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Autore Discussione: CARMELO LOPAPA  (Letto 74467 volte)
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« Risposta #90 inserito:: Novembre 17, 2012, 03:16:28 pm »

   
INTERVISTA

Zagrebelsky: "I valori della Costituzione per battere i nichilisti e il vuoto della politica"

La democrazia dei 5 Stelle è inganno. La tecnica non basta a governare un Paese. Il logoramento è sfociato in astensionismo e violenza.

La domanda ora è: siamo ancora in tempo per rimediare?

di CARMELO LOPAPA


ROMA - "Intorno a noi, vuoto politico. Ci voleva tanto a capire che la tecnica non basta a governare un Paese? Il governo tecnico poteva essere una medicina, ma la parola avrebbe dovuto riprendersela al più presto la politica. Ci voleva tanto a immaginare il logoramento che si sarebbe determinato: astensionismo, violenza, rifugio in forme di protesta elementari, prepolitiche? Siamo ancora in tempo per riprendere in mano politicamente la situazione, o non siamo più in tempo? Questa è la domanda". C'è preoccupazione nella riflessione di Gustavo Zagrebelsky. Nel "Manifesto di Libertà e Giustizia", da lui appena elaborato, viene indicata una possibilità, singolarmente consonante con quanto scrive Salvatore Settis nel suo ultimo libro che porta il sottotitolo "ritornare alla politica, riprendersi la Costituzione".

Come affrontare l'emergenza, professore, ora che le piazze italiane somigliano a quelle di Atene e Madrid?
"Innanzitutto, invito a distinguere. Come sempre nei momenti di crisi, una parte della società sta a guardare, cercando di difendere posizioni e privilegi, per poi, eventualmente, schierarsi col vincitore. All'opposto, par di vedere atteggiamenti - alimentati da parte della stampa - schiettamente nichilistici: distruggiamo tutto, poi si vedrà. Infine ci sono coloro che comprendono e vivono le difficoltà del momento e non aspettano altro che potersi identificare in qualcosa di nuovo, per muovere in una direzione costruttiva.
Tra questi, ci sono, oggi, molti passivi, solo perché non si mostra loro come e perché possano rendersi attivi".

Per la verità il Movimento 5 Stelle Grillo sembra, eccome, svolgere una funzione mobilitante.
"Sì. Ma bisogna onestamente dire che non sappiamo come e verso che cosa questa mobilitazione s'incanalerà. Non sappiamo se c'è un rapporto causa-effetto nella circostanza che, in Italia, dove esiste il M5S, non abbiamo avuto (finora?) l'esplosione di movimenti d'ultra destra, razzisti, nazionalisti. Se il rapporto c'è, dovremmo essere grati. Ma non conosciamo quale sarà l'esito: potrà costruire qualcosa o sarà votato alla distruzione? Su questo punto, sarebbe bene che i suoi sostenitori si ponessero domande fondamentali".

Si riferisce all'assenza di programma?
"No. Il programma c'è e non si può dire che sia più vuoto di quello di tanti partiti. Ma io penso ad altro, alla concezione della democrazia".

Che vuol dire?
"La democrazia del M5S vuole essere, attraverso l'uso della rete, una forma di democrazia diretta. Ma si dovrebbe sapere che la democrazia diretta come regola è solo la via per il plebiscito. L'idea della sovranità del singolo, il quale versa la sua voce nel calderone informatico, è un'ingenuità, un inganno. Su questo punto, il movimento di Grillo dovrebbe essere incalzato. Invece di scagliare vuote parole come "antipolitico", si dovrebbe spiegare che cosa è una forza politica basata sulla rete: democrazia diretta, sì; ma diretta da chi? La rete informatica può facilmente essere una rete nelle mani di uno o di pochissimi. Il leaderismo del periodo di Berlusconi si nutriva almeno di pulsioni populiste. Qui, il controllo dall'alto, a onta dei bagni di folla puramente spettacolari, si prospetta come un algido collegamento - nemmeno definibile rapporto - telematico".

Vuol dire che diventerebbe una democrazia eterodiretta?
"La logica parlamentare consiste nel dialogo e nel compromesso. Quando una spina di - si dice - centocinquanta deputati diretti dal web sarà piantata in Parlamento, che ne sarà di questa logica? La nostra democrazia rappresentativa già fatica, anche a causa dei tanti "vincoli di mandato" che legano i deputati a lobbies e corporazioni. Che cosa succederà in presenza d'un gruppo consistente che, per statuto, deve operare irrigidito dalla posizione che è in rete: o sarà ridotto all'impotenza, o ridurrà all'impotenza l'istituzione parlamentare".

Quale alternativa offrite col "Manifesto di Libertà e Giustizia"?
"Può sembrare un ritorno all'antico. È la Costituzione. Non è una parola vuota, ma svuotata. Sono decenni che la si vuole cambiare e, con ciò, s'è dato da intendere che è superata. Invece non è affatto superata. La Costituzione non contiene la soluzione dei nostri problemi, ma la direzione da seguire per affrontarli. E questa traccia è contenuta nel più elevato, nel più pensato, nel più denso di consapevolezza storica tra i documenti politici che il popolo italiano abbia prodotto".

Può fare qualche esempio?
"Basta scorrerne gli articoli, a partire dall'articolo 1, dove si parla del lavoro - non della rendita, non della speculazione, nemmeno della proprietà (che pure è riconosciuta e tutelata) - come fondamento della Repubblica. Non mi faccia fare un elenco. Ma voglio solo ricordare l'importanza che la Costituzione attribuisce alla cultura (non alla "tre i") e alla scuola (pubblica), come premesse, o promesse, di cittadinanza".

Nel confronto tv per le primarie, nessun candidato del centrosinistra ha inserito nel suo Pantheon personaggi della fase costituente. Che dire?
"Sciocca la domanda (non la sua, ma quella del conduttore), e sciocchissime le risposte. Invece di qualcuno che abbia a che fare con la loro formazione politica, con la propria identità, hanno evocato dal nulla nomi di degnissime persone, Papa Giovanni, Mandela, Martini... Io avrei potuto, allo stesso titolo, dire Giovanna d'Arco. Si è speculato sull'alta dignità di uomini assenti che avrebbero potuto dirti: ma come ti permetti d'utilizzarmi per farti bello, anzi per farmi fare da specchietto per allodole? Vuote e piuttosto ridicole parole".

Nel vostro Manifesto, c'è, appunto, un atto d'accusa contro le "parole vuote" della politica.
"Sì. Il Pantheon suddetto appartiene alle parole vuote. Ma poi riforme, innovazione, giovani, condivisione, merito, e tante altre. Qualcuno è contro i giovani? Qualcuno e per il de-merito? Bisognerebbe, per non inzupparci di parole inutili, seguire questo criterio: ciò che è ovvio, non deve essere detto".

Vi obietteranno che rischia di esserlo anche la fase costituente.
"No, No! Non "fase costituente", ma "fase costituzionale"!".

Ci spieghi.
"Vuol dire riportare la Costituzione al centro. Vorremmo un partito che dicesse: il mio programma è la Costituzione, il ripristino della Costituzione, nella vita politica, nella coscienza degli italiani: uguaglianza, libertà, diritti civili senza veti confessionali o ideologici, partiti organizzati democraticamente. Qualcuno dei nostri politici sa quale entusiasmo si suscita quando si parla di queste cose con la passione che meritano? E quale senso di ripulsa, invece, quando si parla dei partiti?".

In questi tempi, in effetti, pare che tutto ciò che i partiti toccano si trasformi in rifiuto.
"Non bisogna generalizzare. Anzi, occorre aiutare a distinguere. Per questo, se un partito "toccasse" la Costituzione in modo corretto, per farsene il manifesto, ne uscirebbe nobilitato. Aggiungo: se lo facesse in modo credibile, otterrebbe una valanga di voti. Nel referendum del 2006, quasi 16 milioni di cittadini hanno votato per la difesa di questa Costituzione, contro le improvvisazioni costituzionali, magari coltivate per anni, ma sempre improvvisazioni".

(16 novembre 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/11/16/news/zagrebelsky_costituzione-46755190/
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« Risposta #91 inserito:: Novembre 23, 2012, 05:01:55 pm »

Il retroscena

Il Cavaliere prepara il colpo di scena "Il candidato non sarà comunque Angelino"

L'ufficio di presidenza del Pdl si è trasformato in un vero e proprio psicodramma.

Berlusconi cerca un'alternativa e studia la nuova discesa in campo: solo io posso.

Il leader del Pdl ha già fissato per il 26 gennaio la data per il secondo "predellino"

di CARMELO LOPAPA


ROMA - "Io continuo a cercare un candidato premier. Angelino vincerà pure le primarie, ma con lui rischiamo di straperdere le politiche ". Quando in serata inoltrata i dirigenti del Pdl e poi i giornalisti convocati in conferenza stampa lasciano il parlamentino di Palazzo Grazioli, dopo cinque ore di "psicodramma" di partito, Silvio Berlusconi assicura ai suoi che quel "dinosauro" lo tirerà fuori per davvero. Che lo choc ci sarà e sarà "rivoluzione". Un leader esterno. Ma se non sbucherà dal cilindro il "Berlusconi in stile '94", allora lui stesso è pronto a giocarsi la sua partita. Lo deve agli interessi di famiglia, alla guerra aperta con la magistratura, al popolo degli elettori che ritiene ancora di rappresentare. "Da solo valgo almeno il 10 per cento", va ripetendo focus group alla mano.

La selezione dei giovani manager d'altronde è partita. Quelli incontrati in più occasioni a Villa Gernetto. Ha sondato sul serio quello che con sprezzo Alfano definisce il "gelataio", il giovane fondatore dell'impero Grom, Guido Martinetti. C'è l'imprenditore modenese Gianpiero Samorì. Il talent scout televisivo  -  e di questi tempi forse non solo tv  -  Flavio Briatore, compagno di vacanze e forse socio di futuri investimenti in Kenya. Il neoconsigliere Volpe Pasini e Maria Rosaria Rossi. E poi i pretoriani del partito. Quelli che ancora ieri, a inizio vertice, hanno provato a caricarlo a molla per spingerlo a ritornare in pista. "Presidente, ma non lo vedi che Casini ormai va col Pd, tu non devi fare un passo indietro ma due avanti per rappresentare i moderati " lo sprona la Santanché. E come lei Giancarlo Galan. Quest'ultimo spintosi fino a un duello a muso duro con Angelino Alfano in quel vertice diventato resa dei conti. E poi Paolo Romani, Matteoli e la Bernini e ancora la Carfagna, la Prestigiacomo, la De Girolamo, Biancofiore, insomma "amazzoni", come continua ad apostrofarle in privato Alfano.

Ed è bastato attendere la conferenza stampa serale  -  convocata in fretta e furia per coprire l'immagine devastante rilanciata per tutto il pomeriggio dai lanci di agenzia su quanto stava esplodendo a porte chiuse  -  per comprendere che il Cavaliere ha altri piani. E soprattutto non ha alcuna intenzione di farsi da parte. "Metto a disposizione la mia esperienza per il paese" avverte, dopo aver chiuso una volta per tutte con Monti e il suo governo dal 2013. Non senza preannunciare il ritorno presto in tv, che per lui vuol dire campagna elettorale. Certo, ci saranno le primarie, ma per come sono state partorite dal vertice decisivo, "nascono già delegittimate ", come spiega un alto dirigente del partito. L'ex premier le ha stroncate pubblicamente dicendo che, fosse per lui, andrebbero fatte in dieci giorni e mediante call center. Come dire, le facciano pure. E si faranno, a questo punto, ma lo stesso capogruppo Cicchitto deve premettere che "se ci fosse la decisione di Berlusconi di tornare in campo, saremmo tutti intorno a lui".

La macchina che dovrà produrre lo "choc", la "rivoluzione" del resto è già in moto. I consiglieri a lui più vicini sostengono che stia attendendo l'esito delle primarie del Pd del 25 novembre. Prima di allora continuerà a lavorare sotto traccia. La data segnata in rosso per un "predellino 2" è il 26 gennaio. Più o meno in concomitanza con la data alla quale Alfano avrebbe pensato per piazzare la grande convention Pdl destinata alla sua scontata acclamazione.

Berlusconi avrebbe voluto completare già ieri pomeriggio la demolizione finale avviata da tempo. Smantellare il giocattolo delle primarie e con esse spazzare via l'intero palchetto di coordinatori, capigruppo, segretario, costretti a quel punto alle dimissioni. E a inizio vertice procedeva a colpi di piccone "le primarie sono capaci solo di alimentare le faide che i nostri elettori schifano", "ho sondaggi pessimi sul loro gradimento ", chiama il Pdl "Forza Italia ". Poi, col trascorrere delle ore, la demolizione viene congelata, rinviata. Perché dopo i pasdaran berlusconiani prende la parola Alfano e alza per la prima volta la testa e la voce prendendosela con "gelatai e barzellettieri" (o barzellettati). Si spinge fino a ventilare possibili dimissioni, se le primarie venissero cancellate ("Io non ci sto"). E dopo lui tutti i dirigenti più vicini e sono tanti, da Croseto a Fitto, da Lupi ad Alemanno e La Russa, ma anche una berlusconiana come Mariastella Gelmini invita a fare ormai la consultazione e a tenere insieme il leader e il Pdl, altrimenti si va tutti a sbattere. Nel frattempo, tutti gli ex An si erano riuniti prima del vertice riesumando il progetto di "scissione ", La Russa e Gasparri arrivano per protesta in ritardo a riunione iniziata. Ma con lo psicodramma in corso nessuno se n'è accorto.

(09 novembre 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/11/09/news/il_cavaliere_prepara_il_colpo_di_scena_il_candidato_non_sar_comunque_angelino-46223735/
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« Risposta #92 inserito:: Novembre 26, 2012, 05:39:30 pm »



di CARMELO LOPAPA

Bersani avanti ora Vendola ago della bilancia


Vanno a votare quasi in quattro milioni, alle primarie Pd. File ai gazebo e boom di partecipazione, ben oltre l'asticella che con prudente cautela i dirigenti avevano fissato. Vince Bersani, ma non sfonda al primo turno. Il 45 lo costringe al ballottaggio con Matteo Renzi, che lo tallona otto punti dietro.

In tarda serata poteva ritenersi soddisfatto anche Nichi Vendola: in una battaglia in buona parte di marchio Pd, raggiunge il 15 per cento che potrebbe risultare decisivo domenica a beneficio del segretario. Ma gli uomini di Renzi a questo punto sognano il sorpasso.

Nelle stesse ore serali in cui prendeva forma il successo delle primarie Pd, il premier Mario Monti parlava del suo futuro davanti alle telecamere di Fazio. Ribadisce che rifletterà sulle modalità con cui potrà dare il suo "contributo" e che in ogni caso la scelta sarà "inevitabilmente" sua. Anche se sulla decisione avranno un peso le valutazioni del capo dello Stato Napolitano.

Il Pdl ieri ha formalizzato le candidature alle primarie, sono sei. Ma Alfano ammette che tutto a questo punto dipende dalla decisione di Berlusconi. Che a metà settimana annuncerà la nascita di Forza Italia e il suo ritorno alla leadership. Gli ex An verso la scissione.

DA - http://www.repubblica.it/politica/
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« Risposta #93 inserito:: Dicembre 06, 2012, 04:57:31 pm »

Berlusconi affonda Alfano: "Mi avete deluso, io il migliore"

Duro scontro tra l'ex premier e Alfano nel corso del summit a Palazzo Grazioli.

Il segretario Pdl alza la voce: "Si decida, non possiamo stare a guardare il Pd". Unica concessione dell'ex premier: "Il partito resta, ma cambia nome"

di CARMELO LOPAPA

"Sono stanco, mi avete deluso tutti. Mi avete abbandonato". Sono trascorse tre ore e mezza in quel salotto, Silvio Berlusconi non ne può più, il pranzo a Palazzo Grazioli è diventato un vertice interminabile con le solite facce del gruppo dirigente. I coordinatori La Russa, Verdini, Bondi, i capigruppo Cicchitto e Gasparri, e poi il segretario Alfano e Gianni Letta e Niccolò Ghedini.

"Deluso", ripete il Cavaliere alzando la voce e guardando tutti: "Appena ho voltato le spalle mi avete accoltellato, adesso congiurate pure contro di me, ma soprattutto mi avete lasciato solo contro i magistrati", dice alludendo a quei miseri sette o otto comunicati di solidarietà seguiti alla sentenza di condanna di fine ottobre. Trame o cospirazioni, il candidato premier sarà lui.

Doveva essere un "gabinetto di guerra" - quello convocato dall'ex premier al suo ritorno a Roma dopo quasi due settimane - e lo è stato certamente nei toni. Alza la voce lui, ma prova ad alzarla anche Angelino Alfano, come capita ormai di frequente a Palazzo Grazioli. Lo incalzano: "Presidente, si deve decidere, non possiamo stare a guardare il Pd che ha un leader ed è già in campagna elettorale: sarai tu a guidare il partito o no?". Lui non lascia molti spiragli a un'alternativa. Di certo si riprende in mano il partito. "Serve rinnovamento, servono facce nuove anche in tv: sono sempre le stesse". E il rinnovamento passerà attraverso il cambio di nome imminente. Forza Italia o, come sussurra adesso qualcuno, Piazza Italia?

Ad ogni modo si svolta. "Vi faccio un'unica concessione. Resto convinto che con lo spacchettamento raccoglieremmo più voti, ma teniamoci pure un partito unico, come volete. Ma alle mie condizioni, decido io". E decide lui soprattutto le candidature, nessun margine di manovra. E detta le condizioni. "Vi do ventiquattro ore di tempo, io sono pure disposto a fare un passo indietro, ma indicatemi un nome credibile, che possa prendere il mio posto". Come dire, se siete davvero convinti che possa essere Alfano, ditemelo, ma ve ne assumete la responsabilità. Il fatto è che gli uomini del segretario tornano a sperare, in serata le agenzie di stampa rilanciano le voci di un passo indietro imminente che dopo le 22 scatena la sfuriata del Cavaliere. Il candidato premier è lui e lancerà a breve la sua campagna tutta in chiave anti Monti. Chi non ci sta, può pure farsi da parte. I filo governativi alla Frattini o alla Mauro o alla Lupi sono avvertiti.

Che Berlusconi non fosse affatto convinto di cedere lo scettro, lo aveva capito il dirigente vicino al segretario che pochi giorni fa era stato ospite ad Arcore. "Ma Angelino lo capisce o no che se non ho fatto le primarie è stato solo per il suo bene? Lo capisce o no che lui le avrebbe perfino perse?", lo ha gelato il padrone di casa. Figurarsi lanciare il segretario per Palazzo Chigi alla guida di un partito che già è precipitato al 16 per cento nei sondaggi consegnati in settimana. Oggi pomeriggio nuovo appuntamento a Palazzo Grazioli, dopo il Consiglio dei ministri che dovrà pronunciarsi sulla data del voto per le regionali.

Una cosa è certa. Tramonta ogni ipotesi di crisi legata al mancato election day con le politiche. È Berlusconi stesso, col conforto di Letta al suo fianco, a comunicare a tutti come il Quirinale abbia chiuso le porte a qualsiasi ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere sotto il "ricatto" del Pdl. Tanto più che ci sono sette decreti in ballo e la legge di stabilità da approvare prima di Natale. Arma spuntata, dunque.

Detto questo, al Colle non dormono affatto sugli allori. C'è preoccupazione per le insidie pidielline che rischiano di paralizzare ormai ogni azione dell'esecutivo. Per il governo è iniziata la parabola discendente, difficile possa aggiungere pagine al libro già scritto, alla ripresa di gennaio. E in queste condizioni, ragionano alla Presidenza della Repubblica, potrebbe non avere senso attendere la scadenza naturale e far votare dunque ad aprile, anche se la legge elettorale non dovesse essere riformata. Così, con le regionali in Lazio e Molise a febbraio, si fa sempre più probabile la scadenza del 10 marzo per le politiche, magari da accorpare alla Lombardia. Berlusconi resta convinto, e lo ha ripetuto ai suoi, che con la Lega occorra ricucire e che Storace sia "il migliore candidato per il Lazio", sul quale il Pdl non nutre grosse aspettative.

Nelle tre ore e passa a Palazzo Grazioli, Alfano e La Russa e Gasparri rialzano il tiro sulla legge elettorale, chiedono il via libera per l'intesa col Pd sulla riforma. Ma anche su questo il leader ha opposto un muro. Lo dice, lo urla: il Porcellum resta l'unica via di fuga per evitare la disfatta e tentare il colpaccio di un pareggio al Senato. Sandro Bondi lascia anzitempo il vertice, "indignato" per la linea dei dirigenti. E si sfoga: "Inutili riunioni, Berlusconi farebbe bene ad ascoltare piuttosto il mondo che è fuori". Ed è quello che ormai farà.

Dalla residenza dell'ex premier capigruppo e dirigenti escono scuri in volto quando è già calata la sera. Tutti dicono: "Ci sarà un comunicato di Alfano". E invece un primo comunicato sarà diffuso da "Palazzo Grazioli", del segretario nessuna traccia. E quello che chiude ogni partita e preannuncia la ri-discesa in campo viene stilato alla presenza di Verdini in tarda serata dallo stesso Berlusconi. Game over.

(06 dicembre 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/12/06/news/retroscena_berlusconi_deluso-48167278/
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« Risposta #94 inserito:: Gennaio 31, 2013, 11:16:19 am »

Il Cavaliere tenta la mossa a sorpresa: "Blind trust per Mediaset e minicessione"

Retroscena.

L'argomento è stato trattato nei pranzi del lunedì con i figli. Anche Letta e Verdini informati

di CARMELO LOPAPA


ROMA - Un blind trust per gestire il patrimonio da 4 miliardi di euro. Silvio Berlusconi si prepara ad annunciare il colpo a sorpresa a chiusura della campagna elettorale. Per spiazzare gli avversari, tentare di risalire di qualche punto, ma soprattutto "per fare piazza pulita dell'ultimo baluardo che la sinistra continua a strumentalizzare contro di me", come va dicendo. Il Cavaliere è intenzionato a confermare in quell'occasione la voce che circola con insistenza da giorni nei mercati finanziari. E che vorrebbe imminente la vendita di una quota cospicua, sebbene di minoranza, delle azioni Mediaset.

La mossa è allo studio almeno da qualche mese. Ne è a conoscenza solo il circolo ristretto degli uomini di fiducia. Fedele Confalonieri, Gianni Letta, Ennio Doris, Denis Verdini, Angelino Alfano e, ovviamente, la famiglia. L'argomento è stato trattato negli ultimi pranzi del lunedì con i figli. E, come già avvenuto in passato - una prima volta nel 2005 - il progetto del patriarca ha incontrato l'ostilità della figlia Marina e, in parte, di Piersilvio. Tuttavia, questa volta il centocinquantanovesimo uomo più ricco al mondo (secondo Forbes), colui che ha visto lievitare il suo patrimonio negli ultimi 18 anni fino alla soglia dei 4 miliardi, vuole andare fino in fondo. E la sortita ultima di Bersani ("Se vinciamo, subito il conflitto di interessi") ha avuto l'effetto della classica goccia. Affidamento del patrimonio a un consorzio di garanti, dunque. E poi vendita di una fetta.
Ma a chi?

...

L'articolo integrale su Repubblica in edicola o su Repubblica+

(31 gennaio 2013) © Riproduzione riservata
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« Risposta #95 inserito:: Marzo 10, 2013, 04:38:04 pm »

Processi, Berlusconi chiama il partito in piazza "Domani tutti al Palazzo di giustizia"

L'incubo delle inchieste e la sindrome dell'accerchiamento spingono il leader Pdl ad anticipare i tempi rispetto alla manifestazione del 23 marzo.

Timori di richiesta d'arresto per l'indagine napoletana sulla compravendita dei parlamentari

di CARMELO LOPAPA


ROMA - "Vogliono tenermi sotto assedio? Adesso noi assediamo loro". Il comandante è provato, furibondo, l'occhio coperto da una sorta di occhiale-maschera nella stanza buia del San Raffaele. Ma non domo. Silvio Berlusconi chiama alla mobilitazione il suo popolo già per domattina. Troppo lontana nel tempo la manifestazione convocata per il 23 marzo a Roma: da qui ad allora rischiano di arrivare altri colpi d'ascia, dall'appello Mediaset al processo Ruby.

Il tam tam è già cominciato ieri sera tra dirigenti e parlamentari. Alfano e Ghedini e pochi altri a farsi portavoce del diktat del capo. "Voglio tutti i parlamentari e i militanti davanti al Palazzo di Giustizia". Appuntamento per le 10 di domani, quando riprenderà il processo Ruby, a quell'udienza il Cavaliere non si presenterà, ha opposto il legittimo impedimento che ancora una volta, con molta probabilità, verrà respinto. Fuori dal Tribunale si faranno sentire i suoi. E non solo il partito milanese guidato da Mantovani, stavolta.

La tensione è altissima. Il medico personale Alberto Zangrillo parla di "disagio", di "amarezza" per la visita fiscale, Berlusconi in realtà lo raccontano "furibondo". Quasi esasperato da quel che vive appunto come un assedio, comunque come il suo personalissimo Armageddon, la battaglia finale tra il bene e il male. Lui, da una parte, il "partito dei giudici" col volto di Ilda Boccassini, dall'altro. Di certo, senza scomodare paragoni biblici, l'assedio dei militanti al Palazzo di giustizia, per come lo ha immaginato il leader Pdl, richiama piuttosto la scena finale del "Caimano" di Nanni Moretti. In ogni caso, si tratterà solo del primo di una serie di appuntamenti pubblici, di manifestazioni "eclatanti" per rispondere ai giudici. Fino alla piazza del 23, sorta di exploit finale di una escalation ancora in via di pianificazione. Perché, per dirla con Daniela Santanché, "bisogna reagire e ormai servono solo atti, azioni: agire e far capire che stanno succedendo cose inaudite".

E inaudita sarà la mobilitazione. Non solo di piazza. Ma anche quella mediatica. Il martellamento pensato per i prossimi giorni dalle reti Mediaset sarà da campagna elettorale. Ed è partito già ieri sera, con uno speciale alle 20 sul Tg4, col direttore di Tgcom24 Paolo Liguori che denunciava in prime time: "Vogliono cancellargli i diritti civili". Altri speciali seguiranno, i tg delle tre reti terranno alta l'attenzione. Come alti sono i toni che nel frattempo stanno usando tutti i parlamentari. Ormai anche una moderata come Maria Stella Gelmini parla di "persecuzione, giustizia imbarbarita", per non dire dei "medici nazisti" di Cicchitto o di Licia Ronzulli che definisce quella della Boccassini una "ossessione personale".

La vera preoccupazione che i dirigenti Pdl confidano è che col leader impelagato nelle sabbie giudiziarie, tutto il partito è segato fuori dalle trattative decisive per la nascita di un eventuale governo. Del resto, è la considerazione carica di rabbia che ha fatto anche dall'ospedale Berlusconi ai pochi andati a trovarlo: "È tutto studiato per tagliarmi fuori dalla politica, ma non ci riusciranno". Certo, ha altro a cui pensare in queste ore. Alla ripresa del processo Ruby di domani, per esempio. Infatti, verrà annullata la riunione dei neo eletti alla Camera e al Senato prevista a Roma per domani. Qualcuno come Altero Matteoli chiede la convocazione dell'Ufficio di presidenza per decidere come mobilitarsi.

Ma le decisioni in queste ore maturano al San Raffaele di Milano. E la linea, anche politica, ormai è definita. "Si va dritti al voto a giugno, non c'è alternativa" ripete un Cavaliere sotto assedio e ancor più motivato: non può permettersi il lusso di attendere mesi, addirittura l'anno prossimo, per ripresentarsi da leader alle elezioni, col giudizio definitivo su Mediaset (e relativa minaccia di interdizione) entro l'anno. Incombe soprattutto il processo di Napoli per la compravendita dei parlamentari. Per paradosso, dicono che sia la grana giudiziaria che lo preoccupa di più in queste ore. I pm di Napoli potrebbero chiedere il giudizio immediato per l'affaire De Gregorio. Ma l'incubo dell'entourage berlusconiano è che il pm Woodcoock possa avere altri colpi in canna, altre carte. Tante da giustificare una richiesta di arresto da depositare in quella giunta del Senato dove stavolta la maggioranza l'avrebbero Pd e M5s. Ipotesi che tuttavia la Procura non sembra intenzionata a prendere in considerazione.

(10 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/10/news/processi_berlusconi_chiama_il_partito_in_piazza-54238153/?ref=HREA-1
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« Risposta #96 inserito:: Marzo 23, 2013, 05:49:28 pm »

Mega spese, commessi puniti, staff azzerato: arriva il tornado Brunetta, deputati Pdl in rivolta

Licenziati tutti i dipendenti, ha portato con sé quattro segretarie.

Ai rapporti con la stampa l'ex "agente Betulla" Renato Farina. Gli insorti raccolgono firme per sfiduciarlo, lui minaccia le dimissioni.

La Carfagna e la Lorenzin rinunciano al ruolo di vicecapogruppo: "Non con lui"

di CARMELO LOPAPA


ROMA - La televisione per la sua stanza, da nuovo mega super capogruppo l'ha voluta enorme. Perché a lui tutto piace in grande.
Venerdì 15 febbraio l'elezione di Renato Brunetta alla presidenza della squadra Pdl alla Camera non era ancora formalizzata - Silvio Berlusconi aveva appena imposto ai deputati la sua irrevocabile scelta contro tutto e tutti - che già l'ex ministro si era presentato nei locali al sesto piano che erano stati di Fabrizio Cicchitto e impartiva le nuove disposizioni. Via il vecchio (neanche tanto, sembra avesse un paio d'anni) Toshiba del suo predecessore. La segretaria ha convocato i commessi per ordinare un nuovo tv al plasma da 50 pollici: "Presto, anzi subito". Costo a carico dei fondi del gruppo. Con buona pace dei tagli ai costi.

Era solo il preludio di quel che in una settimana si sarebbe trasformato nel tornado Renato, abbattutosi sui deputati Pdl. Settimana tribolata dentro e fuori quelle stanze. A farne le spese, per primo, il commesso del piano, deferito ai superiori per una sorta di lesa maestà: accusato di non essersi alzato e non aver "nemmeno salutato" il nuovo capogruppo al suo passaggio. Scatta richiesta di provvedimento disciplinare, incidente che, va da sé, è morto di morte naturale sul tavolo di un costernato segretario generale di Montecitorio, Ugo Zampetti.

Il tempo di mettere piede nelle stanze del gruppo ed ecco il primo atto dell'economista prestato alla causa berlusconiana: l'azzeramento dell'intero staff in servizio. A nessuno dei 98 dipendenti della passata legislatura viene rinnovato il contratto, nemmeno ai 36 preventivati in ragione del drappello di deputati ridotto a un terzo. Drammi umani. Il centinaio di parlamentari che si presenta agli uffici del gruppo, trova completamente deserte le stanze al quarto, quinto e sesto piano di pertinenza Pdl. In compenso, hanno preso possesso delle sale del capogruppo quattro nuove segretarie che Brunetta ha già portato con sé dalla sua Free Foundation: adesso passeranno a carico del Pdl.

Alle altre assunzioni provvederà lui personalmente. Intanto, ha già richiamato in servizio Renato Farina (in ballo tra il ruolo di portavoce e capo ufficio stampa), proprio l'ex deputato e giornalista sospeso dall'Ordine in quanto referente dei servizi, nome in codice "Betulla".

Tra i deputati è già caos. L'ultima goccia quando Brunetta annuncia che sarebbero stati sorteggiati e non scelti gli scranni in aula e che sarebbe stata sua l'ultima parola sull'assegnazione nelle varie commissioni. In dieci minacciano di passare al misto. Così mercoledì sera Brunetta comunica a Palazzo Grazioli l'intenzione di dimettersi: "Ho tutto il gruppo contro, non si può lavorare". Fulminato tuttavia da Berlusconi, alla vigilia della salita al Colle per le consultazioni.

Venerdì il patatrac finale. Errore nella distribuzione dei voti e fallisce l'elezione di Laura Ravetto alla carica di segretario d'aula.
In questo clima, Mara Carfagna e Beatrice Lorenzin hanno rinunciato alla carica di vicecapogruppo ("Non con Brunetta"). La sola Gelmini, per spirito di servizio, starebbe valutando. Ma i deputati raccolgono firme per la clamorosa sfiducia. Verdini e Alfano promettono che lunedì affronteranno il caso. Prima che il gruppo tracolli.

(23 marzo 2013) © Riproduzione riservata

http://www.repubblica.it/politica/2013/03/23/news/mega_spese_commessi_puniti_staff_azzerato_arriva_il_tornado_brunetta_deputati_pdl_in_rivolta-55168838/?ref=HREC1-5
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« Risposta #97 inserito:: Marzo 24, 2013, 05:04:14 pm »

Il Cavaliere dice no all'offerta del Pd "Ci stiamo solo se entriamo nel governo"

Il leader Pdl non intende accettare un patto solo sulle riforme: vuole anche suoi ministri. "Niente conflitto di interessi e ineleggibilità".

Ad aprile un'altra manifestazione, a Napoli, per avviare la campagna elettorale

di CARMELO LOPA


ROMA - "Sia chiaro, la fiducia la prende solo se entriamo in maggioranza, al governo, se ci danno la metà dei ministri, se concordiamo il capo dello Stato". Rientrato a Palazzo Grazioli con l'adrenalina ancora a mille, entusiasta per la piazza gremita che lui e solo lui ha monopolizzato per 70 minuti, Silvio Berlusconi è un fiume in piena, circondato da tutto lo stato maggiore del partito che lo ascolta in silenzio. "Devono mettersi in testa che le norme sull'ineleggibilità, sull'incompatibilità, sul conflitto di interessi non si toccano", sono le condizioni che il capo elenca ai suoi. Fuori, le ultime luci del tramonto della primavera romana.

Ad Alfano, Verdini, Bonaiuti, Santanché, Lupi e tanti altri dirigenti spiega perché la manifestazione appena conclusa è solo la prima di una serie, perché potrebbe segnare l'esordio della nuova campagna elettorale. Tutto è precipitato nelle dodici ore precedenti, come ha raccontato il leader anche a ora di pranzo, in un ufficio di presidenza riunito sempre a casa sua. I pontieri Gianni Letta, Verdini, Alfano erano già tornati con le pive nel sacco dai colloqui riservati con i democratici Migliavacca, Vasco Errani, Enrico Letta. Mano tesa solo sulle riforme, ma nulla da fare sul governo di "concordia nazionale". E questa storia del "doppio binario" per il Cavaliere è pressoché "irricevibile". Il comizio lo tiene su toni "soft", almeno rispetto agli standard tradizionali, perfino quando accenna alla giustizia. Per la prima volta riconosce in piazza la "saggezza e l'equilibrio di Napolitano" al quale ribadisce "piena fiducia". Poi, al rientro a Grazioli, ecco in tv Bersani che torna a chiudere, a parlare di ineleggibilità e incompatibilità. "Per quanto ci riguarda, così si va dritti alle elezioni a giugno - commenta allora Berlusconi coi parlamentari nel suo salotto - questi sono degli irresponsabili e se ci ridurremo come Cipro sarà colpa loro".

Martedì, quando Bersani incontrerà la delegazione Pdl, con molta probabilità Berlusconi non ci sarà. Il Cavaliere oggi si concederà qualche ora di relax in Sardegna, prendendo anche fisicamente le distanze da Roma e dalle sue trattative. Troppi segnali equivoci, troppe chiusure. Intanto su quei paletti di "garanzia", di salvaguardia per la sua persona che ritiene fondamentali: "Minacciare l'incompatibilità è una follia e il conflitto di interessi non è una priorità". Meglio farebbe Bersani, a sentire la Santanché, "se si presentasse al Colle rinunciando all'incarico e passando ad altri la mano". Intanto anche sul successore al Quirinale il dialogo è su un binario morto. "Io non mi attendo il sostegno a un nostro uomo, potrei accettarne anche uno indicato da loro, ma solo a patto di concordarlo" è la linea impartita dal leader ai suoi, per ora infruttuosa. Sul governo invece non ci sono vie di mezzo: "O siamo dentro, con la metà dei ministri, o per noi si va dritti al voto". Che poi è il monito ripetuto a più riprese durante l'ora e passa a Piazza del Popolo.

Galvanizzato dal successo, Berlusconi annuncia che va organizzata al più presto, a metà aprile, una nuova manifestazione. Si pensa già a Napoli, Bari, qualcuno propone Milano. Dopo Pasqua il capo tornerà in dosi massicce in tv: "Perché siamo in testa nei sondaggi e solo se mi spendo in prima persona i nostri consensi aumentano". Non è un caso se sul palco non c'è stato spazio per nessuno che non fosse lui. Palco dal quale sono partiti fendenti senza precedenti contro Grillo: è già caccia grossa ai suoi voti. "È stato un presidente moderato, i giochi non sono chiusi" sostiene a fine kermesse Gaetano Quagliariello. Ma il messaggio che parte in serata è un po' quello che sintetizza Maurizio Lupi: "Bersani non si attenda dal Pdl uscite dall'aula o sostegni a governicchi, l'alternativa alle larghe intese da oggi per noi sono le urne. Non ci interessano scambi". E per un partito che accende i motori elettorali, c'è una Mara Carfagna in procinto di essere investita del ruolo di nuova portavoce.

(24 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/24/news/il_cavaliere_dice_no_all_offerta_del_pd_ci_stiamo_solo_se_entriamo_nel_governo-55237072/?ref=HREA-1
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« Risposta #98 inserito:: Maggio 24, 2013, 04:35:18 pm »

   
Berlusconi ora cambia strategia: "Toni bassi, l'obiettivo è la Cassazione"

Resta il sostegno al governo.

I timori sulla Suprema corte. La scelta del legale Coppi è finalizzata a persuadere i giudici del terzo grado


di CARMELO LOPAPA


ROMA - "Perché hanno usato quei toni così duri? Perché infierire tanto? Tutto questo non lascia presagire nulla di buono per il futuro". Silvio Berlusconi rientra a Palazzo Grazioli in vista del comizio di oggi pomeriggio al Colosseo al fianco di Alemanno, incontra i suoi legali, poi Verdini e alcuni dirigenti Pdl e confessa tutta la sua preoccupazione, dopo la lettura in sequenza delle motivazioni della Cassazione (sul mancato spostamento a Brescia dei procedimenti di Milano) e quelle della Corte d'Appello (per la condanna Mediaset).

Pronunciamenti attesi, ma non in questi termini. Una escalation che induce ancora una volta il Cavaliere a parlare in privato di "assedio giudiziario" ai suoi danni. "Perché la Cassazione ricorda la mia definizione di "giudicesse femministe e comuniste" riferita alle toghe che hanno deciso sull'assegno di separazione per Veronica? Quello era il Tribunale civile, cosa c'entra?", chiede con insistenza il leader Pdl agli avvocati Ghedini e Longo. È un'agitazione che si proietta sul futuro. Perché quella medesima Corte di Cassazione sarà chiamata a pronunciare il terzo, ultimo, decisivo giudizio nel processo Mediaset da qui a un anno. Sentenza nella quale parecchio confida il Berlusconi condannato a quattro anni e cinque di interdizione dai pubblici uffici. Ma se questi sono i chiari di luna, il quadro si fa fosco. Per non dire delle possibili ricadute politiche sul Pd alleato di governo, ma spaccato al suo interno, con le ali più antiberlusconiane pronte sempre a soffiare sul fuoco.

Così, in un primo momento la linea decisa coi legali è stata quella del silenzio. Del "no comment" a caldo sulle motivazioni Mediaset, salvo lasciare partire la consueta contraerea di decine di parlamentari Pdl con le loro dichiarazioni anti giudici. Poi, nel giro di poche ore, l'ha spuntata la voglia irrefrenabile del Cavaliere di intervenire in prima persona per bollare come "surreali" le ragioni della sentenza, non in un'intervista ma in un sobrio comunicato.

Detto questo, la strategia politica dei "toni bassi" sulle toghe non cambia di una virgola. Zero attacchi alla magistratura nel suo complesso, in quella nota. E nessun riferimento al governo e alla sua stabilità a rischio. Il portavoce Paolo Bonaiuti, ieri a lungo a colloquio con Berlusconi, conferma: "La linea dell'appoggio al governo non cambia di sicuro, resta confermata". L'esecutivo Letta deve andare avanti, per il leader Pdl resta una "occasione storica", come detto nei giorni scorsi, e soprattutto "non cadrà certo per mano mia o per le provocazioni in cui certi magistrati cercano di farmi cadere". La parola d'ordine, insomma, resta ancora pacificazione. Ecco perché anche nel comizio di oggi al fianco del candidato sindaco di Roma non intende alzare il tiro sui giudici. Ai piedi del Colosseo - unico strappo alla decisione di non affrontare per ora comizi, dopo le contestazioni di Brescia - si atterrà a temi assai concreti, "da comunali", dall'Imu a Equitalia.

Strategia politica ma anche - ed è quel che più interessa al leader - processuale. Non bruciare i pozzi, evitare di arroventare il clima con i supremi giudici di Cassazione. A volerla dire tutta, sembra che il principe dei cassazionisti Franco Coppi scelto per affrontare la partita più importante, lo abbia posto, anzi imposto come condizione. Avrebbe accettato l'incarico solo a patto che cambiasse lo stile dell'imputato fuori dalle aule di giustizia. Niente più attacchi ai giudici. Il modello Andreotti resta inarrivabile, ma quanto meno nei prossimi mesi l'imputato dovrà tenerlo in alta considerazione.

Ma a convincere il Cavaliere sull'opportunità di cambiare registro sarebbero state in ultimo le riflessioni che il presidente Napolitano ha affidato il 16 maggio scorso al Messaggero. Laddove il capo dello Stato spiegava di capire "chi si trova impigliato" in vicende giudiziarie, ma suggeriva: "Meno reazioni scomposte arrivano, meglio è dal punto di vista processuale". Considerazioni generiche dell'inquilino del Colle, alle quali tuttavia - racconta chi lo frequenta - il Berlusconi "impigliato" preferisce adesso attenersi.

(24 maggio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/05/24/news/berlusconi_cambia_strategia-59503698/?ref=HRER1-1
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« Risposta #99 inserito:: Giugno 04, 2013, 11:43:07 pm »

L'ira di Berlusconi nel fortino Arcore: "Il Quirinale adesso deve difendermi"

La richiesta che il Colle e la Consulta, che il 19 si pronuncerà sul legittimo impedimento al processo Mediaset, riconoscano e blocchino "l'accanimento".

Il centrodestra: sentenze politiche, mobiliteremo i cittadini


di CARMELO LOPAPA


ROMA - "Ho fatto tanto per pacificare questo Paese e ridargli un governo dopo lo stallo e ora assistono tutti in silenzio al tentativo di farmi fuori, non una reazione dalla Consulta né dal Colle". Nube nera come una cappa, su Arcore, e non è solo affare di meteo. Il clima è assai cupo, anche al pranzo di Silvio Berlusconi con i figli e i vertici Mediaset, al rientro dalla Sardegna.

Il dibattito politico sulle riforme e il presidenzialismo, visto dalla Brianza, appare lunare, lontanissimo. La settimana di relax è già cancellata, sul Cavaliere ha il sopravvento la preoccupazione che diventa ansia, in vista del pronunciamento "decisivo" della Corte Costituzionale del 19 giugno sul legittimo impedimento al processo Mediaset. L'esito negativo potrebbe aprire alla conferma della condanna in Cassazione e all'interdizione. Ecco perché quella decisione è attesa ben più che la sentenza Ruby di primo grado del 24 giugno. A Villa San Martino nel pomeriggio arriva Nicolò Ghedini, dopo l'arringa difensiva tenuta in mattinata in aula. Sia lui che Longo gli hanno spiegato che con molta probabilità la Corte negherà la sussistenza del legittimo impedimento o al più la riconoscerà, ma non tale da vanificare il processo Mediaset ormai approdato in Cassazione. Allora l'esasperazione avrà varcato il segno. Berlusconi confessa tutta la sua delusione, chiamando in causa "gli arbitri che restano a guardare". Non si attende certo un intervento del
capo dello Stato o di chicchessia per bloccare sentenze ormai imminenti, spiega chi gli ha parlato nelle ultime 24 ore. "Ma se c'è la volontà e si riconosce l'accanimento, il modo per impedirlo si trova" è il suo ragionamento. "Napolitano è un grande presidente, siamo felici di averlo rieletto, ma il suo silenzio e l'immobilismo della Consulta pesano". Il leader Pdl nei lunghi e amari sfoghi ne fa una questione anche politica. "Mi sono battuto per ridare un governo al Paese, a fronte di tanti sacrifici nessuna forza politica ha nulla da ridire sul tentativo di farmi fuori?" E poi, ci sono i tentennamenti sulla cancellazione dell'Imu a mal disporre l'ex premier nei confronti del governo.

Delusione e rabbia. E in questo clima agisce da detonatore l'ultimo report consegnato ieri dalla sondaggista Alessandra Ghisleri, che riconosce al Pdl oltre il 28 per cento dei consensi e al centrodestra (prima coalizione) il 36, con Grillo in calo e tutti i partiti di governo in crescita. Cosa accadrà dunque dopo il pronunciamento della Corte del 19 sul legittimo impedimento? Berlusconi continua a dire ai suoi figli e ai vertici Mediaset che tenere in vita questo governo è una polizza per le aziende, basta scorrere i titoli in Borsa dalla fiducia del 29 aprile ad oggi. Detto questo, nessuno dei dirigenti di Via dell'Umiltà si sente ora di scommettere un euro sul fatto che le decisioni giudiziarie non avranno ricadute sugli equilibri politici e di governo. Cosa accadrà a fine mese, dicono un po' tutti i pidiellini, non è dato sapere. In realtà, neanche al capo è chiarissimo. Mario Mantovani, coordinatore lombardo ieri dimessosi da senatore, è tranchant: "Un'eventuale condanna sarebbe totalmente politica e di fronte a sentenze politiche mobiliteremo i cittadini contro i magistrati politicizzati". Al partito sperano tutti di sapere qualcosa in più questa sera. Dopo dieci giorni di black-out, Berlusconi rientra oggi a Roma e potrebbe riunire il partito a Grazioli in serata. Anche se il restyling del Pdl in versione Usa, sponsorizzata dai falchi, resta in stand by. "Spero che le indiscrezioni sulla rinascita di Forza Italia siano vere" dice la sottosegretaria Michaela Biancofiore. Di certo, il leader non terrà il comizio di chiusura né comparirà in strada al fianco del candidato sindaco di Roma Gianni Alemanno. Per lui, registrerà oggi uno spot e delle interviste con tv locali.

(04 giugno 2013) © Riproduzione riservata

DA - http://www.repubblica.it/politica/2013/06/04/news/ira_berlusconi-60306371/?ref=HREA-1
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« Risposta #100 inserito:: Giugno 26, 2013, 12:16:13 am »


Berlusconi alza il prezzo sulla giustizia: "Riforma o il governo non va lontano"

Il Cavaliere avverte Letta. "Ora tutto è possibile". Chi l'ha visto ad Arcore lo descrive "stordito".

"Deluso da Napolitano". Raccolta firme per chiedere il suo intervento

di CARMELO LOPAPA


Adesso che la "pacificazione è finita", come ripete un Cavaliere "stordito", perfino "sconvolto" - raccontano - dalla sentenza di "inaudita violenza", adesso tutto può succedere.

E la crisi in autunno diventa sempre più concreta, perfino probabile, stando a chi parla col leader. Di certo, parte subito una mobilitazione del Pdl per chiamare in causa direttamente il capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Arcore, interno tramonto, fortino blindato. Accessibile telefonicamente solo ad Alfano e a pochi dirigenti. Silvio Berlusconi accusa il colpo, di più, non ha quasi la forza di reagire, mentre sui siti di tutto il mondo campeggia la sua condanna più pesante sotto il profilo dell'immagine. La forza c'è giusto per buttare giù poche righe di reazione col portavoce Paolo Bonaiuti, ma per la prima volta in quelle righe non viene garantita la sopravvivenza del governo, non viene distinto il piano giudiziario da quello politico. Non a caso. Tutto può succedere, appunto.

Nel faccia a faccia che giusto oggi pomeriggio il leader Pdl dovrebbe avere con il premier Enrico Letta, sempre che si faccia (ieri sera il rientro di oggi a Roma e l'incontro a Palazzo Chigi era confermato da Arcore al 90 per cento) Berlusconi intende mettere in chiaro che così "non si va lontano". Si doveva parlare dell'imminente Consiglio europeo. In realtà il Cavaliere
fisserà un nuovo pesante paletto a un presidente del Consiglio che pure considera amico. "A questo punto la riforma della giustizia dovete inserirla tra le priorità, è un'emergenza democratica e può riguardare qualunque cittadino, lo pretendo" ha preannunciato al vicepremier Angelino Alfano. Lui, come gli altri tre ministri Pdl, questa volta sono usciti allo scoperto esprimendo piena solidarietà al capo. A tutti loro ha assicurato che il governo non cadrà per i processi, "ma per le emergenze economiche, se l'esecutivo non sarà in grado di farvi fronte, se continueranno a non arrivare risposte".

La dead line insomma si sposta in autunno, ma diventa concreta, minacciosa come mai prima d'ora, nella strategia di un leader che intravede il virtuale patibolo giudiziario all'orizzonte. Subito dopo l'estate, dunque a ridosso della sentenza della Cassazione sui diritti Mediaset (con relativa interdizione dai pubblici uffici) ogni momento diventerà quello propizio per staccare la spina. "È la fine del governo, è la fine del governo", gongolava ieri sera più di un falco. Del resto, il fedelissimo Sandro Bondi lo dice apertamente che sarebbe "assurdo pensare che il governo possa lavorare tranquillamente mentre si massacra politicamente" Berlusconi.

Oggi salta la prevista riunione dei gruppi parlamentari Pdl. Troppo alto il rischio che finisse in scontro aperto tra moderati e pasdaran pronti a ritirare il sostegno e i ministri al governo fin da subito. Del resto, gli umori del Cavaliere in queste ore sono quelli che sono. Lo sconforto di cui parlano gli interlocutori serali si trasforma in amarezza profonda per "una sentenza da Unione sovietica, da stato etico" è il commento a caldo subito dopo aver assistito in diretta televisiva alla sentenza di Milano. Ma è un'amarezza che sfocia in sconforto e, spiegano i suoi, anche in delusione nei confronti del capo dello Stato che secondo lo stesso Berlusconi avrebbe deluso certe aspettative. "Ho fatto tanto per dare un governo al Paese, per garantire davvero la pacificazione e questo è il risultato" è l'altro sfogo. E allora è proprio per chiamare in causa il presidente della Repubblica Napolitano che Brunetta e altri dirigenti stanno pianificando una iniziativa "clamorosa". Al momento si parla di una raccolta di "milioni di firme" da raccogliere in estate per invocare l'intervento del Colle contro la "persecuzione" del leader vittima della "guerra dei vent'anni". "Sta alla sua coscienza da primo magistrato d'Italia" intervenire, è la tesi del capogruppo alla Camera.

Strategia di pressione che correrà parallela al battage mediatico-televisivo che sulle reti Mediaset su questo tema è già partito. Già, l'impero Mediaset. In famiglia sono rimasti colpiti dal mezzo tracollo subito in borsa dal titolo, meno 5,3 per cento in un lunedì molto nero. Sarà anche per quello che - anche in questo caso per la prima volta - i figli Marina e Pier Silvio intervengono per dirsi amareggiati e indignati contro il "castello di falsità" su cui a loro dire sarebbe costruita la sentenza.

Adesso i passaggi cruciali incalzano, destinati ad alzare la tensione uno dopo l'altro. All'incontro con Letta di oggi Berlusconi farà seguire la direzione del partito di domani. Sarà il momento della verità sul da farsi. Poi l'escalation: giovedì il giudizio della Cassazione sul ricorso sul Lodo Mondadori, per il quale il Cavaliere è stato condannato a pagare 560 milioni di euro alla Cir, e nello stesso giorno si apre a Napoli l'udienza preliminare per la compravendita dei senatori. È l'"accerchiamento" tanto temuto, che sembra ormai stringere il fortino di Arcore. Dice: "Vogliono eliminarmi, farmi fuori e hanno trovato il modo per farlo". Lui resta pronto comunque a vendere cara la pelle.

(25 giugno 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/06/25/news/berlusconi_avverte_letta-61793318/
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« Risposta #101 inserito:: Giugno 26, 2013, 11:35:56 am »

Marina Berlusconi scalda i muscoli: ormai studia da leader politico

Vertice di famiglia ad Arcore.

La rivelazione di Bisignani: sta prendendo lezioni da Del Debbio. Le amazzoni: sarà lei la "Cavaliera" per battere Renzi.

E stavolta non c'è smentita da palazzo Grazioli

di CARMELO LOPAPA

Bisignani: ''Berlusconi ieri sera ha scelto: la sua erede sarà Marina''
La "Cavaliera", dicono già di lei. Ed è di nuovo "discesa in campo", in casa Berlusconi. Ad Arcore tutto è pronto, raccontano adesso. Marina intenta a raccogliere l'eredità politica (non solo quella dinastica e patrimoniale) del padre. Alla guida della Forza Italia 2.0 e via dritti verso il voto anticipato. Sembra l'eterno tormentone della successione che ritorna. Questa volta c'è l'ex faccendiere e informatissimo Luigi Bisignani a rivelare la presunta svolta maturata due sere fa ad Arcore, un paio d'ore dopo la sentenza di condanna a sette anni per il reato più ignominioso. L'investitura da parte dell'anziano leader ormai segnato, lei che finalmente accetta: la quarantenne che può sfidare e sconfiggere il quarantenne Renzi, distanza anagrafica azzerata.

È un fatto che in serata - a differenza che in passato - non sia arrivato lo straccio di una presa di distanza dall'indiscrezione da Palazzo Grazioli.
E nemmeno dalla presidente della Mondadori. Anzi, per ore è stato un coro di entusiastici consensi alla successione da dinasty. Le "amazzoni" in prima fila. A Piazza Farnese, ai piedi del palco improvvisato da Giuliano Ferrara, più di un fedelissimo del Cavaliere confidava che sì, "forse questa volta la notizia ha un fondamento". Settimane fa, per prima Laura Ravetto aveva rilanciato la notizia. La ministra Nunzia De Girolamo aveva sperato che accettasse lo scettro. Cosa è accaduto nelle ultime 48 ore?

Poco prima di cenare col padre, nel lunedì nero della famiglia Berlusconi, Marina rende pubblico il proprio "sdegno" contro "la condanna già scritta nel copione messo in scena dalla Procura di Milano". Sono gli stessi toni usati per anni dal padre. Difesa di una figlia, certo, ma via via in questi mesi, di intervista in intervista, lo spessore delle uscite dell'imprenditrice è stato sempre più politico. "Con lei, il vantaggio non da poco è che i nostri elettori ritrovano un Berlusconi per di più giovane da votare", racconta fiducioso un alto dirigente di via dell'Umiltà.

A raccontare senza remore quanto avvenuto è Luigi Bisignani, intervistato in Radio nella trasmissione "Un giorno da pecora". "Il presidente si è convinto che il dopo-Berlusconi è Marina. Non ero presente alla cena di lunedì, ma c'erano i familiari, Piersilvio, Marina e Barbara. Poi Francesca Pascale e l'avvocato Ghedini. Il piglio e la forza che Marina ha messo in quella cena ha convinto tutti che il vero erede è lei. D'altronde è stata fatta già testare, è stato fatto un sondaggio coi parlamentari Pdl ed è andato molto bene. E poi loro cercavano un imprenditore. E lei lo è. A una Forza Italia stanno pensano più persone, anche molti imprenditori come Alessandro Benetton".

La primogenita di Silvio, altra rivelazione, starebbe studiando alla "scuola" di Paolo Del Debbio, tra i fondatori di Forza Italia nel '94. Il trampolino di lancio, a sentire Bisignani e non solo lui, sarebbe già pronto. L'operazione correrebbe parallela col nuovo "predellino" che Berlusconi ha in mente. Forza Italia 2.0 da rilanciare in autunno, pronto uso in caso di crisi e elezioni anticipate, magari prima che la Cassazione travolga con l'interdizione il "patriarca" e con lui tutto e tutti, Pdl compreso. Già alla direzione del partito convocata oggi, con all'ordine del giorno la sola approvazione del bilancio interno c'è chi, come Giancarlo Galan e un manipolo di altri forzisti della prima ora, è intenzionato ad alzare la voce e far sapere che così è inutile andare avanti. Tornare alla vecchia sigla e alla svelta, sarà l'input al quale il leader non sembra sia estraneo.

"Ah, ho visto che volete candidare Marina. Vi converrà fare presto, prima che arrivino i giudici" ironizzava ieri pomeriggio il democratico Nicola Latorre con Paolo Bonaiuti, nel Transatlantico di Palazzo Madama. Ironie a parte, c'è chi sta prendendo la svolta molto sul serio, dentro il Pdl. Soprattutto le persone più vicine alla famiglia e non sarà un caso. "Spero che Bisignani abbia ragione. Ne sarei ben contenta" risponde Daniela Santanché. L'eurodeputata Lara Comi è la prima a cogliere al volo la notizia: "Marina a capo di una Forza Italia 2.0 sarebbe un'ottima prospettiva, spero sia vero". E il sottosegretario Michaela Biancofiore: "Noi un Renzi, molto più serio, preparato e affidabile, lo abbiamo e si chiama Marina.
Di fronte ad una sua discesa in campo, con dietro un padre oggi ancora più amato dal popolo italiano, non ci sarebbe speranza per nessun altro di conquistare il governo del Paese". Tutti pronti a garantire che il partito sarebbe al suo fianco.

Nell'impero di famiglia la primogenita è sergente di ferro. Donna sola al comando, oltre che madre di famiglia, col piglio intraprendente del padre.
È lei che si sobbarca le interviste più delicate quando lui finisce sotto attacco. L'ultima un mese fa a "Panorama" per definire "mostruoso il solo pensare che il destino del Paese passi per le mani di un gruppo di magistrati". Lei adesso è pronta a impedirlo. Come Silvio vent'anni fa.
Renzi è avvertito.

(26 giugno 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/06/26/news/marina_berlusoni-61862186/?ref=HREC1-3
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« Risposta #102 inserito:: Agosto 04, 2013, 11:48:23 am »

   
L'ultima trincea di Berlusconi: ora pensa a un salvacondotto

Per ora l'ex premier ha voluto abbassare i toni sperando di ricevere risposte. L'idea è di tenere in vita il governo Letta ma solo a patto che si faccia la riforma della giustizia e il Pd accetti di porre fine alla "guerra dei vent'anni"

di CARMELO LOPAPA


La strada della grazia è ormai sbarrata, il Colle è inespugnabile, non c'è assedio, piazza che lo possa, condizionare, ricattare.
Il piano del Cavaliere è già un altro e passa per la sopravvivenza del governo Letta. "Proviamo a tenerlo in vita, ma solo a condizione che si faccia la riforma della giustizia e che il Pd accetti di chiudere lì la guerra dei vent'anni". Un'amnistia, insomma, o un qualche salvacondotto che possa cancellare con un colpo di spugna l'onta della condanna definitiva, sono tornati in cima ai desiderata di Silvio Berlusconi.

È la ragione per cui nella giornata di ieri l'ordine di scuderia è stato quello di abbassare i toni, non più la manifestazione a due passi dal Quirinale ma davanti la residenza del leader, non più minacce di crisi di governo ma disponibilità a sostenerlo ancora, non più ministri barricaderi, ma silenti, anzi del tutto assenti dal selciato arroventato dall'afa di oggi pomeriggio in via del Plebiscito. Conseguenza anche del messaggio che il presidente Napolitano, di ritorno dai giorni in Alto Adige, ha recapitato a Berlusconi tramite Gianni Letta: spazzare via la grazia dal tavolo di discussione, abbassare i toni, pena la cancellazione dell'incontro coi capogruppo di domani.

Ecco perché Berlusconi si riposiziona. "L'unica strada che abbiamo è raggiungere una accordo politico con il Pd, se vogliono la pacificazione devono dimostrarlo e concordare con noi la riforma della giustizia" ha insistito l'ex premier già nel vertice notturno di venerdì, dopo l'assemblea coi gruppi, quando ad ascoltarlo erano rimasti Alfano, Verdini, Santanché, Lupi, i capigruppo ma anche la figlia Marina e Fedele Confalonieri. Proprio col braccio destro di sempre e con l'amata figlia, oltre che con la fidanzata Pascale, ha ripreso ieri mattina la via di Arcore.

Il leader ha garantito ai promotori della manifestazione - trasformata nel giro di poche ore in pacifico sit-in - che oggi pomeriggio ci sarà. In realtà, eviterà di farsi coinvolgere, la strategia ora è quella dell'inabissamento. Il suo rientro a Palazzo Grazioli è previsto nel tardo pomeriggio, è assai probabile che si faccia vedere dai simpatizzanti sotto casa ma che non parli, come avvenuto un mese fa alla manifestazione davanti Villa San Martino ad Arcore.

Del resto, nella telefonata di fuoco che è intercorsa nella tarda serata di venerdì con il capo dello Stato Napolitano, Berlusconi si è impegnato a mantenere le distanze da qualsiasi comportamento "irresponsabile". Il Quirinale non sente ragioni, non ammette colpi di testa. "Presidente, non sono stato io a invocare la grazia, non ho alcuna intenzione di far cadere il governo" ha spiegato Berlusconi a Napolitano, raccontano. Impegnandosi "ad abbassare da subito i toni". Pur insistendo sul fatto di aver "subito una profonda ingiustizia".

E i toni sono di fatto cambiati nell'arco delle ultime 24 ore. Fatto salvo per le intemperanze di Sandro Bondi e la fiammata sulla "guerra civile", ovvio, che a Palazzo Grazioli ridimensionano a una sortita autonoma del coordinatore. Ecco allora che i ministri Lupi, Lorenzin, Quagliariello, De Girolamo, che nel pomeriggio in sequenza chiamano il capo per sapere se presentarsi o meno oggi al sit-in, subiscono lo stop dallo stesso Berlusconi. È lui a invitare a non andare, "per non prestarsi a strumentalizzazioni, per tenere fuori il governo". Linea che poi in serata il ministro Lupi andrà a ufficializzare davanti alle telecamere del Tg1 e che, del resto, il vicepremier Angelino Alfano aveva anticipato ore prima al presidente del Consiglio Enrico Letta. I due sono rimasti in contatto per tutto il giorno e da mattina a sera il premier si è sentito rassicurare sul fatto che l'evocazione del voto anticipato, fatta il giorno prima dal Cavaliere all'assemblea dei gruppi Pdl, non era altro che una provocazione per reagire alla condanna.

Nel Pdl i malumori restano, la spaccatura tra falchi e colombe è tornata palpabile, in serata la notizia dell'assenza dei ministri ha indispettito Gasparri e tanti altri. La tensione è stata altissima per tutto il giorno nella sede di via dell'Umiltà, dove sono stati chiamati in fretta e furia tutti i coordinatori comunali del Lazio per tentare di portare davvero qualche migliaio di persone nel pieno di una domenica d'agosto, la sfida dei falchi è ad alto rischio. "Non sarà una manifestazione contro Letta tanto meno contro Napolitano, ma di solidarietà al nostro leader" tiene a precisare Mariastella Gelmini. Berlusconi certo non rema contro i barricaderi. Ai ministri dice di non muoversi, di attendere ("Fino a lunedì restiamo fermi, io non dirò nulla"), dall'altro lato tiene accesa la fiamma della piazza. Del resto, in privato, con gli avvocati Ghedini e Longo studia la legge Severino sulla incandidabilità (per condanne superiori a due anni) per sondare la praticabilità del "piano B", ovvero la possibilità di candidarsi nonostante la condanna (un solo anno da scontare), qualora si votasse a ottobre. Quando ancora l'interdizione non avrà avuto la "ratifica" del Senato.

E di voto si torna a parlare con insistenza sulla sponda leghista. Roberto Maroni dopo aver sentito al telefono Berlusconi ha raccontato ai suoi di averlo trovato "molto determinato, per nulla abbattuto, vispo e combattivo: la storia della grazia è un ballon d'essai, nel Pdl sapevano dall'inizio che, per come l'hanno messa, Napolitano non poteva che dire no". Per l'ex ministro dell'Interno è la conferma che tutte le tensioni ora si riversano sul governo, "noi ci prepariamo alla crisi e alle elezioni, che adesso sono lo scenario più probabile, da metà ottobre può succedere di tutto".

Se Silvio Berlusconi sarà fuori gioco, la figlia Marina è già pronta al suo fianco. Non lo ha lasciato un secondo nelle ultime 48 ore, spesso mano nella mano, raccontano, al fianco del padre provato. Secondo tanti, nel partito, ormai in procinto di raccogliere anche lo scettro in politica.


(04 agosto 2013) © Riproduzione riservata

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« Risposta #103 inserito:: Agosto 10, 2013, 11:22:33 pm »

Ma il Cavaliere congela la crisi di governo "Aspetto ancora le mosse di Napolitano"

Sulla casa un ultimatum a salve: "Qui rischiamo di ritrovarci Prodi"

di CARMELO LOPAPA


ROMA  -  L'avvertimento è lanciato, il timing per fine agosto è partito, ma Silvio Berlusconi sull'Imu non ha alcuna intenzione di scatenare la crisi. Certo non ora, non sotto l'ombrellone, non prima che il Quirinale o il Pd non lo tirino fuori dai guai. Il Cavaliere alza il tiro ma la pistola è a salve.

Lo scoprono di primo mattino i dirigenti Pdl che lo chiamano ad Arcore per sapere se l'ora X è scattata, se adesso che Saccomanni ha chiarito che l'imposta sugli immobili con difficoltà potrà essere cancellata si potrà dichiarare guerra al governo Letta, prendere le distanze.

I falchi del partito non attendono altro, sarebbe l'omicidio perfetto: alibi di ferro, senza nemmeno chiamare in causa le disavventure giudiziarie del leader, tutto da scaricare sulle responsabilità del Pd. Invece da Villa San Martino arriva la doccia gelata. C'è la nota diffusa da Palazzo Grazioli, certo, per mettere i paletti sull'affaire Imu, caposaldo della campagna elettorale berlusconiana.

Ma, fanno notare, in quel comunicato non c'è un solo passaggio in cui più o meno esplicitamente si dà per imminente la crisi. Giusto un avvertimento "doveroso" a Palazzo Chigi e "dovuto" agli elettori. Ma non è questo il momento di decretare la fine dei giochi. "Lo capite o no che Napolitano ci ha fatto sapereancora una volta che in caso di crisi lui si dimette un minuto dopo, piuttosto che sciogliere le Camere e concedere le elezioni anticipate, e noi rischiamo di ritrovarci con Romano Prodi al suo posto", ripete Berlusconi alle teste più calde fra i suoi.

Se abbia avuto questo genere di riscontro dalla visita dei capigruppo Schifani e Brunetta lunedì scorso non è dato sapere, comunque l'argomento è valido per stoppare ancora una volta i falchi Pdl. E ripetere loro che "in ogni caso, senza una legge elettorale le elezioni non le otterremo né ora né mai", è stato il proseguimento del suo ragionamento.

L'ordine di scuderia ai parlamentari in partenza per le vacanze è stato quello di sparare ad alzo zero sull'Imu e sul ministro Saccomanni. Per non dire di Epifani, accusato di voler provocare lui col suo Pd la crisi. Ma è una manovra tesa più che altro a lanciare messaggi, non tanto all'esecutivo, quanto al Colle: paventare il finale di partita, come fanno in un tam tam Gelmini, Carfagna, Santanché e tanti altri.

Ma anche lasuasion, sciar filtrare, come avviene da giorni, l'imminenza dell'avvento di Marina e il lancio di Forza Italia a settembre, con lo spauracchio del rompete le righe e del voto. Messaggi da decodificare, appunto. Non fosse altro perché la testa del Cavaliere è sintonizzata su altre frequenze. In cima ai suoi pensieri c'è la prospettiva dei domiciliari o dei servizi sociali, per non dire della sua decadenza da parlamentare, a settembre.

Altro che la tenuta e la sopravvivenzadell'esecutivo Letta. Nel fortino di Arcore non vogliono scatenare la "guerra nucleare" finché non sia stata battuta anche l'ultima strada per ottenere dal Quirinale una qualche scialuppa di salvataggio. Scialuppa che in realtà, come ammettono i consiglieri più saggi del leader Pdl, non arriverà mai.

E con molta difficoltà, spiega chi ha parlato con il capo, verrebbe considerata soluzione accettabile un'accelerazione impressa dal Colle, forte dellamoral sulla legge elettorale. È probabile che anche di questo si sia parlato nel colloquio avuto dal presidente Napolitano con i vertici Pd ieri pomeriggio. Dal quartier generale berlusconiano già avvertono che non sarà correggendo il Porcellum, e consentendo dunque di sciogliere le Camere, che si salverà il governo.

Ma il Berlusconi di queste ore sembra piuttosto in un vicolo cieco, le sue armi spuntate. È la ragione per cui, nonostante la tempesta, il premier Enrico Letta  -  forte del via libera definitivo del Parlamento al suo decreto del Fare  -  ieri si è sbilanciato nel dire in pubblico quel che da 48 ore va ripetendo anche nel chiuso di Palazzo Chigi: "Il governo è più saldo di quanto non sostengano i nostri detrattori".

Non scorge minacce concrete e imminenti, insomma. Non è un caso se nel pomeriggio, mentre dal Pdl continuavano a partire colpi di artiglieria, il capogruppo al Senato Renato Schifani  -  dopo consultazione con Arcore  -  plaudiva Letta e i suoi "toni costruttivi" sulla vicenda.

"Certi che entro agosto sarà definita la linea che prevederà l'abolizione dell'imposta secondo gli accordi. Il bastone e la carota, conseguenza anche dello sbandamento in cui da dieci giorni versano un leader e un intero partito. Stretti tra la volontà di far saltare il banco e l'impossibilità di farlo.

(10 agosto 2013) © Riproduzione riservata

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« Risposta #104 inserito:: Settembre 11, 2013, 11:14:38 am »


La pistola puntata del Cavaliere Muoia Sansone con tutti i filistei"

L'ex premier vuole a rompere già domani: non mi farò strappare lo scalpo.

Il leader del centrodestra ha iniziato a puntare l'indice anche contro Napolitano


di CARMELO LOPAPA


È l'ora della pistola puntata alla tempia degli alleati, ormai nemici, del Pd. Prendere o lasciare, il suo salvataggio o la crisi di governo. "Vogliono il mio scalpo, al pari dei magistrati: piuttosto faccio saltare il tavolo, non mi fanno fuori così". Silvio Berlusconi è un fiume in piena. La convulsa e temuta giornata segnata dall'apertura e dall'accelerazione dei lavori in giunta per l'immunità, dell'asse Pd-M5S foriero di chissà quali sviluppi futuri, precipita il leader in un catartico "Muoia Sansone con tutti i filistei".

I democratici diventano gli "amici dei pm". Tanto più che poche ore prima la Corte d'Appello di Milano aveva alzato il sipario sull'interdizione, fissando la sentenza già per il 18 ottobre. E allora tutto agli occhi del leader di Forza Italia è compiuto. E anche il presidente Napolitano diventa il Ponzio Pilato che ha preferito "lavarsi le mani", rinnovare gli appelli alla responsabilità del Pdl piuttosto che "far ragionare" i dirigenti democratici. In mattinata ad Arcore fanno capolino il presidente Mediaset Fedele Confalonieri, poi il super dirigente e amico di una vita Bruno Ermolli. Non è più tempo per inviti alla prudenza, il quadro pare compromesso anche a loro. E così, quando in serata la giunta viene rinviata a stasera con la chiara intenzione dei democratici di bocciare le questioni pregiudiziali sollevate dal relatore Augello, l'ordine di Berlusconi ai luogotenenti romani è di minacciare perfino l'aventino, di disertare la seduta. "Tanto hanno ormai deciso tutto".

Qualche ora prima, del resto, da Villa San Martino era partita già la convocazione per domani alle 13 dell'assemblea dei gruppi parlamentari Pdl di Camera e Senato. Era il tamburo di guerra fanno risuonare alla vigilia di una partito che appariva anche a distanza abbastanza compromessa. Nessuna scialuppa di salvataggio dagli alleati di governo, nessun aiuto dal presidente del Consiglio. Quanto basta per una fedelissima a stretto contatto col capo quale Daniela Santanché per sostenere prima di andare in onda a Piazza pulita che "oggi è il Pd ad aver aperto ufficialmente la crisi: è stata una gara tra loro, i grillini e i magistrati a chi avesse eliminato per primo Berlusconi". E allora è Berlusconi a eliminare loro, il governo, l'inquilino di Palazzo Chigi. "A Enrico Letta aveva garantito lealtà, ma è lui che è venuto meno ai suoi impegni, non può far finta che l'affare non lo riguardi" tuona un Cavaliere ormai a freni rotti.

Sono le ore in cui i falchi, da Verdini a Capezzone a Minzolini, cantano vittoria. Sono loro che, in contatto per tutto il giorno con Arcore, hanno "pompato" a sufficienza il capo: "Hai visto i magistrati di Milano, comunque tra un mese ti fanno fuori". Inutile restare a guardare. E sono loro a far rimbalzare voci sul profondo malessere dell'ex premier nei confronti dei ministri e di tutta l'area moderata che, con Angelino Alfano in testa, ha lavorato in queste settimane per favorire il dialogo. Per convincere il leader che non tutto era perduto. Che esistevano ancora margini di manovra e di dialogo con una parte considerevole del Partito democratico. Perfino con il Quirinale. "Ma se a prevalere è la linea di Casson, allora finisce male" si sbilancia perfino una colomba come Mariastella Gelmini. In serata la crisi è un vortici che si avvita su se stesso.

Circolano le voci più disparate. Perfino quella di un Berlusconi intenzionato non solo a sparare a zero e a sancire la crisi già domani, in quella sorta di "mezzogiorno di fuoco" allestito al cospetto delle sue truppe parlamentari. Ma anche di presentarsi a sorpresa alla festa del Giornale in corso a Sanremo per concedere l'intervista-bomba a porte aperte che ieri ha congelato e infine annullato, proprio in un estremo tentativo di salvare il governo e l'alleanza. Il video messaggio per le tv è stato già registrato, è il colpo in canna pronto da giorni. Pochi minuti per segare il ramo dell'esecutivo sul quale anche lui e il suo partito stanno seduti. Dopo, se davvero lo strappo sarà consumato, sarà crisi al buio. I suoi più stretti collaboratori raccontano che il leader ne è consapevole. Ma che ormai non gli interessa più nulla. Pretende fedeltà cieca dai suoi e da tutti, a cominciare dai ministri e dai sottosegretari, si attende la prova del fuoco proprio nell'assemblea convocata per domani. Le dimissioni che sanciscano la fine dell'esperienza Letta. E infine quelle dei parlamentari Pdl, per "costringere" il capo dello Stato allo scioglimento del Parlamento al quale Napolitano non vorrebbe rassegnarsi, in assenza di una riforma elettorale. L'indiscrezione pubblicata ieri dalla Velina rossa su un presidente della Repubblica pronto, in quel caso, a una dichiarazione pubblica pesantissima su chi si è reso responsabile della crisi, raccontano da Arcore, non ha fatto altro che avvelenare ancor più il clima. Berlusconi all'angolo, ma da quell'angolo è pronto a consumare la sua ultima vendetta possibile. Far scattare il grilletto. E poi sarà buio per tutti.
 
(10 settembre 2013) © Riproduzione riservata

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