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Autore Discussione: Socialismo liberale -- Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.  (Letto 3973 volte)
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« inserito:: Agosto 18, 2022, 12:45:56 pm »

FERRAGOSTO SOCIALISTA E IL PD SENZA IDENTITA'
 

Una lettera all'Avanti! di Rino Formica in occasione dei 130 anni del Psi
 
Il PD celebri i 130 del Psi e annunci un cambiamento di prospettiva che torni al movimento socialista


 Rino Formica
 
Il PD rivendica una primazia sulla sinistra senza un’autocritica.
 
Cerca di creare una suggestione elettoralistica pura e semplice, ma non manifesta una concreta volontà per una prospettiva di cambiamento. Sono generali che hanno perso la guerra di questi 30 anni.
 
Il richiamo ai "progressisti", termine che i  comunisti usavano per non usare la parola socialisti, è solo un riconoscimento formale che non riprende le ragioni delle origini della memoria che si richiama.
 
Quelle origini furono 130 anni fa nella nascita del Psi, ovvero nell’invenzione del primo partito di massa nazionale che riuniva realtà disperse ma già presenti: diverse per ispirazione tra loro, di una classe che era disgregata in plebe, per farne un soggetto politico pienamente inserito nella vita politica nazionale dopo l’Unità.
 
Oggi non c’è alcun soggetto politico unitario nazionale che raccolga e dia voce politica nella democrazia italiana: tutto è disperso in una aggregazione composita e contraddittoria, da un lato, e nell’astensione minacciosa per la dimensione che profila all’orizzonte.
 
E’ da quell’invenzione che occorre ripartire in una situazione che oggi per molti aspetti, per disordine e fragilità politica, precede il 1892.
 
Ma come fa una sinistra a perdersi sul punto centrale di dividersi se allearsi o meno con un partito che ha raccolto il populismo e che lo ha portato al governo (caso unico in Europa) dando il colpo di grazia al sistema politico? E che per tutta conseguenza si è liquefatto nel giro di due/tre anni? Oggi il sistema politico italiano è forse l’unico che non ha più una struttura che regga di fronte alla società che necessita di rappresentanza.
 
Il drammatico errore della sinistra è stato quello di credere di poter beneficiare della crisi della sinistra storica e poi del sistema, illudendosi di rimanere l’unico bastione di riferimento. E non ha capito che il mancato rispetto e la mancata salvaguardia del sistema politico rappresentativo della società, a partire dal mondo del lavoro, avrebbe travolto prima di altri proprio essa stessa.
 
Detto questo, caro Avanti! gli auguri di buon Ferragosto sono da accompagnarsi a una testimonianza che resti per il futuro. La invio come mia dichiarazione personale: “Il 15 agosto di 130 anni fa nasceva il Partito socialista italiano. Fu il primo grande partito nazionale della storia post-risorgimentale. Insieme dobbiamo chiedere a Enrico Letta e alla lista unificata Pd-psi-Art 1 di ricordare l’evento fondativo del movimento organizzato dei lavoratori italiani. Questa è una condizione sine qua non perché Letta possa chiedere il voto ai socialisti senza tessera. Ma accompagnandola con l’impegno a tornare all’antica origine di cui richiama la memoria socialista anche nella Lista “progressista”, quello di una rinascita del socialismo socialdemocratico”.
 
E’ questa dichiarazione una testimonianza, non una impotente polemica, di fronte alla verità e alla resa dei conti di una molto probabile disfatta della sinistra italiana. Non solo elettorale, ma definitivamente strutturale. 

Rino Formica
 
  ...


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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 06, 2022, 09:30:42 pm »

Gruppo di Gianni Gavioli
SOCIALESIMO. PROLEGOMENI di DEMOCRAZIA Socialista.
Privacy del gruppo: Pubblica
Gianni Gavioli ha condiviso un post.
Amministratore
Esperto del gruppo
  ·
Nuova costituente con nuovi protagonisti?
E per un Progetto che sfiori la terra, dove camminiamo noi potenziali simpatizzanti di Partiti democratici per davvero.
ciaooo
---
Andrea Orlando
Ma davvero qualcuno è convinto che da una sconfitta di questa portata se ne esca con un congresso ordinario tutto incentrato sul cambio della leadership?
Oppure rivendicando lo zero virgola in più in questo o quel territorio, o con la contrapposizione centro-periferia (come se in periferia non ci fossero problemi), ripetendo la litania contro le correnti nazionali, magari ben saldi alla guida di filiere locali?
Questa sconfitta non si supera con la propaganda o la tattica perché essa interroga il ruolo e il destino del PD.
Gli errori tattici sono il sintomo, non la causa. E la causa sta nel fatto che il PD oggi è un soggetto irrisolto.
Io ho detto come la penso da tempo: una spessa coltre di moderatismo ci impedisce di vedere la radicalità delle domande sociali che crescono nel Paese a causa delle diseguaglianze e della svalutazione del lavoro. Sono domande che necessiterebbero di cambiamenti profondi, senza i quali il riferimento naturale diventa il populismo e l’antipolitica.
Penso che altri considerino questa mia valutazione sbagliata e ritengano che la funzione perpetua del PD sia quella dell’aggiustamento di un sistema di cui ci si candida a essere il garante, in nome di un riformismo senza ulteriori connotazioni.
Sono strade molto diverse, con riflessi diversi anche nella rappresentanza sociale che si intende svolgere. Vanno discusse con profondità e rigore, possibilmente senza farsi dettare da esigenze mediatiche la tabella di marcia.
No compagni, questa volta non ci sono scorciatoie personalistiche!
O si inquadra bene l’oggetto del contendere e si apre la discussione ai delusi, a chi si è disperso, a chi fa politica “con altri mezzi” nell’associazionismo, nel volontariato, nel sindacato, o questa discussione rischia di essere inutile se non fatale.
Serve una nuova Costituente.
Non si tratta di una sconfitta ordinaria, dunque, e nemmeno ordinaria è la vittoria della Meloni. Tra una felicitazione e un riconoscimento del risultato (come se fosse una graziosa concessione), traiamo le conseguenze da questo fatto.
Se è vero che ha vinto la destra estrema, se è vero che esiste il rischio di uno spostamento verso le democrazie illiberali di Visegrad, allora la risposta non può essere ordinaria, appunto.
Il fatto di non aver tratto tutte le conseguenze dalla concretezza di questo rischio nella formazione delle alleanze non può essere una giustificazione nella prosecuzione dell’errore.
E allora, il PD proponga subito un patto d’azione con tutte le altre opposizioni.
Non c’entra nulla il mancato “Campo largo”, dell’alternativa futura alla destra temo avremo tempo di parlarne. Ma le opposizioni non potranno trovarsi divise, tra loro conflittuali, di fronte alle prime mosse di una destra dai caratteri inquietanti che tutti abbiamo denunciato in campagna elettorale.

---
Commenti: 2
Gilberto Gavioli
un ricostituente, e una bussola...

Arturo Infante
Serve per prima cosa una nuova mappa sociale. Dici giustamente "una spessa coltre di moderatismo ci impedisce di vedere la radicalità delle domande sociali che crescono nel Paese a causa delle diseguaglianze e della svalutazione del lavoro. Sono domande che necessiterebbero di cambiamenti profondi, senza i quali il riferimento naturale diventa il populismo e l’antipolitica." Quanta verità in quelle parole. La riflessione su questo tema doveva essere il cardine della costruzione dell'Ulivo, si è voltata la testa dall'altra parte. Da una parte c'è chi pigramente si ancorava ad un operaismo sterile, con una classe operaia che non esiste più, al limite sostituita dalla più debole condizione di precariato e schiavi del call center. Dai "nuovi proletari" possono nascere proteste anche accese ma non può nascere la coscienza di classe tanto proclamata quando una classe esisteva ancora. Non si riesce neanche a creare federazioni chiare sindacali a difesa di quelle persone. Dall'altra parte una resa incondizionata a vecchie culture liberiste in voga nel secolo scorso, senza alcuna conoscenza dei processi in atto che superano quelle teorie, anche per la stessa ragione che la classe degli operai sfruttati tende ad estinguersi. Se ci affacciamo fuori anche la scelta del Movimento 5 Stelle di trovare la propria base fra precari e disoccupati è debole, i problemi sociali che stanno arrivando soverchieranno anche la presa di posizione del "nuovo" Movimento di Conte, a meno che non sfoci in violente sommosse senza esito. Chi si illude che la destra troverà difficoltà nel gestire il momento non considera che da quella parte ci sono persone come Crosetto, capace di procedere con la dovuta cautela e pragmatismo, anche con una discreta preparazione. Allora si deve costruire una idea di società che vogliamo. Gli errori più gravi potrebbero essere la difesa strenua di posti di lavoro improduttivi con il progresso tecnologico. Prima o poi il progresso travolge ogni argine. Meglio puntare su una crescita della ricchezza da distribuire, creare una protezione per quelli che perderanno il lavoro (e non potranno trovare un altro perché privi di competenze), creare percorsi di creazione di competenze (leggi soprattutto cultura perché le "vecchie" competenze del saper fare qualcosa sono superate) soprattutto nei giovani. Occorrerà affermare il diritto ad una vita dignitosa, a poter conseguire quelle conoscenze necessarie al futuro (Letta ha detto parole sagge ad inizio campagna elettorale, doveva sostenerle con un approccio vivace anche sul tema della tassa di successione per i super ricchi, invece si è fatto travolgere dallo slogan "vuol mettere nuove tasse"), portare avanti i discorsi sui diritti umani. Di queste cose ne parlerò domani con De Masi in un incontro in rete, so che le sue posizioni sono un po' monche rispetto a questi temi (e forse mi scazzerò pure) tese solo alla prima parte in difesa dei poveri, però ha idee precise su alcuni temi (oltre ad aver fatto il consigliere di Conte, ma ha anche parlato con SI, UP, PD in quest'ordine). Mi scuso per la eccessiva cripticità di quello che ho scritto in alcuni passi, ma dipanare tutto sarebbe troppo lungo. Appena smaltita la botta e superato qualche problemino, farò un intervento meglio articolato su LAU. Vorrei far nascere un manifesto sulle necessarie riflessioni, che non sia una semplice enunciazione di buoni propositi, spesso ovvi e semplici. Vorrei rimettere insieme alcune teste (questo veramente fu già un invito di De Masi quando le Sardine erano in pieno vigore, ora brancolano), che possono sembrare anche contradditorie fra loro, ma se si accetta il confronto allora qualcosa di buono e nuovo si può costruire e rilanciare soprattutto fra i giovani.

da – FB del 28 settembre 2022
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« Risposta #2 inserito:: Gennaio 01, 2023, 07:14:30 pm »

Socialismo liberale
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Il socialismo liberale (o liberalsocialismo), è una corrente ideologica e politica che unisce il pensiero socialista (e nella fattispecie il socialismo democratico) con le istanze del liberalismo classico.[1]
Rispetto al socialismo classico, il fine ultimo, per i socialisti liberali, non è la totale conversione della società capitalistica in una di stampo socialista[2], bensì il conseguimento di un sistema economico misto, caratterizzato da una qualche forma di regolamentazione e pianificazione economica statalizzata coniugata a una mera economia di mercato[3], in cui siano equamente contemplate la presenza di proprietà privata e proprietà statale, sotto forma di imprese pubbliche nazionalizzate o di società cooperative (autogestite o meno), dei beni strumentali, e in cui il processo politico-economico della società sia maggiormente democratizzato.[4][5]
Il socialismo liberale è stato paragonato alla socialdemocrazia del secondo dopoguerra, in quanto quest'ultima sostiene un'economia mista che include sia la proprietà privata che la proprietà sociale nei beni capitali. Il socialismo liberale avversa gli oligopoli (considerati come incompatibili sia con la libertà d'impresa che con la giustizia sociale), si oppone a un mercato completamente non regolamentato, e considera sia la libertà che l'uguaglianza compatibili e reciprocamente dipendenti l'una dall'altra.

 
Indice
•   1 Storia
o   1.1 Origini
o   1.2 L'opera di Rosselli e Gobetti in Italia
o   1.3 Fra gli anni venti e quaranta
o   1.4 Sviluppi nel secondo dopoguerra
o   1.5 Gli anni settanta e ottanta
o   1.6 Gli anni novanta, 2000 e 2010
•   2 Fondamenti
•   3 Partiti socialisti liberali
•   4 Note
•   5 Bibliografia
•   6 Voci correlate
•   7 Altri progetti
•   8 Collegamenti esterni
Storia

Origini
Sul finire del XIX secolo, intellettuali di area liberale e socialista arrivarono a teorizzare un modello politico e sociale che comprendesse liberismo e socialismo democratico.
Uno dei precursori del socialismo liberale è John Stuart Mill, secondo il quale le società capitaliste avrebbero dovuto sperimentare graduali processi di socializzazione tramite imprese autogestite coesistenti con imprese private[6]. Si può considerare tra i precursori del socialismo liberale anche Pierre-Joseph Proudhon, teorizzatore del mutualismo, il quale vedeva delle reali connessioni tra i concetti di libertà e uguaglianza[7][8].
In Italia, il precursore del socialismo liberale è considerato da alcuni Gaetano Salvemini, che ebbe tra i propri allievi, tra gli altri, Carlo Rosselli, Ernesto Rossi e Camillo Berneri[9].
Salvemini, nel 1920, si pose il problema del nesso tra democrazia, socialismo e riformismo[9], ritenendo che il capitalismo dovesse essere riformato per opera del movimento operaio, in modo da migliorare le condizioni materiali di tutti; inoltre egli postulò il superamento del marxismo e sostenne, come Filippo Turati (deputato del Partito Socialista Italiano dell'epoca), che i socialisti dovessero andare al potere per salvare la democrazia.
In quegli anni, del resto, il PSI diede il suo appoggio parlamentare a governi come quelli di Zanardelli, Sonnino e Giolitti. Così vennero varate nuove importanti riforme: l'abbassamento delle ore di lavoro giornaliero fino a dieci, l'impedimento per i bambini e le donne di svolgere lavori in miniera, la nazionalizzazione delle ferrovie e della scuola elementare (fino ad allora di competenza solo dei Comuni), e l'istituzione di una cassa nazionale per le assicurazioni sociali (l'attuale INPS).

L'opera di Rosselli e Gobetti in Italia
Il logo del movimento Giustizia e Libertà
Nei primi anni venti Carlo Rosselli, uno degli allievi di Salvemini, collabora con la rivista La Rivoluzione liberale di Piero Gobetti. Essa nacque proprio tra il 1920 e il 1924 con l'obiettivo specifico di approfondire i legami tra liberalismo e socialismo, auspicando anche che il liberalismo divenisse la teoria delle élite operaie: Gobetti aveva appunto vissuto molto da vicino la fase dell'occupazione delle fabbriche in una città industriale come Torino, e aveva così maturato l'idea di democrazia dal basso "di cui egli vedeva un esempio nel movimento torinese dei consigli di fabbrica (ben presto comunisti) dell'Ordine Nuovo per la formazione di una aristocrazia operaia"[10].
Gobetti e Rosselli insieme si interrogarono sugli errori commessi dai vecchi partiti, anche in relazione all'avanzata fascista, e si facevano promotori di un'opera di opposizione dura al regime.
Tuttavia Gobetti, il quale pure intratteneva ottimi rapporti con Antonio Gramsci (ma non con Palmiro Togliatti che lo definirà “parassita della cultura”) continuava a definirsi genericamente un "liberale" (pur essendo il suo un liberalismo a sfondo sociale): immaginava una "società di produttori", e professava essenzialmente una visione di liberalismo profondamente radicato nel mondo del lavoro, comunque distante rispetto alle idee marxiste.
Anche Rosselli sviluppò una differente lettura del "socialismo", al di fuori del marxismo: egli lo intendeva come un "divenire perenne”, scrivendo: “Non vi è giorno in cui potrà dirsi realizzato. È un ideale di vita, d'azione, immenso, sconfinato, che induce a superare di continuo la posizione acquisita conforme all'elemento dinamico progressista dei ceti inferiori che salgono irresistibilmente".
A giudizio di Rosselli, uno dei problemi del socialismo italiano era il marxismo, perché per lui non aveva alcun senso un PSI marxista: infatti, all'epoca, i cosiddetti "riformisti" nel partito erano sostanzialmente marxisti moderati: essi non accettavano cioè di abiurare il marxismo, semmai lo conciliavano con altre idee e ne davano versioni particolari, come Giuseppe Saragat e il suo “umanesimo marxista14].

Sviluppi nel secondo dopoguerra
Dopo la seconda guerra mondiale, l'unico partito che propagandava l'idea di un socialismo liberale era il Partito d'Azione, che però era frammentato al suo interno. Fu per questo che Benedetto Croce, il quale inizialmente vedeva con favore le idee liberalsocialiste, cominciò a condannare queste idee, ritenute da lui non ben definite, poiché temeva che potesse emergere un movimento socialista che avrebbe riportato l'Italia a una dittatura.
In quel periodo Giuseppe Saragat organizzò, nel gennaio 1947, la scissione di "Palazzo Barberini", uscendo così dal PSI e ricreando il vecchio Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), ridenominato poi Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI); Giuseppe Saragat concepiva la socialdemocrazia italiana come una forza politica mirata alle esigenze dei nuovi ceti medi dinamici, una forza che doveva perseguire non tanto l'obiettivo della giustizia sociale quanto quello della parità sociale ("pari opportunità").
Alcuni mesi dopo, nell'ottobre 1947, fu sciolto il Partito d'Azione, e le sue componenti (tra cui quella liberalsocialista) si sparsero nell'ambito dell'area progressista soprattutto socialista (PSI e PSDI) e laica (Partito Repubblicano Italiano).
Anche nel Partito Liberale Italiano (PLI) di Benedetto Croce si sviluppò una corrente minoritaria che vedeva nel socialismo molti punti d'incontro da adottare per una riforma social-progressista del liberalismo classico: nel 1944 Nicolò Carandini si faceva capo di questa corrente, che però dopo pochi anni si trovò ai margini di un PLI che si era spostato sempre più a destra. Nel 1948 il gruppo intorno a Carandini e Mario Ferrara uscì dal PLI e formò il Movimento Liberale Indipendente (MLI) che cercava di realizzare una via laica tra liberali progressisti e socialdemocratici, molto simile all'ordoliberalismo di Wilhelm Röpke, che aveva come obiettivo il raggiungimento di un'economia sociale di mercato. Portavoce di questa iniziativa era Il Mondo di Mario Pannunzio. I tentativi da parte del gruppo di Carandini però fallirono, anche per l'impossibilità di mobilitare l'ambiente degli ex-azionisti, e nel 1951 il MLI rientrò in un PLI nel frattempo tornato su posizioni di centro.

Alla fine del 1955, dopo l'avvento di Giovanni Malagodi alla guida dei liberali e una nuova sterzata del partito sulla linea di una destra economica, il gruppo di Carandini lasciava di nuovo il PLI formando questa volta, insieme con elementi dell'area ex-azionista (Leo Valiani) il Partito Radicale (PR). Questo partito, seppur con scarso peso elettorale, si adoperò per preparare sul piano teorico l'ingresso del Partito Socialista Italiano nell'area governativa intorno alla Democrazia Cristiana, creando un contrappeso social-liberale il più forte possibile rispetto ai democristiani.
Il Partito Radicale fece un'alleanza con il PRI per le elezioni legislative del 1958 e con il PSI per le amministrative del 1960. Si sciolse nel 1962, in seguito a dissensi interni, prima di poter partecipare all'ingresso del PSI al governo.
In questo periodo, molti partiti socialisti e socialdemocratici europei cominciarono ad allinearsi su idee di un socialismo non marxista: il primo partito a compiere questo passo fu il Partito Socialdemocratico di Germania durante il congresso di Bad Godesberg del 1959.

Gli anni settanta e ottanta
Nell'agosto del 1978 apparve sul settimanale L'Espresso un ampio articolo dal titolo Il Vangelo Socialista, cofirmato da Bettino Craxi, segretario del PSI dal 1976, e fatto pervenire a lui da Luciano Pellicani, docente di sociologia politica[15]. Nel 1979, inoltre, il giornalista Enzo Bettiza e il socialista Ugo Intini scrissero un saggio intitolato Lib/Lab[16]. Il Partito Socialista Italiano cominciò a elevare il socialismo liberale a principale riferimento culturale della sinistra riformista italiana con questi scritti, e con i progetti di divulgazione e propaganda che furono portati avanti subito dopo dall'Avanti! e dalle riviste Mondoperaio e Critica Sociale, anche attraverso dibattiti con personalità del mondo liberale come Enzo Bettiza, Giovanni Spadolini e Massimo Pini.
Durante la segreteria di Craxi, il PSI si spostò ufficialmente da una visione puramente socialdemocratica all'idea liberalsocialista, ponendo in evidenza il richiamo alla continuità con le idee di Carlo Rosselli dato, oltre allo smarcamento dal marxismo e la condanna al leninismo, con il riconoscimento al ruolo delle imprese e dell'iniziativa economica privata nelle moderne economie, la valorizzazione dell'individuo e la esaltazione del pluralismo economico e sociale, ritenuto essenziale per garantire il pluralismo politico, nonché, sempre secondo questa prospettazione, l'innovativo messaggio dell'alleanza tra merito e bisogno sviluppato sul finire degli anni ottanta.
Anche il Partito Socialista Operaio Spagnolo si smarcò dalla tradizione marxista in un congresso straordinario del settembre 1979; il partito era guidato da Felipe González, il quale nel 1982 fu eletto capo del governo.
Fu in questo periodo che in Italia cominciò la stagione dei governi guidati dal Pentapartito (nel quale erano inclusi PSI e PSDI), e fu in questo periodo che in molti governi europei erano presenti partiti socialisti e socialdemocratici (come i già citati Partito Socialista Operaio Spagnolo e Partito Socialista francese, il Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia e il Movimento Socialista Panellenico).

Gli anni novanta, 2000 e 2010
Nel 1990, il Partito Socialista francese (il cui segretario all'epoca era Pierre Mauroy) considerò il socialismo liberale come una delle ideologie ufficiali del partito: nella dichiarazione dei principi del 1990, infatti, il partito sostiene un'economia mista che, senza misconoscere le regole del mercato, fornisce al potere pubblico e alle forze sociali i mezzi per la realizzazione degli obiettivi di interesse generale; il partito, con quella dichiarazione, cercò altresì di coniugare economia mista e sviluppo sostenibile.
Secondo alcuni osservatori, inoltre, principale interprete di una linea politica essenzialmente liberalsocialista sembrerebbe essere stato il Partito Laburista inglese di Tony Blair, la quale, a ben vedere, si configurò piuttosto come il prodotto di una trasformazione radicale del laburismo britannico: in effetti la linea di Blair riflette il progetto del socialismo liberale unicamente nella parte "liberal", quindi un modello di società che si propone di garantire pari opportunità in un contesto neoliberale (un progetto di terza via, definito talvolta come blairismo), con l'intuizione della necessità di venire incontro ai bisogni degli individui dotati di talento e di capacità di poter emergere contro ogni logica di privilegio sociale, accantonando ogni progetto relativo alla redistribuzione della ricchezza. Uguale discorso si può fare in relazione ai progetti politici del Partito Socialdemocratico di Germania di Gerhard Schröder e del Partito Socialista portoghese di António Guterres, oltre ad altre frange della sinistra riformista europea.
Nel luglio del 2000, il Partito Socialista Operaio Spagnolo elesse José Luis Rodríguez Zapatero come segretario generale. Successivamente, Zapatero presentò un progetto d'azione che, a suo parere, propugnava un socialismo «profondo e autenticamente liberale19], quando fu chiamato a dare riferimenti politici e culturali più solidi e riconoscibili al socialismo liberale, nella sua opera principale (appunto chiamata “Socialismo liberale” e scritta nel 1929, nel confino di Lipari, dove era stato inviato dal regime fascista per avere aiutato Filippo Turati e Sandro Pertini a espatriare in Francia) ne sviluppò una definizione attorno a 13 tesi:
1.   Il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale.
2.   Come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori, senza bisogno di aspettare il sole dell'avvenire.
3.   Tra socialismo e marxismo non vi è parentela necessaria.
4.   Anzi, ai giorni nostri, la filosofia marxista minaccia di compromettere la marcia socialista.
5.   Socialismo senza democrazia è come volere la botte piena (uomini, non servi; coscienze, non numeri; produttori, non prodotti) e la moglie ubriaca (dittatura).
6.   Il socialismo, in quanto alfiere dinamico della classe più numerosa, misera, oppressa, è l'erede del liberalismo.
7.   La libertà, presupposto della vita morale così del singolo come delle collettività, è il più efficace mezzo e l'ultimo fine del socialismo.
8.   La socializzazione è un mezzo, sia pure importantissimo.
9.   Lo spauracchio della rivoluzione sociale violenta spaventa ormai solo i passerotti e gli esercenti, e mena acqua al mulino reazionario.
10.   Il socialismo non si decreta dall'alto, ma si costruisce tutti i giorni dal basso, nelle coscienze, nei sindacati, nella cultura.
11.   Ha bisogno di idee poche e chiare, di gente nuova, di amore ai problemi concreti.
12.   Il nuovo movimento socialista italiano non dovrà esser frutto di appiccicature di partiti e partitelli ormai sepolti, ma organismo nuovo dai piedi al capo, sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa della libertà e del lavoro.
13.   Che è assurdo imporre a così gigantesco moto di masse un'unica filosofia, un unico schema, una sola divisa intellettuale.
In sostanza il programma liberalsocialista di Rosselli proponeva il superamento del concetto della lotta di classe, del determinismo economico marxista e dell'idea di massa da guidare al socialismo, in funzione di una nuova forma di socialismo che nasce e cresce sull'idea di Libertà (civile, economica, politica) rappresentando così l'eredità del liberalismo invece che la sua negazione, e in grado di realizzare una profonda modernizzazione delle strutture sociali ed economiche attraverso un'opera di riforme costanti e progressive finalizzate alla graduale emancipazione dei lavoratori e dei ceti emarginati della società, seppur all'interno della cornice liberal-democratica.
Disse infatti ancora Carlo Rosselli:
«Il socialismo non è che lo sviluppo logico, sino alle sue estreme conseguenze, del principio di libertà. Il socialismo è liberalismo in azione, è libertà che si fa per la povera gente.»
Anche Guido De Ruggiero sottolineava, nella sua Storia del liberalismo europeo, la "funzione liberale" del socialismo, ritenendo il marxismo "intellettualmente errato" e il concetto di lotta di classe "privo di fondamento". Nei suoi scritti egli evidenziò la validità liberale delle lotte socialiste: egli sosteneva l'idea di un nuovo liberalismo capace di condividere con il socialismo democratico una battaglia per il progresso sociale e la difesa delle libertà individuali.
Riflessioni in epoca più recente sono state condotte da Norberto Bobbio, Ralf Dahrendorf, Giorgio Ruffolo, Gaetano Arfé, Luciano Pellicani e Luciano Cafagna. A proposito dei termini socialismo liberale e liberalsocialismo (inteso come liberalismo sociale), Norberto Bobbio ha scritto:
«Il liberalsocialismo [...] nasceva dal grembo della tradizione liberale come eresia del liberalismo di origine intellettuale, mentre il socialismo liberale nelle sue varie apparizioni storiche, da quella anarchica a quella rosselliana, era nata all'interno dei movimenti di sinistra il cui soggetto storico era la classe operaia. Volendo usare ancora una volta la dicotomia destra-sinistra, che, nonostante l'ostracismo cui è a parole condannata, è ancora di dominio comune, il socialismo liberale potrebbe essere definito un socialismo di destra e il liberalsocialismo, invece, un liberalismo di sinistra»
(Attualità del socialismo liberale, prefazione a Carlo Rosselli, Socialismo liberale, Einaudi, 1997, pp. VIII-IX)
In via generale tuttavia, liberalsocialismo è la contrazione di socialismo liberale, costituendo comunque cosa distinta rispetto al liberalismo sociale o socioliberalismo, che invece rappresenta l'ala sinistra del liberalismo.
Per Ian Adams, la socialdemocrazia del secondo dopoguerra e il New Labour socialista sono esempi di socialismo liberale; tuttavia il New Labour è una filosofia che propugna politiche sociali ma, a differenza del socialismo liberale, è contrario a forme di interventismo economico da parte dello Stato.
Partiti socialisti liberali
Alcuni partiti che includono il socialismo liberale tra le ideologie principali (rendendolo quindi comune a tutte le eventuali correnti interne e non prerogativa di una sola corrente) sono:
•   Partito Socialista Italiano
•   Partito Socialista Operaio Spagnolo
•   Partito Socialista portoghese
•   Partito Socialista francese
•   Partito Social Democratico rumeno
Altri partiti che in un certo senso sono vicini alle idee liberalsocialiste sono, in generale, tutti i partiti socialdemocratici ed alcune entità politiche d'ispirazione radicale, con aggiunta di:
•   
•   Azione
•   Volt Europa
•   Nuovo PSI
•   Partito Sardo d'Azione
In passato sono stati vicini a idee liberalsocialiste Partito d'Azione, Democratici di Sinistra, Socialisti Democratici Italiani e Rosa nel Pugno.
Note
1.   ^ Gerald F. Gaus, Chandran Kukathas. Handbook of Political Theory. SAGE Publications, 2004. p. 420.
2.   ^ Ian Adams. Ideology and Politics in Britain Today. Manchester University Press, 1998. p. 127.
3.   ^ Steve Bastow, James Martin. Third way discourse: European ideologies in the twentieth century. Edinburgh, Scotland, UK: Edinburgh University Press, Ltd, 2003. p. 72.
4.   ^ Gareth Dale, Karl Polanyi: A Life on the Left, su books.google.com.br, Columbia University Press, 14 giugno 2016. URL consultato il 4 aprile 2018. Ospitato su Google Books.
5.   ^ http://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/1470594x03002002004
6.   ^ (EN) Dale E. Miller, Mill's 'Socialism, in Politics, Philosophy & Economics, vol. 2, n. 2, 2003, pp. 213–238, DOI:10.1177/1470594x03002002004.
7.   ^ Monique Canto-Sperber, Proudhon, the First Liberal Socialist (PDF), su stacks.stanford.edu.
8.   ^ Proudhon: un anarchico che prospetta un socialismo nella libertà, su fondazionenenni.blog.
9.   
9.   Socialismo liberale/Liberalsocialismo « Biblioteca liberale, su bibliotecaliberale.it.
10.   ^ Gianfranco Contini, La letteratura italiana Otto-Novecento, Milano, Rizzoli, 2001, p. 256.
11.   ^ Giuseppe Saragat, Marxismo e democrazia, Marsiglia, 1929.
12.   ^ Benedetto Croce, Liberismo e liberalismo, vedi la sezione Bibliografia
13.   ^ Martin Sandbu, What the Nordic mixed economy can teach today's new left, in Financial Times, 28 agosto 2018. URL consultato il 3 dicembre 2019.
14.   ^ Edoardo Petti, Le critiche di D’Alema alla Terza Via? Frutto della presunzione storica del Pci. Parla Pellicani, in Formiche.net, 1º dicembre 2014.
15.   ^ Luciano Pellicani e Bettino Craxi, Il Vangelo socialista. Craxi e Berlinguer 30 anni fa, in DorinoPiras.it, 26 agosto 2008.
16.   ^ Ugo Intini, I SOCIALISTI; Dal 1960 alla tragedia: gli uomini, i fatti, la verità, Milano, Editoriale Gea, 1996, pp. 127-128.
17.   ^ David Fernández, Zapatero propone el «socialismo liberal» como alternativa al centro reformista, in La Voz de Galicia, 20 ottobre 2000.
18.   ^ Zapatero emprende el cambio ideológico del PSOE para disputar el centro al PP, in El País, 1º luglio 2001.
19.   ^ Michele Mioni, L’esperienza intellettuale e politica del laburismo nel pensiero di Carlo Rosselli, in Diacronie Studi di Storia contemporanea, vol. 4, n. 12, 2012, DOI:10.4000/diacronie.2535. URL consultato il 4 novembre 2021.


Bibliografia
•   Carlo Rosselli, Socialismo liberale e altri scritti, Torino, Einaudi, 1973. (prima edizione francese: 1930)
•   Carlo Rosselli, "Giustizia e Libertà" e la Concentrazione Antifascista (1929-1934), Torino, Einaudi, 1988.
•   Carlo Rosselli, Scritti dall'esilio - Dallo scioglimento della Concentrazione Antifascista alla Guerra di Spagna 1934-1937, Torino, Einaudi, 1988.
•   Aldo Garosci, Vita di Carlo Rosselli, Firenze, Vallecchi, 1945.
•   Guido Calogero, Primo Manifesto del Liberalsocialismo, Roma, Ed. Roma, 1945. (scritto nel 1940)
•   Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Liberismo e liberalismo, Napoli, Ricciardi, 1957.
•   Guido De Ruggiero, Storia del liberalismo europeo, Bari, Laterza, 1925.
Voci correlate
•   Liberalismo sociale
•   Socialdemocrazia
•   Modello svedese
•   Fabianesimo
•   Liberalismo
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•   Riformismo
•   Socialismo
•   Socialismo democratico
•   Socialismo libertario
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Collegamenti esterni
•   liberalsocialismo, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. 
•   Socialismo liberale nella biblioteca del progetto Manuzio - LiberLiber (PDF), su liberliber.it.
•   "Il Socialismo Liberale da Rosselli a Craxi" di Mauro Del Bue, su kore.it. URL consultato il 6 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 19 gennaio 2012).
•   Socialismo liberale/Liberalsocialismo « Biblioteca liberale, su bibliotecaliberale.it.
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