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Autore Discussione: AMEDEO LA MATTINA.  (Letto 119508 volte)
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« Risposta #195 inserito:: Aprile 17, 2018, 08:47:07 pm »

Fontana: sanzioni a Mosca da abolire ci sono costate un miliardo all'anno
Il vicesegretario leghista: “Volker sembra l’inviato di Obama, non di Trump”
Pubblicato il 17/04/2018 - Ultima modifica il 17/04/2018 alle ore 07:27

AMEDEO LA MATTINA
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«Nell’intervista che avete pubblicato sembra che Kurt Volker sia l’inviato in Ucraina di Obama e non di Trump». Lorenzo Fontana, vicepresidente della Camera e vicesegretario della Lega, è uno dei più stretti collaboratori di Matteo Salvini con il quale ha condiviso per molti anni i banchi del Parlamento europeo. È convinto che sulle sanzioni alla Russia stia crescendo la consapevolezza della loro inutilità.

Salvini le cancellerebbe subito una volta al governo. L’Italia però non potrebbe farlo da sola. Sono misure europee, come ricorda Volker. 
«È una decisione da prendere sul tavolo europeo, ma bisogna andarci convinti, determinati. È maturata la convinzione che le sanzioni non abbiano portato a nulla. Hanno però danneggiato le nostre imprese, ci sono costate circa un miliardo di euro all’anno. Queste sono le gravi conseguenze, non quelle che paventa Volker. Dobbiamo semmai chiederci se lo stesso danno economico ha pesato su altri Paesi europei che sono contrari a cancellare le sanzioni alla Russia. L’Italia deve farsi sentire, alzare la voce».

È questo il modo per risolvere il problema? L’Italia non rischia di essere isolata? 
«Alzare la voce non significa fare i gradassi. Si tratta di far capire che l’Italia ha degli interessi da difendere. Ma, scusate, Trump giustamente dice “America first” e noi della Lega diciamo” Prima gli italiani”. Ora non capisco per quale America stia parlando Volker: è ancora quella di Obama? Le sue parole mi sorprendono. Il presidente degli Stati Uniti ha, su molte questioni, le nostre stesse posizioni, dall’immigrazione al nazionalismo identitario: è quello che Volker critica». 

Già, Volker sostiene che la Russia stia cercando di destabilizzare l’Europa, di indebolire l’Occidente, favorendo «movimenti anti immigrazione», gruppi di estrema destra e di estrema sinistra o nazionalisti. Non lo dice, ma sembra inserire nella lista dei cattivi pure la Lega, sospettata di essere finanziata da Mosca. 
«Guardi, io lo so bene come abbiamo fatto la campagna elettorale: quasi senza un euro. Ho pure seguito la campagna americana e ho visto che Trump voleva avvicinarsi alla Russia e oggi è accusato di essere stato aiutato dalla Russia. È la stessa accusa che viene fatta ai movimenti nazionalisti europei. Volker e molti altri dicono che Mosca stia tentando di destabilizzare l’Occidente ma faccio una domanda retorica: non ci sono altre potenze mondiali che cercano di fare la cosa contraria? La Cina e gli stessi Stati Uniti non fanno politiche di destabilizzazione in altri scenari politici del mondo? Non si tratta di essere amici di Trump o di Putin, ma la cosa più sensata è che tra loro ci sia dialogo. L’Italia e l’Europa dovrebbe essere la cerniera tra Usa e Russia».

L’accusa è: la Russia non ha rispettato gli accordi di Minsk. Non pensa che occorra ristabilire la sovranità dell’Ucraina. 
«Bisognerebbe dire bene come stanno le cose. Sappiamo che in Ucraina c’è stato un mezzo colpo di stato in un territorio con forte presenza russa. Se ci fosse un referendum vorrei vedere come andrebbe a finire. È necessario invece un tavolo di concertazione diplomatica per una riappacificazione. Da questo punto di vista la stretta di mano a Pratica di Mare è stato il punto più alto del governo Berlusconi. Poi se vogliamo dirla tutta, in questa vicenda ci sono interessi economici legati al gas russo. Anche noi siamo d’accordo che non deve essere l’unica fonte di approvvigionamento energetico dell’Europa, ma non si può far finta che il contrasto sia solo una questione politica o di diritti umani».

Lei non pensa che uno dei problemi che rende difficile l’ingresso di Salvini a Palazzo Chigi sia proprio la posizione sulla Russia e sulla guerra in Siria? 
«Non credo che questo abbia portato allo stallo di questi giorni. Non so che governo sarà possibile fare ma alcune cose sono chiare. Se siamo partner e alleati in Europa dobbiamo esserlo alla pari. Per troppo tempo abbiamo subito nelle istituzioni europee la sudditanza di Germania e Francia. In Europa le nostre posizioni si stanno diffondendo. I movimenti identitari stanno crescendo e lo vedremo l’anno prossimo alle europee: se riusciremo a formare un’alleanza, saremo se non il primo il secondo gruppo a Strasburgo. È lo stesso filone politico che ha fatto vincere Trump negli Stati Uniti, Salvini in Italia». 

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Da - http://www.lastampa.it/2018/04/17/italia/politica/fontana-sanzioni-a-mosca-da-abolire-ci-sono-costate-un-miliardo-allanno-scdksiDeflmv7AdLp0mmQJ/pagina.html
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« Risposta #196 inserito:: Aprile 19, 2018, 01:46:50 pm »

Il centrodestra si divide alle consultazioni con Casellati, i veti mettono già a rischio l’esplorazione

Pubblicato il 18/04/2018 - Ultima modifica il 18/04/2018 alle ore 18:49

AMEDEO LA MATTINA
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Questa volta il centrodestra si presenta diviso alle consultazioni con Elisabetta Alberti Casellati, incaricata dal capo dello Stato di esplorare se esistono le condizioni per una maggioranza M5S-centrodestra. Giovedì scorso invece Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni si erano presentati al Quirinale con una delegazione unitaria.

Il leader della Lega aveva letto una dichiarazione che riassumeva la posizione comune della coalizione. Oggi invece a Palazzo Giustiani sono andati in ordine sparso, nonostante la presidente del Senato sia l’esponente istituzionale espressione del centrodestra. Tra l’altro la delegazione del Carroccio è composta dai soli capigruppo Giorgetti e Centinaio, mentre Salvini ha dato forfait. Ha detto che aveva un aereo per Catania dove è andato per esprimere la sua solidarietà ai 100 lavoratori dell’ipermercato Auchan che rischiano il posto di lavoro e dormono in azienda da 15 giorni.

L’appuntamento era stato preso da giorni, ma l’assenza di Salvini all’incontro con la Casellati ha sollevato una serie di supposizioni, tra quali quella di essere arrabbiato con il capo dello Stato che ha limitato l’incarico della presidente del Senato a 48 ore. Infatti dovrà riferire già venerdì al presidente della Repubblica. L’altra ipotesi è che inutile ritiene questo giro di consultazioni se il capo dei 5 Stelle continua a impuntarsi a voler fare il premier e mettere veti a Berlusconi. E a proposito dell’ex Cavaliere, che invece è andato al colloquio a Palazzo Giustiani con le capogruppo Gelmini e Bernini, Salvini continua a osservare che dovrebbe smettere di porre veti ai 5 Stelle. Sono i veti contrapposti quelli di Di Maio e Berlusconi, sostiene il leader del Carroccio, che stanno impedendo di dare al Paese un governo.

Berlusconi invece non ci sta ad essere tagliato fuori da ogni tipo gioco politico. E fa presente di non essere disposto a fare un passo di lato per consentire l’accordo Lega-M5S. Andare insieme alle consultazioni della Casellati in fondo avrebbe avuto il significato di replicare la finta unità del centrodestra. Cosa che Di Maio ha avuto con facile gioco a evidenziare. 

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Da - http://www.lastampa.it/2018/04/18/italia/il-centrodestra-si-divide-alle-consultazioni-con-casellati-i-veti-mettono-gi-a-rischio-lesplorazione-CzjSfi8VjPdZ5fNWeSfecO/pagina.html
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« Risposta #197 inserito:: Aprile 27, 2018, 12:26:19 pm »

“Accordo con i 5 Stelle senza Fi”, così Salvini scaricherà Berlusconi
Ma il leader leghista: mi presento alle elezioni con una squadra e vado avanti con quella squadra
Salvini è convinto che il voto del Friuli Venezia Giulia sarà determinante e che registrerà il sorpasso della Lega su Forza Italia
Pubblicato il 27/04/2018 - Ultima modifica il 27/04/2018 alle ore 10:31

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Luigi Di Maio continua a dire che il forno della Lega è chiuso e aspetta, come ha promesso al Capo dello Stato, che la prossima settimana la direzione del Pd si pronunci. Ma cosa farà il leader dei 5 Stelle quando Matteo Salvini annuncerà di essere disponibile a un accordo di governo senza Silvio Berlusconi? L’annuncio verrà fatto subito dopo le elezioni in Friuli Venezia Giulia, quindi tra lunedì o martedì, prima della riunione dei Democratici fissata per il 3 maggio. Nessuno scommette un euro sul via libera di Matteo Renzi: in casa leghista ci si prepara alla svolta e alla rottura con Forza Italia. Il conto alla rovescia è iniziato. «Si apre una fase nuova», spiega Salvini che critica il Presidente della Repubblica per il tempo concesso al «surreale» dialogo M5S-Pd. «Una perdita di tempo per consentire un raccapricciante esecutivo alla faccia del voto degli italiani». 

La svolta di Salvini è maturata negli ultimi giorni quando è stata sempre più chiara l’intenzione di Berlusconi di boicottare ogni possibile intesa con i pentastellati e di lavorare «per un altro, ennesimo inciucio con il Pd». Senza escludere, da parte dell’ex Cavaliere, l’ipotesi del governissimo o di esecutivo del presidente che sarebbe «un altro esperimento dei tecnici sulla pelle degli italiani». Questa è la convinzione del segretario della Lega, che è consapevole di non godere della benevolenza del Capo dello Stato. Sa che mai gli darebbe l’incarico come premier del centrodestra per cercarsi i voti che gli mancano in Parlamento. Ma al Quirinale, dice Salvini, dovranno farsene una ragione se fallirà, come è probabile, il tentativo di scongelare Renzi e tornerà in primo piano la possibilità di costruire una maggioranza M5S-Lega. E questa volta Salvini non aspetterà la disponibilità di Berlusconi nei confronti dei grillini, ai quali farebbe pulire i cessi di Mediaset o paragonati a Hitler. Sono numerose le voci che danno credito a questa possibilità, anche se stamen Salvini esprime un’opinione di senso differente: «Non vedo perché dovrei cambiare idea ogni quarto d’ora: non faccio come Renzi o Di Maio. Mi presento alle elezioni con una squadra e vado avanti con quella squadra». 

Ora voce agli elettori del Friuli Venezia Giulia che, secondo il leader del Carroccio, plebisciteranno con percentuali quasi bulgare il suo ex capogruppo Massimiliano Fedriga. Soprattutto regaleranno alla Lega il sorpasso ai danni di Forza Italia. Sorpasso che Berlusconi teme come la peste. E infatti si è tuffato da giorni nella campagna elettorale delle regionali. Non è un caso che ieri abbia ricordato il «risultato molto basso» di Forza Italia alle politiche del 4 marzo. «Abbiamo un distacco troppo forte dalla Lega. Di questo Salvini potrebbe approfittarsi se rimanesse un distacco così grande per imporci le sue visioni», ha detto l’ex premier, invitando i friulani a votare per gli azzurri alle regionali di domenica. Poi a Trieste è tornato alla sua visione della coalizione a guida moderata, con Forza Italia «unico argine italiano al populismo, interno al centrodestra (leggi la Lega, ndr) e al populismo rappresentato dai 5 Stelle». 

 
Le distanze crescono nel centrodestra. Anche le valutazioni delle mosse del Presidente della Repubblica sono diametralmente opposte. Intanto vengono sondate in maniera informale le basi parlamentari e il responso è univoco. Giancarlo Giorgetti racconta delle conversazioni tra deputati e senatori della Lega e del Movimento 5 Stelle. «Mi dicono che la stragrande maggioranza dei grillini vuole fare il governo con noi. E noi un governo al Paese dobbiamo darlo, non possiamo rimanere senza ancora per settimane». Gli italiani, aggiunge Salvini, sono «ostaggio dei litigi del Pd e delle ambizioni di potere dei 5 stelle». Ma non chiude la porta in faccia nemmeno all’ambizione di potere di Luigi Di Maio. Sì, perché il leader leghista ora è disposto pure a concedere a Di Maio la presidenza del Consiglio in cambio di forti punti programmatici e ministeri pesanti. Circola pure l’idea di una «staffetta» tra Salvini e Di Maio durante la legislatura. Idea già bocciata dal capo grillino quando era ancora aperto il primo forno. Un’altra ipotesi è che Salvini rimanga fuori dal governo e continui a fare quello che finora ha fatto meglio: il leader di partito, pungolando dall’esterno l’esecutivo. 

Matteo ha messo in conto l’ira di Berlusconi e la retromarcia di Di Maio. Il suo annuncio di voler fare un governo con i grillini sarà accompagnato da un appello a seguirlo in un nuovo rassemblement politico. Nella Lega sono convinti che molti azzurri hanno già la valigia in mano.

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Da - http://www.lastampa.it/2018/04/27/italia/accordo-con-i-stelle-senza-fi-cos-salvini-scaricher-berlusconi-bYPeAlerOSmnqUqamwpWtI/pagina.html
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« Risposta #198 inserito:: Giugno 10, 2018, 12:44:31 pm »


Lega e M5S, dopo il contratto di governo quello di desistenza: non oscuriamoci i ministri
Nei dicasteri affidati a un partito, l’altro avrà i sottosegretari: che però non si sovrapporranno al titolare. Sconfinamenti autorizzati solo per i tecnici

Pubblicato il 09/06/2018

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Mai rubarsi la scena, mai invadere le competenze degli altri. E se questo vale per i due leader della maggioranza al governo, a maggior ragione deve valere per i singoli ministri leghisti e pentastellati. Un esempio concreto di questo metodo concordato si è avuto giovedì scorso, quando Matteo Salvini è arrivato all’Assemblea generale della Confcommercio senza dire una parola e ha poi lasciato l’Auditorium di via della Conciliazione muto come un pesce, evitando taccuini e microfoni. Cosa insolita per il capo del Carroccio, che coglie tutte le occasioni per dire la sua. Invece l’altro ieri si è seduto in prima fila ad ascoltare l’intervento di Luigi Di Maio al debutto nella veste di super-ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, ha preso qualche appunto, ha applaudito e poi via.

Anche se una traccia della sua presenza tra gli operatori del commercio alla fine l’ha voluta lasciare sotto forma di tweet: «Qui a Confcommercio, con chi produce e resiste! Commercianti, partite Iva e imprese hanno bisogno di pace fiscale, flat tax, eliminazione di spesometri, redditometri, studi di settore e burocrazia, questo sarà il nostro impegno di governo». Insomma, non poteva passare del tutto sotto silenzio la sua presenza. Del resto, in quella sala c’era l’elettorato che è stato tradizionalmente fedele al centrodestra e ha sempre riservato standing ovation all’amico Silvio Berlusconi. Ora, a rappresentarli al governo è Salvini, anche con la difesa del Made in Italy attraverso il ministero dell’Agricoltura e del Turismo, affidato al leghista Gianmarco Centinaio. Ma gli applausi li ha lasciati a Di Maio, quando è stato l’alleato a parlare.
 
Quanto durerà l’accordo a non rubarsi la scena lo vedremo nel tempo. Intanto al fischio d’inizio gli ambiti d’influenza vanno tenuti ben separati: c’è un patto di desistenza tra i due diarchi del governo giallo-verde, un’intesa a non sovrapporsi, a non farsi ombra, a non esporsi su questioni e vicende che coinvolgono e coinvolgeranno sempre di più i rispettivi ministeri. Non è un caso che Salvini abbia voluto la responsabilità del Viminale per cavalcare il suo cavallo di battaglia, che è sempre stato lo stop all’immigrazione e la sicurezza. E che Di Maio si sia intestato i dicasteri da cui passerà l’elaborazione del reddito di cittadinanza. Ci sarebbe un patto pure su come dovranno funzionare i meccanismi in tutti gli altri ministeri.

I sottosegretari espressione di un partito non avranno competenze tali da disturbare il manovratore, ovvero il ministro dell’altro partito. Gli stessi viceministri avranno deleghe non sovrapponibili al responsabile di quel dicastero. Quasi compartimenti stagni.

 

Sconfinamenti invece sono autorizzati nei ministeri a guida tecnica: all’Economia, agli Affari Esteri, alla Difesa. A via XX Settembre in particolare i collaboratori di Giovanni Tria dovranno essere molto presenti e avere competenze decisive per realizzare la flat tax sulla quale punta molto la Lega. Sarà necessario un viceministro ferrato in materia finanziaria, in grado di indirizzare le mosse del professore. E molti segnali fanno capire che Tria non avrebbe intenzione di ridurre la pressione fiscale facendo ricorso a qualunque mezzo, compreso l’extra gettito. Ma il problema di come saranno capaci di muoversi i ministri tecnici non riguarda solo l’Economia.

In quelle stanze saranno necessari dei guardiani del «contratto» sottoscritto da Salvini e Di Maio. Quel contratto ai quali tutti dovranno attenersi per evitare deragliamenti. Compreso il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che magari, cammin facendo, sentirà la necessità di «emanciparsi» dai due leader della maggioranza, scontentando le basi elettorali della Lega e del Movimento 5 Stelle.

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Da - http://www.lastampa.it/2018/06/09/italia/lega-e-ms-dopo-il-contratto-di-governo-quello-di-desistenza-non-oscuriamoci-i-ministri-LZswDrgFXmLPu7b4im1LAL/pagina.html
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« Risposta #199 inserito:: Luglio 01, 2018, 08:38:31 pm »


Salvini sfida il Ppe: “Trasformo la Lega in una forza europea. Cresceremo ancora”
Oggi il raduno annuale, aumenta la distanza da Forza Italia: «I Popolari hanno governato male fra troika e precariato»

Pubblicato il 01/07/2018

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Sul pratone di Pontida Matteo Salvini aspetta più di 60 mila persone provenienti da tutte le regioni in cui la Lega sta dilagando a macchia d’olio. Un partito totalmente diverso da quello dell’era Bossi, una forza politica che sta giocando la sua scommessa al governo con l’ambizione di tenere unite le diversità territoriali ed economiche in progetto politico nazionale. «Con noi l’Italia è tornata protagonista in Europa. C’è ancora molto lavoro da fare - è il ragionamento del ministro dell’Interno - ma siamo partiti con il piede giusto. Sull’immigrazione abbiamo già cambiato passo, ora ci facciamo rispettare, abbiamo buttato una pietra in uno stagno. Sull’economia abbiamo bisogno di più tempo. Non abbiamo la bacchetta magica. Abbiamo bisogno di lavorare per una legislatura». Il vicepremier dovrà giustificare il rinvio dei suoi cavalli di battaglia elettorale, come la flat tax e la cancellazione della Fornero. La prudenza del ministro dell’Economia Giovanni Tria rischia di produrre tossine nell’esecutivo giallo-verde. Le posizioni «a titolo personale» del presidente della Camera Roberto Fico sulla necessità di non chiudere i porti costringono Luigi Di Maio a correre ai ripari, prendendo le distanze dal compagno di partito. Saranno tante le incognite che aleggeranno oggi a Pontida, ma Salvini potrà far credere che a Bruxelles la sua voce grossa fa paura, saprà sventolare sondaggi che danno la Lega oltre il 31%. Non solo sondaggi: il vicepremier potrà vantare le vittorie elettorali alle regionali, come in Friuli, nelle città rosse come Terni, Pisa, Siena. Ieri sera aggirandosi ha detto che in questo primo mese di governo «la Lega non parla ma fa». Adesso però «arrivano sfide importanti sull’economia, sulle tasse e sul lavoro». È comunque «un’onda destinata a crescere», addirittura con un partito che travalica i confini italiani.

LEGGI ANCHE Salvini dà la priorità ai migranti, la flat tax può attendere il 2020 

Lega internazionale
Salvini guarda alle elezioni europee del 2019 dove si presenterà collegato alle altre liste sovraniste e populiste. Quella che si ripresenta a Pontida, «è una Lega che unisce e che cresce». «Il mio obiettivo è di trasformarci anche in una forza europea, in una forza internazionale, che superi i confini regionali, nazionali e porti libertà, lavoro e sicurezza a tutti i popoli europei». La grandeur salviniana non comprende Forza Italia, perché a livello europeo bisogna scegliere con chi stare. E Silvio Berlusconi ha sempre scelto il Ppe, quel partito che a giudizio di Salvini ha «mal governato questa Europa per decenni, l’Europa del precariato, dei disastri bancari, della troika e dell’immigrazione fuori controllo».

Pontida nazionale di governo
Ci sarà il nuovo sistema di potere leghista. Ministri, sottosegretari, presidenti di commissioni parlamentari, nuovi sindaci e amministratori che parlano dialetti diversi e tutti governatori del centrodestra, non solo quelli della Lega (il ligure Giovanni Toti e il siciliano Nello Musumeci). «È una Pontida - spiega il viceministro ligure Edoardo Rixi - che si apre a tutto il Paese e rappresenta un’Italia che nelle sue diversità è capace di resistere a quelle potenze che non ci amano. Finora siamo stati identificati come un popolo di spreconi e arruffoni. Ora stiamo dimostrando che siamo in grado parlare con la schiena dritta con tutti». Da Bruxelles molte promesse pochi fatti, ancora. Salvini però assicura che arriveranno, anche sul piano delle questioni economiche. Rixi spiega che nessuno ha la bacchetta magica, ma già nella legge di bilancio per 2019 verranno avviati le promesse contenute nel programma: «Finora abbiamo dimostrato di essere determinati nel mantenere le promesse».

LEGGI ANCHE “Il censimento dei rom è pericoloso”: il parlamento spagnolo unito contro Salvini 

Questo è il governo del cambiamento, aggiunge il sottosegretario Armando Siri, «ma deve essere anche del coraggio e non della timidezza». Dare seguito ai progetti economici sarà la prova del nove di questo esperimento giallo-verde. «Sarà molto importante ottenere lo scorporo degli investimenti, per le infrastrutture in particolare, dal rapporto deficit-pil». Per Siri è necessario chiedere all’Europa maggiore flessibilità di spesa, con la stessa forza che si sta affrontando il dossier immigrazione, per realizzare la flat tax. 

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Da - http://www.lastampa.it/2018/07/01/italia/salvini-sfida-il-ppe-trasformo-la-lega-in-una-forza-europea-cresceremo-ancora-CdeaQOcurAoeGqOAMOPrHK/pagina.html
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« Risposta #200 inserito:: Luglio 04, 2018, 06:07:01 pm »

Matteo Salvini
Salvini sfida il Ppe: “Trasformo la Lega in una forza europea. Cresceremo ancora”
Oggi il raduno annuale, aumenta la distanza da Forza Italia: «I Popolari hanno governato male fra troika e precariato»

Pubblicato il 01/07/2018
Amedeo La Mattina
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Sul pratone di Pontida Matteo Salvini aspetta più di 60 mila persone provenienti da tutte le regioni in cui la Lega sta dilagando a macchia d’olio. Un partito totalmente diverso da quello dell’era Bossi, una forza politica che sta giocando la sua scommessa al governo con l’ambizione di tenere unite le diversità territoriali ed economiche in progetto politico nazionale. «Con noi l’Italia è tornata protagonista in Europa. C’è ancora molto lavoro da fare - è il ragionamento del ministro dell’Interno - ma siamo partiti con il piede giusto. Sull’immigrazione abbiamo già cambiato passo, ora ci facciamo rispettare, abbiamo buttato una pietra in uno stagno. Sull’economia abbiamo bisogno di più tempo. Non abbiamo la bacchetta magica. Abbiamo bisogno di lavorare per una legislatura». Il vicepremier dovrà giustificare il rinvio dei suoi cavalli di battaglia elettorale, come la flat tax e la cancellazione della Fornero. La prudenza del ministro dell’Economia Giovanni Tria rischia di produrre tossine nell’esecutivo giallo-verde. Le posizioni «a titolo personale» del presidente della Camera Roberto Fico sulla necessità di non chiudere i porti costringono Luigi Di Maio a correre ai ripari, prendendo le distanze dal compagno di partito. Saranno tante le incognite che aleggeranno oggi a Pontida, ma Salvini potrà far credere che a Bruxelles la sua voce grossa fa paura, saprà sventolare sondaggi che danno la Lega oltre il 31%. Non solo sondaggi: il vicepremier potrà vantare le vittorie elettorali alle regionali, come in Friuli, nelle città rosse come Terni, Pisa, Siena. Ieri sera aggirandosi ha detto che in questo primo mese di governo «la Lega non parla ma fa». Adesso però «arrivano sfide importanti sull’economia, sulle tasse e sul lavoro». È comunque «un’onda destinata a crescere», addirittura con un partito che travalica i confini italiani.

LEGGI ANCHE Salvini dà la priorità ai migranti, la flat tax può attendere il 2020 
 
Lega internazionale
Salvini guarda alle elezioni europee del 2019 dove si presenterà collegato alle altre liste sovraniste e populiste. Quella che si ripresenta a Pontida, «è una Lega che unisce e che cresce». «Il mio obiettivo è di trasformarci anche in una forza europea, in una forza internazionale, che superi i confini regionali, nazionali e porti libertà, lavoro e sicurezza a tutti i popoli europei». La grandeur salviniana non comprende Forza Italia, perché a livello europeo bisogna scegliere con chi stare. E Silvio Berlusconi ha sempre scelto il Ppe, quel partito che a giudizio di Salvini ha «mal governato questa Europa per decenni, l’Europa del precariato, dei disastri bancari, della troika e dell’immigrazione fuori controllo».

 
Pontida nazionale di governo
Ci sarà il nuovo sistema di potere leghista. Ministri, sottosegretari, presidenti di commissioni parlamentari, nuovi sindaci e amministratori che parlano dialetti diversi e tutti governatori del centrodestra, non solo quelli della Lega (il ligure Giovanni Toti e il siciliano Nello Musumeci). «È una Pontida - spiega il viceministro ligure Edoardo Rixi - che si apre a tutto il Paese e rappresenta un’Italia che nelle sue diversità è capace di resistere a quelle potenze che non ci amano. Finora siamo stati identificati come un popolo di spreconi e arruffoni. Ora stiamo dimostrando che siamo in grado parlare con la schiena dritta con tutti». Da Bruxelles molte promesse pochi fatti, ancora. Salvini però assicura che arriveranno, anche sul piano delle questioni economiche. Rixi spiega che nessuno ha la bacchetta magica, ma già nella legge di bilancio per 2019 verranno avviati le promesse contenute nel programma: «Finora abbiamo dimostrato di essere determinati nel mantenere le promesse».

Questo è il governo del cambiamento, aggiunge il sottosegretario Armando Siri, «ma deve essere anche del coraggio e non della timidezza». Dare seguito ai progetti economici sarà la prova del nove di questo esperimento giallo-verde. «Sarà molto importante ottenere lo scorporo degli investimenti, per le infrastrutture in particolare, dal rapporto deficit-pil». Per Siri è necessario chiedere all’Europa maggiore flessibilità di spesa, con la stessa forza che si sta affrontando il dossier immigrazione, per realizzare la flat tax. 

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Da - http://www.lastampa.it/2018/07/01/italia/salvini-sfida-il-ppe-trasformo-la-lega-in-una-forza-europea-cresceremo-ancora-CdeaQOcurAoeGqOAMOPrHK/pagina.html
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« Risposta #201 inserito:: Luglio 10, 2018, 11:11:29 am »

“Così chiuderemo le frontiere esterne”.

Il piano di Salvini per Innsbruck
Il ministro punta a modificare la missione Sophia. Ma il summit decisivo sarà a settembre in Libia

Giovedì il ministro dell’Interno Matteo Salvini sarà a Innsbruck

Pubblicato il 10/07/2018 - Ultima modifica il 10/07/2018 alle ore 07:28

AMEDEO LA MATTINA
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Matteo Salvini vuole arrivare a Innsbruck senza divisioni nel governo, dopo avere assorbito il dissenso del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che aveva rivendicato la competenza sua e della Farnesina, sulla missione europea a guida italiana (Eunavformed-Sophia) presente nel Mediterraneo. Il ministro dell’Interno aveva minacciato di chiudere i porti anche alle navi che operano all’interno di questo tipo di accordo internazionale in seguito all’attracco a Messina di una nave militare irlandese con a bordo 106 naufraghi. Aveva inoltre annunciato che avrebbe chiesto ai suoi colleghi il superamento di Eunavformed al vertice di Innsbruck. Ipotesi rientrata perché è una questione che riguarda il Consiglio europeo. Allora Salvini spiega che il «governo lavora e agisce con una sola voce». Quello che conta è il contrasto del traffico di esseri umani. Alla fine a decidere è lui, insieme al premier Giuseppe Conte e all’alleato 5 Stelle Luigi Di Maio: a Palazzo Chigi il ministro della Difesa - ha sottolineato - non era presente «nemmeno in spirito». 

L’incontro con il presidente del Consiglio e l’altro vicepremier è servito a consolidare una strategia che l’Italia sta giocando su diversi scacchieri. Questa strategia punta a modificare la missione Sophia per evitare che sempre e comunque le navi sbarchino in Italia. Questo è stato deciso a Palazzo Chigi, ma non significa che l’Italia esca dall’accordo che consente al nostro Paese di investigare su tutto ciò che si muove nel Mediterraneo, dal traffico di essere umani a quello del petrolio, di armi fino al terrorismo. Ecco perché Salvini ha confermato le parole pronunciate dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi dopo l’incontro con il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni unite per la Libia, Ghassan Salamè. «Noi - ha spiega Salvini - non ci sfiliamo da niente. Chiediamo soltanto che cambino le regole. Le navi delle missioni internazionali non devono arrivare tutte in Italia». 

Poi c’è l’appuntamento di Innsbruck dove il ministro dell’Interno avrà dei bilaterali con il collega tedesco Horst Seehofer e, su richiesta di Parigi, con quello francese Gerard Collomb. Il problema è che gli «amici» sovranisti che il vicepremier leghista incontrerà singolarmente l’11 luglio e l’indomani in plenaria, soprattutto tedeschi e austriaci, vorrebbero che l’Italia si riprendesse i migranti passati per l’Italia e poi fuggiti negli altri Paesi. Salvini invece vuole prima sapere quante risorse, mezzi e uomini l’Europa metterà per controllare le frontiere esterne. 

La seconda parte della strategia italiana gira attorno alla conferenza che si svolgerà a settembre a Tripoli. Ne hanno parlato pochi giorni fa Salvini e il vicepremier libico Maitig. Negli stessi giorni lo stesso ha fatto a Tripoli il ministro Moavero con il presidente Sarraj. A questa conferenza stanno pensando di invitare la Tunisia, l’Algeria, l’Egitto, il Ciad, il Niger e il Mali. Non è chiaro se verrà invitata la Francia. L’Italia si fa portavoce di un’iniziativa europea per coinvolgere tutti questi Paesi africani nella gestione dell’immigrazione. L’obiettivo è rendere forte il rapporto tra Tripoli e Roma, come ai tempi degli accordi tra Berlusconi e Gheddafi. Con ricadute in termini di investimenti dell’ordine di 250 milioni all’anno che i libici dovrebbero usare per acquistare beni e servizi italiani. 

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Da - http://www.lastampa.it/2018/07/10/italia/cos-chiuderemo-le-frontiere-esterne-il-piano-di-salvini-per-innsbruck-GlYlC4lcM0OX8aerDFIDSL/pagina.html
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« Risposta #202 inserito:: Luglio 12, 2018, 07:40:20 pm »

La nave Diciotti della Guardia costiera trasporta 67 migranti
Dall'Austria Salvini insiste: “Non autorizzo a sbarcare”
Il ministro dell’Interno da Innsbruck chiama il Viminale: «Quanti ne abbiamo beccati?»

Pubblicato il 12/07/2018 - Ultima modifica il 12/07/2018 alle ore 16:04

AMEDEO LA MATTINA
INVIATO A INNSBRUCK

«Io non voglio farmi prendere in giro. Finché non c’è chiarezza su quanto accaduto io non autorizzo nessuno a scendere dalla Diciotti: se qualcuno lo fa al mio posto se ne assumerà la responsabilità». Tiene la linea dura ministro Matteo Salvini sui migranti che secondo le ricostruzioni avrebbero minacciato l’equipaggio del rimorchiatore Vos Thalassa che domenica, dopo averli soccorsi in mare, era pronto a consegnare 67 persone alle motovedette libiche. Alla fine sono stati trasferiti sulla nave della Guardia costiera Diciotti che li ha condotti al porto di Trapani: «O hanno mentito gli armatori denunciando aggressioni che non ci sono state e allora devono pagare o l’aggressione c’è stata e allora i responsabili devono andare in galera».

Il ministro dell’Interno ha liquidato il problema della necessità di un provvedimento della procura: «Basta una telefonata alla magistratura di Trapani» 

RETROSCENA Un patto Roma-Berlino per premere su Macron: “Riceva più migranti” 

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini questa mattina ha chiamato il Viminale per informarsi sull’individuazione dei migranti a bordo della nave Diciotti. «Quanti ne hanno beccati?», ha chiesto stamane alle 8,30 al suo interlocutore del Viminale mentre a piedi dall’hotel dove ha incontrato i suoi colleghi tedesco e austriaco si stava recando al centro congressi per la plenaria dei ministri europei dell’Interno. Poi ha aggiunto: «Guarda che io insisterò sul fatto che questi devono scendere dalla nave in manette». E gli è stato spiegato che ne sono stati individuati già due e altri quattro sono in fase di identificazione. 

Sembra che il suo interlocutore gli abbia fatto notare che per arrestarli è necessario un provvedimento della magistratura e Salvini ha liquidato così il problema: «Basta una telefonata alla magistratura di Trapani delle forze dell’ordine che hanno identificato i violenti e i dirottatori».

Dopo l’incontro con l’omologo tedesco Horst Seehofer e l’austriaco Hebert Kickl, il ministro è molto soddisfatto. Dice che finalmente le idee italiane stanno diventando quelle europee, quantomeno di molti Paesi europei. «Ora bisogna capire cosa vuole fare la Francia», osserva. Poi sorride quando parla dell’asse Italia-Germania-Austria. Ma è stato lo stesso padrone di casa austriaco a parlarne in questi termini. Anzi, Kickl ha usato un’espressione ancora diversa parlando di «cooperazione dei volenterosi che diventa di quelli che fanno». Di quelli, ha aggiunto Seehofer, che sono d’accordo nell’introdurre «un nuovo ordine nelle politiche sull’immigrazione». Proteggere le frontiere esterne, innanzitutto. «Con Salvini - ha detto Seehofer - siamo d’accordo che i piccoli problemi tra singoli Stati europei, cioè i movimenti di migranti che passano da un Paese all’altro, possono essere risolti se risolviamo il problema più grande dell’immigrazione esterna».

Salvini ha aggiunto di sperare che Italia, Germania e Austria siano «il nucleo di impulso europeo per dare ospitalità a chi scappa dalle guerre ma che riporti indietro chi dalla guerra invece non scappa».

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Da - http://www.lastampa.it/2018/07/12/italia/dallaustria-salvini-insiste-quei-migranti-devono-scendere-in-manette-coCGFL0QULi6vfBIFvLMLO/pagina.html
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« Risposta #203 inserito:: Luglio 29, 2018, 08:38:34 pm »

Foa non ha i voti, Viale Mazzini in bilico.
Salvini avverte Fi: alleanza al capolinea
Rottura a un passo nel centrodestra.
Appello del Pd agli azzurri: blocchiamo la nomina in vigilanza

Pubblicato il 29/07/2018

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

La nomina di Marcello Foa nel cda Rai e la sua indicazione per la presidenza di viale Mazzini sta assumendo la portata di un pesante scontro politico, non solo tra tutta l’opposizione e la maggioranza giallo-verde. A spezzarsi potrebbero essere gli ultimi residui legami tra Lega e Forza Italia. Silvio Berlusconi è furioso con Matteo Salvini per la scelta di un ruolo apicale, che dovrebbe essere di garanzia, senza essere stato consultato: nessuna telefonata diretta, nemmeno una consultazione con gli esponenti azzurri in commissione Vigilanza Rai. Non ci sono stati ambasciatori al lavoro e infine una scelta, quella leghista, di un personaggio così caratterizzato politicamente e culturalmente, lontano da tempo dal mondo berlusconiano. 

Ma anche Salvini è irritato con il Cavaliere per il fuoco incrociato dei suoi ormai ex alleati del centrodestra. Compresi i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Le stesse parole di Berlusconi nell’intervista che pubblichiamo oggi sono un messaggio che non lascia molto spazio alle interpretazioni: molto difficilmente in commissione Vigilanza gli azzurri voteranno Foa per la presidenza. 

La reazione di Salvini che filtra da ambienti della Lega è durissima e attribuisce a Berlusconi un ipotetico e clamoroso cambio di passo politico. Il ministro dell’Interno sostiene di aver scelto le persone migliori, indipendenti e brave. Conferma di non aver fatto questa scelta senza avere sentito Berlusconi. Poi avverte che, se Forza Italia decidesse di votare contro Foa, quindi insieme al Pd, sarebbe chiaro che la prossima alleanza Forza Italia la farà con il Pd. Una deduzione ardita, un avvertimento dai mille risvolti. Cosa intende Salvini per prossima alleanza? Quella per le regionali d’autunno e della primavera 2019? Oppure è un avvertimento generale che vale per il futuro del centrodestra? 

Il vicepremier leghista in queste settimane ha accumulato una buona dose di rabbia nei confronti degli ex alleati. Non ha digerito gli attacchi al governo a prescindere dal merito, l’accusa alla Lega di far passare provvedimenti che le danneggiamo le imprese come il decreto Dignità, di soffiare sul fuoco delle polemiche che arrivano dalle organizzazioni confindustriali territoriali, a cominciare da quelle venete. Fi infatti ha organizzato cento manifestazioni in giro per l’Italia proprio sui «disastri» del governo giallo-verde, iniziando proprio dal Veneto: domani, a Mestre, Antonio Tajani terrà una conferenza stampa per illustrare l’azione parlamentare contro il decreto Dignità. 

In Parlamento in diverse occasione i berlusconiani si trovano a votare insieme al Pd. Sembra questa la prospettiva che si sta preparando in commissione Vigilanza: un’asse contro l’elezione di Foa alla presidenza della Rai. L’appello del segretario dem Maurizio Martina va in questa direzione: «Tutte le opposizioni devono reagire a questa forzatura». Se effettivamente si dovesse saldare tutta l’opposizione, Foa non avrebbe alcuna possibilità di farcela, come conferma Giorgio Mulè, tra i forzisti che siedono in commissione dove mercoledì si voterà. Foa deve ottenere la maggioranza di due terzi dei componenti della Vigilanza ovvero 27 su 40 voti. M5S e Lega ne hanno solo 21: sono necessari quindi i 7 voti di Fi. Nella Lega pensano che Fi voglia trattare altre nomine, dentro e fuori la Rai: alzare la posta per ottenere ruoli strategici a viale Mazzini ora che arriverà l’infornata di nuovi direttori e vicedirettori di rete e delle testate giornalistiche. 

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Da - http://www.lastampa.it/2018/07/29/italia/foa-non-ha-i-voti-viale-mazzini-in-bilico-salvini-avverte-fi-alleanza-al-capolinea-bqIUffrgFT9YC7dHZ2DFHI/pagina.html
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« Risposta #204 inserito:: Ottobre 10, 2018, 12:25:47 pm »

Salvini-Le Pen e il Fronte delle libertà: “Saremo le bestie nere dei partiti storici”
La leader della destra francese a Roma con il ministro dell’Interno.
L’obiettivo è allargare il gruppo sovranista e rivedere gli equilibri a Bruxelles
ANSA
Matteo Salvini e Marine Le Pen si sono incontrati ieri a Roma nella sede del sindacato Ugl. Poi i due sono andati a pranzo in un ristorante del centro
Pubblicato il 09/10/2018

AMEDEO LA MATTINA
ROMA
Matteo Salvini tesse la tela del network sovranista, puntando ad allargare il perimetro che oggi nel Parlamento europeo è rappresentato dal gruppo «Europa delle Nazioni e della Libertà». In prima fila a lavorare a questo progetto è Lorenzo Fontana, per nove anni europarlamentare e oggi ministro per la Famiglia: anche ieri ha avuto numerosi incontri a Bruxelles. Il gruppo di cui fa parte la Lega è stato annunciato nel giugno 2015 da Marine Le Pen, l’ispiratrice ante marcia che adesso è pronta ad aprire le porte ai nuovi movimenti identitari cresciuti in maniera esponenziale in questi anni. Di questo in particolare hanno parlato Salvini e la leader del Rassemblement National francese: ampliare i confini della forza d’urto populista per centrare l’obiettivo di una grande affermazione elettorale alle elezioni europee di maggio 2019. I due sono stati protagonisti nella mattina di un incontro organizzato dal segretario dell’Ugl Paolo Capone nelle sede nazionale di via delle Botteghe Oscure. Ma per discutere di come muoversi in Europa sono andati a pranzo insieme a Casa Bleve, un elegante ristorante vicino al Senato. 

Entrambi vogliono spalancare le porte al premier ungherese Viktor Orban, ma gli occhi sono puntati sugli scandinavi, soprattutto su Jimmie Akesson, il leader dei Democratici Svedesi fresco di un successo elettorale che ha mandato in tilt l’esperienza, lunga cento anni, del governo socialdemocratico. Sul giovane e fotogenico Akesson è rivolta l’attenzione per la ricerca del candidato comune alla presidenza della futura Commissione Ue che sarà il frutto del voto del 2019. «Sarà la bestia nera dei partiti storici, del Ppe e dei Socialisti», ha spiegato Salvini al termine del pranzo. 

L’agenda sociale 
Non è stato fatto nessun nome. Non potrà essere la stessa Le Pen, secondo i leghisti, perché troppo divisiva. Ad oggi non è nemmeno Salvini, che vuole rimanere in Italia per portare a termine l’esperienza del governo giallo-verde. Tuttavia non è detta l’ultima parola. I giochi sono tutti ancora da fare per l’individuazione del cosiddetto Spitzenkandidat da contrapporre a quello dei Popolari e dei Socialisti. Potrebbe accadere che a chiedere a Salvini di mettersi in gioco saranno tutti gli attori di quella che lui stesso ha chiamato «fronte della libertà», «un progetto comune per i prossimi 30 anni e anche candidati comuni in ruoli delicati». Al vertice della Commissione Ue, appunto. Un fronte che secondo il leader leghista addirittura dovrebbe raccoglie l’eredità della sinistra sui temi sociali visto che «nelle sedi del Pd e dei socialisti europei si vedono solo banchieri e non più operai». 

Le Pen ha spiegato che non ci sarà però una lista unica. «Siamo dei paladini delle Nazioni, ma poi lavoreremo per creare un parlamento dell’Ue in cui esista l’alternanza. Non possiamo pensare che Ppe e Pse impongano loro i rappresentanti. Una alternanza nel rispetto delle identità della nazioni», ha precisato la francese che non ha avuto parole di simpatia nei confronti di Steve Bannon. L’ex consigliere di Trump ha creato una fondazione per aiutare l’esplosione in Europa della «rivoluzione sovranista e populista». A questa fondazione «The Moviment» hanno aderito sia Salvini che Giorgia Meloni. Madame Le Pen ha però messo le mani avanti, esprimendo tutto la sua cultura francese: «Cerchiamo di essere chiari, Steve Bannon non è un cittadino europeo, ma americano, ha suggerito un fondazione, per fare analisi, tutto questo va benissimo, ma sia chiaro che la forza politica che uscirà da maggio siamo noi. Siamo noi che siamo estremamente attaccati alla nostra libertà e sovranismo, che mira veramente a salvare l’Europa. Noi siamo gli unici che possiamo farlo, non gli euroburocrati al servizio del mondialismo selvaggio. Vogliamo restituire il potere al popolo». 

Le battute su Saviano 
Con la Le Pen a fianco Salvini fa venire l’orticaria a Emmanuel Macron al quale ha scagliato una frecciata velenosa a proposito dell’incontro all’Eliseo tra il presidente francese e Roberto Saviano. «Che tristezza... Chi si somiglia, si piglia. Spero non abbiano fatto un selfie svestiti come usa fare Macron...». 

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Da - http://www.lastampa.it/2018/10/09/esteri/salvinile-pen-e-il-fronte-delle-libert-saremo-le-bestie-nere-dei-partiti-storici-Yo1e3jL7pakouIQz4JxM6H/pagina.html
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« Risposta #205 inserito:: Novembre 18, 2018, 11:14:29 pm »

Il piano Sud di Salvini: sfondare il muro del 20%e governare senza alleati

La prima tappa sono le elezioni regionali in Sardegna a febbraio. E alle europee di maggio i leghisti si aspettano il grande boom

Pubblicato il 17/11/2018

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Ottenere il 51 per cento dei voti è stato sempre il sogno proibito di Silvio Berlusconi. Lo diceva sempre anche quando Forza Italia veleggiava ben oltre il 30 per cento nei momenti difficili dell’alleanza con Gianfranco Fini e Umberto Bossi. Oggi il Cavaliere è in disarmo, cannibalizzato da Matteo Salvini che accarezza (pure lui) quel sogno di non dovere fare i conti con nessuno. Libero di governare senza il vecchio centrodestra, che ha ormai riposto nell'armadio dei nonni, e senza i 5 Stelle con i quali sta verificando giorno dopo giorno le incompatibilità. Ma ha bisogno di tempo, di alcuni anni, per far crescere in maniera esponenziale (fino a conquistare una maggioranza autonoma) la sua Lega nazionale e nazionalista nata nelle urne del 4 marzo, sui social, su Facebook a sua immagine e somiglianza al punto da potersi permettere di prescindere dall’originaria Lega Nord, da «rito ambrosiano» di cui parla Roberto Maroni nel suo libro.

Prescindere perfino da quei ceti produttivi del Nord, artigiani, piccole e medie imprese, che tra Lombardia e Veneto sono la spina dorsale dell’elettorato leghista che critica il reddito di cittadinanza e tutto ciò che viene sacrificato sull’altare dell’intesa giallo-verde. Ma Salvini «tira dritto» perchè anche al nord una cosa sono le centinaia di imprenditori, altra i milioni di elettori che continuano a votare la «Nuova Lega». Con la promessa che in un futuro luminoso il sogno si avveri, quello di un esecutivo con le mani libere, sicuritario, nazionalista e protezionista, vera flat tax modello Trump e Orban. Ma il vicepremier leghista deve aggiungere alle cifre attorno e oltre il 40 per cento del nord i voti delle prossime conquiste in Toscana e in Emilia Romagna. E soprattutto sfondare giù a Roma e nel Sud. «Mi fanno leggere dei sondaggi - dice Salvini agitando in aria il cellulare - che nel Meridione ci danno tra il 20 e il 22 per cento, ma io non ci voglio credere, non mi illudo».

Non ci crede ma ci spera, cominciando a vincere alle Regionali in Sardegna che a febbraio apriranno le grandi danze elettorali del 2019 che culmineranno alle europee dove si aspetta il grande boom. Il candidato sardo è il senatore Christian Solinas, segretario del Partito sardo d’Azione che ha stretto un patto con la Lega già alle politiche. Conquistare la Sardegna è il primo passo per vincere nella circoscrizione Isole alle europee. Essendo l’altra isola la Sicilia, il granaio di voti dei 5 Stelle che alle politiche hanno vinto in tutti i collegi. Uno strike che difficilmente si ripeterà. In Trinacria si avvertono molti smottamenti verso Salvini che lì ha mandato un suo fedelissimo, il sottosegretario all’Interno Stefano Candiani. Il quale il mese scorso a Palermo ha avvisato il sindaco Leoluca Orlando: «La città merita di più, non ha una prospettiva e noi siamo qui per dargliela».

Oltre lo stretto, in Calabria Salvini ha messo in mano il partito al trentacinquenne Domenico Furgiuele, che a quattordici anni è entrato in una sezione di An, e ora è uno dei due parlamentari leghisti: l’altro è proprio Matteo Salvini, eletto al Senato a Rosarno, il paese in provincia di Reggio Calabria intossicato dalle ’ndrine. Qui il 4 marzo, la Lega ha raccolto il 13 per cento, cinque anni fa l’asticella si era fermata allo 0,25. «Non continuiamo però con questa stucchevole storia dei voti mafiosi - dice Furgiuele - perchè significa non comprendere cosa si aspetta la gente comune da un leader come Salvini. Vorrei ricordare che in Calabria su 30 collegi 18 sono stati vinti dai 5 Stelle. Ma io non direi mai che M5S ha vinto grazie ai voti delle cosche». Una particolare cura il leader leghista la sta dedicando, anche come ministro dell’Interno, alla Campania dove il Carroccio di nuovo conio attrae astenuti e pezzi interi del vecchio centrodestra, anche elettori che votavano potenti come Nicola Cosentino.

Il coordinatore regionale è Gianluca Cantalamessa, eletto alla Camera, orgoglioso dei 4 mila iscritti, delle 50 sedi, dei 200 amministratori locali, 6 sindaci. All’ombra del Vesuvio, che una volta i leghisti del nord sollecitavano a eruttare e sommergere con la lava i napoletani (sembra un’era geologica fa), è stata eletta Pina Castiello, sottosegretario per il Sud che sembra abbia ispirato Salvini sui termovalorizzatori che tanto hanno fatto arrabbiare i 5 Stelle.

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Da - https://www.lastampa.it/2018/11/17/italia/il-piano-sud-di-salvini-sfondare-il-muro-del-e-governare-senza-alleati-3Nnl5eakl8VgmXsaujCXCO/pagina.html
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« Risposta #206 inserito:: Novembre 21, 2019, 11:17:19 am »

Bersani: “Non si capisce chi comanda nei Cinque Stelle. Grillo fatti sentire”
L’ex segretario dem: «Avanti a oltranza con il governo. Un matto chi vuol farlo cadere»

Amedeo La Mattina
16 NOVEMBRE 2019
Roma. «Chi pensa solo per un secondo di far cadere il governo è un matto. Io sono per tenerlo in piedi ad oltranza. Nessuno sano di mente può essere rassegnato di fronte a una destra che vuole un’Italia più povera e autoritaria». Pierluigi Bersani si aggira per l’Hotel Radisson tra saluti e strette di mano, mentre in sala i “compagni” di Articolo Uno si pongono cento domande e provano a dare una risposta al significato di questa esperienza di governo con il loro leader, Roberto Speranza, a capo del ministero della Salute. Un dicastero che lo stesso Speranza definisce «il più sociale» di tutti, perché da lì passano competenze che entrano nella vita concreta delle famiglie.

Bersani è atteso al microfono. Una “compagna” gli dice che finalmente è possibile sentirlo dal vivo, qui all’assemblea nazionale di Articolo Uno, «e non solo in televisione». L’ex segretario del Pd dice che «la sinistra è a un bivio della storia», che ascoltare la piazza delle sardine a Bologna è molto più di una questione organizzativa, di una rifondazione, di «una prospettiva futura di un nuovo partito» che rimette insieme quello che «le politiche neoliberiste e suicide» di Renzi hanno diviso.

Certe volte sembra che il problema sia Matteo Renzi più che Matteo Salvini. Renzi non è comunque nel vostro campo contro la Lega e la destra? Bersani arriccia il naso e si fa una risata. «Per me Renzi con la sinistra non c’entra proprio nulla. Quello per me sta dall’altra parte. Chiaro? Ad essere più pericoloso è Salvini: da una parte abbiamo una destra forte e aggressiva, dall’altra un’armata Brancaleone. Ecco perché diventa vitale rifondare la sinistra, con una federazione o in qualunque altro modo, ma avendo la consapevolezza del rischio che corre l’Italia se dovesse prevalere una politica nazionalista e identitaria.  L’Italia da sempre importa dall’estero materie prime che non ha e le trasforma in prodotti da vendere all’estero. Se dovesse prevalere la politica dei dazi e della chiusura sovranista a pagarne le conseguenze saranno i lavoratori italiani e tutta l’economia italiana. Questo è un discorso che riguarda anche i 5 stelle, anche loro dovrebbero darsi una mossa».

Per la verità non si capisce chi comandi dentro M5S. «Esatto, non si capisce, loro dovrebbero dotarsi di un modo nuovo di prendere le decisioni, abbandonando modalità clandestine e subliminali. Caro Grillo, ci puoi pensare solo tu. Parla, fatti sentire». Non pensa che questo governo che si fonda sulla paura di Salvini non abbia vita lunga? «E infatti bisogna crederci, fare le cose giuste e molte abbiamo cominciato a farle. Roberto (Speranza ndr) sta lavorando benissimo sulla sanità, noi siamo gli unici che non rompiamo i coglioni, ma bisogna crederci. Invece vedo in giro rassegnazione, si aspettano gli errori di Salvini, si gioca in difesa. L’altro giorno ho letto in prima pagina su un quotidiano “La piazza che resiste”, ma resiste a cosa? Mica Salvini ha già vinto».

L’Emilia Romagna non può che essere in cima ai pensieri di Bersani. Dice che la situazione è in bilico, ma la strategia della Lega a suo avviso alla fine non pagherà. Non pagherà in quella Regione, come potrebbe accadere in altre, per il ciclone Salvini e la sua sovraesposizione che mette in ombra la candidata Lucia Borgonzoni. «Dobbiamo far emergere l’idea di Emilia-Romagna, quella che è stata, quella che ancora oggi è e sarà in termini di servizi, solidarietà, tolleranza. Certo, se avessimo difeso l’operaio dai licenziamenti, credo che oggi avrebbe meno problemi con i migranti, sarebbe più sereno. E invece che ha fatto il governo del Pd? Ha messo il Jobs act. Un capolavoro. Anche Bonaccini, che ora fa la battaglia contro le tasse sulla plastica, se avesse detto qualcosa contro il Jobs Act e certe politiche neoliberiste sarebbe stato utile anche a lui, oggi. Detto questo, noi ci batteremo pancia a terra per vincere».

Per rimanere nella sua Regione: crede che Salvini stia sbagliando campagna elettorale? Bersani si accalora. «Ma secondo voi deve venire Zaia dal Veneto o Fontana dalla Lombardia per insegnare agli emiliani romagnoli come si amministrano la sanità, i servizi pubblici, o come si aiutano le aziende a crescere e fare sistema? Siamo stati noi a importare in Italia gli asili nido dalla Svezia. Ma per favore, siamo seri. Se fosse vivo Guazzaloca (l’ex sindaco di Bologna voluto dal centrodestra) avrebbe mandato a sbattere Salvini, Zaia e Fontana in dialetto bolognese, quello verace».

Bersani ha ancora un briciolo di ottimismo a condizione che tutti si diano   «una mossa» e non pensino di rigenerare la sinistra all’ombra di «una destra illiberale, non fascista, che è capace di durare e mettersi il doppio petto». «È la stessa destra che mi rincorreva per strada quando da ministro dell’Industria ho introdotto la portabilità dei mutui».

Da - https://www.ilsecoloxix.it/
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« Risposta #207 inserito:: Novembre 21, 2019, 11:19:39 am »

Salvini mette all'angolo Di Maio: non puoi stare con il dittatore rosso

Scontro nel vertice a Palazzo Chigi.
Per il leghista troppo morbida anche la posizione Ue
Pubblicato il 28/01/2019

AMEDEO LA MATTINA
ROMA
«Problemi loro, non del governo». Matteo Salvini sta prendendo le misure di Alessandro Di Battista, il front man dei 5 Stelle tornato dalle Americhe come Garibaldi per aiutare Luigi Di Maio, «amico fraterno», nella remuntada alle europee di maggio. Ma il leader leghista ha avvertito il vicepremier grillino, che fintantoché i problemi sono tutti interni al M5S, legati a dinamiche per ruoli e sensibilità diverse come quelle che esprime anche il presidente della Camera Roberto Fico, allora si va avanti. Attenzione a non farli diventare questioni di governo perché se si spezzasse il filo tra i due vicepremier ci sarebbe il cortocircuito e la fine dell’esperienza giallo verde. La stessa vicenda del Venezuela non può essere affrontata con le parole “terzomondiste” del Guevara grillino. Già la posizione presa dall’Unione europea a Salvini sembra troppo morbida e quella del premier Giuseppe Conte titubante, «poco coraggiosa».

Quattro giorni fa, quando i fatti di Caracas cominciavano ad impegnare l’agenda internazionale, c’è stato un vertice a Palazzo Chigi al quale hanno partecipato Conte e i suoi due vice. È stato Salvini a chiedere di prendere subito una posizione chiara e diretta contro Maduro, il «dittatore rosso», schierandosi con Washington. «Luigi, con chi stai?», ha chiesto a Di Maio, ben sapendo che dentro i 5 Stelle non mancano, anche su questo terreno, i problemi. «Ma a me delle loro fibrillazioni non interessa nulla: a me interessa continuare ad avere un buon rapporto con Di Maio», ripete sempre il capo del Carroccio ai colonnelli del suo partito. In quel vertice si è parlato di tante altre cose, della Tav ad esempio, ed è stata l’occasione in cui il leghista ha anticipato che avrebbe fatto dichiarazioni a favore della realizzazione della Lione-Torino, fregandosene delle analisi costi-benefici del ministro Toninelli. Per inciso: in quelle analisi tra i costi si parla di 8 miliardi di Iva, cosa che i leghisti definiscono fuori dal mondo. Ma tornando al Venezuela, e alla domanda «Luigi, con chi stai?», il sottinteso era: stai con Di Battista e il «dittatore rosso» di Caracas.

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La risposta del ministro del Lavoro è stata un né, né. Insomma non sapeva che pesci prendere. Per certi versi, ha detto Di Maio, Alessandro non ha torto quando dice che in Venezuela c’è il rischio di una guerra civile perché una parte dei venezuelani tifa per Maduro. E che quindi bisogna essere cauti nel lanciare ultimatum e dare l’impressione di stare dalla parte di Guaidó. Ma alla fine il governo si è trovato di fronte all’ultimatum di Bruxelles, sulla scia di Francia, Germania e Spagna, ed è rimasto un passetto indietro, un po’ defilato. Una soluzione che a Salvini non è piaciuta. L’importante è che non passi la logica di Di Battista. E ancora più importante per lui è che si sappia qual è la sua posizione. Questa volta non dalla parte della Russia di Putin, ma schierato con l’America di Donald Trump che spera di incontrare a fine mese a Washington.

L’occasione sarà il Cpac, il Conservative Political Action Conference, la conferenza annuale dei conservatori americani alla quale parteciperà il capo della Casa Bianca. Salvini ha già ricevuto l’invito attraverso Rudolph Giuliani, stretto collaboratore del presidente americano, dopo un incontro con il sottosegretario italiano agli Esteri Guglielmo Picchi. Al forum dei conservatori, che si svolgerà tra il 27 febbraio e il 2 marzo, è previsto l’intervento del leader della Lega: nei piani del Carroccio sarà già la consacrazione di Salvini in quel mondo, in ambienti politici statunitensi che contano davvero. Ma una stretta di mano e una photo opportunity con Trump sarebbe una chance mediatica eccezionale. I collaboratori del vicepremier ci stanno lavorando con gli amici americani. Intanto sul Venezuela e non solo non ci sono dubbi da che parte stare mentre i 5 Stelle sono sempre in bilico tra logiche di lotta e di governo.

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Da - https://www.lastampa.it/2019/01/28/italia/salvini-mette-allangolo-di-maio-non-puoi-stare-con-il-dittatore-rosso-l
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