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« inserito:: Dicembre 19, 2021, 11:59:09 pm » |
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Per il rinnovamento naturalista e liberale della Socialdemocrazia - Un progetto umano
Sen$amo l’urgenza di una poli$ca all’altezza dei tempi, delle opportunità e delle sfide che vorremmo cogliere, ma anche l’incombere di minacce sul nostro des$no. L’uomo è per natura un animale poli$co e un animale razionale. è all’apice della categoria dei predatori, in quanto essere sociale vive coi suoi simili in pace o in guerra, in quanto essere razionale impara a calcolare i propri interessi a cominciare da quello alla sopravvivenza dunque anche a calcolare i vantaggi della convivenza. Da qui bisogna ripartire: dalla natura umana immersa in un mondo sempre più plasmato da noi ma pur sempre creato dalla natura che tuBo abbraccia e nella quale soltanto è possibile la vita. La natura umana non è né divina né bes$ale, né schiava né individualista: la natura umana è aggressiva, socievole e ragionevole, spirituale e mortale. Ben diversa per complessità, evoluzione, crea$vità eppure non totalmente altra da quella di tuE gli esseri viven$ e senzien$ che come gli animali e come le piante, si associano, crescono e si difendono uni$, intrecciando le radici e facendosi scudo gli uni con gli altri. Custodire la vita dell’umanità e quella della natura, migliorandola dove possibile e proteggendola da ciò che la minaccia è questa, oggi, la principale, prioritaria missione della poli$ca.
Le cose sono arrivate a questo punto perché, volontariamente o involontariamente, non pochi strumen$ che abbiamo forgiato e Un terzo problema di cooperazione internazionale è quello dell’emigrazione: speranza e tragedia dell’umanità dereliBa dei paesi in via di sviluppo che i paesi prosperi vivono come immigrazione ad un tempo bisogno economico e demografico e faBore di ansia che alimenta pulsioni xenofobe. Ora, nessuno Stato può sopravvivere senza controllare i propri confini.
La democrazia ha bisogno di un demos chiaramente delimitato al fine di prendere decisioni, perché occorre sapere chi è responsabile e nei confron$ di chi. Per questo è necessario non respingere o accogliere a priori ma decidere quale e quanta immigrazione è conveniente e ges$bile. I flussi migratori si possono ridurre creando sviluppo nei paesi di provenienza e si possono governare riaprendo canali di immigrazione regolari. L’Unione Europea deve assumere la responsabilità generale di organizzare le migrazioni tenendo conto dei bisogni propri e di quelli degli sta$ donatori di manodopera. La corsa di una globalizzazione senza regole – ricordiamo la crisi finanziaria del 2007/2008 - ha trovato vecchi e nuovi ostacoli nel risorgere dei protezionismi, nella nuova invalicabile fron$era della minaccia alla sostenibilità ecologica dunque alla vita e da due anni di un’emergenza pandemica che può protrarsi e replicarsi dopo aver già lasciato sul terreno più di 5 milioni di mor$. Ma guai a trascurare la dimensione poli$ca internazionale. La socialdemocrazia europea non può essere muta, inerte, divisa di fronte al risorgente confliGo economico e geopolitico tra le grandi potenze. USA, Cina, Russia animano tensioni alle nostre porte, la Brexit, la crescente divaricazione coi paesi di Visegrad, l’emergere di nuovi attori regionali ai confini meridionali e medio orientali rischiano di condannare un’Europa debole e disarmata a un ruolo ininfluente o subalterno. Anche per questo l’Unione Europea deve essere riprogettata nella prospettiva che si è data: il Next-EU, delle nuove generazioni europee.
L’idea ispiratrice è quella di “UnaGiovaneEuropapotenza politica federata” fondata sulla difesa e la sicurezza comuni (un esercito europeo integrato con la NATO) e sulla condivisione della cittadinanza. La difesa comune non è solo questione di armi: senza un rilancio ideale dell’idea originaria che era e deve tornare ad essere quella di una comunità condivisa dai cittadini l’idea europea non progredisce verso nessun traguardo. Confini, diritti e doveri comuni esigono un impegno sistematico al superamento delle barriere linguistiche e culturali tramite percorsi di istruzione, formazione professionale, universitaria e di ricerca fondati sull’integrazione e su scambi generalizzati frequenti e durevoli di studenti di ogni classe alloggiati presso le famiglie e nei campus. Anche la difesa e la sicurezza comuni saranno meglio fondate a partire da leve di servizio civile e militare assolte in diversi stati. La transizione digitale del con$nente è un’occasione ma anche un rischio se guidata dai soli impera$vi economico-sistemici e se divisa in una frammentazione priva di regole. O l’UE sarà capace di dare forma e norme al globalismo, o sarà il globalismo a farlo, sopra di noi e senza democrazia. L’Europa del metodo intergoverna$vo è stanca e obsoleta. Bisogna muovere verso un’Europa guidata dal federalismo nella sua interpretazione originaria, quella di Colorni e Spinelli, contraria ai nazionalismi ma anche al super stato europeo fecondo di regole burocra$che ma inane a mantenere la promessa di far contare l’Europa nel mondo globale.
Quel che occorre è una dis$nzione chiara tra ciò che speBa all’Unione e ciò che speBa alle singole nazioni: una dimensione e un governo sovranazionale europeo eleBo dal Parlamento per le ques$oni essenziali di sicurezza, poli$ca estera e di difesa, per le innovazioni tecnologiche ed economiche d’avvenire – per esempio una piaBaforma digitale europea in grado di competere con i gigan$ americani e asia$ci – quasi tuBo il resto è bene sia appannaggio delle nazioni. La centralità degli Sta$-Nazione è lo spazio della democrazia dei moderni. Alle aperture talvolta azzardate prodoBe dai flussi economici mol$ reagiscono in nome di nuovi localismi o di vecchi sovranismi. Non soBovalu$amo sopraBuBo nelle generazioni più anziane l’ansia di protezione anche iden$taria indoBa dalla globalizzazione e dall’omologazione. Ma la democrazia, per quanto debba con$nuare ad avere un radicamento nazionale, non può non prevedere un orizzonte a livello mul$plo e deve essere aperta e integrata su spazi più vas$ e ar$cola$ – primo fra tuE l’Europa. Essa consiste nell’impegno a sviluppare lo spazio poli$co in cui l’umanità cerca di vivere un’esistenza in cui i diriE fondamentali del liberalismo e del socialismo democra$co – Stato di diriBo e Stato sociale - possano essere realizza$ in modo non contraddiBorio approdando a forme di vita sociale in cui la libertà individuale aumen$ ma nella responsabilità e nella solidarietà.
Le diseguaglianze di ricchezza, cresciute senza sosta nei paesi sviluppa$ a par$re dalla fine degli anni ’80, hanno umiliato ampie fasce di popolazione alimentando rabbia e frustrazione. SpeBa allo Stato o meglio all’intera sfera pubblica comprensiva della dimensione coopera$va, del volontariato e dell’impresa sociale di redistribuire la ricchezza investendo in servizi sociali per colmare o risarcire le disparità delle situazioni di partenza. Un esempio su tuE: l’istruzione è fondamentale faBore di uguaglianza di opportunità e il suo valore è decisivo nell’aBuale economia della conoscenza, che va ripensata nell’orizzonte di un welfare creatore di un’infrastruBura, non solo materiale, di beni pubblici al servizio di tuE i ciBadini.
Il socialismo democra$co e liberale è civiltà del lavoro e vive nel rapporto con la sua con$nua evoluzione. La debolezza della sinistra in Italia è nella rarefazione dei suoi rappor$ con il mondo del lavoro: l’autonomia sindacale prezzo pagato all’unita delle confederazioni ha cancellato la loro rappresentanza poli$ca. Abolito il legame socialdemocra$co tra par$to e sindaca$ dei lavoratori entrambi si sono indeboli$: i sindaca$ non hanno garanzie di approdo quando le loro rivendicazioni hanno portata generale e non possono influenzare i loro iscriE che aBraE dalle parole d’ordine an$ immigra$ e an$ globalizzazione votano a destra. Quel rapporto va ricostruito e per farlo non basta concentrare l’aBenzione sulle disuguaglianze una volta che queste si sono prodoBe e guardare soltanto alla redistribuzione. Il contributo delle corren$ di socialismo liberale che rinnovandola rafforzano la socialdemocrazia è quello di chi considera essenziale, decisivo il ruolo delle imprese – grandi, medie, piccole dell’industria, del commercio, dei servizi, delle professioni - al benessere e alla crescita colleEva.
Proprio in quest’oEca coopera$va e non antagonista pensiamo necessario intervenire nei luoghi in cui le disuguaglianze si creano, e cioè nel processo produEvo. Non solo al livello della produzione materiale, ma anche di quella immateriale va riequilibrato il potere del lavoro rispeBo a chi dispone in modo unilaterale, oltre che del potere, anche delle conoscenze. Se, come recita l’art. 1 della Cos$tuzione, “l’Italia è una Repubblica democra$ca, fondata sul lavoro”, è perché il lavoro è cos$tu$vo della soggeEvità e della dimensione pubblica, quindi della poli$ca. Si traBa, per un verso, di res$tuire la dignità e l’autonomia del lavoro garantendo l’efficacia erga omnes dei contraE soBoscriE dalle organizzazioni sindacali e datoriali “rappresenta$ve”. Va stabilita una soglia minima legale per il salario orario di ogni lavoratore, vanno rafforzate le capacità ispeEve di chi deve impedire il ripetersi quo$diano delle “mor$ bianche” chiarendo in premessa chi è responsabile della sicurezza aziendale e perciò is$tuendo presso le procure uffici specializza$ e stabilendo sanzioni severe per gli inadempien$. Non basta: anche in Italia vanno innestate le esperienze più avanzate di partecipazione proprie della socialdemocrazia scandinava e tedesca (Mit-Bes$mmung) superando le resistenze padronali e anche quelle del sindacalismo avvinto all’antagonismo classista. Il fine deve essere quello di condividere con i lavoratori le responsabilità di ges$one non solo quelle direBamente produEve ma anche quelle del welfare aziendale.
Il grande insegnamento della civiltà moderna è che lavoro e libertà, società e poli$ca sono aspeE diversi di una sola realtà. Per questo l’esclusione o la marginalizzazione delle donne e dei giovani dal mondo del lavoro si riverbera a cascata e perpetua la loro subalternità anche in mol$ altri ambi$ della vita. Un’istruzione di qualità, il lavoro e un welfare moderno consentono alle donne e ai giovani di organizzare autonomamente la loro vita e di partecipare pienamente alla vita sociale. Viceversa, l’inoccupazione giovanile e femminile, la discriminazione e la disparità nel lavoro e nei salari tra uomini e donne, tra giovani e adul$ non solo sono ingiuste e innaturali per chi le subisce ma danneggiano l’intera società frenando la crescita economica, il riequilibrio demografico e la stessa rivoluzione digitale che come in tuBo il mondo solo le nuove generazioni sanno interpretare e padroneggiare. Porteremo queste nostre idee all’Assemblea dei circoli dell’Avan$! e nel dibaEto pubblico senza altre fron$ere se non quelle che derivano dai nostri principi umanitari: dunque no al razzismo, no al populismo, no al sovranismo sia declinato come nazionalismo sia come ‘prima$smo’ – dell’uomo sulla donna, dei bianchi su altre etnie e culture no anche a chi pretende ciò che è impossibile a Dio: cancellare il passato e la storia. Con l’Avan$! i suoi circoli, i suoi amici parleremo a chi vuol parlare con noi, a cominciare da tuE i socialis$ di oggi e di una volta, siano essi nel Psi o abbiano condoBo esperienze diverse o mili$no in altre formazioni amiche o alleate come i radicali, i verdi, Azione, il PD con il quale condividiamo l’appartenenza ai Socialis$ e Democra$ci europei, i liberaldemocra$ci laici e caBolici. Guardando - e talora partecipando – alle inizia$ve di chi immagina di unire i riformis$ abbiamo posto la domanda: unirci per fare che cosa? Da Azione, da Più Europa, da interlocutori del PD e di Forza Italia abbiamo avuto risposte nel merito delle ques$oni sollevate che suggeriscono di con$nuare il dialogo. Non così da chi confonde il riformismo con un centrismo trasformis$co intenzionato a lucrare su un’ipote$ca u$lità marginale buona solo per carriere personali.
Siamo alla vigilia di cruciali impegni cos$tuzionali e di nuove inizia$ve di governo. Spenderemo le nostre parole per l’elezione di un o una Presidente della Repubblica non di parte, garante dell’Unità Nazionale come impone la Cos$tuzione e dotato o dotata dell’autorevolezza necessaria. Ci preoccupa la possibilità che si interrompa il ciclo posi$vo inaugurato dal governo Draghi e nell’esclusivo interesse della Nazione vorremmo durasse fino al termine della legislatura.
Claudio Martelli con Stefano Carluccio e Luca Taddio Nel 125° anniversario del primo numero l’Avanti! rinato cresce e si organizza.
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