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Autore Discussione: Silvio - Il New York Times: “Ha creato le premesse del populismo trumpiano”  (Letto 1157 volte)
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« inserito:: Giugno 14, 2023, 06:14:37 pm »

Silvio in prima pagina divide la stampa mondiale.
Il New York Times: “Ha creato le premesse del populismo trumpiano”


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Arlecchino Euristico
16:41 (1 ora fa)
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https://www.ilriformista.it/silvio-in-prima-pagina-divide-la-stampa-mondiale-il-new-york-times-ha-creato-le-premesse-del-populismo-trumpiano-362427/

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« Risposta #1 inserito:: Giugno 17, 2023, 05:13:15 pm »

BERLUSCONI.  COME MARK TWAIN

LA SUA LEZIONE DI POLITICA ESTERA CI PORTA NEL FUTURO
 
 SILVIO BERLUSCONI NON E' SOLO UN RICORDO

 
STEFANO CARLUCCIO
 
Usa e Russia amici, così scriveva Mark Twain allo Zar Alessandro II
"Il 26 agosto, – ricorda Aksyonov  – i visitatori  furono ricevuti dall’imperatore Alessandro II, che riposava a Livadia. Mark Twain scrisse un saluto solenne all’imperatore a nome degli ospiti americani. Ecco una citazione: “L’America deve molto alla Russia. È debitrice alla Russia per molti aspetti e soprattutto per l’amicizia immutabile durante gli anni delle sue grandi prove… Non dubitiamo per un minuto che la gratitudine alla Russia e del suo sovrano vivrà a lungo nel cuore degli americani".
Oggi tutto questo è stupidamente Utopia. Tranne che per il grande scrittore americano e Silvio Berlusconi.

Il migliore statista italiano anni 90 in politica estera. Il suo capolavoro è stato l’accordo tra usa e Russia a Pratica di mare. La miopia dei governi europei e della Nato l’ha lasciata cadere come cosa controproducente. Per gli Usa e la Nato, la Russia è rimasta dopo Elsin il corrotto, un nemico da contenere e distruggere perché non disposto a farsi saccheggiare, ma tendente ad intese di collaborazione con l’Europa, un concorrente da liquidare. Ed eccoci oggi dopo anni alla reazione di Mosca e alla guerra Ucraina. Anche Berlusconi si è detto sconvolto e amareggiato dalla reazione di Putin. Ma ne ha dichiarato le ragioni di reazione difensiva senza nulla togliere alla condanna dell’invasione.
Anche la promozione delle linee di distribuzione del gas in particolare dal Kazakistan ha innervato l’economia (non solo sua personale) ma europea. La dipendenza dalle risorse energetiche non e colpa dei russi ma degli europei e dei Verdi in particolare (a seguire dei 5 stelle).
Abilissimo a muoversi su più tavoli e stato fermato, lasciando una scia di delusione in chi sperava in un partito liberaldemocratico e socialista di centro. Il suo errore: schiacciarsi sul Centro destra lasciando il centro del pentapartito completamente vuoto e conformandosi al “nuovismo” degli anni 90 che ha dato la stura all’ anti politica .
Oggi è finita la seconda repubblica che ha creato cercando di correggerne il profilo giustizialista, ma è stato fermato e anche lui stesso ha avuto troppa fiducia nella sua capacita di compromesso.
Ha dato retta a Casini ed è entrato nel Ppe che lo ha abbandonato ed abbattuto.
Craxi lo ha sempre sollecitato invece ad entrare nei Lib Dem europei e ricostruire un centro inedito tra laici e mondo cattolico liberale schiacciando la destra, ancora inesistente e la sinistra a pezzi. E tagliando la strada alla Lega, allendosi con Bossi contro tutti.
Grande in politica estera, mediocre in politica interna.

Generoso come nessuno.
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« Risposta #2 inserito:: Giugno 17, 2023, 05:19:25 pm »

Simone Cosimi
Il commento
12.06.2023
Berlusconi ha lasciato la strada spianata a estrema destra e populismi
La scomparsa dell'ex premier squarcia il velo dal bluff del "centrodestra europeo" e, ironia della sorte per chi ha puntualmente fagocitato gli aspiranti delfini, ci lascia una generazione di destra che si è fatta le ossa anche nei suoi governi
Silvio Berlusconi è scomparso a pochi mesi dall’insediamento del primo governo di destra-destra della storia repubblicana. Una coincidenza, legata alla durissima malattia di cui soffriva l’ex premier e aggravata dall’anzianità e da una storia clinica complicata. Ma anche un cerchio che, simbolicamente e politicamente, si chiude.
La morte del formidabile imprenditore televisivo, dello “showman che ha ribaltato la politica e la cultura italiane” come lo ha appena definito il New York Times, del pregiudicato o del più amato o più odiato dagli italiani, a seconda di come si consideri la sua lunghissima parabola nei mille gangli del business e della politica, archivia anzitutto e definitivamente il tentativo di costruire in Italia un centrodestra liberale di stampo europeo. Non perché ci fossero delle residuali speranze sul fatto che Forza Italia potesse divenire tale, figuriamoci. Ma proprio perché l’addio del suo dominus solleverà anche da quel presunto progetto, da quel cantiere mai terminato e forse mai avviato, l’insopportabile velo di ipocrisia. Tanto più nel mezzo di un esecutivo a tinte tutt’altro che liberali. Era un bluff.
di Chiara Zennaro

Attrazione a destra
È stato proprio Berlusconi a non potere e volere mai prescindere, in gran parte per il funzionamento del sistema istituzionale ma anche per chiara scelta politica, dai suoi alleati di estrema destra nelle varie stagioni della sua storia politica dall’inizio degli anni Novanta: dalla Lega ad Alleanza nazionale fino a Fratelli d’Italia. L’ingrediente centrista e liberale è stato sempre residuale, minimale, quasi di colore o utile a infilare lo scudo crociato sulla scheda, dagli Alfano ai Rotondi, da Casini ai Buttiglione fino alle sirene a cui abboccarono i radicali o all'avanspettacolo puro di certi "responsabili".
Il primo governo Berlusconi, 1994-1995, contava per esempio 5 ministri e 12 sottosegretari di Alleanza Nazionale oltre che 5 ministri e 10 sottosegretari della Lega. Molti anni dopo, nel secondo esecutivo, i ministri di An furono a inizio mandato 4 (per salire a 5 al termine del mandato, con 3 viceministri) con 10 sottosegretari, quelli della Lega 3 con 6 sottosegretari. Al terzo tentativo An contò 6 ministri e ben 16 fra vice e sottosegretari, nel quarto, tragico governo della crisi nazionale fra 2008 e 2011 rispettivamente 4 e 8, con altrettanti ministri della Lega. Una di quelle ministre era, non a caso, una 31enne Giorgia Meloni.

Naturalmente non è solo questione di numeri, legati all’assetto e agli equilibri delle maggioranze alle Camere: Berlusconi ha fallito, sempre che ci abbia mai davvero puntato, nel tentativo di creare un partito unico di centrodestra che raccogliesse le diverse anime e i diversi percorsi, anche i più scivolosi e contraddittori come quelli post-fascisti, trasformandoli in qualcosa di digeribile sotto un’unica insegna. I vari poli e le diverse case delle libertà non sono stati altro che cartelli elettorali, contenitori per giunta mai troppo graditi ai leader che si sono succeduti nel tempo e con cui l’ex premier ha condotto, finché ha potuto, un braccio di ferro sulla leadership.


Da “L'Italia è il Paese che amo” fino a TikTok: come Berlusconi ha rivoluzionato la comunicazione
Nel corso della sua carriera imprenditoriale e politica, il Cavaliere ha saputo trasformare il suo pubblico in elettorato grazie a colpi di teatro mai visti prima: dal “contratto con gli italiani” alle barzellette di troppo. Fu il primo a capire le potenzialità di internet per la propaganda, fino al suo recente approdo sulla piattaforma di Bytedance

Nuovi spazi?
Guida poi appassita a causa dei risultati elettorali, del peso stesso di Forza Italia in quell’alleanza, dello scorrere del tempo, delle indagini e della sentenza passata in giudicato sul caso Mediaset nel 2013 e da molti altri fattori. L’assoluta personalizzazione del suo non-partito racconta d’altronde che il primo a non averci mai davvero creduto, anche perché non avrebbe potuto e avrebbe ceduto porzioni troppo ampie di potere e influenze, è stato proprio Berlusconi. A poche ore dalla morte, infatti, alcuni come l’ex viceministro Gianfranco Micciché spiegano che “non ci sarà più Forza Italia. Muore con Silvio. È un fatto scontato".   
    di Kevin Carboni
   
 A quanto ammonta il patrimonio di Silvio Berlusconi
 di Alessandro Patella
L’altro (presunto) sviluppo politico nasce esattamente da questa equivalenza. In molti, specialmente fra i tifosi di terzi e quarti poli, penseranno che ora possa aprirsi uno spazio politico o almeno partitico di un qualche rilievo. Se mai questo avverrà, sarà un processo più lungo di quanto si immagini proprio perché ciò che abbiamo sotto gli occhi è soprattutto un vuoto personale e non politico: i voti di Forza Italia erano preferenze e quasi carnali appartenenze generazionali o d'opportunismo solo ed esclusivamente attribuibili a Berlusconi, soprattutto negli ultimi anni di deludenti percentuali a una sola cifra. Con ogni probabilità finiranno nell’astensione o, per trascinamento, verso i partiti di destra al governo che d’altronde, e per allargare ancora di più la propria platea, puntano proprio a “normalizzarsi”. Chi si illude che dalla scomparsa di Berlusconi possano germogliare terzi poli o simili creature centriste o che finalmente possa fiorire una “cosa” lib-dem libera dal pachidermico conflitto d’interessi dell’ex Cavaliere rimarrà probabilmente deluso: la sua uscita dal campo ci lascia in eredità una generazione di politici di destra-destra che si è fatta le ossa anche nei suoi governi e nelle maggioranze che lo hanno sostenuto e con il suo imprescindibile aiuto. Il massimo del paradosso, per lui che ha sempre fagocitato ogni aspirante delfino.

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