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Autore Discussione: Certamente GESU' è divisivo, ci ha indicato la DIFFERENZA tra il BENE e il MALE.  (Letto 4611 volte)
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« inserito:: Dicembre 08, 2021, 11:20:31 pm »

Posted on 1° settembre 2012

UTOPIA, LIBERTÀ E FEDE IL METODO MAIEUTICO DEL CARDINAL MARTINI

Alla fine, ciò che determina il valore di un essere umano è il metodo, più che i contenuti della mente o le azioni compiute dalle mani. A dire chi siamo e a conferire la nota dominante alla nostra personalità è il metodo con cui guardiamo e affrontiamo la vita. Il Meridiano dedicato da Mondadori al cardinale Carlo Maria Martini raccogliendone gli scritti principali è, innanzitutto, un solenne discorso sul metodo. Il metodo di Martini si chiama “lectio divina”. In verità nel mondo reale noi possiamo leggere solo ciò che vediamo; quindi, solo ciò che per definizione non è divino, come i testi scritti dagli uomini o i fenomeni naturali. Se si giunge a parlare di lectio “divina” non è quindi per l’oggetto materiale che viene letto, il quale è e rimarrà sempre del tutto umano nella misura in cui può essere colto dall’occhio, letto e compreso. Se si parla di lettura “divina” è piuttosto per l’intenzionalità che guida chi legge, un’intenzionalità che proviene dalla profondità dell’uomo interiore dove, diceva Agostino, “habitat veritas”.
 
La lettura del reale è così definibile come “divina” quando legge il mondo alla luce della realtà ontologica e assiologia sottesa al concetto di Dio, quando cioè lo legge con la convinzione che la realtà prima e ultima sia il bene, o la bellezza, l’amore, la giustizia, tutti modi differenti per dire la medesima cosa. Da questa intenzionalità proveniente dalla profondità spirituale sorge, in alcuni, ciò che la tradizione spirituale chiama “lectio divina” del reale. Praticare e insegnare questo metodo è stato a mio avviso il lavoro peculiare della vita e del magistero di Carlo Maria Martini. Lungo la sua vita egli ha letto il mondo umano come un testo da interpretare alla luce delle promesse divine attestate dalla Bibbia e prima ancora scolpite nell’anima di ogni giusto. In particolare ha letto quella caratteristica del tutto peculiare del mondo umano che si chiama “città”, e non a caso il Meridiano è suddiviso nelle sue tre grandi parti con i nomi delle tre città della vita di Martini: Roma, Milano, Gerusalemme. In questa prospettiva egli ha praticato anzitutto un’onesta attenzione analitica (nel suo lessico: discernimento), rispettando sempre le singole individualità senza mai ricondurle a formule generiche. Ne parlo per esperienza personale, avendo avvertito i suoi occhi posarsi tranquilli per capire il fenomeno, senza voler sapere già la soluzione e senza voler incasellare ciò che gli stava davanti in schemi preconfezionati, dottrinali o pastorali che fossero. Mai, in Martini, il dogma ha prevalso sulla vita reale, mai la lettera ha ucciso lo spirito, ed e in questa prospettiva che vanno lette le sue illuminate prese di posizione in campo bioetico, assunte pubblicamente una volta che non fu più arcivescovo di Milano ma da sempre coltivate dentro di sé, così diverse dalla gelida intransigenza di altri prelati. E se c’è un limite alla selezione operata dal Meridiano è proprio l’aver trascurato questi testi. Le posizioni bioetiche, così come quelle teologiche delle "Conversazioni notturne a Gerusalemme", sono la logica conseguenza del primo elemento del metodo martiniano di approccio al reale, teso a custodire il singolo fenomeno in tutta la sua complessità e fragilità. In questo senso Martini è un esempio tra i più limpidi del cattolicesimo liberale e non dogmatico, riassunto alla perfezione dal suo motto episcopale: «Pro veritate adversa diligere».
Il secondo momento del metodo martiniano di lettura divina del reale consiste in ciò che si potrebbe laicamente definire immaginazione creatrice, ovvero capacità di saper prevedere e favorire il grado di evoluzione del fenomeno. Il criterio guida di tale immaginazione creatrice è il bene qui e ora, il massimo del bene qui e ora che da un singolo essere umano o da una singola situazione è possibile far scaturire. Ognuno di noi infatti contiene di più di quello che appare in superficie. Lo stesso vale per le istituzioni e i sistemi. Ogni cosa contiene di più di ciò che appare in superficie. La “lectio divina” del reale è un’arte maieutica che sviluppa le potenzialità umane e spirituali alla luce della sapienza e della profezia divina. Non è l’ideologia politica o dottrinale che schematizza e incasella i fenomeni in una direzione prefissata, neppure però è un atto notarile che registra ciò che appare premiando chi ha e punendo chi non ha, com’è tipico di ogni prospettiva conservatrice. La “lectio divina” legge il fenomeno concreto alla luce delle esigenze e delle potenzialità divine e tende a suscitare in esso una risposta pratica, concreta, operosa. La finalità della lettura divina del reale infatti è sempre pratica, è l’azione, il lavoro, la Caritas. Si piega sul fenomeno ma non vi si appiattisce, piuttosto lo innalza, lo eleva sollecitando la sua libertà al di più che può dare, e che già contiene in sé. Ne viene una singolare combinazione di analisi oggettiva e di carica utopica, di adesione al presente e di slancio verso il futuro, nella quale il primo momento è più freddo e riguarda la mente, il secondo è più caldo e riguarda la volontà, con il cuore e le mani chiamati a porsi in empatia col fenomeno e a sostenerlo facendolo camminare e indicandogli la direzione. Il metodo Martini in quanto “lectio divina” sgorga da questo duplice movimento della mente e del cuore. Tale metodo riproduce esattamente il metodo di Gesù quale appare nei Vangeli, come quando per esempio il rabbi di Nazaret rifiutò di applicare la lapidazione per la donna sorpresa in adulterio come prescriveva la Legge (oggi diremmo il Codice di diritto canonico) e però al contempo le disse “non peccare più”, senza cadere nella nebbia nichilista di un al di là del bene e del male. L’attenzione al singolo è sempre più importante delle norme generali, ma con la finalità di sollecitarlo verso il puro e severo ideale della fedeltà al bene e alla giustizia. Tutto questo significa proporre un modello di fede cristiana funzionale al mondo. Ciò appare in modo chiaro nel tipo di preghiera che Martini privilegia, che non è la preghiera di pura lode come vuole la classica mentalità religiosa, ma è la preghiera di intercessione, che per Martini è la preghiera per eccellenza in quanto riproduce il movimento fondamentale del Dio biblico, cioè la comunione e l’alleanza col mondo. Vi sono tradizioni che ritengono di raggiungere il vertice dell’esperienza spirituale quanto più trascendono il mondo. Non così la Bibbia e la tradizione giudaico-cristiana, che vive invece della comunione Dio-Mondo, una comunione non statica ma dinamica, per meglio dire dialettica, in quanto vive tale rapporto come compiutezza nel momento della sapienza e come incompiutezza nel momento della profezia, come “già e non ancora”. Sapienza e profezia sono le due anime speculative della spiritualità ebraica e Martini, che ama Israele e che non è pensabile senza il suo legame con Gerusalemme, le riproduce perfettamente nella sua visione cristiana. Egli non ha mai cessato di sostenere che senza un organico legame con l’ebraismo non si dà cristianesimo autentico. Il tutto, come si accorgerà il lettore del Meridiano, con uno stile che privilegia la chiarezza e la semplicità. Martini, infatti, ha fatto sempre uso della sua grande intelligenza e della sua vasta preparazione nella direzione della semplicità, risultando un uomo che diffonde umiltà e mitezza. Proprio come il suo Maestro, che un giorno definì se stesso “mite e umile di cuore”.

Pubblicato su La Repubblica Mercoledì 26 Ottobre 2011 ( pdf alla pagina articoli )
 
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 09, 2021, 10:27:16 am »

Certamente GESU' è divisivo, ci ha indicato la DIFFERENZA tra il BENE e il MALE.

Dopo 2000 anni, noi Italiani ancora non sappiamo scegliere il Bene e rifiutare il Male.

ggiannig ciaooo
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« Risposta #2 inserito:: Dicembre 09, 2021, 03:15:52 pm »

Potrebbe essere un'immagine raffigurante una persona
Vito Mancuso
Preferiti · t1tSom0n70 ha6hf  ·

«Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipenda dai poteri di questo mondo. Sognavo che la diffidenza venisse estirpata. Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane.
Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa. Guardo al futuro. Quando verrà il Regno di Dio come sarà? Dopo la mia morte incontrerò Cristo il Risorto? Mi ha sempre entusiasmato Teilhard de Chardin, che vede il mondo procedere verso il grande traguardo, dove Dio è tutto in tutto. La sua utopia è un’unità che assegna a ognuno il suo personale posto, trasparente e accettato da tutti gli altri. Ciò che è personale rimane, ma in Dio siamo Uno. L’utopia è importante: solo quando hai una visione lo Spirito ti innalza al di sopra di meschini conflitti».

Carlo Maria Martini, Conversazioni Notturne a Gerusalemme

Da Fb del 9 dicembre 2021
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« Risposta #3 inserito:: Dicembre 15, 2021, 11:05:51 pm »


Giovanni Giovannetti
15 Ottobre  ·

POPIELUSZKO

Cade in questi giorni l'anniversario della triste morte del sacerdote e attivista polacco Jerzy Popiełuszko, il gracile e cardiopatico cappellano dell'acciaieria Huta Warszawa.
Il sacerdote viene rapito il 19 ottobre 1984 a Toruń da tre ufficiali del quarto dipartimento della polizia segreta (il capitano Grzegorz Piotrowski e i tenenti Leszek Pękala e Waldemar Chmielewski) che lo pestano, lo “incaprettano” e lo gettano forse ancora vivo nelle acque della Vistola.
Il 30 ottobre il suo cadavere viene ritrovato presso Włocławek: ha la mandibola fratturata e il cranio sfondato. Una morte orribile, che a noi ricorda quella di Pier Paolo Pasolini: come Pasolini, Popiełuszko attacca il potere; come Pasolini, prima lo avvertono e poi l'ammazzano.

Le porte della coscienza

Convinto anticomunista (nella Polonia sotto assedio del generale Jaruzelski è difficile non esserlo), nelle sue omelie Popiełuszko incita apertamente i fedeli a contestare il regime: «Poiché ci è stata tolta la libertà di parola, ascoltiamo la voce del nostro cuore e della nostra coscienza a vivere nella verità dei figli di Dio, non nella menzogna imposta dal regime». Lo ripete incessantemente dall'altare della parrocchia di San Stanislao Kotska di Warszawa. E ancora, il 27 novembre 1983: «Tutto ciò che è grande e bello nasce dalla sofferenza, dal dolore, dalle lacrime e dal sangue del 1970; quell'anno è sorto un nuovo impeto patriottico»; patriottico e nazionalistico. Cita spesso il poeta Mickiewicz («il nostro vate nazionale»); invita alla lotta per la patria, «se vogliamo restare una nazione che, pur con la croce sulle spalle, cammina con dignità verso la resurrezione» (21 gennaio 1984), ma avverte: «non potrai salvaguardare pienamente la tua dignità se tieni in una tasca il rosario e nell'altra il libretto di una ideologia nemica».

Per Popiełuszko la cultura polacca ha le sue radici nel cristianesimo e dunque va combattuta la “tirannide” del laicismo, dell'ateismo e della «russificazione»: una lotta senza violenza, una guerra da combattere con le armi «della libertà, della giustizia e dell'amore»: «Il fondamento della nostra servitù sta nel fatto che accettiamo ancora il dominio della menzogna, che non la smascheriamo e non protestiamo ogni giorno contro di essa.
Il coraggio di testimoniare la Verità è la via maestra che conduce alla libertà»; e ricorda «i campi d'internamento disseminati su quasi tutto il territorio polacco. Le lacrime delle madri, dei padri, dei figli, delle mogli, dei mariti» nonché «i dirigenti di Solidarność e del Kor che, senza processo, sono in carcere ormai da due anni.

Vogliamo ricordare tutti coloro che per lunghi mesi sono stati, o sono ancora, lontani dalle loro famiglie perché non vogliono rinnegare la propria coscienza uscendo dalla clandestinità secondo le condizioni loro imposte.
Vogliamo ricordare tutti coloro che sono stati licenziati dal lavoro e sono angosciati per la sopravvivenza delle loro famiglie; i giovani che sono stati obbligati a staccare i crocefissi dalle pareti delle loro scuole, quelle croci che sono il simbolo della loro fede; gli insegnanti sospesi dal servizio perché hanno voluto trasmettere ai giovani i sani princìpi del patriottismo.

Vogliamo ricordare l'uso dei mezzi di comunicazione di massa per orchestrare campagne diffamatorie contro persone che godono il rispetto della società. Vogliamo ricordare la gente umiliata nella propria dignità in fila davanti ai negozi, con la tessera annonaria in mano. E ricordiamo anche gli uomini pagati per fare la spia».

«Non abbiate paura!»

Popiełuszko trova ristoro nei discorsi del compianto cardinale primate Wyszyński e in quelli di Giovanni Paolo II, in particolare quel «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!», scandito dal papa polacco nella sua omelia di inizio pontificato.
Ogni ultima domenica del mese le partecipatissime “messe per la patria” di Popiełuszko sono trasmesse da Radio Free Europe (a quel tempo molto ascoltata in Polonia) e l'umile prete di origini contadine ne ricava una vasta popolarità. «Popiełuszko ci disturbava terribilmente», ammette il generale golpista Wojciech Jaruzelski nelle sue memorie, «a tal punto che più di una volta il potere richiamò l'attenzione dell'episcopato sul comportamento e le iniziative del sacerdote, che giudicavamo inammissibili».

Ministri e militari ritengono il gracile prete di Warszawa «un Savonarola dell'anticomunismo» e il 30 agosto 1982 il responsabile dell'ufficio per gli Affari religiosi Adam Łopatka si era rivolto alla Curia di Warszawa reclamando provvedimenti: «Indubbiamente è positivo il fatto che le autorità della Chiesa abbiano raccomandato di eliminare ogni contenuto politico dalle funzioni sacre», scrive Łopatka: «Tuttavia, siamo dolenti di dover ammettere che molti religiosi, in particolare a Warszawa, disattendono queste disposizioni.

Un esempio evidente sono l'atteggiamento e l'attività di padre Popiełuszko», che più volte ha «trasformato l'assemblea religiosa in una manifestazione politica».

Una lettera dal carcere

Quasi mezzo milione di persone assiste ai funerali del prete martire. La tomba di Popiełuszko nel giardino della chiesa di San Stanislao Kostka di Warszawa è costante meta di pellegrinaggi. I suoi assassini verranno condannati a 25 anni di carcere (il capitano) e a 15 e 14 anni (i due tenenti); 25 anni anche al loro diretto superiore, il colonnello Adam Pietruszka, che aveva ordinato ai tre di scuoterlo ben bene, anche a rischio di una crisi cardiaca, e «peggio per lui se ha il cuore debole».
In una lettera dal carcere, nel 1986, con fare ricattatorio il capitano Piotrowski allude però a ben altre responsabilità politiche e morali, e rimprovera il ministro dell'Interno ed ex capo dei servizi segreti generale Czesław Kiszczak (vicino a Jaruzelski e da poco estromesso dal Governo) di aver mancato alla sua promessa di aiuto, nonostante il loro silenzio sulle responsabilità altolocate di questo omicidio. Al processo, il capitano ha definito la “pratica Popiełuszko” «una delle tante operazioni di routine» approvate dal ministero, e qui Piotrowski allude al capo dei servizi segreti ed ex ministro dell'Interno generale Mirosław Milewski (uno dei “falchi” del partito, assai critico nei confronti del “moderato” Jaruzelski): «la nostra azione», scrive Piotrowski a Kiszczak, «non era, caro generale, un atto di estrema disobbedienza ma invece di devozione e subordinazione al servizio, e voi lo sapete bene», visto che questo silenzio ha consentito all'esecutivo di «fare giustizia» a proprio vantaggio.
Considerato il mandante politico della morte di Popiełuszko, Milewski verrà infatti epurato e, come da copione, gli assassini del sacerdote otterranno la libertà solo pochi anni dopo la condanna, a seguito di un'amnistia. Nel 2010 la Chiesa ha proclamato beato il sacerdote martire.
Alla vita di padre Popiełuszko nel 2009 il regista Rafał Wieczyński ha dedicato il film Popiełuszko. Wolność jest w nas (Popiełuszko. Non si può uccidere la speranza).

E oggi?

Il sacerdote martire invitava le nuove generazioni a vivere nell’amore per la verità, nella giustizia, nella temperanza, nella libertà, nel coraggio, nell’amore fraterno, nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo.
L’appello alle buone pratiche trova spazio in un altro luogo-simbolo, lassù, in riva al baltico: alla base delle tre croci in memoria degli operai uccisi nel 1970 a Gdaǹsk sono infatti ripresi alcuni passi dai salmi 124 e 125 dell’Antico testamento: «chi confida nel Signore è come il monte Sion: / non vacilla, è stabile per sempre», ovvero Il Signore protegge e libera i suoi fedeli, e «Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, / ci sembrava di sognare», ovvero Il Signore protegge il suo popolo. Poco oltre, al salmo 144.20 sta scritto che Il Signore protegge quanti lo amano; al 145.9 che Il Signore protegge lo straniero. altri tempi.

Giovanni Giovannetti
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« Risposta #4 inserito:: Dicembre 15, 2021, 11:08:08 pm »


Essendo ancora VIVO in noi, diciamo che sogna e crede in una Chiesa molto di là da venire.

Purtroppo, anche dopo Francesco.

ggiannig
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« Risposta #5 inserito:: Dicembre 15, 2021, 11:12:36 pm »

Vito Mancuso

L'UOMO IN ESPANSIONE

«Oggi non siamo più in grado di pensare il mondo come armonia. È stata la rivoluzione scientifica a distruggere la possibilità di coltivare dentro di noi l’estetica classica. Ed è solamente ascoltando l’impresa scientifica, riformulando una nuova filosofia della natura, che è possibile giungere a una filosofia in grado di abbracciare nuovamente il polo del reale con quello dell’ideale, della verità, della bellezza, della giustizia.

Ci sono tre insegnamenti che vedo emergere dall’impresa scientifica contemporanea e che vanno pensati per giungere a vedere la possibilità di conciliare il reale con l’ideale della verità, della bellezza, della giustizia.

La prima legge della scienza è l’espansione: l’universo ha cominciato a espandersi e continua a espandersi. Anche noi siamo universo e anche noi tendiamo a espanderci.

Il secondo insegnamento è l’entropia, il disordine. Il prezzo di questa espansione è la degradazione dell’energia, ovvero il caos, il disordine, la negatività. Il lavoro è fatica e la fatica è necessariamente perdita di ordine.

La terza grande legge che emerge è la neghentropia, cioè l’ordine, l’organizzazione. Questo è paradossale: aumenta il disordine e al contempo aumenta l’ordine, almeno in questo piccolo settore di universo che è il pianeta Terra. In questo senso possiamo parlare di evoluzione come passaggio da una minore a una maggiore organizzazione.

Da qui deriva l’unico canone etico oggi possibile, quello dell’ottimismo drammatico.
Siamo all’interno di un dramma, un processo che produce lacrime e dolore ma che è capace di aumentare l’organizzazione vitale fino al livello dello spirito». (Vito Mancuso)

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