Newman 28- Quel che il Papa ha detto ai ciellini
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22-10-2022
Quel che il Papa ha detto ai cielliniSabato 15 ottobre, il Papa ha dato udienza a Comunione e liberazione. Era la seconda volta dopo l’incontro del marzo 2015, quando Francesco invitò il popolo ciellino a non “adorare le ceneri”. Non fu tenero, allora, il Pontefice. Metteva in fila, l’una dopo l’altra, tutte le cose che a suo giudizio non andavano bene, arrivando a dire che “il carisma non si conserva in una bottiglia di acqua distillata! Fedeltà al carisma non vuol dire ‘pietrificarlo’. Fedeltà al carisma non vuol dire scriverlo su una pergamena e metterlo in un quadro. Il riferimento all’eredità che vi ha lasciato Don Giussani non può ridursi a un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta. Comporta certamente fedeltà alla tradizione, ma fedeltà alla tradizione (…) Don Giussani non vi perdonerebbe mai che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri. Tenete vivo il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi!”.
Stavolta, lo spartito è stato diverso. Il discorso di Francesco si può dividere in due parti: la seconda, più lunga e profonda, è stata dedicata al fondatore, don Luigi Giussani, definito “vero apostolo”. Non ci sono dubbi sull’apprezzamento di Jorge Mario Bergoglio verso Giussani. Il Papa ne ha tratteggiato il profilo del suo essere “uomo carismatico” ed “educatore”; quindi, ha sottolineato il suo “amore alla Chiesa”. Giussani che “ha insegnato ad avere rispetto e amore filiale per la Chiesa e, con grande equilibrio, ha saputo tenere insieme il carisma e l’autorità, che sono complementari, entrambi necessari”. Di più: Francesco ha sottolineato gli aspetti qualificanti di Giussani usando il suo vocabolario, le terminologie proprie del fondatore di Cl.
Questione di carisma
Il Papa ha però sottolineato che “è importante ricordare che non è il carisma a dover cambiare: esso va sempre nuovamente accolto e fatto fruttificare nell’oggi. I carismi crescono come crescono le verità del dogma, della morale: crescono in pienezza. Sono i modi di viverlo che possono costituire un ostacolo o addirittura un tradimento al fine per il quale il carisma è stato suscitato dallo Spirito Santo. Riconoscere e correggere le modalità fuorvianti, laddove necessario, non è possibile se non con atteggiamento umile e sotto la guida sapiente della Chiesa. E questo atteggiamento di umiltà lo riassumerei con due verbi: ricordare, ossia riportare al cuore, ricordare l’incontro con il Mistero che ci ha condotti sin qui; e generare, guardando avanti con fiducia, ascoltando i gemiti che lo Spirito oggi nuovamente esprime”.
La prima parte: "L'impoverimento della presenza"
La prima parte, invece, ha ripreso toni e modi dell’incontro del 2015. La fotografia dello stato del movimento fatta dal Papa è tutt’altro che esaltante. Sì, “non perde la capacità di radunare e mobilitare”, ma le questioni aperte ci sono e non sono trascurabili. Da un biennio Cl è in transizione dopo il quindicennio a guida Carron, che si è dimesso lo scorso novembre. Francesco ha parlato di “seri problemi, divisioni e certo anche un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante” “da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più”. Crisi è la parola che il Pontefice ha usato, pur nella sua accezione positiva, in quanto “la crisi fa crescere”. Che la divisione ci sia fra chi non ha accettato i provvedimenti del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita che hanno portato al ricambio ai vertici (con dura reprimenda del cardinale Kevin Farrell a chi, dall’interno del movimento, critica le decisioni vaticane) e chi sostiene il nuovo corso, non è un mistero.
Era sufficiente contare gli applausi in piazza a ogni riferimento papale. Non a caso, Bergoglio ha detto che “sicuramente don Giussani sta pregando per l’unità in tutte le sue articolazioni del vostro movimento”. Su un punto, che poi è il nocciolo della questione, Francesco è stato chiaro: eccettuato il fondatore, non esistono padri eterni all’interno di un movimento ecclesiale. E questo perché “in un movimento tutti gli aderenti sono chiamati a vivere personalmente e condividere corresponsabilmente il carisma ricevuto. Tutti lo vivono originalmente e anche in comunità”. Unità con chi? “Con quanti guidano il movimento, unità con i pastori, unità nel seguire con attenzione le indicazioni del Dicastero, unità con il Papa”. Quindi, l’invito: “Non sprecate il vostro tempo prezioso in chiacchiere, diffidenze e contrapposizioni”.
"Uniti al Papa, alla Chiesa, a chi guida il movimento"
In sintesi, come valutare il discorso del Pontefice? Francesco non si trincera dietro la diplomazia, non nasconde sotto al tappeto i problemi (che ci sono), né indora la pillola al popolo (60 mila persone) lì convenuto. Ma indica una strada, chiara: tornare con umiltà agli insegnamenti del fondatore, alla strada da lui intrapresa. Ricordando che il carisma non è di uno soltanto, ma tutti sono chiamati a condividerlo. E ha richiamato a restare uniti: al Papa, alla Chiesa, a chi guida il movimento.
E’ vero che il Papa ha una visione dei movimenti ecclesiali diversa da quella di Giovanni Paolo II, per il quale erano strumenti quasi “militari” di evangelizzazione. Ma l’intervento di Bergoglio è stato propositivo, a patto che si vada oltre la prima parte di pura fotografia della situazione attuale.
Kasper e il Sinodo tedesco: "Alcune proposte sono letali"
Tra i più preoccupati dalla piega che ha ormai preso il Cammino sinodale tedesco c'è (e non da oggi) il cardinale Walter Kasper. Teologo di rango, riformista, nei primi anni del pontificato di Francesco era tra i porporati più ascoltati. Fu citato al primo Angelus di Bergoglio, a lui fu affidato il compito di preparare il Sinodo sulla famiglia. Oggi, Kasper guarda quanto accade a casa sua e trema. In una lettera scritta per rispondere a quanti – l'iniziativa "Pro Concilio" – lo accusava di contrastare il percorso tedesco, il cardinale ribadisce tutte le perplessità: "Penso che alcune proposte di riforma del Cammino Sinodale siano ragionevoli e gradite, mentre altre sono al massimo un placebo o addirittura una medicina dannosa e letale alla luce dei problemi". Kasper aveva del resto già detto che le riforme sono cosa buona e giusta, ma che "la Chiesa non può essere cambiata a proprio piacimento". Non solo, aggiungeva infatti che quanto sta accadendo in Germania "ha dato a me e a molti altri l'impressione di poter e dover reinventare la Chiesa, per così dire, e nel processo, spingendo la propria agenda".
Il cardinale è stato anche accusato di aver criticato il modus operandi sinodale e lo spessore teologico dei documenti approvati: "Se si esclude uno scambio critico costruttivo, allora ogni percorso sinodale è morto prima ancora che sia stato iniziato".
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Per capire la Chiesa di oggi e la Chiesa di domani. Per orientarsi tra alleati, oppositori e guardinghi spettatori del Pontificato di papa Francesco. Domanda di base: perché un atlante geopolitico del cattolicesimo? Risposta: Perché cambia il mondo e cambia la Chiesa cattolica, com'è evidente fin dalla sera del 13 marzo 2013, quando dalla Loggia centrale della Basilica vaticana Francesco, il neoeletto Papa argentino, faceva capire che era il momento di spiegare le vele e andare al largo. Francesco è stato eletto per ridare slancio a una Chiesa che a giudizio del Collegio cardinalizio che si riunì nelle congregazioni del pre-conclave, appariva stanca e ripiegata su se stessa. Bisognava uscire dalla ridotta vaticana, aprire gli ospedali da campo, salpare anche senza sapere quale sarebbe stata la meta.Cosa è successo allora in questi anni? Spoiler: non aspettatevi rivelazioni da brivido. E' un'analisi, pura e semplice.
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