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« inserito:: Ottobre 15, 2022, 01:06:41 pm »

Katane - Il Foglio
12:49 (14 minuti fa)
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La crisi del 2013, di nuovo

Quella di venerdì è stata una giornata molto tesa sul 38° parallelo, il confine ideale che divide la Corea del nord dalla Corea del sud. Il regime di Pyongyang ha lanciato un’esercitazione coordinata che ha incluso il lancio di un missile balistico, che ha viaggiato circa 650 chilometri con una traiettoria irregolare, due diversi test di artiglieria con circa 470 proiettili sparati nella cosiddetta “zona cuscinetto” marittima e il volo di  almeno 10 aerei da guerra, che hanno volato vicino al confine aereo intercoreano. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale di Pyongyang, la Kcna, l’azione sarebbe parte di una “contromisura militare” contro le esercitazioni delle Forze armate sudcoreane, che si erano tenute il giorno prima per circa dieci ore lungo il confine.

Quello di ieri però è il ventiseiesimo test missilistico nordcoreano, e gli ultimi erano stati presieduti da Kim Jong Un in persona, un messaggio chiaro di coinvolgimento diretto della leadership. Il governo sudcoreano guidato da Yoon Suk-yeol ha fatto sapere che quelle sudcoreane sono esercitazioni di routine, mentre quelle del Nord appaiono come una scusa per vìolare l’accordo della zona cuscinetto siglato nel 2018 – l’anno di maggiore distensione tra le due Coree.

Secondo Chad O’Carroll, direttore di NkNews, la crisi di questo periodo sembra sempre di più quella del 2013, seguita al primo lancio di un missile balistico intercontinentale della Corea del nord, poi seguito da un test nucleare. Gli osservatori di affari coreani parlano di cicli di tensione “artificiale”, cioè creata appositamente da Pyongyang per ottenere qualcosa (dialogo, sostegno finanziario, alleggerimento delle sanzioni). Il problema è che più sale la tensione, più aumenta il rischio di un incidente, con effetti potenzialmente catastrofici. Joe Bermudez, senior fellow del Center for Strategic and International Studies, ha detto a NkNews che la novità del momento, cioè le spericolate uscite dell’aviazione nordcoreana vicino al confine con la Corea del sud, sono un rischio: “Supponiamo che un pilota di MiG-29 nordcoreano si innervosisca, riceva un falso avviso radar e faccia fuoco. Oppure che la Corea del sud e gli Stati Uniti disturbino le loro comunicazioni e all’improvviso lui riceva comunicazioni confuse, e creda a un imminente attacco”.    

Sul New York Times Jeffrey Lewis, esperto di armamenti alla James Martin Center for Nonproliferation Studies, ha scritto un lungo essay dal titolo: “E’ ora di accettare che la Corea del nord ha armi nucleari”. Lewis, che è anche l’autore del formidabile romanzo distopico uscito nel 2018 “The 2020 Commission Report on the North Korean Nuclear Attacks Against the United States: A Speculative Novel”, scrive sul Times che non c’è più nulla che l’America possa fare per la denuclearizzazione del regime di Pyongyang, che continuare a provarci è un esercizio inutile che ci porterà sempre allo stesso ciclo di tensione. “La guerra in Ucraina ha causato una profonda spaccatura tra gli Stati Uniti e la Russia e, in misura minore, il partner russo, la Cina. Queste tre grandi potenze hanno partecipato in modo determinante ai precedenti negoziati multilaterali per il disarmo della Corea del nord, che alla fine sono falliti. Ma la Russia e la Cina ora sono meno propense a sostenere le pressioni statunitensi sulla Corea del nord; dopo che Pyongyang ha ripreso i test di missili balistici intercontinentali quest’anno, Pechino e Mosca hanno posto il veto a una spinta statunitense per sanzioni più severe. Kim Jong Un sembra aver percepito il cambiamento della dinamica e ha raddoppiato le sue relazioni con la Cina e la Russia”. Serve un nuovo approccio, che però l’Amministrazione Biden non sembra avere: nel documento più importante pubblicato qualche giorno fa dalla Casa Bianca, il National Security Strategy,  la Corea del nord è citata soltanto quattro volte.

Verso Pechino
E partiamo subito dal documento, appunto. La Casa Bianca ha pubblicato il National Security Strategy con molto ritardo, ed è stato parecchio chiacchierato anche per i suoi contenuti. Il motivo è facilmente intuibile: c'è un ritratto della minaccia russa, ma soprattutto vi si dedica parecchio spazio alla minaccia cinese. In molti hanno scritto: va bene, sappiamo tutto, ma che tipo di guerra vogliamo fare a Pechino? Il rischio di una "guerra senza fine" è dietro l'angolo. Ne ho scritto qui.

In settimana l'Amministrazione Biden è andata "all-in", per usare una metafora del poker, sul contenimento tecnologico della Cina. Sono stati presi diversi provvedimenti sulla materia, che mirano a bloccare la capacità di produzione tech di Pechino. Non si tratta più quindi di mettere in sicurezza la nostra, di produzione, quella occidentale, ma di fermare quella della Cina. E anche qui si aprono diversi problemi strategici che riassumiamo con: siamo pronti alle conseguenze?

C'è stata un'inedita protesta a Pechino, con due striscioni mostrati su un ponte con un riferimento diretto a Xi Jinping (qui il racconto di Priscilla Ruggiero). Ne è nata una nuova figura professionale, scrive Francesco Radicioni, il "guardiano dei ponti".

E' strano che ci sia stata una protesta soprattutto perché siamo nel periodo più particolare e paranoicamente controllato del quinquennio. La cosa più importante della settimana, naturalmente, sarà il 20° Congresso del Partito comunista cinese. Iniziamo con la cronaca di come i pochi giornalisti internazionali che hanno ottenuto l'accredito possono seguire i lavori del congresso: ne parla su Twitter Colum Murphy di Bloomberg.

Sul Foglio ho cercato di mettere insieme tutte le cose per cui la leadership di Xi Jinping si è caratterizzata negli ultimi dieci anni, i suoi fallimenti e i suoi successi. La rivoluzione delle Forze armate, il fallimento della Via della Seta, la crisi dovuta a una incomprensibile quanto intimidatoria politica Zero Covid.

E poi, quali sono le facce che vanno tenute d'occhio, soprattutto per capire come andrà la Cina a seconda della nomina del nuovo premier, il numero 2 della leadership. Tutto questo considerando che sul futuro non possiamo dire niente, nessuno può fare previsioni: la radicale segretezza imposta da Xi negli ultimi dieci anni al sistema di potere cinese ce lo impedisce. (Nota a margine: immaginate che lavoro d'inferno dev'essere per un analista di un paese occidentale cercare di prevedere le mosse di Xi).

"Durante il regno di Xi, il pcc ha subito grandi cambiamenti. Il più importante è che la leadership del PCC è passata dall’essere una leadership collettiva, come in passato, a una leadership unipersonale". Alessandra Colarizi ha intervistato Deng Yuwen, ex vicedirettore dello Study Times, la rivista della Scuola centrale del Pcc.

Sul fronte europeo ci sono delle notizie: è stata confermata la visita a Pechino del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Tra gli osservatori di Cina in Europa si è parlato per tutta la settimana del dibattito un po' contraddittorio sul "decoupling": Micol Flammini e Paola Peduzzi hanno dedicato la loro puntata di EuPorn ai rapporti con la Cina.

Mentre l'America stava per pubblicare il documento sulla Sicurezza nazionale, Jeremy Fleming, capo del Gchq, cioè l'Nsa britannico, ha detto parecchie cose (ne dice parecchie spesso, ultimamente). Ha detto che la Cina è una "grossa minaccia per tutti noi", e vabbè, niente di nuovo, però poi ha anche sollevato un tema interessante, di cui da queste parti parliamo spesso. Beidou, il sistema satellitare cinese, sarebbe capace non solo di mettere fuori uso i satelliti altrui, in caso di conflitto, ha detto Fleming, ma "si teme che la tecnologia possa essere usata per tracciare gli individui".

Personalmente ne ho scritto spessissimo, soprattutto quando a febbraio Russia e Cina hanno firmato un accordo per far “comunicare” i loro due sistemi di geolocalizzazione satellitare, rispettivamente Glonass e Beidou, e rendersi indipendenti dal sistema di geolocalizzazione satellitare americano, il Gps. Tutto questo si inserisce nel dibattito su Elon Musk e il suo Starlink, che teoricamente non potrebbe avere tecnologia di geolocalizzazione ma solo di comunicazione internet (eppure sappiamo che serve anche a quello). Sappiamo pure che il Gps americano non è tecnologicamente avanzato come quello cinese, né come quello di Musk, e Galileo, quello europeo, è un sistema per lo più funzionale all'uso civile. Che succederebbe, dunque, se all'improvviso la Cina mettesse fuori uso i nostri satelliti? E' il tema del futuro, altroché.

Ryan Ding Yun, uno degli executive più importanti di Huawei Technologies, è morto improvvisamente all'età di 53 anni la scorsa settimana. Ecco chi lo sostituirà e che cosa significa per il colosso tech cinese.

Nel suo discorso per la Festa della Repubblica di Cina, il 10 ottobre scorso, la presidente Tsai Ing-wen ha citato anche la Russia e la guerra d'aggressione contro l'Ucraina: "Oltre alle questioni economiche, la Russia continua la sua guerra contro l'Ucraina, mentre l'attività militare della Cina nel Mar cinese meridionale, nel Mar cinese orientale e nello Stretto di Taiwan mina la pace e la stabilità nella regione dell'Indo-Pacifico. Non possiamo assolutamente ignorare la sfida che queste espansioni militari pongono all'ordine mondiale libero e democratico. Questi sviluppi sono inestricabilmente legati a Taiwan". Il testo completo dell'intervento è qui.


Taiwan, l'isola sospesa
Per cominciare a dare senso alla nostra percezione di Taiwan - l'isola che la Repubblica popolare cinese considera proprio territorio e con la quale, dice, la "riunificazione" è prima o poi inevitabile - c'è un nuovissimo libro in italiano scritto da qualcuno che il paese lo conosce bene. Stefano Pelaggi, professore universitario e studioso di questioni orientali, racconta Taiwan dall'inizio e ne fa un ritratto della sua identità, dalle civiltà autoctone fino all'asset di cui parliamo spessissimo, quello dei microchip, passando per la democrazia e i diritti. Vale la pena davvero. Lo trovate in libreria e qui.

Verso Tokyo
 Il governo giapponese sta valutando la costruzione di rifugi antiatomici nelle isole più meridionali di Okinawa, quelle vicino a Taiwan, per proteggere i residenti da attacchi missilistici in caso di conflitto militare nello Stretto di Taiwan.

Lo yen ha toccato il nuovo minimo da 32 anni rispetto al dollaro. Il governatore della Banca del Giappone, Kuroda Haruhiko, ha detto che il ritmo della ripresa giapponese è lento rispetto ad altri paesi e che non sia "necessario o appropriato" che la Banca centrale giapponese aumenti i tassi per ora.

Se dopo un anno la governo l'Amministrazione Kishida perde consensi, è inspiegabile come non ne guadagni l'opposizione. Qui c'è un'analisi che lo spiega bene: l'opposizione al Partito liberal-democratico è frastagliata, divisa su tutto. Sembra l'Italia. C'è da dire che pure la potente fazione del partito che era guidata da Shinzo Abe non ha trovato un nuovo leader, e rischia di spaccarsi.

Si è tornati a parlare di Chiesa dell'Unificazione. La ministra dell'Educazione del governo Kishida, Keiko Nagaoka, ha detto che è difficile far avere un ordine del tribunale per lo scioglimento della Chiesa come era successo con la setta Aum Supreme Truth, ma ha detto pure che "le organizzazioni che sono state identificate come socialmente problematiche devono essere trattate con rigore e si deve fare il possibile per verificare che rispettino le leggi e i regolamenti pertinenti". L'ultima puntata del podcast "Altri Orienti" di Simone Pieranni è dedicata alla vicenda.


La serie della settimana
Andiamo in Nepal. Come tutto ciò che riguarda la montagna è molto lento, ma questo docufilm in tre puntate vi aprirà gli occhi sul business delle scalate in Nepal e soprattutto sul disastro dell'aprile del 2015, quando un terremoto di 7,8 gradi con epicentro a circa 34 chilometri a sud-est di Lamjung, in Nepal, causò più di 8 mila morti. Un terremoto simile, vissuto a ottomila metri di altezza, è qualcosa di inimmaginabile. E' su Netflix.

Verso Seul e Pyongyang
C'è un altro effetto che la guerra della Russia contro l’Ucraina sta probabilmente innescando dall’altra parte del mondo, nel quadro di una più ampia destabilizzazione globale che va osservata in tutte le sue conseguenze. Nelle ultime settimane la Corea del nord ha aumentato incredibilmente il livello della pressione, con una serie di test ed esercitazioni militari inedita. E per la prima volta dopo molto tempo anche nell’Indo-Pacifico la minaccia nucleare è tornata a essere molto concreta: lunedì scorso la Kcna ha fatto sapere di aver condotto, con alcuni test missilistici, un’esercitazione per un attacco nucleare contro Corea del sud e America.

E’ come se le minacce atomiche di Putin abbiano dato il via a una rivendicazione legittima per quei paesi che si sentono minacciati nella loro sicurezza. Il Congresso del Partito comunista in Cina, tradizionale protettorato nordcoreano, potrebbe rallentare  la decisione di Pyongyang di effettuare il suo settimo test nucleare (l’ultimo c’è stato nel 2017). Ma la crisi internazionale permette a Kim di andare da Xi a dire: mi sento troppo minacciato nella mia sicurezza, devo reagire.

Per ragioni di amicizia storiche, ma anche per la condivisione di un modello anti-occidentale, Pyongyang sin dal 24 febbraio si è sempre schierata dalla parte della Russia. Anche al voto di mercoledì all’Assemblea generale dell’Onu la Corea del nord è stata una dei quattro paesi membri a votare contro la condanna dell’annessione russa di quattro regioni dell’Ucraina: gli altri erano la Russia, la Bielorussia e il Nicaragua. Le astensioni sono state 35, tra cui la Cina e l’India.

Si parla ovviamente tantissimo anche dell'eventuale supporto materiale che la Corea del nord potrebbe dare alla Russia. Secondo gli investigatori dell'Onu, il Bureau 53 dell'Esercito nordcoreano sarebbe il responsabile della compravendita di armi, e tra il 2019 e il 2021 ha intensificato lo shopping dalla sua missione in Russia (la Russia nega). Non si sa molto di più, per ora. L'altra cosa che si sa, è che negli ultimi mesi un "paese membro" ha beccato una società chiamata Pyongyang Kwangmyong Information Technology Corporation lavorare a Vladivostok, e reclutava cittadini russi per fare operazioni bancarie. Di più non sappiamo, ma la notizia va letta insieme a quella di qualche settimana fa, quando il console giapponese a Vladivostok è stato preso dal controspionaggio russo ed espulso: l'avevano beccato (o incastrato) a farsi dare segreti sui rapporti tra la Russia e "un altro paese asiatico", presumibilmente la Corea del nord.

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Kakao, la mega app sudcoreana che serve praticamente a fare qualunque cosa, si è rotta. E' offline da qualche ora a causa di un incendio al data center.


Dopo aver puntato tutto su Seul, averci provato con la provincia di Pyeongchang, il governo sudcoreano punta tutto su Busan. E' una delle città più belle sudcoreane, anche con il cibo più buono, e la Corea vuole a tutti i costi che ospiti Expo 2030 - in diretta concorrenza con Roma, che pure è candidata, e naturalmente tra le due sapete chi vincerà (le altre città candidate sono Odessa e Ryad). Ora, proprio in questa trasformazione di Busan in città super popolare entro l'assegnazione, che avverrà il prossimo anno, il governo locale sta ospitando sempre più eventi, congressi, appuntamenti sportivi. Poi ha avuto l'idea geniale: facciamo un concerto dei Bts.  Un concerto gratuito, per la megaband che si era presa "una pausa". Da mesi i prezzi degli hotel di Busan sono alle stelle.

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