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Autore Discussione: Mattia Feltri ... : il problema di Nordio siamo io, tu, voi.  (Letto 6271 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Ottobre 06, 2022, 09:24:21 pm »

Il 15% dei “non vado a votare per protesta” non sappiamo a chi andrebbero “caricati”.
Probabile agli estremisti, alla sinistra smagrita e al PD che di simpatizzanti delusi ne ha decine di migliaia, ma certamente non al voto di protesta alle destre (l’avrebbero espresso nell’urna).

Il risultato percentuale delle destre resta inchiodato a quello che è!

Invece il numero dei Seggi assegnato in regime di Riforma Elettorale da Revisionare è un pallone gonfiato, che solo se regge la Democrazia e se le Destre non commettono errori gravi, porteremo alle prossime elezioni.

Parere strettamente personale!!

ggiannig ciaooo
   
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 07, 2022, 06:35:59 pm »

Giuseppe Ravera

Copio /incollo da HuffPost di oggi. Inutile dire che condivido anche le virgole.

Non gli alleati, non le opposizioni, non la magistratura: il problema di Nordio siamo io, tu, voi

di Mattia Feltri

Se avessi vent’anni di meno mi infiammerei per Carlo Nordio e i suoi orizzonti, la milionesima proposta di riforma e l’apertura della milionesima disputa fra garantisti e giustizialisti, che uno sciagurato Enrico Letta pose come opposti estremismi da temperare, inconsapevole del garantismo come fondamento dello stato di diritto e delle democrazie liberali, secondo la mirabile sintesi di Luigi Manconi.
Leggo della conferenza stampa del ministro della Giustizia, impegnato a impilare il necessario – separazione delle carriere, abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, contenimento delle intercettazioni e dei conseguenti processi mediatici, ulteriore revisione dell’abuso d’ufficio, massiccia depenalizzazione di reati minori, drastica riduzione del ricorso alla carcerazione preventiva. Dico il necessario, e non intendo il necessario da fare, sarebbe troppa grazia, anzi troppa grazia e giustizia. Dico il necessario di cui perlomeno discutere in capo a un trentennio furibondo, nel quale, ebbra del consenso raccolto con Mani pulite, la magistratura si è raccontata ed è stata raccontata come l’unico organo sano del corpo malato, e dunque intoccabile, ogni trave conficcata nell’occhio derubricata a pagliuzza.
Mi limito allo sbrigativo elenco, perché il punto cui voglio arrivare è un altro: carceri indegne di un paese occidentale del terzo millennio, ricolme, e per un terzo di detenuti in attesa di giudizio, cioè costituzionalmente non colpevoli, circa duemila innocenti arrestati ogni anno, ovvero cinque o sei al giorno, giunte comunali e regionali rase al suolo per ragioni che spessissimo non reggono al dibattimento, il più straordinario attacco alla volontà popolare senza conseguenza alcuna, politici e non politici tenuti sotto indagine per decenni, quindi un sequestro di persona legalizzato, prima della resa per sentenza di assoluzione, grandi aziende strategiche per la ricchezza e la sicurezza dello Stato (l’Eni, per esempio) sotto imputazione perenne e di nuovo con nulli esiti processuali, procure protagoniste di retate a mezzo stampa, in un eterno reality show del quale noialtri giornalisti siamo i trombettieri, altro che diritto di cronaca e di critica.
Mi fermo qui, potrei andare avanti per pagine. Nemmeno mi voglio addentrare nelle interviste e negli interventi di cui i giornali sono oggi addobbati, di magistrati ed ex magistrati ardenti d’indignazione per il pacchetto di stampo berlusconiano, modo molto agevole di attizzare il richiamo della foresta che vuole dire buttarla in vacca. Dicono, per esempio, della separazione delle carriere da tradurre in assalto all’indipendenza della magistratura, quando l’indipendenza della magistratura in qualsiasi paese che non sia governato dai vari putinismi sparsi per il mondo riguarda la magistratura giudicante, i giudici, mentre la magistratura inquirente, le procure, sono ovunque sottoposte, un po’ più un po’ meno, al governo della politica perché a qualcuno deve pur rendere conto, mentre da noi non rende conto a nessuno, se non al quel Consiglio superiore della magistratura sul quale il caso di Luca Palamara ha spiegato quello che chi voleva sapere già sapeva.
Non mi infiammo più, invece, perché non c’è disponibilità nemmeno a parlarne, il capo del sindacato delle toghe dice noi siamo disposti alle riforme buone e indisposti alle riforme cattive e quelle di Nordio sono cattive. Fine. Punto. Stop. Si alza il vallo dei privilegiatissimi e dei loro sostenitori, non so quanto reggerà la maggioranza di governo, peraltro culturalmente incline al festival delle manette, la sinistra fa opposizione per fare opposizione, non per migliorare le cose, e non riesce a uscire dalla sudditanza psicologica verso i veri potenti, i detentori delle chiavi del carcere.
Non se ne farà niente soprattutto perché di questo vituperio delle libertà fondamentali non importa che a pochissimi, il valore simbolico e concretissimo della cura della libertà di ognuno fino a prova contraria, ossia la pietra angolare su cui poggiano le democrazie liberali, è dimenticato o trascurato da movimenti di opinione impegnati a far valere profusioni di diritti, senza sapere che i diritti, se non c’è Diritto, non stanno in piedi. Aggiustare la magistratura per aggiustare il paese non è un’esigenza, non scuote, non mobilita, non riempie le piazze, e dunque è questo paese e questa magistratura che vogliamo e che ci terremo.

da Facebook del 7 dicembre 2022

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