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Autore Discussione: TUTTO TORNA di Rossana Garavaglia. - Ettore Meccia.  (Letto 7820 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Ottobre 16, 2022, 02:23:03 pm »


   
ADESSO E' TARDI!! -- PUTINISTI e SFASCISTI SONO AL GOVERNO ...
« inserito:: Oggi alle 01:04:12 pm »
   
ADESSO È TARDI!! -- PUTINISTI e SFASCISTI SONO AL GOVERNO del PAESE.

ADESSO occorre: Ricostruzione di un Nuovo Centro e di una Nuova Sinistra, Democratici e il ritorno alla Resistenza Unitaria di Centro e di Sinistra!
Questa volta una RESISTENZA NON VIOLENTA e senza Terrorismo!
MA SOLTANTO RESILIENZA SOCIALE, NON BASTA PIU’.

Draghi ce l'hanno sottratto dai suoi compiti istituzionali, nazionali e internazionali.
AutoStima e AutoEfficacia, sono mancate ad una grande parte di Popolazione!

Sono Risorse indispensabili, che non si vedono nell'orizzonte del nuovo Parlamento, necessarie per dare una risposta Resiliente al pericolo in corso.
Occorre affiancarle una Resistenza NON VIOLENTA ma non suddivisa, ingenua e sottotono!

LORO non sono come Noi.
Il pericolo di assalto alla Democrazia e alla nostra Costituzione, l’abbiamo fatto andare troppo avanti!
Occorre organizzare la Nuova Democrazia Italiana, questa volta Completa e senza fessurazioni infiltrate da Sfascismo, Odio e Cattiveria AntiStato.

CE LA FAREMO!
Noi Vecchi, non so, ma Voi Cittadini Democratici Differenti, perché Intelligentemente Consapevoli, certamente sì!
I nostri ALLEATI OCCIDENTALI non ci lasceranno nelle grinfie distruttive di Dittature Violente e Inganna-Popoli.

Ma se i Popoli non soffrono ingiustizie o vessazioni gravi e accettano di essere guidati da Dittatori o Democratura varie, si possono tenere e mantenere rapporti costruttivi, anche con loro. -
Sarà un tema base nel NUOVO ORDINE MONDIALE per la Pace e L’Ambiente risanato.

Ma fuori dai pericoli in corso, ci sarà MOLTO da CAMBIARE anche in OCCIDENTE.

ggiannig ciaooo
Italia 16 ottobre 2022
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 16, 2022, 05:56:25 pm »

Gianni Gavioli ha condiviso un link.
Amministratore
 
La prima cosa da cambiare, visto il punto in cui siamo arrivati, é l'inconsapevolezza epidemica che ha infettato almeno il quaranta per cento della popolazione italiana.

Il M5STELLE e le LEGA hanno ottenuto che il dittatore di una federazione straniera, sia arrivato a condizionare la nostra società e minacciare la Nostra Democrazia.

Ovviamente senza l'indolenza e la stupidità politica di coloro che saranno da domani Opposizione, “l’orrenda cosa” non sarebbe potuta accadere e non sarebbe loro riuscita.

Che la parte dormiente della nostra popolazione si renda finalmente conto di quanto è avvenuto negli ultimi anni ma, Peggio, di quanto sta accadendo oggi al vertice della nostra Italia, sarebbe già un segno positivo del cambiamento necessario per una Nuova Resistenza di Popolo.

Questa volta non violenta!

I nostri Alleati Occidentali non permetteranno una guerra civile putiniana, nel nostro Paese.

ggiannig

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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 17, 2022, 09:59:15 pm »


Devis Bergantin
 
la parola è come il fuoco
acceso dietro questo muro
presi la stessa via con le mani
sassose
sassaiola per gioco
e rivederla è come una marea
poi laggiù squadrare
un arcipelago di tronchi
stramazzati con le macerie
del cantiere
sarà un rizoma
ogni fantasma
(3 ottobre 2022)

--

Max Lasio
Tra i tanti putiniani italiani c’è un argomento che viene sempre citato fin dal primo giorno di guerra e che viene brandito come la certezza della vittoria finale del regime putiniano nella guerra criminale da lui scatenata, ovvero la capacità dei russi da un lato di sopportare le perdite, dall’altro di riorganizzarsi nel tempo e contrattaccare contando sulle “infinite” risorse di cui il paese dispone.

Questa sera proveremo a mostrare che tale idea è una enorme accozzaglia di stupidaggini frutto molto spesso di pura ignoranza.
Per comprendere per bene quanto tale idea sia fuori dalla realtà, bisogna tornare all’inizio di questo concetto.

E questo inizio è la Seconda guerra mondiale e la lotta dell’allora Urss contro l’invasione nazista, la cosiddetta “operazione Barbarossa”, qui https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Barbarossa
L’invasione nazista era cominciata in modo estremamente brutale e veloce, a tal punto che in poco tempo le truppe tedesche arrivarono alle soglie della capitale russa.
Ma a quel punto si fermarono e proprio la capacità dei russi di sopportare le perdite e di riorganizzarsi, prima bloccarono in una lunga guerra di posizione i nazisti, poi riuscirono a ricacciarli indietro fino alla definitiva sconfitta nel maggio del 1945.
Tutto molto bello e interessante, se non fosse che la storia è andata in modo un filino diverso.
Infatti, esaminando in modo più accurato gli eventi, possiamo trovare che la sconfitta nazista nell’invasione dell’Unione Sovietica è in realtà in gran parte merito di perlomeno altri tre motivi, che sono i seguenti:
1) Seguendo quanto trovato negli archivi tedeschi dallo storico tedesco Andreas Hillgruber, qui https://en.wikipedia.org/wiki/Andreas_Hillgruber , veniamo a sapere che sebbene nel 1940 Hitler pensasse di invadere l’Urss da solo, con l’avvicinarsi della data pianificata per l’invasione cambiò idea e chiese esplicitamente l’aiuto del Giappone per aprire così un secondo fronte ad ovest.
Questo avrebbe creato così due fronti ai poli opposti del territorio russo, impegnando l’esercito sovietico in parti tra loro lontanissime con l’intento così di schiacciare il paese come in una tenaglia.
La richiesta iniziale e ufficiale fu finalizzata in un accordo firmato nel luglio del ’41 con l’allora ministro degli esteri giapponese Matsuoka, qui https://it.wikipedia.org/wiki/Yōsuke_Matsuoka
Questo progetto, nella sua parte teorica oggettivamente delirante, che negli intenti nazisti doveva portare dopo la sconfitta sovietica alla spartizione del mondo tra Germania e Giappone con la finalità ultima di attaccare gli Usa, venne rigettato dal gabinetto di guerra giapponese durante una drammatica riunione che sfociò nella sostituzione di Matsuoka al ministero degli esteri e la decisione di concentrare le risorse militari giapponesi solo in fronti che realmente interessavano al paese del sol levante.
E l’Urss non era tra questi.
La richiesta tedesca di aprire un secondo fronte ad est però non venne mai meno, ma come sappiamo non fu soddisfatta.
2) Secondo fronte che invece venne aperto ad ovest della Germania, costringendo quindi l’esercito tedesco a distrarre truppe dal fronte est, proprio a causa delle azioni del Giappone con l’attacco di Pearl Harbor nel dicembre del ’41 e che provocò l’entrata in guerra contro il Giappone e la Germania degli Stati Uniti.
Stati Uniti, che sempre l’Hillgruber ci fa sapere, Hitler voleva inizialmente sfidare solo dopo aver sconfitto l’Urss e proprio per evitare la creazione di un secondo fronte, che nella esperienza della WWI aveva già dimostrato essere mortale per la Germania.
3) Infine l’Urss, proprio con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, divenne la destinazione di aiuti economici e militari dagli Usa, tramite la legge nota come “land and lease act”, qui https://en.wikipedia.org/wiki/Lend-Lease 
Attraverso questa legge americana, che per inciso è stata riattivata proprio quest’anno a favore dell’Ucraina, gli Stati Uniti hanno fornito all’Urss materiali per un valore di oltre 10 miliardi di dollari dell’epoca, pari in valuta odierna a circa 130 miliardi di dollari (addirittura 3-400 miliardi se consideriamo molto più correttamente il valore in percentuale del Pil).
In totale gli Usa fornirono all’Urss 400.000 veicoli tra jeep e camion, 12.000 veicoli armati tra cui almeno 7.000 carri armati, 11.000 aerei da combattimento e 1,7 milioni di tonnellate di cibo.
Ad aumentare l’importanza di queste forniture che definire colossali è riduttivo, c’era anche il fatto che molti degli impianti militari sovietici erano distrutti o in territorio occupato dal nemico e quindi la produzione militare interna era estremamente ridotta e incapace di rifornire l’esercito in modo adeguato da sola.
Quindi, ricapitolando, dopo aver tolto almeno 70 anni di propaganda comunista che ha indottrinato sia la Russia che l’Italia sulla grande guerra patriotica russa che ha sconfitto il mostro nazista da sola, quello che in realtà rimane sono tre grandi fattori che hanno indebolito mortalmente l’esercito tedesco e la sua invasione dell’Urss, ovvero la mancata apertura a favore della Germania di un secondo fronte ad est da parte del Giappone, l’apertura invece di un secondo fronte contro la Germania ad ovest e contro il nemico più temuto, ovvero gli Usa, che non a caso sfociò nella operazione Overlord nel giugno del 1944 (tra parentesi ci fu anche l’apertura di un terzo fronte, questa volta a sud con l’invasione dell’Italia nel 1943), e infine, la fornitura di armi e provviste da parte degli Usa in quantità enorme che letteralmente riarmò fortemente l’esercito russo altrimenti rimasto di fatto senza una adeguata attrezzatura militare.
Questo è il contesto della vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale.
Ma questo contesto, oggi, non esiste più.
Non solo: se c’è un paese che può invece assomigliare all’Urss del 1941 è proprio l’Ucraina.
Ucraina che vede il suo territorio invaso dalla Russia, ma che ha anche la solidarietà di tutto il mondo.
Attenzione, non parlo di favore o aiuto, ma perlomeno di non belligeranza.
L’Ucraina quindi ha un fronte e solo uno e non ha nessuna paura che se ne apra un altro (a meno che la Bielorussia non decida di suicidarsi, ovviamente).
E ha dietro di lei gli Usa e le sanzioni alla Russia che l’occidente ha imposto.
Questo i putiniani proprio non riescono a capirlo, soprattutto quando sono di origine comunista o di estrema sinistra anticapitalista.
Comunque, come ripetiamo fin dal primo giorno del conflitto, gli Usa hanno una economia che è dalle 15 alle 20 volte più grande di quella Russa e non solo è sulla frontiera tecnologica, ma è lei che sta letteralmente creando questa frontiera.
Tutto ciò implica un semplice fatto: da un lato la capacità di resistenza dell’Ucraina è legata alla volontà degli Usa di aiutarla, ma proprio per questo, tale capacità di resistere e infliggere danni alla Russia grazie alla fornitura di armi, anche tecnologicamente più avanzate di quelle russe, diventa sostanzialmente infinta, perlomeno nei termini di vita della dirigenza attuale russa.
E, contraltare di quanto appena detto e rimembrando i tre punti visti sopra a favore dell’Urss nella WW2, la Russia attuale:
- non ha a suo favore l’apertura di un secondo fronte, che anzi rischia di averlo contro, con la fuga dei paesi del suo impero che già stiamo vedendo nel conflitto tra Armenia e Azerbajan.
- non ha i determinanti aiuti americani che invece vanno all’Ucraina
- ha invece le sanzioni occidentali che hanno mandato in recessione la sua economia e hanno prosciugato il paese di componenti ad alta tecnologia e materiali tecnologici per la costruzione di armi moderne, se non in pochi esemplari utili solo ad impressionare l’intellighenzia occidentale più antiamericana e meno tecnologicamente informata, di cui ad esempio l’Italia è piena.
Andiamo verso la conclusione.
Come abbiamo visto la favoletta della Russia capace di assorbire le perdite e vincere nel lungo periodo grazie alla sua capacità di resistere e alle sue risorse infinite è per l’appunto una favola.
Molto diffusa tra i tanti fascio-comunisti filoputiniani italiani, ma soprattutto pervasiva del sistema politico russo a partire dal suo vertice massimo ovvero Putin.
E proprio le mosse degli ultimi giorni di Putin ci indicano che non solo è convinto di questa storiella, ma anzi, sta cercando di attuarla in tutti i modi possibili.
Il rifiuto di trattative che non prevedano la resa incondizionata dell’Ucraina, il referendum farsa che ha annesso territori di Ucraina che nemmeno sono occupati dal suo esercito, la mobilitazione generale con il potenziale richiamo alle armi di praticamente tutti i maschi del paese e infine la continua minaccia nucleare verso l’occidente, ecco, tutto ciò indica la volontà di Putin di prolungare il più a lungo possibile il conflitto.
E la ragione è proprio quanto visto sopra: da un lato Putin ritiene proprio come nella guerra patriottica del 1941 di poter riarmare l’esercito e nel mentre indebolire l’avversario, dall’altro spera molto probabilmente di fiaccare e dividere l’europa e la sua opinione pubblica (da qui l’attentato terroristico organizzato alle condutture del Nordstream 1) dall’unità di intenti con gli Stati Uniti (il filmato messo in rete quasi subito da parte della propaganda russa di Biden che parla di quella conduttura, indica chiaramente la preparazione all’evento da parecchio tempo prima del suo effettivo accadimento), cercando così di arrivare ormai a tutti i costi a quello che personalmente credo essere l’appunto elettorale decisivo a cui aspira il regime russo, ovvero le elezioni presidenziali americane di novembre 2024, dove ci sono probabilità non nulle di una rielezione di Donald Trump, ovvero un presidente tutto sommato “amico” della Russia putiniana.
Cosa potrebbe andare storto in questo contesto?
Ovviamente il punto principale di tutto questo commento: la storiella della Russia forte nel lungo periodo è falsa.
Anzi, è vero il contrario: più passa il tempo più la Russia si indebolisce.
E la domanda finale allora diventa questa: non tanto se la Russia arriverà a gennaio 2025 nelle attuali condizioni, ma in quali condizioni arriverà la Russia a quell’appuntamento temporale?
Con alle spalle tre anni di guerra disastrosa, l’isolamento internazionale (assoluto se usa anche solo una bomba atomica) e sanzioni economiche come mai si sono viste prima, la Russia del 2025 potrebbe essere l’ennesimo esempio di paese che vince una battaglia (la rielezione del candidato amico), ma perde la guerra.
Su ogni fronte.
E con questo auguro una buona notte a tutti.

 Bibliografia:
1) “La distruzione dell’Europa. La Germania e l’epoca delle guerre mondiali”, di Andreas Hillgruber, Il Mulino, 1991.
Bellissimo libro che raccoglie i migliori saggi dello storico tedesco e che analizzano le due guerre mondiali dall’interno dei vari regimi che governavano la Germania a quei tempi.
2) “La battaglia di Bretton Woods”, di Benn Steil, Donzelli Editore, 2015.
Libro tutto sommato ben fatto che analizza la Seconda guerra mondiale dal punto di vista finanziario americano.
In questo caso ci interessa il capitolo V°, dal titolo “l’Atto più generoso”, nel quale viene trattato il “land and lease act” in ogni suo aspetto.
Massimo Fontana

da - https://www.facebook.com/  il 3 10 2022
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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 17, 2022, 10:01:07 pm »

Gianni Gavioli

La conoscenza, questo è un grave problema in tutta la popolazione dello "Arcipelago Italia".

Ci vogliono dividere?
Ok, ma allora non saremo più una Penisola, ma un Arcipelago.

Sarà più facile capire quali Isole (ex regioni) sono le migliori.

ciaooo

Ps: Nord attenzione, nel Mediterraneo ci sono soltanto: il Centro e il Sud Italia.

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« Risposta #4 inserito:: Ottobre 30, 2022, 02:16:13 pm »

Salvini lo sconfitto con l’8% di voti presi nel 40% di quelli del governo, dal 60% di votanti.
Non dalla maggioranza egli Italiani!
 
Vogliono comandare e sfasciare le nostre alleanze, Nato, Europa, Occidente.
Non lo permetteremo!!

ciaooo 
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« Risposta #5 inserito:: Novembre 03, 2022, 02:52:48 pm »

Pausa di riflessione.

Sto pensando se dopo il 25 settembre, e le fastidiose conseguenze, sia opportuno limitare la visibilità di temi così schierati.

Fatemi sapere

ggiannig - ggianni@gmail.com

su FB per tematiche momentaneamente nascoste.
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« Risposta #6 inserito:: Novembre 03, 2022, 02:55:40 pm »


I giovani (ma non tutti) sono la vostra speranza per un futuro migliore perché progressista, riformista e OCCIDENTALE.

Ma è impossibile se li lasciate sguazzare nell'andazzo corrente, strumentalizzato da Sfascisti.

Occorre che gli adulti e i Vecchi come me, gli stiano vicino.
Non per insegnare (se non sono insegnanti di scuola) ma per imparare da loro ad essere positivi.

ciaooo

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« Risposta #7 inserito:: Novembre 05, 2022, 02:32:02 pm »

Editoria e creators da TikTok a Substack: opportunità o minaccia?
 scritto da Econopoly il 27 Ottobre 2022

DISTRUZIONE CREATIVA
Post di Marie Sophie Von Bibra, Chief Marketing Officer di Readly –

I media evolvono rapidamente, e questo è in particolar modo vero per i social media. Il recente periodo di campagna elettorale pre-elezioni ha reso – casomai ce ne fosse bisogno – ancora più evidente il ruolo sempre più definito degli influencer e della nuova economia dei creators.

L’attenzione sul tema è stata posta anche dal Governo italiano, che nei mesi scorsi ha di fatto riconosciuto una nuova categoria di lavoratori del settore digital & tech italiano, inserendo l’emendamento “Content Creators” nel ddl Concorrenza. Ed è di questi giorni la nascita di Assoinfluencer, la prima associazione italiana di categoria per i professionisti dei social networks, che figura ora ufficialmente tra le associazioni professionali riconosciute dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Si pongono nuove questioni nel mondo assai variegato dell’editoria. I contenuti prodotti dai creators vengono di fatto letteralmente “divorati” anche dal pubblico tradizionale. Ma si tratta di un’opportunità o di una minaccia per il mondo dell’editoria?

I bisogni dei consumatori e l’economia dei creators

Che si tratti di un hobby, di un interesse o di uno stile di vita, abbiamo tutti una passione e cerchiamo – con diverso entusiasmo – di trovare ispirazione da chi condivide i nostri stessi interessi. Il potere dei creators risiede certamente nella loro visibilità e nella possibilità di accedere ai loro contenuti – e alla loro personalità – da parte dei follower. Questo accade con una facilità, una rapidità e un impatto che nessun inserzionista tradizionale potrebbe mai raggiungere oggi.

Per esempio, l’enorme successo degli “skinfluencers” di TikTok – le superstar della cura della pelle – è particolarmente eloquente. Hyram Yarbro, la personalità di  @SkincarebyHyram accreditato come il catalizzatore del marchio di farmacie CeraVe, è stato soprannominato il “sussurratore della Gen Z”, un target che – insieme ai Millennials – è notoriamente difficile da catturare.

Gli editori e le sfide dei creators
Fino a un paio di decenni fa, nel periodo di massimo splendore dei media, i contenuti degli editori influenzavano letteralmente il pubblico in merito, per esempio, ai locali più “in” dove mangiare, a quali capi indossare, a dove andare in vacanza e così via: era una sorta di esercizio unidirezionale con poco o nessun feedback da parte dei lettori. A differenza dei creators, generalmente gli editori sono oggi meno abituati al confronto diretto con il pubblico, che ha oltretutto standard molto elevati, spesso perfino severi.

Quello dei creators è indubbiamente un settore in continua crescita, in cui si prospetta un giro d’affari pari a 16,4 miliardi di dollari nel 2022; nel 2021 erano 19 mila le aziende attive in questo specifico settore a livello globale, per oltre 50 milioni di “influencers” in tutto il mondo, che utilizzano meccanismi sofisticati per costruire eserciti di fedelissimi follower.

Gli editori potrebbero sfruttare le stesse tattiche per coinvolgere e fidelizzare allo stesso modo il loro pubblico?

In che modo gli editori possono utilizzare l’economia dei creators per raggiungere nuovi segmenti di pubblico

Le case editrici hanno oggi la necessità di sviluppare strategie per attrarre e coinvolgere nuovi lettori. Il “playbook” dell’influencer può essere la chiave di volta. A ben vedere, esiste già una forte sovrapposizione tra la tipologia di contenuti prodotti da molte riviste e dai creators: forte impatto visivo e pubblico ben definito, con interessi di nicchia. In un punto cruciale differiscono: nella capacità di coinvolgimento.

creators

Secondo l’esperienza di Readly, che lavora quotidianamente con i contenuti delle case editrici di tutto il mondo, ci sono tuttavia almeno tre modalità in cui gli editori possono avvalersi dell’abilità dei “creators” a vantaggio del loro settore.

1. Cercare la collaborazione
I marchi editoriali – le testate – stanno subendo in generale una perdita di autorevolezza; tuttavia, se c’è un valore che viene loro riconosciuto dal mercato, è proprio il brand. Pensiamo a testate come Vogue o Vanity Fair, per esempio: il potere del marchio è fortissimo, e questo dovrebbe essere sfruttato come un’arma potente dagli editori per ottenere l’accesso a nuove fasce di pubblico. Allo stesso tempo, in uno scenario che si rivelerebbe vantaggioso per tutti, utilizzando questi brand gli influencer a loro volta potrebbero avrebbero a disposizione uno strumento prestigioso per espandere il proprio profilo ed acquisire nuova visibilità.

Il successo di Rolling Stone
La rivista Rolling Stone – che ha compiuto 55 anni – utilizza questa strategia con grande successo: il 2021 è stato dichiaratamente l’anno più redditizio degli ultimi due decenni grazie a un rinnovato investimento in eventi dal vivo e una nuova attenzione editoriale ai creators. Copertine delle riviste come quella con il profilo della star di YouTube MrBeast di Rolling Stone sono solo l’inizio del pesante investimento editoriale nei confronti degli influencers, che include l’esposizione mediatica degli stessi, coinvolgendoli allo stesso tempo come autori.

Quando si lavora con i creators è però necessario avere alle spalle un marchio editoriale solido e verificare a fondo tutti i potenziali candidati. Gli editori dovrebbero mirare a lavorare con influencers affermati, con obiettivi chiari e regole di ingaggio per ridurre al minimo il rischio di polemiche dannose per i propri brand. E si tratta di relazioni che vanno coltivate e curate senza soluzione di continuità, perché questo mondo è in rapida evoluzione. Sono esemplificativi i casi degli YouTuber David Dobrik, Jeffree Star e PewDiePie, vere e proprie personalità del web, la cui reputazione è velocemente scaduta a seguito di scandali mediatici, per fare solo alcuni esempi.

2. Copiare la strategia multipiattaforma degli influencer
I canali social sono diventati sempre più necessari per gli editori, che possono così mirare al raggiungimento di nuovo pubblico.

I migliori creators hanno conquistato più piattaforme e spesso hanno anche una presenza sul web completamente indipendente. L’arte dell’omnicanalità è necessaria per ridurre al minimo il “rischio piattaforma”, che lascia i marchi vulnerabili alla rimozione di funzionalità o di cambiamenti nell’algoritmo che potrebbero danneggiarli. Infine, una strategia multipiattaforma tutela gli editori dall’improvviso, possibile, declino di una singola piattaforma.

Editori e piattaforme da non trascurare
La maggior parte degli editori probabilmente ha già una presenza sui social media, ma oltre ai profili previsti su Facebook, Instagram, Twitter e LinkedIn, non vanno oggi trascurate piattaforme quali TikTok, Patreon, Substack, per esempio. Ci sono sempre nuove opportunità, nuove tecniche e nuove intuizioni da raccogliere in merito a ciò che il pubblico sta pensando e a come può – e vuole – farsi coinvolgere.

Uno sviluppo apparentemente inaspettato, tuttavia tipico dello spazio dei media digitali, è l’evoluzione di Substack da strumento tecnologico a piattaforma di newsletter in cui autori e creators affermati costituiscono comunità vivaci.  Alcuni esempi eclatanti sono la popolarissima newsletter statunitense Culture Study della giornalista Anne Helen Petersen, che vanta decine di migliaia di fedelissimi lettori, e la pubblicazione “Letters from American” della professoressa di storia del Boston College, Heather Cox Richardson.

3. Promuovere il talento creativo in “stile influencer”
Oltre a coinvolgere creators esterni, gli editori dovrebbero anche cercare di ampliare il loro mercato trasformando lo staff editoriale in veri e propri influencer, grazie anche alla propria presenza online. Sembrerà un passo logico, ma l’accordo deve essere reciprocamente vantaggioso, per il brand editoriale e per chi scrive – e, potremmo dire, “ci mette la faccia” – con regole di base chiare: il giornalista fa affidamento sul marchio editoriale, ma è allo stesso tempo rappresentativo dello stesso, con tutti i possibili rischi che ne derivano. Gestiti bene, editori, redattori e i creators godranno di una spinta ai propri profili, proprio come la beauty influencer Nadine Baggott, originariamente una Beauty Editor di HELLO! Magazine, ora content creator con un seguito di oltre 171 mila follower.

TikTok al Washington Post
Allo stesso modo, il giornalista del Washington Post Dave Jorgenson ha ampliato la presenza TikTok del quotidiano con grande efficacia. Dal 2019, i video umoristici della testata non solo hanno convogliato il traffico verso il flusso di notizie, ma hanno di fatto trasformato lo stesso Jorgenson in una celebrità da centinaia di migliaia di follower. L’account TikTok del Washington Post vanta ora 1,4 milioni di follower.

Come mai prima d’ora, l’emergere dell’economia dei creators ha innescato il potenziale degli editori verso una migliore comprensione un maggiore coinvolgimento del pubblico.

Quali soluzioni
Invece di tormentarsi per il declino dei vecchi modelli editoriali, le case editrici dovrebbero puntare ad emulare le strategie degli influencer per connettersi sempre più con i loro attuali e nuovi lettori, in particolare la Gen Z. La buona notizia è che gli editori possiedono ancora “gravitas” e sono capaci di essere influenti: rimanere rilevanti è solo una questione di incontrare i lettori sul loro territorio.

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« Risposta #8 inserito:: Novembre 05, 2022, 02:36:06 pm »

Umberto Rossi Quindi abbiamo questo governo per colpa del 40% di Italiani che non hanno votato??

Tutto quello che ci circonda, dopo anni di insicurezza, di cattiva politica, di disuguaglianze fintamente affrontate e ogni altra fetenzia, di cui chi ha votato forse non si è accorto, lo liquidi in questo modo?

Scusa ma non è un mio problema sostenere questa tua considerazione.
ciaooo
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« Risposta #9 inserito:: Dicembre 26, 2023, 09:31:25 pm »

Per il mondo della Cultura e l'Editoria sono più importanti i COMPRATORI DI LIBRI che i lettori.

Comprare libri é un arricchirsi di possibilità.

Leggerli é a RISCHIO DI NON CAPIRLI O DI INTERPRETARLI MALE, soprattutto se ti fermi a quelli comprati soltanto per dire in giro che li hai letti. 

E di questo rischio all'editoria non importa proprio nulla.
Gli editori non ambiscono al Paradiso, troppo abituati all'Inferno.

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« Risposta #10 inserito:: Febbraio 18, 2024, 06:33:03 pm »

Rossana Garavaglia
 
TUTTO TORNA.
Eccomi di nuovo a provare quella sensazione di camminare a dieci centimetri da terra: dà i brividi (di gioia) scoprire quanto noi esseri umani siamo giunti lontano nella conoscenza della realtà, al punto che tante cose finalmente si intersechino, tanti meccanismi valgano, per esempio, sia in biologia che in informatica.
Sto leggendo “l’architetto e l’oracolo” (Gino Roncaglia) e scopro che gli algoritmi di attribuzione dei testi (cioè quei programmi che si usano per dire se un testo lo ha scritto mister X o madam Y, forse sarebbe stato meglio dare a lei la X e a lui la Y, ma va beh, mischiamo un po’ le cose) contano la frequenza con cui bi e trigrammi (cioè sequenze brevi di 2 o 3 elementi, diciamo parole) sono usati nei testi (confrontando quindi il testo da attribuire con quello di mister X e madam Y per scegliere quello che combacia in termini di frequenza di bi e trigrammi).
Bello vero? Io non lo sapevo.
E quindi dove sta il tutto torna? E qui saltiamo alla genetica forense.
Come si fa l’attribuzione di paternità o l’identificazione del colpevole di un delitto?
E come si fa? Si cercano gli STR all’interno del nostro genoma che è composto di 3.000.000.000 di letterine A, C, G e T in sequenza.
Gli STRs sono short tandem repeats, cioè la ripetizione di n-volte di una sequenza breve lunga 3-4 letterine ed è quel numero n di ripetizioni che varia da persona a persona: tu hai 3 ripetizioni in sequenza di quello specifico STR, che ne so, ATGC, io ne ho 6. Se si scelgono un tot di questi STR distribuiti in tutto il genoma, allora ecco fatto che posso attribuire un campione di sangue ad una persona…il famoso CODIS di cui si sente parlare nei film polizieschi in cui si vanno a cercare il numero di ripetizioni di 13 STR (almeno fino al 2020, non so se nel frattempo lo hanno aggiornato a più STR).
Anche qui insomma si scandaglia un testo, cioè tutto il nostro DNA, e si va alla ricerca di motivi brevi ricorrenti.
La legge è probabilistico-statistica in un caso e nell’altro, i campi sono diversi, ma tutto torna.

PS: ed il tutto torna vale al livello della mia conoscenza mediocre della realtà, figuriamoci che brividi possono avere coloro che della realtà ne sanno enne milioni di volte di più…avranno le vertigini!
PPS: e poi mi tocca sentire delle scempiaggini quantiepigeolistiauristiche!

Da FB del 18 febbraio 2024


Ettore Meccia

Se capisco bene, bigrammi e trigrammi ci identificano perché dipendono essenzialmente da quali parole, espressioni o frasi (che li contengono) usiamo più frequentemente. Sono una sorta di firma nascosta tra le parole di un testo. Sorprendente!
Se fosse così, potrei aggiungere al tuo un paio di altri esempi di come qualcosa del genere succeda anche nell'intimo microscopico del nostro DNA.
Il primo è il Codon usage bias. Il codice generico è degenerato, lo stesso amminoacido può essere codificato da codoni (triplette) diverse.
Sono sinonimi, all'atto della traduzione quelle triplette diverse daranno lo stesso aminoacido, ma per le cellule non sono equivalenti.
Ne usano alcuni piuttosto che altri in modo preferenziale a seconda del gene, o del tipo cellulare, o della specie, o del fatto di essere una cellula normale o tumorale, perché usare un codone invece che un altro ottimizza la traduzione o il folding della proteina in quella cellula, perché alcuni tRNA possono essere più abbondanti di altri.
Per esempio, ad inizio pandemia qualcuno fece l'ipotesi che l'ospite intermedio di SARS-CoV-2 fosse un improbabile serpente, perché il codon usage del virus era molto simile a quello di due serpenti (il bungaro fasciato ed il cobra cinese) che guarda caso probabilmente si trovavano al mercato di Wuhan. Non era vero, ma l'ipotesi era divertente.
L'altro caso è quello della firma mutazionale dei tumori, a seconda dei fattori che hanno determinato le mutazioni di un tumore, o di quali sistemi di riparazione del DNA vanno o non vanno, ogni tumore avrà una maggiore frequenza di un tipo di mutazioni piuttosto che un altro, e quindi nel suo DNA alcune triplette saranno più frequenti di altre, tanto che sequenziando il tumore si può ottenere una signature mutazionale specifica per il tumore o per il fattore che l'ha determinato, per esempio il benzopirene del fumo di sigaretta.

https://biosignaling.biomedcentral.com/.../s12964-020...
https://www.nature.com/articles/s41388-021-02022-x
https://www.nature.com/articles/s41586-020-1943-3

Da FB del 18 febbraio 2024
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