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Autore Discussione: Facilitare la vita al cittadino non solo non costituisce una priorità, ma è ...  (Letto 2462 volte)
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« inserito:: Dicembre 03, 2022, 03:01:53 pm »

Andrea Martella
DELTA DEL PO.

Emendamento per vietare le trivelle
Ho presentato al Senato un emendamento al decreto Aiuti quater per salvaguardare il Delta del Po da possibili nuove estrazioni di idrocarburi. L’emendamento ripristina il divieto di nuove prospezioni, ricerche e coltivazioni di idrocarburi nelle acque del Golfo di Venezia nel tratto di mare compreso tra il 45 parallelo (Porto Tolle) e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po.
Con questo provvedimento puntiamo a correggere le nuove disposizioni del governo che consentono le trivellazioni una delle zone d'Italia più delicate dal punto di vista ambientale e geologico con fenomeni, quali la subsidenza, che incidono pesantemente su quest'area mettendone in pericolo la stabilità e il futuro. È un emendamento che raccoglie le istanze provenienti dal territorio e che vede una forte contrarietà delle amministrazioni locali, di forze economiche e sociali, proprio in considerazione di queste legittime preoccupazioni.

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Gianni Gavioli
Voi non volete trivelle in alto Adriatico, ma dato che non solo il Veneto ne fa parte, e non possiamo impedire ai paesi vicini le trivellazioni, cosa si ottiene con questa presa di posizione Veneta?
Il gas se lo prendono gli altri e le conseguenze le subiamo anche noi.
A parte l'effetto propaganda destinata ai più semplici tra noi, cosa cambia se trivelliamo?
Grazie
ggiannig
ggianni41@gmail.com

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I Lavoratori "invisibili" dell'Oil&Gas
 Caro Martella, semplice domanda, su quali basi scientifiche secondo lei l'estrazione di gas da un giacimento posto a 17 km dalla linea di costa può creare subsidenza sulla terraferma? All'Università di Padova c'è la massima autorità in materia ovvero il prof. Teatini. Chiamatelo, sentite il suo parere scientifico e finitela con questa sceneggiata. Chi è responsabile di quello che accadde in polesine sono proprio i polesani che negli anni 40, 50 e 60 estraevano sotto i piedi in modo artigianale, domestico e non regolamentato enormi quantità di acque metanifere.

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I Lavoratori "invisibili" dell'Oil&Gas
 "Si faceva così. Si chiamava un’azienda di trivellazioni e si chiedeva di perforare un pozzo irriguo. La profondità della perforazione variava, in genere fra i 100 e i 300 metri, finché non si individuava la falda acquifera che dava acqua rossa, salata, calda e frizzante di metano. Come tale — pozzo per irrigazione agricola — spesso veniva denunciato. Se veniva denunciato.
Altre volte tutta l’ufficialità era solamente la stretta di mano callosa tra il fattore e il trivellatore, un contrattuale bicchiere di vino con il cappello ancora in testa e il passaggio di qualche biglietto lenzuolesco da mille lire. Nessuna royalty, nessun finanziere dell’Utif, nessun pagamento di accise e tasse.
L’acqua salata, opaca e tiepida andava in una cisterna di lamiera o più spesso un cilindro di eternit. Dentro al separatore, l’acqua effervescente frizzava fuori il metano di palude; un tubo nella parte bassa scaricava l’acqua nel canale di scolo e un tubo nella parte alta mandava il metano verso l’essiccatoio del granturco, verso la stalla da riscaldare, verso i motori a cilindri e pistoni che davanti al fienile facevano girare le pulegge delle macchine agricole.
Nelle province di Rovigo e Ferrara tutti sapevano, sembrava normale, lo facevano i contadini con mezz’ettaro messo a foraggio e lo facevano le grandi cooperative bianche del Polesine cattolico e le cooperative rosse del Ferrarese comunista; lo facevano i braccianti nell’orto di broccoli dietro casa e lo facevano i latifondisti con le estensioni smisurate. Tutti estraevano in modo accanito acque metanifere — no, mi correggo: acque irrigue — e tutti, politici compresi, concordavano.
Non era un caso se nel 1953 la legge che aveva dato all’Eni l’esclusiva dei giacimenti di tutta la Valpadana aveva però escluso l’Eni dalle province di Rovigo e di Ferrara. Perché l’Eni non poteva perforare la Bassa? Semplice. Le acque metanifere nascoste sotto il piano campagna erano la ricchezza prelevata da chi esprimeva il consenso elettorale verso la Dc (in Veneto) e verso il Pci (in Emilia) e non bisognava disturbare quel mondo piccolo.
E il Polesine sprofondava di metri e metri. Due, tre, quattro metri di abbassamento secondo le zone." Da Jacopo Giliberto https://24plus.ilsole24ore.com/.../suolo-cedevole-ed...

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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 06, 2022, 04:18:40 pm »

Per troppe amministrazioni pubbliche italiane, soprattutto tra quelle statali, facilitare la vita al cittadino non solo non costituisce una priorità, ma è cosa da evitare, in quanto fa aumentare il flusso delle pratiche

Editoriale pubblicato sui quotidiani Gazzetta di Parma, l’Adige e Alto Adige il 27 novembre 2022 – Tutti gli articoli e interviste in tema di funzionamento delle amministrazioni pubblicati su questo sito sono reperibili nella sezione Lavoro pubblico 

 Al termine di una serie di dotte quanto intricate lezioni su come si distingue un ente pubblico da un ente privato, l’illustre professore che insegnava diritto amministrativo all’Università di Milano quando a me toccava studiarlo fulminò la platea degli studenti con questa affermazione: “voi, però, potete anche fare a meno di applicare tutti i criteri che vi ho esposto, perché vi basta procurarvi il numero di telefono dell’ente e chiamarlo; se risponde, l’ente è privato, se non risponde, o la linea è sempre occupata, è pubblico”.
Ripensavo a questo insegnamento nei giorni scorsi, quando mi è accaduto di compilare il modulo semplicissimo necessario per ottenere la fornitura di un servizio da una impresa di comunicazione (“per il resto pensiamo a tutto noi: per ogni informazione questo è il numero di cellulare del responsabile della pratica”) e al tempo stesso di dover compilare quello complicatissimo destinato a un’istanza rivolta a un ente pubblico, nel quale occorreva indicare una gran quantità di dati dei quali l’ente stesso già dispone, e di doverli documentare con una serie ingente di allegati su carta, dei quali pure in gran parte l’ente stesso già dispone o potrebbe agevolmente disporre online: una gimkana la cui sola funzione sembra essere quella di far fare meno fatica possibile all’ufficio. E sì che è in vigore un divieto per gli enti pubblici di richiedere al cittadino dati e documenti di cui già essi dispongono! Su questo terreno il colmo di cui sono stato testimone è stato sentirmi chiedere il certificato di morte da parte dell’amministrazione cimiteriale stessa cui stavo facendo istanza di consegna delle ceneri di un congiunto che,  cura della stessa, era stato cremato nei giorni immediatamente precedenti.
Oggi i sindacati del settore pubblico rivendicano a gran voce che tornino ad essere ampliati gli spazi per lo smart working. Se fossi il ministro della funzione pubblica condizionerei l’accoglimento di questa richiesta alla disponibilità degli interessati a rendersi direttamente raggiungibili, almeno in orario di lavoro, dagli utenti sul cellulare e per posta elettronica, ovviamente con l’obbligo di rispondere. E all’introduzione di una voce retributiva commisurata al gradimento da parte degli utenti delle modalità di svolgimento del servizio. Ma è difficile che queste condizioni vengano accolte, perché per troppe amministrazioni pubbliche italiane – soprattutto tra quelle statali – facilitare la vita al cittadino non solo non costituisce una priorità, ma è cosa da evitare, in quanto aumenta il flusso delle pratiche e dunque il carico di lavoro dei dipendenti. Il cui interesse viene prima di quello della cittadinanza.

da - https://www.pietroichino.it/?p=62008
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