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Autore Discussione: FABIO MARTINI.  (Letto 117155 volte)
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« Risposta #210 inserito:: Giugno 08, 2018, 04:52:14 pm »


L’esordio di Giuseppe Conte in Parlamento: “In Europa a testa alta”

Oggi il discorso per la fiducia, ecco alcune espressioni chiave: “cambiamento”, “a Bruxelles la nostra casa”

Pubblicato il 05/06/2018

Fabio Martini
Roma

A mezzogiorno il professor Giuseppe Conte entrerà per la prima volta nella sua vita in un’aula parlamentare e illustrerà, da presidente del Consiglio, il discorso programmatico di un governo che si presenta come il più discontinuo col passato degli ultimi decenni. Nell’aula del Senato tante “prime volte” concentrate in pochi minuti: ecco perché il primo discorso parlamentare di Giuseppe Conte è già diventato un evento. Un’attesa della quale hanno piena consapevolezza il novizio presidente del Consiglio, ma anche i due vicepresidenti - Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Ecco perché il testo dell’intervento - preparato dal professor Conte - è stato visto e rivisto dalla “cabina di regia” pentastellata e da quella leghista. 

Con i primi particolarmente sensibili nell’enucleare le parole-chiave destinate a lasciare il segno e a creare le suggestioni “giuste”. Certo, il testo finale sarà rivisto per l’ultima volta questa mattina poco prima di essere mandato in stampa, ma nella versione finale erano ben impresse alcune espressioni, destinate ad indirizzare l’evento. La parola-chiave naturalmente sarà «cambiamento», declinata in tutti i capitoli programmatici, che derivano dal “Contratto”, una sorta di mantra per il nuovo governo.

Ma un’attenzione speciale sarà dedicata a concetto di Europa, che - ecco la novità - dovrebbe essere “liberata” da ogni connotazione “criminalizzante”. Salvo abrasioni dell’ultima ora, Conte dirà che «l’Eurora è la nostra casa», che il suo governo andrà a Bruxelles «a testa alta», perchè gli italiani «hanno contribuito a fondarla l’Unione», ma che bisogna voltare drasticamente pagina, perché l’«Europa deve diventare per davvero più vicina ai cittadini». E il nuovo governo intende mettere alla prova l’Unione, chiedendo il «superamento» del regolamento di Dublino sul collocamento dei migranti. 

Nel discorso saranno presenti tutti i punti programmatici qualificanti (giovani, reddito di cittadinanza, pensioni, semplificazione e deburocratizzazione, appalti nel segno della legalità e delle regole) ma anche alcune sottolineature. Come «il carcere duro per i grandi evasori». La flat tax? Dovrebbe essere realisticamente annoverata come «obiettivo» senza crono-programmi stringenti. Un discorso destinato ad essere setacciato ai raggi x, anche se inevitabilmente tutti gli occhi saranno puntati su Giuseppe Conte: sulle cose che dirà e su come le dirà. Finora il professore pugliese ha letto alcuni brevissimi interventi, continuando a restare un “oggetto misterioso” per gran parte dell’opinione pubblica.

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Da - http://www.lastampa.it/2018/06/05/italia/lesordio-di-giuseppe-conte-in-parlamento-in-europa-a-testa-alta-bn7q59E1MN0SyS8EJB0FAP/pagina.html
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« Risposta #211 inserito:: Luglio 25, 2018, 05:06:20 pm »

Mattarella e la trincea “istituzionale”, quattro presidenti per difendere Tria

Dopo le uscite di Di Maio e Salvini, il Quirinale chiederà sostegno ai vertici dello Stato per blindare il ministro dell’Economia

Pubblicato il 25/07/2018

FABIO MARTINI
ROMA

Le recenti, battagliere esternazioni dei due capi della maggioranza Luigi Di Maio e Matteo Salvini sul rapporto con Bruxelles in vista della prossima Legge di Stabilità sono state prese molto sul serio dal Capo dello Stato. Pur non rappresentando dichiarazioni di guerra nei confronti dell’Ue e pur proiettando in un futuro imprecisato il superamento dei vincoli europei, il tono arrembante delle dichiarazioni ha indotto il Quirinale ad accendere i riflettori sul percorso che porterà alla stesura della Legge di Bilancio. Ecco perché il Capo dello Stato, per Costituzione garante del rapporto tra Italia e Ue in rapporto ai vincoli di bilancio, ha deciso un giro informale di incontri. Col presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha già visto e con la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati e con quello della Camera Roberto Fico, che incontrerà nei prossimi giorni, al fine di prevenire degli attriti che potrebbero portare a una crisi di governo.

Naturalmente il Capo dello Stato non ha alcuna intenzione di interferire sul percorso legislativo e neppure su quello che precede la presentazione alle Camere del testo della Legge di stabilità, ma la sua moral suasion sarà indirizzata ad evitare un combinato disposto di norme fuori dai parametri e di dichiarazioni che suscitino pericolosi corti circuiti. Anzitutto con la Commissione europea. Ma anche con i mercati. Da Bruxelles la raccomandazione che ha raggiunto anche il Quirinale negli ultimi giorni è chiara: davanti ad atteggiamenti di sfida la prima sanzione verrebbe dai mercati e dallo spread. Una sanzione sostanziale che rischierebbe di manifestarsi prima di quella formale da parte della Commissione europea, chiamata a pronunciarsi in autunno sul progetto di Legge di Stabilità che il governo è tenuto a presentare entro il 15 ottobre.
 
Se l’imperativo del Capo dello Stato è scongiurare corti circuiti pericolosi per la stabilità del Paese, del tutto conseguente la sintonia tra il Quirinale e il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Nell’intreccio di dichiarazioni ed interviste ad opera dei principali ministri del governo, proprio Tria non ha dato margini ai “contestatori” di Bruxelles.

In una intervista al “Washington post”, il ministro dell’Economia ha messo a verbale alcune affermazioni inequivocabili. La prima: «Non c’è nessuna discussione sul fatto che l’Italia appartenga o meno all’Ue o all’Eurozona». Come finanziare una riforme costosa come la flat tax? «Se abbassi alcune tasse devi aumentare il gettito proveniente da altre tasse».

Dichiarazioni che, non soltanto al Quirinale, sono parse distanti da quelle dei due leader di governo, ma anche da un personaggio influentissimo tra i Cinque Stelle come Davide Casaleggio. Il vicepremier Matteo Salvini ha annunciato: «Andremo oltre i numeri Ue». Una frase che può voler dire tante cose: al momento opportuno può essere rincarata ma anche occultata. Certo, Salvini ha usato parole di sfida, anche rispetto a tabù che finora sono stati tollerati in silenzio: «Cercheremo di cambiare anche alcuni numeri scelti a tavolino a Bruxelles, che molti paesi Ue - come Francia, Spagna e Germania - ignorano bellamente». E Di Maio, pur usando espressioni da Prima Repubblica («Non dobbiamo tirare a campare») si è messo sulla stessa sintonia, indicando come obiettivo la modifica dei «parametri europei».

Posizioni distanti da quelle di Tria e che ripropongono quella solitudine dei ministri dell’Economia che è una caratteristica di molti degli “inquilini” di via Venti Settembre. Nel passato diversi di loro, compreso Pier Carlo Padoan (solidissimo e apparentemente imperturbabile), sono stati presi dalla tentazione di gettare la spugna davanti alla generale ostilità che circonda tutti i propugnatori di una spesa misurata. È ancora presto per capire se un sentimento di questo tipo abbia preso anche il ministro Tria, ma indubbiamente il “monitoraggio” del Capo dello Stato e la sua iniziativa con i tre presidenti (Consiglio, Senato e Camera) se non può essere banalizzata come una “blindatura” del ministro dell'Economia, segnala però un sostegno di Mattarella a Giovanni Tria.

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Da - http://www.lastampa.it/2018/07/25/italia/mattarella-e-la-trincea-istituzionale-quattro-presidenti-per-difendere-tria-h3pwgkeoNQdBHqHFvownzO/pagina.html
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« Risposta #212 inserito:: Settembre 12, 2018, 05:08:02 pm »

Genova, slitta la revoca della concessione ad Autostrade
Venerdì il decreto per la ricostruzione: lavori affidati a Fincantieri. Il governo prende tempo per la fase due

Pubblicato il 12/09/2018

Fabio Martini
Roma

Ora c’è anche l’annuncio ufficiale: l’operazione piazza pulita decisa dal governo sulla vicenda Autostrade va avanti con due distinti decreti ma in due tempi tra loro molto sfalsati. E in questa scansione potrebbe celarsi la sorpresa: il ripensamento del governo sull’ipotesi di revocare unilateralmente tutte le concessioni ad Autostrade. Il primo tempo dovrebbe consumarsi già venerdì con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un decreto-legge che affiderà la ricostruzione del ponte di Genova, cancellando Autostrade e assegnando l’opera ad un soggetto «a prevalente partecipazione pubblica dotato di adeguate capacità tecniche come Fincantieri», come ha annunciato in Parlamento il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Dunque, il prescelto è Fincantieri, gigante (pubblico) della cantieristica italiana ed europea, ma senza uno specifico know how nella realizzazione di grandi opere.

Soltanto fra qualche mese dovrebbe scattare la fase-2: la revoca della gestione sull’intera rete autostradale agli attuali concessionari. Misura hard e foriera di ricorsi, tanto è vero che - ecco la possibile novità - il ministro Toninelli si è fatto più sfumato su questa seconda opzione. Il ministro ha detto che «questo governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni e degli obblighi convenzionali », ma poi anziché riferirsi all’obiettivo della nazionalizzazione della rete autostradale, a sorpresa ha fatto riferimento per il futuro a più concessionari. Come ora. Ha detto che in futuro «tutti i concessionari saranno vincolati a reinvestire buona parte degli utili nell’ammodernamento delle infrastrutture, dovranno rispettare in modo più stringente gli obblighi di manutenzione a loro carico e dovranno comprendere che l’infrastruttura non è una rendita finanziaria, ma un bene pubblico che il Paese». 

Toninelli, che nella sua audizione nella Commissione Ambiente, ha lasciato cadere punture di spillo e provocazioni dei parlamentari di opposizioni e si è proposto con uno standing da ministro, ha dunque contemplato un futuro con più soggetti. Un indizio che conferma come su questo tema si stiano confrontando due linee: quella del no integrale ad Autostrade, espresso da Luigi Di Maio, quello più attento alle compatibilità giuridiche del presidente del Consiglio Conte e quella per il momento ancora imperscrutabile della Lega. Certo, il Salvini di nuovo fiammeggiante di queste ore, continua a sparare a zero su Autostrade («Paghi, faccia dieci passi a lato e chieda scusa che non l’ha ancora fatto bene»), ma lo fa, concentrandosi sulla questione della ricostruzione del ponte. La linea di tutto il governo è questa: Autostrade paghi e alla ricostruzione ci penseranno altri. In altre parole si immagina di dar corso a quanto previsto dalla Convenzione nella parte che attribuisce gli oneri finanziari al concessionario, ma glissando su chi debba realizzarli. La Convenzione unica di Autostrade infatti assegna al gestore l’obbligo «del mantenimento della funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva delle stesse».
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Da - http://www.lastampa.it/2018/09/12/italia/genova-slitta-la-revoca-della-concessione-ad-autostrade-aPuSs4S0fNn4LZOQejmyDN/pagina.html
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« Risposta #213 inserito:: Ottobre 21, 2018, 11:29:53 pm »

Zingaretti, l’ex “sor Tentenna” lancia la corsa per guidare il Pd

Felpatissimo, c’è chi dice anche troppo, molto legato a Roma e all’intreccio particolare tra radici ebraiche, cattoliche, laiche. Non ha mai criticato Renzi, ma non aveva visto arrivare Minniti

Pubblicato il 13/10/2018

FABIO MARTINI

Oramai è diventato l’araba fenice del Pd. Che ci sia, ciascun lo dice, dove sia (e chi esattamente sia), nessun lo sa. In politica da 30 anni, Nicola Zingaretti è sempre rimasto rintanato nella cuccia romana e lontano dai riflettori televisivi, un profilo che da oggi sarà costretto a dismettere. Alla ex Dogana di Roma il Governatore del Lazio lancerà la sua candidatura alla guida del Pd con la Convention di due giorni “Piazza Grande”. A chi, nelle settimane scorse, gli suggeriva di uscire dal Raccordo Anulare, lui ha tagliato corto: «No, la facciamo a Roma». Si sente più sicuro nella sua città, una scelta che i suoi fan escludono sia da attribuire alla proverbiale attitudine del loro Nicola: il deficit di coraggio e di grinta. Una nomea fondata su precedenti che gli hanno guadagnato l’attribuzione di nomignoli spiritosi: “sor Tentenna”. O anche “er saponetta”. Piero Fassino, uno dei pochi padri nobili del Pd, si scioglie in un rassicurante sorriso: «Ho parlato con Nicola, gli ho chiesto se stavolta sia determinato ad andare sino in fondo. L’ho visto molto deciso».

Ci credono - e ci sperano - quasi tutti coloro che hanno già depositato la loro silenziosa fiche sul suo nome, Paolo Gentiloni, Walter Veltroni, Dario Franceschini, Andrea Orlando. Da 48 ore a turbare l’ascesa di Zingaretti, c’è Marco Minniti, candidato alla guida del Pd da 13 sindaci vicino a Matteo Renzi. Una candidatura insidiosissima per il Governatore del Lazio, anche perché le radici politiche sono le stesse. Spiega Peppino Caldarola, già direttore dell’Unità: «Strano destino: dopo prediche rottamatrici, due comunisti doc concorrono per un partito che vorrebbe essere il più lontano possibile dal Pci». 

Zingaretti è un ex giovane felpatissimo. Quando ha annunciato di essere pronto a correre, ha detto: «Io ci sono», «ma sono il primo a dire che il problema fondamentale non è il segretario». L’ imperativo categorico? Sostituire la «rabbia con la passione». Cinquantatré anni, romano, fratello di Luca - il celebre commissario Montalbano - Nicola Zingaretti dietro alle spalle ha una di quelle famiglie romane, «fecondo intreccio di radici ebraiche, cattoliche e di cultura laica» e che lui racconta con garbo: «Siamo tre fratelli uniti, grazie anche ai nostri genitori che ci hanno sempre ricordato che siamo qui per caso: il 16 ottobre 1943, quando ci furono le deportazioni degli ebrei a Roma, i nazisti entrarono in casa di mio nonno, ebreo, da qualche giorno nascosto in un convento. Trovarono mia madre, attaccata alla gonna di nostra nonna, che disse il suo nome da ragazza. Si salvarono».

Da quando era segretario dei “pulcini” comunisti, Zingaretti ha sempre mantenuto i tratti del dirigente medio del Pci: buon senso, mai un gesto anticipatore, lessico impersonale. Una volta Antonio Bassolino chiese ad un compagno napoletano ben introdotto a Roma: «Ma come è questo Zingaretti? In direzione sorride sempre…». Nel 2012 pubblicamente annuncia la sua candidatura a sindaco di Roma, un’impresa che si presenta accidentata e così quando un compagno gli annuncia per telefono, «sarai candidato alla Regione», la leggenda vuole che il buon Nicola esulti per lo scampato “pericolo”. Ma Zingaretti – anche grazie a Goffredo Bettini e al suo staff – elettoralmente si rivela un fuoriclasse: è eletto presidente della provincia di Roma, e per due volte Governatore del Lazio. 

Quando Renzi era il “capo”, Zingaretti non lo ha mai criticato: «Con lui ho sempre avuto un rapporto sereno, perché franco». Ma ora Zingaretti è chiamato a cambiare marcia. I due giorni di “Piazza Grande” sembrano una fotocopia della Leopolda renziana: dieci gruppi tematici di lavoro, dal palco amministratori locali, video emozionanti (ricordo di Martin Luther King, alla presenza della figlia Bernice), lezioni (Nando Dalla Chiesa), un solo big (Paolo Gentiloni) accanto al padrone di casa. 

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Da - http://www.lastampa.it/2018/10/13/italia/zingaretti-lex-sor-tentenna-lancia-la-corsa-per-guidare-il-pd-G5Sep4lmlSx39M3JBwybdI/pagina.html
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« Risposta #214 inserito:: Gennaio 28, 2019, 05:13:43 pm »

La “nuova” Cgil, unitaria, progressista e anti-governativa

Pubblicato il 23/01/2019 - Ultima modifica il 23/01/2019 alle ore 15:10

FABIO MARTINI
ROMA
La «nuova» Cgil, nel segno di Maurizio Landini, si preannuncia unitaria, progressista e anti-governativa. L’accordo notturno tra le due «anime» del più grande sindacato italiano e che ha consentito il via libera alla leadership di Maurizio Landini, ha un aspetto organizzativo e di organigramma ma anche un significato politico. La Cgil che esce dal congresso di Bari sarà sicuramente più unitaria, sia nel rapporto con gli altri sindacati confederali sia al suo interno. Il messaggio che la segretaria uscente Susanna Camusso e il nuovo leader danno alla sinistra politica (al Pd ma anche all’ex Leu) è nel segno dell’unità: il sindacato ha diverse sensibilità ma al momento decisivo sa trovare una sintesi.

L’attualità va raccontata. Aiutaci a farlo sempre meglio
Una Cgil anche più unitaria rispetto al passato, nel rapporto con Cisl e Uil e su questo Camusso nella sua relazione è stata più esplicita che nel passato. Una Cgil progressista, perché nel patto interno che comprende l’ala che ha sostenuto Vincenzo Colla nella sua corsa alla segreteria, decisivo è stato l’atteggiamento trattativista del sindacato pensionati, che anche in termini anagrafici incarna l’anima tradizionalista della Cgil, che nel passato è stata per decenni la principale casa della sinistra. Un freno rispetto alla tentazione di andare incontro alle simpatie di tanti iscritti – che hanno votato Lega e Cinque stelle – che avrà un riflesso anche nella linea politica rispetto al governo.

Dopo diversi mesi di stanf-by rispetto al nuovo esecutivo, nelle ultime settimane la Cgil aveva intensificato la conflittualità. E ora Landini è chiamato ad interpretarla. Lui che, assieme alla Camusso e al sindacato pensionati – è il vincitore del congresso, è ora chiamato a dare corpo alle novità maturate nelle ultime settimane e lo farà nel discorso che pronuncerà domani mattina davanti ai delegati.

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Da - https://www.lastampa.it/2019/01/23/italia/la-nuova-cgil-unitaria-progressista-e-antigovernativa-qxPKtfNJN5VfqpTuOdrYOP/pagina.html
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« Risposta #215 inserito:: Aprile 22, 2019, 04:32:30 pm »

La mossa di Zingaretti nella partita delle elezioni: “Si vada subito al voto”
Il Pd getta il proprio peso puntando sul voto anticipato e soprattutto prova a snidare il governo sulla vicenda dell’imprenditore Arata

ANSA
Pubblicato il 19/04/2019 - Ultima modifica il 19/04/2019 alle ore 20:44

FABIO MARTINI
In una scena politica occupata completamente da Salvini e Di Maio, il leader del Pd Nicola Zingaretti esce dall’angolo con una doppia mossa significativa: chiede le elezioni anticipate e chiede al presidente del Consiglio di riferire sulla spinosa vicenda dalla presunta assunzione del figlio dell’imprenditore Arata da parte del sottosegretario della Lega Giancarlo Giorgetti. Zingaretti esce allo scoperto con una dichiarazione su Facebook: «Hanno portato il Paese nel pantano. Se non ce la fanno e litigano su tutto è meglio che vadano a casa e che si torni al voto dando la parola agli italiani. Basta con le ipocrisie e i giochi di palazzo”. Dichiarazione importante: Zingaretti vanta un rapporto stretto col Capo dello Stato e la sua presa di posizione, che comprende la possibilità di elezioni anche entro l’estate, evidentemente non è destinata a urtare il Quirinale. Ma le difficoltà nelle quali si trova la Lega paradossalmente allontanano lo scenario delle elezioni a giungo, quello che Salvini aveva accarezzato negli ultimi giorni.

Oltretutto in una nota attribuita a fonti del Pd, si attacca anche sul fianco più scoperto della Lega: “Dopo le recenti rivelazioni della stampa secondo la quale il figlio dell’imprenditore Arata, indagato insieme al sottosegretario Siri, sarebbe stato assunto recentemente dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti, il presidente Conte non può nascondersi e ha il dovere di presentarsi in Parlamento per chiarire una vicenda che getta inquietanti ombre sul Governo. Le ipotesi di indagine della Magistratura sono gravissime e impongono al Governo di fare chiarezza”.
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Da - https://www.lastampa.it/2019/04/19/italia/la-mossa-di-zingaretti-nella-partita-delle-elezioni-si-vada-subito-al-voto-2NIQARfiUwGSpiEPGNizsN/pagina.html
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