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Autore Discussione: Un chiaro no all’autonomia differenziata  (Letto 6880 volte)
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« inserito:: Novembre 09, 2021, 03:35:38 pm »

QUALE NORDEST?
   
FEDERICO GNECH
24 dicembre 2019

A volte ho il sospetto che le interminabili geremiadi sul destino di Venezia, oltre a provocare l’assuefazione, la noia e il fastidio in tanti miei connazionali, rischino di oscurare le vicende di quello spazio che coincide in gran parte proprio con lo Stato da tera della Serenissima. Mi riferisco ovviamente alla benedetta locomotiva del Nordest, simbolo dei successi della piccola e media impresa, già zona depressa e meridione più settentrionale d’Italia, bersaglio di sfottò a partire dalle servette della commedia all’italiana fino alle uscite di Toscani sull’alcolismo dei veneti. Un territorio raramente in grado di esprimere una classe dirigente di respiro nazionale – De Gasperi non vale: crebbe da suddito austroungarico ed esordì al Reichsrat di Vienna! – ma che da quarant’anni risulta assai importante dal punto di vista economico e politico, al punto che il resto degli italiani farebbe bene a conoscerlo meglio, al di là delle settimane bianche e del prosecco e degli scandali bancari. Da un saggio giornalistico come Schei di Giannantonio Stella al notevole flusso di coscienza di Cartongesso di Francesco Maino, i testi sul Nordest contemporaneo certamente non mancano. Con Lettere da Nordest, gli amici Cristiano Dorigo ed Elisabetta Tiveron, che hanno già curato per Helvetia due volumetti simili, uno su Porto Marghera e l’altro – nel quale compare indegnamente anche il sottoscritto – su Venezia, hanno raccolto diciassette brevi testi tentando la strada della varietà estrema per fissare l’estrema complessità del Triveneto. Avremo quindi la prosa e i versi, la fiction e il racconto giornalistico, l’invettiva e la descrizione, la memoria personale e la riflessione storica, messe assieme non certo con l’intenzione di dare un quadro esaustivo, quanto di aprire dei brevi squarci su una realtà ignorata o schematizzata malamente dai mass media. Da questo punto di vista, la volontà dei curatori di andare “oltre i luoghi comuni”, come recita la quarta di copertina, è accolta solo in parte dagli autori. I luoghi comuni sono tali anche se di segno critico, come nel pasolinismo un po’ forzato che affiora qua e là nelle pagine di Fulvio Ervas. Inevitabile che in tanti scrittori cresciuti in un Veneto sfigurato dal cemento prevalga il rimpianto, che era già di Parise e di Zanzotto, per le file di salici e i pescigatto e i fossi che non ci sono più, cioè per quella civiltà contadina che, tuttavia, facciamo sommessamente notare, era fatta anche di fame, pellagra ed emigrazione forzata. C’è anche chi si spinge ben più indietro degli anni del boom alla ricerca di una perduta età dell’oro, come Angelo Floramo, che nella sua colorita apologia del “popolo del Friul” ricorda il momento in cui “le tristi soldataglie del Savorgnan congiurarono per vendere a Venezia una terra libera da centinaia d’anni”. Per contro, il triestino Luigi Nacci e il bolzanino Stefano Zangrando ci ricordano quanto pesi ancora il dannato fardello della Storia in un’area di confine attraversata sino a pochi decenni fa da sanguinosi conflitti etnici – un’eredità che distingue davvero questa macroregione informale dal resto della nazione. Ciò che invece il Nordest condivide con gran parte d’Italia sono l’orografia e la marginalità dei suoi territori montani; il confine in questo caso non è politico, ma biologico, esistenziale, limite dell’umano alle prese con una natura non addomesticabile. Ne scrive il bellunese Antonio Bortoluzzi, contrapponendo l’idea pseudoromantica di una montagna solitaria, tipica del marketing turistico, alla realtà ben nota ai suoi abitanti: in montagna, in assenza di comunità, la stessa sopravvivenza fisica è a rischio. Sempre a proposito di stereotipi demoliti, il testo di Tiziano Scarpa, qui nelle vesti non di romanziere, ma di giornalista culturale alle prese col longform, è forse il migliore del lotto perché lascia che sia il Nordest stesso a esprimersi, in questo caso per bocca di Ivano Sartor, storico locale ed ex sindaco di Roncade, in provincia di Treviso. Un luogo in cui apparentemente non c’è nulla e che si rivela invece ricco di incontri sorprendenti, dal solito Hemingway a un pioniere dell’industria dell’automobile. Sono sempre più convinto che questo sia uno dei modi più interessanti, se non il migliore, di tentare di raccontare queste – o altre – terre, scavando nel particolare, nella cosiddetta microstoria, cercando di rimediare alla nostra sempre più patologica disattenzione mostrando come i margini della scena siano importanti quanto il suo centro.

Lettere da Nordest – Testi di: Ubah Cristina Ali Farah, Gianfranco Bettin, Francesca Boccaletto, Antonio G. Bortoluzzi, Roberta Cadorin, Alessandro Cinquegrani, Elisa Cozzarini, Fulvio Ervas, Angelo Floramo, Patrizia Laquidara, Luigi Nacci, Silvia Salvagnini, Giacomo Sartori, Federica Sgaggio, Tiziano Scarpa, Gian Mario Villalta, Stefano Zangrando, Francesco Jori.

https://www.glistatigenerali.com/letteratura_societa-societa/quale-nordest/?fbclid=IwAR2T3EHe3rxNH95OjUSdhIbmpw3O76WRF2PSMrFnxgD7RHlfqRzS3mq8TLo

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« Risposta #1 inserito:: Novembre 18, 2021, 09:50:41 pm »

Nuova strategia della tensione?

Il Governo sostiene di no, ma c'è un particolare utile da conoscere e capire: dietro e al fianco (lato portafoglio), dei ribellismi NO-pico, NO-pallino, No-caio e No-sempronio, oltre ad alcuni movimenti, ci sono alcune Caste Sociali?

Nel Caos da ribellione di oggi ci sono ancora gli estremismi di Destra e di Sinistra, ma lo Stato conosce chi manovra e affianca il ribellismo del Caos e dello Sfascismo che, come gli "agrari e altre parti sociali” nel primo dopo guerra-mondiale, finanziarono il fascismo nella salita al potere?

ciaooo


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« Risposta #2 inserito:: Aprile 18, 2022, 07:07:10 pm »

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Massimo Cingolani. Cos’è il sovranismo? Boh!
« inserito:: Febbraio 06, 2020, 05:52:13 pm »   

________________________________________
Cos’è il sovranismo? Boh!

   By Massimo Cingolani
15 GENNAIO, 2020

Le analisi sul sovranismo sono spesso superficiali e condizionate dalla propaganda, tant’è vero che spesso lo si accomuna in maniera semplicistica al fascismo, oppure al nazionalismo, al razzismo in genere, limitando così ogni possibilità di analisi approfondita.

Il sovranismo è una reazione difensiva e pertanto non è paragonabile al nazionalismo che è un fenomeno aggressivo ed espansivo.

Il nazionalismo e poi il fascismo si ponevano oltre a motivazioni economiche, anche motivazioni ideali, infatti gli europei erano spinti verso altri continenti anche dalla convinzione etnocentrica di avere la responsabilità di diffondere la civiltà bianca. Poiché l’Europa considerava di aver raggiunto un progresso ineccepibile in molti campi, soprattutto in ambito tecnologico, sociale e medico, giudicava che questo stile di vita dovesse essere imposto nei territori considerati “più arretrati”. In particolare i diritti umani erano un campo per il quale gli inglesi si ritenevano chiamati ad esportarli, poiché ad esempio in India alcune sette allora praticavano ancora dei sacrifici umani, o in alcune parti dell’Africa Centrale era presente il cannibalismo; costumi ai quali l’intervento più o meno violento degli europei mise fine.
Lo stesso fascismo si vantava di aver abolito la schiavitù in Etiopia.
La missione civilizzatrice si evolse e si rafforzò anche con le teorie sullo “spazio vitale”.
I nazionalisti costruivano ponti per invadere, per poterci far passare sopra i carri armati.
L’ultima versione, di queste teorie furono l’esportazione della democrazia, con interventi unilaterali senza mandato di organismi sovranazionali.
Ora i sovranisti non vogliono conquistare nessuno, i muri al posto dei ponti sono edificati per non essere invasi, la stessa economia globale è percepita, non senza delle ragioni obiettive, come una minaccia per la propria comunità.
L’America di Bush ha invaso l’Iraq, Trump vuole limitare la presenza USA in tutte le aree dove sono presenti le sue truppe. Chi per anni ha gridato “yankee go home” se ne rammarica, invece di vedere un’opportunità
La crisi economica, ha riportato al centro la famiglia come strumento di difesa da disoccupazione e precarietà, favorendo il senso di appartenenza e l’identità territoriale.
Anche la canzone “Bella Ciao”, decontestualizzata appare sovranista.
In mancanza di analisi appropriate, c’è il rischio che si parli un linguaggio che non potrà farsi capire.

Da - https://www.lavocemetropolitana.it/cose-il-sovranismo-boh/

   

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« Risposta #3 inserito:: Luglio 18, 2022, 12:23:19 pm »

Un chiaro no all’autonomia differenziata
Posta in arrivo

ggiannig <ggianni41@gmail.com>
dom 17 lug, 14:30 (21 ore fa)
a me

http://www.libertaegiustizia.it/2022/06/30/un-chiaro-no-allautonomia-differenziata/#.YtQA22gL4dI.gmail
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« Risposta #4 inserito:: Luglio 18, 2022, 05:13:57 pm »

SI IMPONE la pulizia delle varie posizioni, nel governo.

Cominciando dalla eliminazione di Sfascisti dichiarati da anni, abili in falsità e nel trucco dell'uso del pretesto, per fare gli interessi propri o per conto terzi.

Con l'Occidente o con l'Oriente è il momento del capire gli Italiani cosa vogliono.
Europa Sì, anche se c'è molto da correggere, oppure Europa No.

Quindi fateci votare!
Un Governo del Presidente, da subito, con compiti prioritari, di emergenza e per la modifica della legge elettorale.

Putin sta raccogliendo i suoi frutti anche in Italia.

ggiannig
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