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Autore Discussione: Patrizia Lazzarin LA CINA É GIÀ QUI  (Letto 627 volte)
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« inserito:: Novembre 13, 2022, 09:52:37 pm »

Patrizia Lazzarin
 
LA CINA É GIÀ QUI
La Cina è già qui è l’avviso di un avvenimento non trascurabile che ha l’aria di essere epocale e nella distanza vicino. Giada Messetti, originaria di Gemona del Friuli e sinologa che ha vissuto a lungo in Cina, ha scelto questo titolo per il suo saggio che fa emergere le caratteristiche salienti di questo grande paese. La Cina, infatti, è la quarta nazione in termini di estensione, dopo Russia, Canada, Stati Uniti ed è trentadue volte più grande dell’Italia, con una popolazione che è formata da più di un miliardo e quattrocento milioni di abitanti. Paese isolato nei millenni trascorsi e civiltà antichissima, è esempio di una cultura ricca e raffinata, ma le caratteristiche del suo sistema politico preoccupano la mentalità dell’Occidente assieme alla grande crescita economica. Ci sono dei fatti che meritano di essere conosciuti e che Messetti illustra perché ci permettono di comprendere il “modo di essere e di pensare” di questo grande Stato che ha saputo mutare gli assetti geopolitici. Il suo sistema di scrittura composito è fatto di segni grafici, chiamati logogrammi o sinogrammi.  Ognuno di questi “disegni”, come li nomina l’autrice, esprime un concetto e, il più grande dizionario cinese pubblicato nel 1994, ne contiene 85.568. Per una persona che si appresta ad imparare questa lingua è utile sapere che è necessario conoscerne 3500-4000 per leggere un giornale o un libro, mentre un intellettuale ne ha già appreso oltre 6000.  A partire dal 1911, ossia dalla fine dell’impero, molti intellettuali cinesi incominciarono a chiedersi se le difficoltà del loro sistema linguistico avrebbero permesso al paese di stare al passo dei cambiamenti che trasformavano l’emisfero. Non era forse meglio che anche la Cina optasse per un normale alfabeto? Il governo comunista negli anni ’50 con l’obiettivo di una reale unificazione del paese, dove proliferavano centinaia di dialetti, decise si semplificare riducendo i numeri dei tratti che componevano gli ideogrammi. “Ad esempio” come spiega Giada Messetti, “la parola drago è passata da una costruzione di sedici piccoli tratti a cinque”. Una vera e propria rivoluzione culturale che contiene tuttavia delle significative eccezioni. A Taiwan, Hong Kong, Macao, nelle comunità cinesi all’estero, come in Giappone si sono mantenuti i caratteri tradizionali. Questo cambiamento ha permesso, in primis, di combattere l’analfabetismo che alla fine degli anni Quaranta, nel paese del Dragone, interessava il 90% della popolazione. Den Xiaoping nel 1978 aprì il mercato cinese, ... continua a leggere su www.fabulaviva.it e su www.ilcorriereblog.it

da – FB del 5 ottobre 2022
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