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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 02, 2008, 11:58:20 am » |
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Lontano da Roma
L'ex dirigente Ds vive sei mesi all'anno a Malindi, dove fa lo scultore
«Il mio capodanno nel Paese in fiamme»
Il racconto di Luigi Colajanni: per l'ultimo dell'anno cena in spiaggia a lume di candela
MILANO — Gli italiani in Kenya sono tutti per Raila Odinga «il comunista ». Quello che ha battezzato il suo primogenito Fidel Castro ed è l'idolo dei diseredati.
Dice Luigi Colajanni: «Al candidato dell'opposizione è stata fatta una porcheria. È lui il vincitore di queste elezioni presidenziali. Ed è anche il preferito da quelli che, come me, in Kenya vivono da tempo. Perché? È più giovane e più energico di Mwai Kibaki».
Colajanni, 64 anni, ex responsabile Esteri dei Ds ed europarlamentare, sei mesi l'anno si rifugia nella sua casa sulla costa kenyota, a Malindi. Dove vivere nel lusso, raccontano, costa poco. «Ma io ho scelto questo paese soprattutto perché tutto, qui, è più semplice, senza lussi. O meglio, l'unico lusso è la libertà assoluta di cui si può godere». In questa sua seconda vita, Colajanni è diventato un noto creatore di sculture dalle forme e dai materiali astratti, ma segue sempre con attenzione le vicende politiche. Anche ieri, mentre nel primo giorno del 2008 i turisti, di cui 4000 italiani, affollavano le spiagge di Malindi godendosi paciosi i 30 gradi, lui ragionava su quello che sta accadendo a 600 chilometri dalla costa: «Premesso che qui è tranquillo né più né meno di Bergamo, è vero che adesso c'è una situazione molto confusa. Il sospetto di brogli elettorali è serio. L'unica soluzione potrebbe essere l'apertura di un dialogo tra i due contendenti».
Nonostante le sue preferenze vadano ad Odinga, «che ha una storia vera nella lotta per l'indipendenza», Colajanni riconosce al presidente uscente, Kibaki, almeno due cose: «Grazie alla sua riforma gratuita della scuola elementare i bambini che ci vanno sono passati da 3 a 8 milioni. E poi ha introdotto la cura gratuita della malaria negli ospedali. Per intenderci, la gente adesso non muore più perché non ha i 100 scellini per le medicine». Nel conflitto, poi, secondo lui, non è da trascurare l'elemento tribale: «Sia Moi sia Kibaki sono di etnia kikuju, e quindi l'establishment politico è tutto loro. Mentre Odinga è luo: c'è una certa resistenza a essere soppiantati». Parlando con Colajanni, però, si ha la sensazione che nonostante le agenzie diano notizie di massacri e disordini, lì, sulla costa — che ha votato compatta per Odinga —, di quello che sta accadendo al Nord si avverta poco o niente. Insomma, che la vita scorra come al solito nell'Africa accessibile a tutti, ricchi e non: 9 ore da Malpensa, con il charter che atterra a Mombasa, e da lì quattro ore in auto. «Mah, qui è successo poco, Malindi è tranquilla. Si ha una percezione un po' distorta degli scontri. Per ora l'unica conseguenza sulle nostre vite è che poiché la strada, che è unica, è interrotta, cominciano a scarseggiare benzina e verdure».
Ma nonostante questo, la festa di fine anno di Colajanni e di altri italiani famosi «in trasferta» a Malindi è filata liscia. «Francamente....ce ne siamo fregati. Eravamo io con mia moglie, Chicco Testa e famiglia, Giovanni Minoli e la moglie Matilde Bernabei, Pietro Calabrese e pochi altri. Cena a casa mia sulla spiaggia a lume di candela». Solite aragoste a due euro l'una? «No, no, non impazzisco per il pesce. Abbiamo mangiato invece un'ottima pasta e poi l'insalata russa, che adoro. L'unica cosa, ogni tanto scherzando qualcuno brindava dicendo: Buon Capodanno... se non ci tagliano la gola. Gli altri italiani? Spensierati come sempre. Ristoranti, locali e casinò erano stracolmi. L'unica accortezza che stiamo applicando è quella di non affrontare lunghi viaggi notturni. Personalmente aspetto di vedere cosa succederà quando molti torneranno in aereo, tra il 4 e il 5. Lì si vedrà se la situazione è davvero pericolosa». Incoscienza o voglia di esorcizzare? «La verità è che quelli come me che sono a Malindi non si fanno impressionare tanto facilmente. Siamo gente fredda, che ne ha viste tante. Vivere qui è una scelta che non comporta invidia, perché tutti lo possono fare. Ma serve il coraggio. Il coraggio, quando si va in pensione, di scegliere Malindi invece di rifugiarsi, che so, ad Abbiategrasso».
Angela Frenda 02 gennaio 2008
da corriere.it
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