava “eccellentissimo” come politico e anche come crittografo. Ho raccontato con dovizia di particolari tutta questa intricata vicenda nell’Enigma Montefeltro.
In effetti, sulla congiura dei Pazzi si è scritto tanto che l’inchiostro versato e il sangue sparso si equivalgono. Eppure è ancora possibile scoprire nuovi documenti su questa studiatissima vicenda, dopo 545 anni. Il ritrovamento della confessione autografa di Antonio Maffei da Volterra, il sicario scelto dai Pazzi a ridosso della congiura per assassinare Lorenzo de’ Medici, rappresenta una straordinaria novità storiografica. I fatti dopo l’attentato contro i fratelli Medici sono ben noti, ma sulla lunga e tortuosa preparazione di quel complotto restano ancora molti interrogativi. Questa confessione ci permette di rispondere ad alcuni di essi.
Come questi fogli vergati da un morituro siano arrivati in una filza degli Acquisti e Doni dell’Archivio di Stato di Firenze contenente soprattutto carte della famiglia Bandinelli è un enigma che forse non potremo mai risolvere, ma intanto il ritrovamento di questo documento, ritenuto non solo perduto ma inesistente per mezzo millennio e mezzo secolo, è di per sé un evento che ha dell’incredibile.
Marcello Simonetta ha scritto “L’enigma Montefeltro” (Rizzoli 2008-BUR 2017), tradotto in dieci lingue, è autore di “Volpi e leoni: i misteri dei Medici” (BUR 2017), i primi due episodi della trilogia medicea di cui “Caterina de' Medici” (Rizzoli, 2018) è l’ultimo capitolo.
La medaglia della congiura dei Pazzi, in bronzo (diametro 6,56 cm) fu realizzata da Bertoldo di Giovanni e Andrea Guazzalotti nel 1478, come celebrazione dei drammatici fatti di quell’anno.

LA VICENDA
LA CONGIURA DEI PAZZI
Nell’ultima domenica di Pasqua del 26 aprile 1478 nella Cattedrale di Firenze avvenne un terribile fatto di sangue che minacciò la libertà di Firenze.
La “Congiura dei Pazzi” è stato uno dei fatti di sangue più efferati e famosi della storia d’Italia e avvenne nella Cattedrale di Firenze il 26 aprile del 1478.
Firenze era all’epoca una delle città più ricche e potenti d’Italia; la cultura e le botteghe di artisti e artigiani fiorivano e con i grandi proventi delle banche e dei commerci prendevano vita i grandi monumenti e le grandi opere d’arte di Leonardo, Verrocchio, Botticelli e Ghirlandaio. Firenze era una Repubblica, ma a detenerne il potere politico era la famiglia Medici, i cui rappresentanti erano Lorenzo il Magnifico e suo fratello Giuliano.
Il primato della Firenze dei Medici destò invidie e gelosie sia interne che esterne e prese così forma la terribile congiura che di fatto fu un tentativo di colpo di Stato. Il burattinaio dell’operazione fu papa Sisto IV Della Rovere, che avrebbe voluto spodestare i Medici per mettere a signore di Firenze suo nipote Girolamo Riario. Si allearono con il pontefice le vicine potenze rivali di Firenze: la Repubblica di Siena, il Regno di Napoli e i ducati di Ferrara e di Montefeltro. All’interno della città parteciparono alla congiura Jacopo e Francesco, della famiglia dei Pazzi, potenti banchieri, cui si unì l’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati.
Il luogo e il tempo dell’assassinio dei due fratelli Medici aggiunsero un senso di empietà al progetto: fu scelta l'ultima domenica di Pasqua, durante la grande messa in Cattedrale alla presenza di tutto il popolo, e il momento più sacro della liturgia, cioè l’elevazione dell’ostia consacrata. Quando tutti si inginocchiarono e chinarono il capo Bernardo Bandini e Francesco de’ Pazzi calarono i loro pugnali alle spalle rispettivamente di Giuliano e di suo fratello Lorenzo. Giuliano morì subito sotto i colpi del Bandini, invece Lorenzo, ferito a una spalla, riuscì a fuggire. Mentre il Pazzi infieriva sul corpo martoriato del primo, il Bandini si diede all’inseguimento dell’altro, ma tra loro si interpose Francesco Nori, che offrì la propria vita per l’amico. Lorenzo fuggì nella Sagrestia delle Messe aiutato da alcuni compagni, tra cui il Cavalcanti e il poeta Luigi Pulci, che richiusero alle loro spalle le grandi ante di bronzo realizzate da Luca della Robbia.
Uno di loro, Bartolomeo della Stufa, salendo dalla scala interna sulla Cantoria di Luca della Robbia osservò il corpo martoriato di Giuliano e comunicò agli altri quando poter nuovamente uscire. Intanto, i congiuranti cercarono di sollevare il popolo contro la fazione medicea al grido di “Libertà! Libertà!”; ma non avevano fatto i conti con il vero sentimento dei fiorentini... Il popolo non solo non seguì gli assassini, ma anzi li assalì e cominciò contro di loro una vera e propria caccia all’uomo. Uccisi dalla folla o condannati a morte tutti i congiurati persero la vita e i loro nomi furono dannati dalla memoria della città. Così, non solo Firenze non perse la sua libertà, ma cominciò anzi la sua stagione forse più bella, quella ricordata come l’epoca d’oro di Lorenzo il Magnifico.

SEGNALAZIONI
Libri:
    La congiura dei pazzi e l’età di Lorenzo il Magnifico, di Niccolò Machiavelli, a cura di O. Mugnaini, Nerbini, 2009
    La congiura della verità, testi di Angelo Poliziano e Gentile de’ Becchi, a cura di Marcello Simonetta, La Scuola di Pitagora, Napoli, 2012.
    La congiura dei Pazzi, di Lauro Martines, Mondadori, Milano 2022.
Film: Giuliano de' Medici, Regia di Ladislao Vajda. Con Conchita Montenegro, Juan De Landa, Osvaldo Valenti, Carlo Tamberlani, Paolo Stoppa. Italia, 1940
Il film narra la rivalità tra la famiglia de' Pazzi, che verrà sterminata dal popolo, e quella dei Medici. Lorenzo alleva il nipote, futuro papa Clemente VII.
CD: Dolcissimo Sospiro, di Giulio Caccini (Compositore), Divox, 5 aprile 2006
Compositore e cantante. Visse prevalentemente alla corte medicea di Firenze. Educò alla musica la moglie Margherita e i figli Pompeo, Francesca e Settimia, esibendosi con essi in varie corti, fra cui quella di Parigi, come cantante, arpista e suonatore di viola. Membro della Camerata fiorentina, fu uno dei principali rappresentanti dello stile detto del «recitar cantando».

Luoghi:
Cattedrale di Santa Maria del Fiore, conosciuta comunemente come Duomo di Firenze, è la principale chiesa fiorentina, simbolo della città.
    Piazza del Duomo, 50122 Firenze FI - Telefono: 055.230 2885
Basilica di San Lorenzo, uno dei principali luoghi di culto cattolici di Firenze, situata nell’omonima piazza nel centro storico della città. Sotto l’altare della Sagrestia Nuova – edificata da Michelangelo tra il 1521 ed il 1534 – sono sepolti Lorenzo il Magnifico e suo fratello Giuliano de' Medici.
    Piazza di San Lorenzo, 9, 50123 Firenze FI  -  Telefono: 055.214042
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