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« inserito:: Maggio 20, 2022, 03:30:26 pm » |
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Vito Mancuso Preferiti · Seoodpafg422540 h4t404ha1 ·
TEOLOGIE DELLA STORIA E GUERRA UCRAINA
di #VitoMancuso pubblicato su La Stampa il 16.04.2022 con il titolo "Tra Dio e il Male", due teologie alternative ed entrambe legittime, una per la resistenza e l'altra per la resa al potere politico.
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Prendiamo per un attimo tutti sul serio, credenti o non credenti, il dogma della dottrina cristiana: che cioè Dio si sia fatto uomo. Dico “Dio”: la Verità, la Sapienza, la Forza, una forza così forte da essere Onnipotenza e così intelligente da essere Provvidenza. Colui che sa tutto, che vede tutto, che può tutto, che dispone tutto. Ebbene, Dio si fa uomo, entra nel mondo da lui creato e assume un corpo da lui plasmato. In una situazione normale cosa succede a chi è il padrone assoluto di un posto, per esempio di un’azienda, quando si reca nella sua proprietà che dipende da lui in tutto e per tutto? Succede l'accoglienza più trionfale. Non certo rifiuto, persecuzione, condanna a morte e relativa esecuzione. Questo in una situazione normale. Il cristianesimo, annunciando la morte del Figlio di Dio, di cui dichiara che è “Dio vero da Dio vero”, ci fa intendere che noi nella Storia non siamo in una situazione normale. È quello che ribadirà a modo suo l’Amleto di Shakespeare sedici secoli dopo: “La Storia è uscita dai cardini” (“The time is out of joint”). La morte di croce del Figlio di Dio svela che la Storia è guidata da potenze avverse al Bene, san Paolo le denomina “dominatori di questo mondo di tenebra” (Efesini 6,12), l’evangelista Luca fa dire a Satana che tutti i regni del mondo sono suoi e che egli li concede a chi vuole (cfr. Luca 4,6), l’evangelista Giovanni designa Satana “il capo di questo mondo” (Giovanni 12,31). Insomma, non c’era bisogno di attendere Vladimir Putin per capire il volto osceno e strutturalmente malvagio del potere: questa è la sostanza della Storia quale emerge dal Nuovo Testamento. O meglio, da una delle due teologie della Storia che esso presenta. Ve ne è infatti un’altra, altrettanto autorevole, che sostiene pressoché l’opposto: cioè che la Storia è guidata e controllata interamente da Dio, lo è sia nella finalità complessiva cui essa tende sia in ogni minimo evento che vi accade. Chiede per esempio Gesù ai discepoli: “Due passeri non si vendono forse per un soldo?”. E prosegue: “Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Persino i capelli del vostro capo sono tutti contati.” Per poi concludere: “Non abbiate dunque paura” (Matteo 10,30-31). Noi oggi abbiamo molta paura e per questo sapere che c’è chi vede e provvede aiuta a diminuirla, se non proprio a estinguerla. Questa seconda teologia della Storia è molto più rassicurante della prima, ma quale delle due è più vicina alla verità? Chi tira effettivamente le fila di questo mondo: Dio o Satana? Il Bene o il Male? È sbalorditivo notare che il Nuovo Testamento legittima entrambe le alternative: il mondo guidato dal Male e il mondo guidato dal Bene, il “timore e tremore” e la fiducia più serena. La differenza radicale emerge anche a proposito della morte di Gesù rispondendo alla domanda sul perché fu crocifisso. Egli subì la morte o la cercò? Voleva o non voleva morire? La sua morte fu una sconfitta o rappresentò al contrario la suprema vittoria? Nel Nuovo Testamento si ritrovano entrambe le alternative. Secondo la teologia che considera la Storia nelle mani di potenze oscure, Gesù non voleva morire ma fu ucciso dal potere religioso e politico, subendo in ciò la medesima sorte di molti altri giusti prima di lui e dopo di lui, da Giovanni il Battista a Oscar Romero, Rosario Livatino, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppe Diana, Pino Puglisi, Anna Politkovskaja e molti altri. I giusti, quanto più efficaci nella loro denuncia del male, vengono perseguitati ed eliminati. L’aveva previsto lo stesso Gesù: “Beati i perseguitati per la giustizia”. Ma per la teologia che considera la Storia nelle mani di Dio che la dirige in modo giusto e amorevole configurandola come Provvidenza, il responsabile della morte di Gesù non poteva che essere colui che decide ogni destino: Dio Padre. Se Gesù venne ucciso dai potenti di questo mondo fu solo perché questo era il disegno concepito fin dall’inizio da Dio. Gesù si fece uomo in quanto destinato da subito a essere in realtà agnello: l’agnello sacrificale, Agnus Dei, “la vittima immolata per la nostra redenzione”, come recita il canone eucaristico della Messa cattolica. E per quanto riguarda la tradizione ortodossa, se si guardano con attenzione le icone del Natale, si nota che il bambino Gesù giace non in una culla ma in un sarcofago, e che non è avvolto da fasce per neonati ma da bende per mummie, a segnalare fin da subito il suo destino: Gesù “doveva” essere ucciso. È quello che affermano i ricorrenti “annunci della passione” nei Vangeli sinottici, nonché la fatidica “ora” di cui parla il Quarto vangelo consistente esattamente nella sua morte. La divergenza tra le due teologie si riproduce nel modo più chiaro nel giudizio sul potere politico. Per la teologia della storia quale provvidenza, che invita a non avere paura e che per questo potremmo definire ottimista, il potere politico, ogni potere politico, è un’espressione della volontà divina. Ecco quanto scrive al riguardo san Paolo: “Non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio”. La conseguenza è presto detta: “Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite” (Romani 13,1-2). Anche a Putin? A Stalin? A Mussolini e Hitler? L’apostolo Paolo non avrebbe dubbi a rispondere sì, perché “non c’è autorità se non da Dio” (non est potestas nisi a Deo). Per la teologia che concepisce la storia una dominazione avversa a Dio, così avversa da averne crocifisso il Figlio e da fare altrettanto con tutti i giusti, il potere politico è l’esatto opposto. Paolo scriveva le parole appena ricordate ai cristiani di Roma, quindi il potere di cui parlava era l’Impero romano: ebbene la teologia alternativa e pessimista della storia parla di Roma esortando i cristiani a ribellarsi al suo potere: “Ripagatela con la sua stessa moneta, retribuitela con il doppio dei suoi misfatti. Versatele doppia misura nella coppa in cui beveva. Quanto ha speso per la sua gloria e il suo lusso, tanto restituitele in tormento e afflizione” (Apocalisse 18,6-7). Il che, ben lungi dal consistere nel “porgere l’altra guancia”, è un’esortazione alla ribellione (non escluderei violenta, visto i toni). Veniamo a noi. Nella predicazione del patriarca Kirill che benedice la guerra di Putin è possibile intravedere la teologia lealista con il potere, quella che lega politica e spiritualità in armonia, e che in ambito cattolico portò Pio XI a definire Mussolini “uomo della Provvidenza”, ma che produsse anche collaborazioni virtuose con il potere politico sapendo riconoscere una politica giusta e solidale, come per esempio nel caso della collaborazione tra Nelson Mandela e Desmond Tutu. Nella predicazione di papa Francesco che si scandalizza e si vergogna per l’aumento delle spese militari è possibile intravedere la teologia avversa al potere, quella che separa nettamente politica e spiritualità e che rifiuta ogni compromesso, come fu il caso di Tommaso Moro, ma che generò anche posizioni intransigenti incapaci di riconoscere l’evoluzione della società civile e la cultura dei diritti umani, come avvenne alla Chiesa cattolica per tutto l’Ottocento e praticamente fino al Vaticano II. Il fatto che il Nuovo Testamento contenga entrambe queste due teologie alternative indica la legittimità di ambedue. Il risultato è quanto indicava Bonhoeffer parlando di “resistenza e resa”: a volte occorre resistere al potere, altre volte arrendersi e adattarsi. Capire quando e come è l’opera della saggezza, il grande compito della coscienza morale. L’essenziale, a mio avviso, è evitare le unilateralità e gli estremismi di chi, scegliendo solo un polo, condanna totalmente l’altro. Affermava il fisico danese Niels Bohr, uno dei padri della meccanica quantistica: “Ci sono due tipi di verità: le verità semplici, dove gli opposti sono chiaramente assurdi, e le verità profonde, riconoscibili dal fatto che l’opposto è a sua volta una profonda verità”. La Storia è una verità profonda, anzi così profonda che nessuno ne vide e ne vedrà mai il fondo.
Da fb del 17 aprile 2022
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