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Autore Discussione: Ma non è Putin il "Deus ex machina", lui è soltanto la " mechane' " greca, ...  (Letto 6296 volte)
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« inserito:: Aprile 03, 2022, 05:22:33 pm »

Gianni Gavioli
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 Questa Tematica, io la porto avanti in prima persona su:

http://forum.laudellulivo.org/index.php

Sono sempre con voi, ma ne LAU il mio contributo a questo, nostro, Tema sarà più libero di esprimersi.

Non sentirete l'assenza di miei contributi, sempre semplici, tipici del Trovarobe Euristico.

In copertina ho posto un mio omaggio a voi tutti, maschi, femmine e …, un abbraccio e una rosa.

ggiannig ciaooo



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« Risposta #1 inserito:: Maggio 20, 2022, 07:09:19 pm »

Anna L. "NÉ CON PUTIN NÉ CON LA NATO", l'hai aggiunto dopo l'attacco personale che mi hai portato?
Oppure mi era sfuggito.

Una presa di posizione "molto meditata", … o copiata dai Pro-Brigaterosse?
Del secolo scorso.

Alla pace non si arriva con i né né .
ciaooo
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« Risposta #2 inserito:: Luglio 25, 2022, 11:58:21 pm »

   L'Ue sempre un passo dietro a Putin sul gas
Posta in arrivo
Europa Ore 7 - Il Foglio Annulla iscrizione
   mar 12 lug, 06:59 (1 giorno fa)      
 a me

La Germania e l'Unione europea sono entrate in un periodo di dieci giorni di grande incertezza, nel momento in cui Gazprom ha interrotto le forniture di gas attraverso Nord Stream per la manutenzione annuale del suo gasdotto. "Come atteso, Nord Stream 1 è a zero da questa mattina", ha detto a Reuters Klaus Müller, il capo dell'agenzia federale della rete: "Ciò che accadrà alla fine della manutenzione, nessuno è in grado di dirlo". Nel fine settimana il ministro dell'Economia, Robert Habeck, ha parlato di "situazione senza precedenti", in cui "tutto è possibile", compreso un aumento dei volumi di gas via Nord Stream, dopo la riduzione delle forniture del 40 per cento delle scorse settimane. "Ma è anche possibile che non arrivi niente e dobbiamo prepararci per il peggio". Le scelte della Germania mettono l'Ue nella posizione paradossale di essere ancor più alla mercé del cappio energetico di Vladimir Putin. Il presidente russo è in grado di infliggere danni sempre più grandi, scegliendo di giocare sul prezzo o sul taglio totale delle forniture.

Sul Foglio Stefano Cingolani spiega che rinunciare al gas di Putin si può. Ma il governo di Olaf Scholz vuole evitare a ogni costo il rischio di un'interruzione totale delle forniture che piomberebbe immediatamente il paese nella peggiore recessione dalla Seconda guerra mondiale. La Commissione di Ursula von der Leyen è sulla stessa linea. La Germania ha convinto il Canada a fare un'eccezione alle sue sanzioni contro la Russia per una turbina Siemens che era in riparazione a Montreal e che Gazprom ha usato come scusa per ridurre del 40 per cento i flussi attraverso Nord Stream. L'Ue non si metterà di traverso al trasferimento della turbina in Russia. Un portavoce della Commissione ieri ci ha spiegato che le sanzioni dell'Ue non si applicano alla tecnologia che garantisce il trasporto di gas. Con l'eccezione del Canada “una delle scuse usate dalla Russia è stata rimossa”, ci ha detto il portavoce.

In realtà, il Cremlino non sarà mai a corto di scuse per giocare sul prezzo del gas, che ieri ha chiuso a 163 euro kilowattora, poco sotto i picchi raggiunti a inizio marzo. Un problema al gasdotto Yamal, che transita dall'Ucraina, e il prezzo salirà a prescindere da quanto gas passerà via Nord Stream. In realtà, Putin sta già usando questo trucco: Gazprom ha rifiutato di aumentare la quantità di gas attraverso Yamal. Il risultato è che, oltre alla Germania, anche Italia e Austria ricevono molto meno gas dalla Russia, pagandolo molto di più. La proposta di Mario Draghi di un tetto al prezzo del gas importato dalla Russia trova sempre più consenso. Ma Ursula von der Leyen ha già detto che non farà parte del piano d'emergenza che la Commissione presenterà il 20 luglio per far fronte a un eventuale taglio totale del gas. “E' uno degli strumenti che potremmo adottare. Ne discutiamo alla Commissione, ma non c'è proposta dalla Commissione sul price cap”, ha detto ieri il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni.



Seguendo la linea tedesca, la Commissione ha scelto di ricorrere a strumenti ordinari per affrontare questa situazione straordinaria. Ieri Margrethe Vestager ha inviato agli stati membri una bozza di proposta per adeguare il quadro temporaneo di crisi degli aiuti di stato, inizialmente adottato il 23 marzo 2022, per sostenere l'economia nel contesto dell'invasione russa dell'Ucraina. L'obiettivo è sostenere "gli importanti e urgenti obiettivi del piano RepowerEu di accelerare la diversificazione degli approvvigionamenti energetici", ha spiegato Vestager. Ma, "poiché la crisi persiste, proponiamo anche di aumentare il livello massimo di aiuto che può essere concesso", ha aggiunto Vestager.

La modifica principale per la Germania riguarda l'aumento dei massimali di aiuto previsti dalle disposizioni già esistenti, che consentono agli stati membri di erogare sovvenzioni dirette o altre forme di aiuto alle imprese di qualsiasi settore colpito dalla crisi, comprese l'agricoltura e la pesca. Il governo Scholz è sul punto di salvare la società Uniper, probabilmente con un'iniezione di capitale. La Commissione, inoltre, propone di introdurre eccezioni aggiuntive, che facilitino gli investimenti nelle energie rinnovabili, tra cui idrogeno rinnovabile, biogas e biometano, stoccaggio e calore rinnovabile (pompe di calore). Infine, la Commissione intende permettere agli stati membri di istituire nuovi regimi basati su gare d'appalto o sostenere direttamente senza gara progetti per accelerare ulteriormente la diversificazione degli approvvigionamenti energetici.

Il problema con l'approccio scelto dalla Commissione è che non tutti gli stati membri hanno la stessa potenza di fuoco con gli aiuti di stato. L'Italia, con il suo alto debito, non ha margine di bilancio per interventi massicci. Come spieghiamo sul Foglio, ieri l'Eurogruppo ha decretato la fine dell'era degli stimoli generalizzati: gli aiuti dovranno essere concentrati sulle famiglie e le imprese più vulnerabili colpite dall'aumento dei prezzi. Eppure Putin continua ad avere in mano il destino economico dell'Ue. Per ora la crescita non è “in territorio negativo”, ha detto Gentiloni. Ma “quello che può cambiare la situazione e portarci in una situazione economica più difficile sono tagli delle forniture e vere penurie” di gas. Secondo Gentiloni, “il rischio c'è ancora e aumenta”.
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Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 12 luglio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.
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L'Ecofin diviso sugli aiuti finanziari all'Ucraina e RepowerEu - L'Ecofin di oggi dovrebbe annunciare un accordo sulla proposta della Commissione di concedere un miliardo di euro di prestiti a condizioni favorevoli all'Ucraina. Ma i ministri delle Finanze rimangono divisi sul resto del pacchetto da 9 miliardi di euro promesso da Ursula von der Leyen il 18 maggio. Secondo quanto ci hanno spiegato diverse fonti, la Germania e altri paesi sono contrari a aumentare le garanzie necessarie per permettere alla Commissione di andare sui mercati e finanziare il programma di assistenza. C'è anche un dibattito sull'opportunità di concedere prestiti invece che sovvenzioni. L'Ecofin è anche diviso sul finanziamento di RepowerEu. Ci sono almeno tre proposte sul tavolo sull'uso della riserva delle emissioni Ets e dei prestiti non utilizzati del Recovery fund, nonché la chiave di ripartizione dei fondi: una della Francia (presentata l'ultimo giorno della sua presidenza), un'altra della Danimarca (sostenuta da altri 4 o 5 stati membri) e un'altra della Slovacchia. La presidenza ceca dell'Ue spera di avvicinarsi a una soluzione all'Ecofin informale di settembre a Praga per arrivare a un accordo all'Ecofin ordinario di ottobre. A proposito di Ucraina, sul Foglio Cecilia Sala spiega l'ordine di Volodymyr Zelensky di liberare il sud: ora è possibile togliere a Putin la conquista più preziosa, anche se avanza nel Donbas.

Fumata nera per il successore di Regling al Mes (ma Buti si ritira) - Ennesima fumata nera all'Eurogruppo di ieri per eleggere il successore di Klaus Regling come direttore esecutivo del Meccanismo europeo di stabilità. Prima della votazione nel Consiglio dei governatori del Mes (che è composto dai ministri delle Finanze della zona euro), il candidato presentato dall'Italia, l'attuale capo di gabinetto di Paolo Gentiloni Marco Buti, si è ritirato. Il presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe, ha messo ai voti ciascuno degli altri due candidati, il portoghese Joao Leao e il lussemburghese Pierre Gramegna, per vedere se era possibile raggiungere la quota dell'80 per cento di capitale del Mes. Germania e Francia, detenendo più del 20 per cento del capitale, sono gli unici due paesi ad avere di fatto il diritto di veto e sostengono candidati diversi. Ma la spaccatura è più profonda e segue la tradizionale linea di frattura tra nord e sud. Italia, Francia e Spagna sostengono il candidato portoghese. Germania, Paesi Bassi e Finlandia sostengono quello lussemburghese. Nel primo voto Leao ha ottenuto il 56 per cento dei voti. Nel secondo voto Gramegna ha ottenuto il 59 per cento dei voti. Alla fine Donohoe ha deciso di rinviare tutto a settembre, appena un mese prima della data di scadenza del mandato di Regling.

Quando Sassoli fermò l'acquisto del palazzo Osmose a Strasburgo - Ieri vi abbiamo svelato l'intenzione del Parlamento europeo di comprarsi un palazzo tutto nuovo a Strasburgo, ultimo probabile lascito della politica immobiliare espansionista del segretario generale uscente, Klaus Welle. Il palazzo si chiama Osmose ed è di proprietà di una società detenuta dalla Cassa depositi e prestiti francese. Le pressioni del governo francese sul Parlamento europeo per procedere sono state particolarmente intense. Ma fino all'arrivo della nuova presidente, Roberta Metsola, non avevano portato risultati. Il suo predecessore, David Sassoli, era contrario all'acquisto di Osmose. E, nonostante l'insistenza dell'ex ministro per gli Affari europei, Clément Beaune, era riuscito a rinviare ogni ipotesi di “deal”. Il problema è che il palazzo Osmose è stato finanziato interamente dalle collettività locali (il comune di Strasburgo, l'area metropolitana EuroMétropole, il dipartimento dell'Alsazia e la regione Grand Est), senza garanzie che sarà occupato dal Parlamento europeo. E deve essere costruita una seconda enorme ala del complesso. Chi paga il conto dei grandi progetti immobiliari strasburghesi?

Johansson annuncia 8 mila relocation di migranti - La commissario agli Affari interni, Ylva Johansson, ieri ha annunciato che tredici paesi hanno promesso “più di 8 mila relocation” nella piattaforma prevista dalla dichiarazione sulla solidarietà che ha convinto i paesi del Mediterraneo – tra cui l'Italia – ad accettare una stretta sulla responsabilità nelle regole di Dublino. La presidenza francese dell'Ue, al momento dell'accordo sulla dichiarazione sulla solidarietà, aveva fissato l'obiettivo di 10 mila relocation.  “Si può discutere se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto”, ha ammesso Johansson al termine di una riunione informale dei ministri dell'Interno. Ma secondo la commissaria è già un successo dato che, “nel mezzo della peggiore crisi di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale, con tutta l'incertezza, c'è chi è pronto a partecipare a questa piattaforma di solidarietà”.

Piani d'emergenza per l'ondata di migranti del cibo - Nella conferenza stampa al termine della riunione informale con i ministri dell'Interno, Johansson ha anche rivelato che la Commissione ha chiesto agli stati membri “di lavorare su piani di emergenza” in caso di afflusso massiccio di migranti dovuto alla crisi alimentare provocata dalla guerra della Russia contro l'Ucraina. “La crisi alimentare e i prezzi dell'energia creeranno molte tensioni”, tra cui instabilità nei paesi colpiti, rafforzamento dei terroristi e altre sfide per la sicurezza. Ma “nessuno può predire quanti saranno” i migranti, ha detto Johansson. Nel frattempo, stanno calando significativamente i numeri degli ucraini rifugiati nell'Ue. Dall'inizio della guerra 6,7 milioni di ucraini sono arrivati negli stati membri, ma tra i 3 e i 3,5 milioni sono tornati in Ucraina. Secondo Johansson, 3,7 milioni di ucraini hanno effettivamente presentato domanda di protezione temporanea nell'Ue, ma una parte di loro sarebbe già rientrata in Ucraina.

Ema e Ecdc raccomandano il secondo richiamo sopra i 60 anni - L'Agenzia europea per i medicinali (Ema) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ieri hanno aggiornato le loro raccomandazioni sull'uso dei “booster” dei vaccini contro il Covid-19 per l'estate, l'autunno e l'inverno, invitando gli stati membri ad estendere un secondo richiamo a tutte le persone sopra i 60 anni di età e a quelle vulnerabili dal punto di vista medico. "I paesi dovrebbero prendere in considerazione un rapido uso dei secondi richiami con i vaccini attualmente disponibili" dando priorità alle persone sopra i 60 anni che hanno ricevuto il primo booster più di sei mesi fa, hanno detto l'Ema e l'Ecdc. Ad aprile le due agenzie avevano raccomandato un secondo richiamo, ma solo per le persone con più di 80 anni. "L'Ema sta lavorando verso la possibile approvazione di vaccini adattati (alle varianti) in settembre. Tuttavia, data l'attuale situazione epidemiologica e le previsioni, è importante usare i vaccini attualmente disponibili subito e non aspettare quando saranno disponibili i vaccini adattati". La commissaria alla Sanità, Stella Kyriakides, ha lanciato un "invito" a "tutti coloro che hanno i requisiti a farsi avanti e farsi vaccinare. È così che proteggiamo noi stessi, i nostri cari e le nostre popolazioni vulnerabili", ha detto Kyriakides.

L'Italia ha il peggior saldo demografico dell'Ue - Per il secondo anno consecutivo la popolazione dell'Unione europea ha subito un calo nel 2021, passando da 447 a 446,8 milioni, con un'inversione del trend di crescita registrato sin dagli anni 1960, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. Lo stato membro con il maggior numero di abitanti è la Germania (83,2 milioni), mentre quello meno popolato è Malta (0,5 milioni). Germania, Francia e Italia da sole rappresentano quasi la metà (47 per cento) della popolazione totale dell'Ue. Ma l'Italia registra il tasso demografico peggiore di tutta l'Ue, anche quando si tiene conto del contributo dell'immigrazione con un calo di 253 mila unità nella popolazione tra il 2020 e il 2021. In Italia ci sono state 399 mila nascite e 709 mila decessi lo scorso anno, mentre il numero di nuovi immigrati incluso nella popolazione è di poco superiore ai 56 mila. Grazie agli immigrati la Germania ha mantenuto un saldo positivo. Per la Francia il saldo del ricambio naturale (la differenza tra nascite e decessi, senza l'immigrazione) è positivo.

La Commissione chiederà chiarimenti a Kroes sugli Uber Files - "La Commissione ha deciso di inviare una lettera all'ex vicepresidente (Neelie) Kroes per un chiarimento sulle informazioni presenti nei media", ha detto un suo portavoce ieri dopo le rivelazioni degli Uber Files. Secondo l'inchiesta condotta da Consorzio internazionale dei giornalisti d'inchiesta sulla base di 124 mila documenti interni di Uber che coprono il periodo tra il 2013 il 2017, l'ex vicepresidente della Commissione, Neelie Kroes, avrebbe discusso di Uber ad alcuni membri del governo olandese e contribuito a organizzare incontri con funzionari dell'Ue durante il periodo di 18 mesi nel quale gli ex commissari non possono esercitare altre attività (salvo autorizzazione speciale) per evitare conflitti di interesse con il precedente incarico.

In Francia il governo Borne sopravvive al primo voto di sfiducia - Il tentativo della Nuova Unione Popolare ecologica e sociale (Nupes) guidata da Jean-Luc Mélenchon di far cadere il governo di Elisabeth Borne in Francia ieri è fallito per il mancato sostegno della destra moderata dei Républicains e dell'estrema destra del Rassemblement National. La mozione di censura ha raccolto solo 146 voti contro i 289 necessari per rovesciare il governo. "E' una nuova sconfitta per Jean-Luc Mélenchon", ha detto il portavoce del governo, Olivier Véran, denunciando una "mezza giornata" persa "nel momento in cui i francesi ci chiedono di agire sull'emergenza climatica o il potere d'acquisto". Tra l'altro, sei socialisti non hanno sostenuto la mozione della Nupes.

Il 5 settembre sarà scelto il successore di Johnson - Il Partito Tory ieri ha detto che il 5 settembre sarà annunciato il nome del successore di Boris Johnson come primo ministro, dopo un accordo sulle procedure per selezionare il nuovo leader dei conservatori. Agli iscritti al partito saranno sottoposti due nomi da votare per posta (fisica o elettronica) sugli 11 candidati che finora si sono dichiarati. La data ultima per presentare la propria candidatura è stata fissata per oggi. Il primo voto dei parlamentari per ridurre la rosa a due nomi è previsto già domani. Sul Foglio Mark Damazer spiega come lo 0,4 per cento degli inglesi sceglierà il prossimo premier. Sempre sul Foglio Paola Peduzzi spiega l'ultima lotta cannibale tra i conservatori: "chissà se Rishi Sunak è abbastanza forte da resistere alla vendetta di Johnson.

Accade oggi in Europa
•   Ecofin
•   Presidenza ceca dell'Ue: Consiglio informale Giustizia e Affari interni a Praga
•   Presidenza ceca dell'Ue: Consiglio informale Ambiente
•   Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell riceve il ministro degli Esteri della Cambogia, Prak Sokhonn
•   Parlamento europeo: discorso della presidente Metsola all'incontro con le chiese, le comunità religione e le organizzazioni filosofiche e non confessionali sulla risposta umanitaria alla guerra in Ucraina
•   Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
•   Eurostat: dati sulle risorse sanitarie nel 2020; dati sui decessi seminali fino a maggio 2022


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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 23, 2022, 02:59:34 pm »

Gianni Gavioli ha condiviso un link.
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  · oesotnpSdr9l5g6l9l4th95u81001 ha72hu1997i2f92t1ht58l6091901t  ·

Che di fatto e in concreto, la divisione del Mondo in Poli di influenza economico politica, sia in atto da secoli. É cosa nota a tutti coloro che si vogliono guardare all'interno della storia mondiale.

Tutto il Male storico che accompagna lo scorrere del tempo è un frutto avariato, ma non l'unico, di quella eterna corsa ad accaparrare risorse in casa d'altri!
Ed avere il potere di comandare, in casa d'altri, è una grande risorsa da carpire per predarne i benefici.

La Castroneria mondiale, con cui Putin e i suoi dominatori stanno minacciando il mondo, è talmente vicina al punto di rottura di equilibri malsani, che ci si deve fermare e dire con i fatti Basta!

Ma non è Putin il "Deus ex machina", lui è soltanto la " mechane' " greca, cioè la "machina".

Il Deus o meglio gli Dèi sono altri.


La suddivisione del mondo, in area d'influenza di Stati forti, è fatale debba continuare ad esserci ma sono sbagliati pericolosissimamente gli obiettivi finali, nel proseguire come si procede ancora oggi.

Dopo il nazismo tedesco e le sue appendici nazifasciste nel Mondo, ricadere nel rischio della distruzione totale a causa del ritorno alla barbarie dei massacri e delle distruzioni terroristiche, l'umanità non lo deve permettere impunemente.

Ma la Guerra delle guerre può essere impedita soltanto dalla reazione delle popolazioni, che ne sarebbero vittime definitivamente!!
Quella Russa tra le prime.

ggiannig
ggianni41@gmail.com

« Ultima modifica: Ottobre 23, 2022, 03:01:48 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #4 inserito:: Ottobre 26, 2022, 11:00:25 pm »

Il giornalismo “divertente”

Di cosa parla il nuovo libro del peraltro direttore del Post, "Notizie che non lo erano"

È uscito il libro di Luca Sofri, peraltro direttore del Post, dedicato alle storie e ai meccanismi con cui le testate giornalistiche pubblicano notizie false, inventate, non verificate, e che raccontano una specie di realtà parallela fatta di allarmi incoscienti e pericolosi – come le “morti sospette per i vaccini” -, bizzarrie ridicole come “la donna con tre seni” o false notizie rituali, come la morte di Fidel Castro. Il libro si chiama Notizie che non lo erano e sarà presentato venerdì 15 maggio al Salone del Libro di Torino da Gianluigi Ricuperati e Concita De Gregorio, e dal peraltro.

Questa è l’introduzione del libro.

Uno degli ultimi giorni del 2014 mi telefonò uno dei responsabili del sito di un grande quotidiano. Voleva dirmi che mi vedeva spesso arrabbiato con le cose che pubblicavano e chiedermi come mai ce l’avessi con loro. Gli spiegai che non ero arrabbiato e che volendola proprio vedere sul piano dei miei piccoli sentimenti, fino a che scrivevano cose sbagliate o inventate, io avevo da lavorare e raccogliere attenzioni e consensi: scrivendole giuste e correggendo.
Gli dissi anche che mi sembrava da parte sua un po’ fuorviante e autoassolutorio rispondere ai miei frequenti appunti – sulle inaccuratezze ed errori del suo e di altri giornali, di cui mi capitava spesso di scrivere – attribuendoli a miei personali capricci e risentimenti nei confronti di qualcuno («Ho molti amici nel tuo giornale» mi venne da dirgli, come quelli che dicono di avere molti amici gay): è uno dei più comuni inganni dialettici attaccare il messaggero invece del messaggio, e se mi aveva chiamato per raccontarsela, tanti saluti.

Il mio collega spostò allora rapidamente la questione sulla «mancanza di rispetto» da parte mia e sull’«assenza di dolo» da parte del suo giornale, nelle precedenti occasioni in cui avevo segnalato la falsità di titoli e notizie che quel sito e altri avevano pubblicato: «Tutti possono sbagliare, tu non sbagli mai?».
«Eccome» risposi, trattenendo quanto potevo un tono irritante, «ma cerco di stare attento.» Il punto non sono gli errori, che capitano: è che se non ci stai attento capitano più spesso. E se invece di correggerli, capire dove hai sbagliato, imparare, ed evitare di rifarlo, chiami chi te lo ha segnalato, per lamentarti, è difficile che tu poi ne faccia meno, di errori.
Non si convinse granché, e mi propose di segnarmi il suo numero di telefono per chiamarlo se avessero pubblicato altre cose che ritenevo inesatte, piuttosto che scriverne in giro. Io gli spiegai che no, non pensavo che lo avrei chiamato per avvisarli io degli sbagli che facevano, e dopo diversi minuti di reciproche obiezioni anche piuttosto animate ci lasciammo augurandoci buon anno, dopo che mi ebbe accusato diverse volte di voler essere «migliore di tutti».
La telefonata fu per me molto interessante perché mi fece riflettere sul diverso approccio che si può avere nei confronti di questa attività di diffondere delle informazioni che chiamiamo giornalismo. Non la chiamo neanche professione perché sono molto d’accordo con Jeff Jarvis – giornalista americano ed esperto di comunicazione contemporanea – quando spiega che il giornalismo è un servizio e i giornalisti non esistono: «Qualunque cosa svolga efficacemente il compito di creare comunità più informate – e quindi meglio organizzate – è giornalismo». E oggi più che mai – attraverso la redistribuzione e condivisione online di contenuti e informazioni – questo compito è svolto in misure e modi diversi da tantissimi di noi. Ma nell’insistere tanto sul «rispetto per il lavoro» e sull’«assenza di dolo», il mio telefonatore aveva mostrato di ritenere che qualunque lavoro meriti «rispetto» a prescindere: nel senso che non vada criticato o non ne vada valutata la qualità. E anche ammettendo fosse vera la pretesa «assenza di dolo» – dolo che è difficile distinguere dalla deliberata e ripetuta trascuratezza – riteneva evidentemente che in un lavoro conti di più l’impegno che gli è stato dedicato della bontà del risultato. Se facessimo entrambi un’altra professione – che so, il pescivendolo – immagino che mi venderebbe un branzino spacciandolo per salmone e riterrebbe scorretto che io glielo facessi notare perché «tutti possono sbagliare».

Una newsletter sul dannato futuro dei giornali
Io invece penso che – specularmente a quello che dice Jarvis – esista un’attività che rende le comunità meno informate e peggio organizzate, le fa funzionare male e le peggiora: non so se questa attività possa avere un nome, ma di certo quel nome non è giornalismo eppure riempie le pagine dei nostri giornali e dei nostri siti di news, e i minuti dei telegiornali. E descrive una realtà – dell’Italia, del mondo, di questo tempo – che è in cospicua misura falsa e distante da quello che sono davvero l’Italia, il mondo, questo tempo, e che però diventa la nostra idea della realtà: assorbiamo ogni giorno una dieta caotica di informazioni in cui falso e vero sono confusi e indistinguibili, e poco sforzo è impiegato nel farceli distinguere. E siamo terribilmente vulnerabili a questa disinformazione, persino i più scettici e diffidenti. Perché le cose dette e scritte hanno sempre una forza, come spiegò bene il filologo e studioso del linguaggio tedesco Victor Klemperer nel suo La lingua del Terzo Reich.
Quando ero assistente a Napoli ho sentito dire innumerevoli volte che questo o quel giornale «è pagato», che mente per i suoi clienti; e il giorno dopo le stesse persone che lo avevano sostenuto si facevano completamente convincere da qualche notizia palesemente falsa sugli stessi giornali. Perché era stampata, e perché ci credevano anche gli altri […]. E so anche che c’è qualcosa della gente comune nell’anima di qualunque intellettuale e che tutta la mia consapevolezza sul fatto che mi stanno mentendo, e la mia attenzione critica, non servono a niente quando si arriva al dunque: a un dato momento la bugia stampata avrà la meglio su di me, quando arriverà da ogni lato e sarà messa in discussione sempre meno, e infine da nessuno.
La bugia stampata ha la meglio su di noi tutti i giorni, e nessuno ha gli strumenti per respingerla tutti i giorni: individuiamo le bugie quando riguardano cose che conosciamo o di cui abbiamo esperienza, e questo ci fa venire dei dubbi su tutto il resto, ma va’ a sapere. Spesso, nei convegni sul futuro del giornalismo e simili, qualcuno chiede come orientarsi nell’affollamento quotidiano di informazioni che riceviamo, come distinguere il falso dal vero. Io non credo che ci si possa riuscire in maniera soddisfacente: veniamo da epoche in cui eravamo abituati a pensare che quello che i media ci raccontavano fosse la realtà.

Non è mai stato proprio vero, ma gli spazi più limitati che aveva l’informazione permettevano di illudersi che lo fosse: senza internet erano più rari gli sbugiardamenti e le contraddizioni, meno frequenti le ricostruzioni alternative, tanti gli spazi di ignoranza a cui eravamo abituati e disposti.
Molti anni fa, nel 1989, ci fu un caso diplomatico-giornalistico internazionale che coinvolse un grande quotidiano italiano e fu illuminante per descrivere un’idea e una pratica di giornalismo. L’articolo di un inviato italiano a Washington descrisse una visita americana di Boris Eltsin – allora oppositore politico del presidente sovietico Mikhail Gorbaciov – consegnando ai lettori l’immagine di uno Eltsin eccitato ubriacone che arriva in America e passa tutto il tempo a spendere soldi e bere, con estesa descrizione di dettagli e aneddoti ma pochissime fonti indicate. Il quotidiano russo governativo «Pravda» riprodusse tal quale l’articolo, che fu letto e commentato moltissimo in Russia: eravamo alla vigilia della caduta del Muro di Berlino e le perseguitate opposizioni russe stavano finalmente guadagnando piccoli spazi di libertà e democrazia.
Ci furono tantissime proteste, quindi, per una narrazione di quella che invece a molti era sembrata un’importante occasione di comunicazione degli Stati Uniti e dell’Occidente con quelle minoranze politiche: e soprattutto, alle verifiche nei fatti, diverse cose dette in quell’articolo furono smentite e contraddette. Sia il quotidiano italiano sia quello russo furono costretti a reticenti spiegazioni e scuse, molto poco convincenti e dandosi la colpa l’un l’altro.
Ma la parte interessante è la valutazione di quello che era successo che fu data da parte del giornalismo americano e dei suoi standard di accuratezza e verifica con le fonti. Il «Chicago Tribune» fu tra gli altri giornali che intervennero a criticare l’articolo e a smentirne gli elementi – l’autore, venne fuori, non aveva personalmente visto le cose che raccontava, né Eltsin – e definì così l’impostazione e la scrittura di quel pezzo, che negli ultimi vent’anni sono stati l’impostazione e la scrittura di gran parte del giornalismo italiano: «Era un gran pezzo, divertente da leggere. Aveva solo un inconveniente. Non era del tutto vero».
In queste pochissime parole venne allora spiegato un approccio che orienta tuttora – e oggi più che mai – tantissime scelte delle redazioni italiane: la verità non è una priorità, quello che conta è «la storia», il racconto, il «gran pezzo», divertente da leggere.
Dove divertente è diventato più in generale attraente, inquietante, allarmante, emozionante: ciò che «diverte» letteralmente dalle nostre emozioni normali. Giornalismo wow, che emozioni. Il «Chicago Tribune» lo aveva capito e spiegato nel 1989, a proposito di quell’articolo («L’autore non si aspettava che l’articolo fosse giudicato come un articolo da prima pagina del “New York Times”, in cui ci si aspetta che ogni fatto sia un fatto.» E in effetti il «New York Times» pubblicò un suo articolo che consultando varie fonti contraddisse punto su punto la ricostruzione «italiana»).
Ma soprattutto, il «Chicago Tribune» aveva spiegato come questo giornalismo fatto di «stare in albergo davanti ai telegiornali e ritagliare gli articoli dei quotidiani» stesse entrando in crisi per via delle innovazioni tecnologiche (che allora erano ancora timidissime, peraltro).
L’autore dell’articolo è stato fregato dalla rivoluzione tecnologica. Anni fa, la regola era che l’autorevolezza di un giornalista diminuisse per ogni miglio che era costretto a fare fuori dall’ufficio. Se una citazione è troppo grigia, rendila più piccante: chi vuoi che se ne accorga? Se solo poche persone sono morte in un massacro nella giungla, chi protesterà se le fai diventare decine? Ma fai centinaia. Adesso invece tantissime persone sanno. Se un inviato europeo copia un paragrafo dal «Washington Post», i lettori che vedono l’originale sull’edizione europea dello «Herald Tribune» se ne accorgono. Politici e amministratori intervistati negli Stati Uniti dal «Times» di Londra si fanno mandare l’articolo per fax attraverso l’oceano, pochi minuti dopo che è uscito. I satelliti trasmettono gli articoli in un nanosecondo. Il digitale ci mette un minuto per giornali interi.
Il mondo si è rimpicciolito, e qualcuno ci è rimasto in trappola.
Il mondo si è rimpicciolito, e va smentita la leggenda autoassolutoria fatta circolare da molti giornalisti delle testate tradizionali per cui internet sarebbe responsabile di un peggioramento dell’accuratezza dell’informazione: internet ha distrutto l’oligopolio dell’informazione e ci ha permesso di accorgerci che in tanti casi sotto il racconto del mondo che riceviamo non c’è niente. Prima vedevamo l’articolo e il suo contenuto, ora siamo in grado di vedere rapidamente come è stato scritto, quali sono le sue fonti e quali altre cose si dicono e scrivono sullo stesso fatto. L’informazione probabilmente non è diventata meno accurata, è solo che prima non ce ne accorgevamo: perché nel 1989 ci volevano gli articoli di altri giornalisti e inviati a Washington per far sapere che una ricostruzione era infondata.
Ma certo, internet ha moltiplicato per cento o per mille le informazioni che riceviamo ogni giorno, e di conseguenza anche le informazioni false, le bufale, le sciocchezze. E abituati come eravamo all’ingannevole ma confortevole idea che prima non ci fossero, fatichiamo ad adattarci alla nuova consapevolezza e ci chiediamo come sarà possibile orientarsi e distinguere il falso dal vero.
Io penso che in buona misura non sarà possibile, salvo farla diventare per ognuno un’attività quasi professionale e impensabile. Ritengo che dovremo abituarci all’idea che la buona informazione sia un servizio carente e parziale. Noi viviamo in società in cui, per nostra fortuna, siamo stati viziati a pensare che l’esistenza e qualità di alcuni servizi sia garantita, con diversi gradi di soddisfazione. Dove se stai male ci sono medici e ospedali a cui puoi accedere, se sei vittima di un’ingiustizia ci sono polizie e leggi e tribunali che ti tutelano, dove i tuoi figli hanno scuole che li preparano al resto della loro vita, eccetera. E dove ci sono mezzi di informazione che ci fanno capire le cose, e rendono le nostre società migliori perché meglio informate.
Ma ci sono luoghi del mondo in cui questi servizi sono invece carenti o assenti, estranei alla vita quotidiana delle persone. Dove se ti ammali anche di una cosa curabile, nessuno ti cura e muori. Dove un sopruso vince e non puoi chiedere giustizia a nessuno. Dove nasci analfabeta e cresci analfabeta. E le persone sono avvezze a queste carenze e vivono prendendone le misure. Evitando i posti in cui ti possono picchiare e derubare, imparando soluzioni dilettantesche per curarsi, condividendo con i vicini insegnamenti e lezioni utili. Arrangiandosi.
Io credo che – fatte le ovvie e dovute proporzioni – questo sia lo scenario in cui dobbiamo disporci a vivere rispetto al servizio dell’informazione: imparare a cavarcela, muovendoci con diffidenza e sapendo che dovremo arrangiarci, se vogliamo capire cosa sia vero e cosa sia falso in un mondo in cui c’è un sacco di falso, ben stampato. Divertente.

da - https://www.ilpost.it/2015/05/15/sofri-notizie-che-non-lo-erano/
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