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Autore Discussione: Oggi cinquant'anni fa moriva Luciano Bianciardi, troppo giovane.  (Letto 2322 volte)
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« inserito:: Novembre 18, 2021, 09:58:55 pm »

Demetrio Marra
 
Oggi cinquant'anni fa moriva Luciano Bianciardi, troppo giovane.

Lo lessi per la prima volta a un corso magistrale di Maria Antonietta Grignani, a Pavia, su Industria e Letteratura (con Balestrini, Levi, Ottieri, Volponi). Un autore gigantesco, letto poco e di cui sentivo si dicesse troppo poco e troppo male, nonostante sia in catalogo da Feltrinelli, Bompiani, Il Saggiatore, Minimum Fax, ExCogita, StampaAlternativa, Alegre e via discorrendo.
Un uomo che a Grosseto aveva rilanciato la Biblioteca comunale, alluvionata e impraticabile. Che aveva guidato per la provincia un Bibliobus e organizzato il Cineclub. Andato a Milano per abbattere, lui o il suo io lirico, il Torracchione (il palazzo della Montecatini in via Moscova?) e vendicare la morte di 42 lavoratori nelle miniere di Ribolla; fu tra coloro che diedero avvio alla Feltrinelli, poi licenziato perché trascinava i piedi, o perché ingestibile - ne parla in "L'integrazione" (1960) - finendo per tradurre a cottimo (autori come Miller, il "leccatore di fica internazionale", come Faulkner, Conrad, Bellow...).
La popolarità di "La vita agra" - la sua grande pisciata sull'esperienza milanese - (col biscione in copertina, per Rizzoli, nel 1962), grazie a un elzeviro di Montanelli che però era il nemico, e di cui rifiutò l'offerta di lavoro al Corriere.

Il film di Carlo Lizzani con Ugo Tognazzi e Giovanna Ralli, i racconti, la solita zuppa, l'alcool, i libri risorgimentali ("La battaglia soda" il suo preferito) e "Aprire il fuoco" (1969), che rivoluzionava la storia delle rivoluzioni sovrapponendo, discronicamente, le Cinque giornate di Milano e il Sessantotto (lo stesso raccontato, con così tanto, fatale, dolore da Giorgio Cesarano, "poeta e contestatore" in Viaggio in Barberia) - cosa avrebbe potuto dire, poi, di Genova, mi sono sempre chiesto, cosa avrebbe detto della globalizzazione, lui che si scagliava perfino contro l'allunaggio (appunto "agrodolce").
Contestatore lui stesso, quindi, perenne, ha firmato più di mille articoli di giornale, al centro la satira, le battaglie sul Divorzio (che è "retroguardia": aboliamo il matrimonio!), sulla Censura, sulla Sessuofobia.
Tutto per quel sogno anarco-democratico, il neocristianesimo a sfondo disattivistico e copulatorio (VA):
"Lo so, finirebbe la civiltà moderna: cesserebbe ogni incentivo alla produzione dei beni di consumo, essendo dono gratuito di natura l'unico bene riconosciuto e durevole; cesserebbe anche l'insorgere di bisogni artificiali, nessuno vorrebbe più comprarsi l'auto, la pelliccia, le sigarette, i libri, i liquori, le droghe, e nemmeno giocare a biliardo, vedere la partita di calcio, discutere sul Gattopardo.
Unico grande bisogno sarebbe quello di accoppiarsi, di scoprire le centosettantacinque possibilità di incastro realizzabili fra l'uomo e la donna, ed inventarne ancora."

Morto troppo presto, quindi. Il caso vuole che l'anno prossimo sarà il centenario dalla nascita e ci sarà la consueta corsa agli armamenti (quanto avrebbe riso). Da me, forse, un Bianciardi deformato chissà per chi. Nel frattempo - tra i pezzi per Birdmen Magazine, per Treccani, per Il Maradagàl - lettere e arti, per La ricerca, per Testo a Fronte - rilancio quello che ho amato scrivere, per Altri Animali Rivista: http://www.altrianimali.it/.../un-funerale-luciano.../

[p.s. Scrissi anche un testo, per lui, nel mio libro per Interno Poesia. Il peggiore credo. Intanto sarò a Grosseto, per la prima volta, per presentare con Riccardo Innocenti, ospite di Grow, "Riproduzioni in scala".
Sarà bello vedere la Fondazione Luciano Bianciardi e le sue strade, e forse la Miniera, se Bernardo Pacini vorrà.]

Da Facebook del 14 novembre2021
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