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Autore Discussione: Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 10 settembre 2021  (Letto 2218 volte)
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« inserito:: Settembre 12, 2021, 10:09:27 pm »

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 10 settembre 2021

Al direttore - Come saggiamente suggerisce Guido Vitiello, prima di parlare di certe cose è necessario recitare la professione di fede: “La cancel culture non esiste!”. Detto questo, sorprende la posizione di Stefano Feltri sul Domani che invita a “boicottare Alessandro Barbero e gli altri evasori vaccinali”, colpevoli di aver sottoscritto un appello di professori contro il green pass. “In questi tempi di ferro, al fuoco si risponde col fuoco – scrive il direttore del Domani –: studenti e professori vaccinati dovrebbero rifiutarsi di collaborare con chi, per un capriccio antiscientifico, vuole esporli al rischio di contrarre la peste della nostra epoca. Ora sappiamo i nomi di chi non si fa scrupoli a mettere a rischio la nostra salute”. Quindi, che fare? “Gli studenti potrebbero rifiutarsi di avere a che fare con docenti e colleghi senza green pass, i professori di sedere nelle stesse stanze ai seminari. O i diritti fondamentali dei vaccinati sono di minor valore? Chi si indigna per le posizioni di Barbero, o di Massimo Cacciari, ma non frequenta le università può sempre votare con le sue scelte di acquisto: basta smettere di comprare i loro libri o guardare i loro video su YouTube o ascoltare i loro podcast”. A parte il fatto che se Barbero e Cacciari non hanno il green pass, i loro colleghi non dovranno evitare di sedere nelle stesse stanze ai seminari: il green pass serve proprio a impedire a chi non ce l’ha di entrare in università. Ma non si capisce il senso della campagna: Barbero e Cacciari dicono cose pericolose sul green pass, e per questo smettiamo di leggere o ascoltare cosa hanno da dire sulla battaglia di Lepanto e Bonifacio VIII o su Nietzsche e Wittgenstein? L’esito sarebbe che questi untori continuerebbero a seminare morte e noi resteremmo più ignoranti. Contagiati e mazziati. Se davvero come scrive Feltri “al fuoco si risponde col fuoco” e se davvero “ora sappiamo i nomi di chi non si fa scrupoli a mettere a rischio la nostra salute”, se cioè contro questi nemici pubblici serve una risposta esemplare, allora andiamo a prenderli casa per casa e diamogli una bella lezione: sbattiamoli in un lazzaretto, mandiamoli ai lavori forzati, mettiamoli alla gogna in piazza, lanciamogli i pomodori in faccia... ma perché dovremmo privarci delle loro eccellenti opere intellettuali?

Luciano Capone


Il problema è sempre il solito: l’incapacità di comprendere quanto sia importante la separazione delle carriere. Non solo nel mondo della giustizia, che vabbè, ma anche nel mondo della cultura, del cinema, della letteratura, dello spettacolo. Si può essere un bravo divulgatore e un pessimo firmatario di appelli. Si può essere un bravo regista e un pericoloso molestatore. Si può essere un buon filosofo e un pessimo fantavirologo. Il green pass è meglio usarlo per prevenire i contagi, non per cancellare le idee.
 
Al direttore - A rendere oltremodo irricevibile quanto affermato di recente dal prof. Tomaso Montanari a proposito della Giornata del ricordo delle foibe, la cui istituzione “a ridosso e in evidente opposizione a quella della memoria (della Shoah)” rappresenta secondo l’eletto rettore dell’Università per stranieri di Siena “il più clamoroso successo di questa falsificazione storica”, è la strabiliante miopia della narrativa sottostante. Narrativa che nonostante gli orrori perpetrati dal comunismo ovunque abbia attecchito e nonostante anche i muri sappiano che nel caso delle foibe si trattò né più né meno di un caso da manuale di pulizia etnica, continua a veicolare la doppia e simultanea equazione fascismo = male assoluto e comunismo = amico fraterno dell’umanità. Montanari ha ragione a parlare di “falsificazione storica”; a patto, tuttavia, di chiarire che la falsificazione la opera chi, appunto, in spregio alla verità dei fatti, ancora si trastulla con schemi ideologici tanto autoconsolatori quanto infondati.

Per essere più chiari: qui la questione non è fare di tutta l’erba un fascio o di voler mettere sullo stesso piano crimini diversi per condannare gli uni e gli altri; qui la questione è che va detto una volta per tutte che il comunismo è stato ben peggiore del fascismo.
E il fatto che la Costituzione più bella del mondo abbia un retroterra culturale antifascista non sposta di una virgola la verità dei fatti. Le cose andarono come andarono per il semplice motivo che Mussolini la guerra la perse, ciò che comportò la sacrosanta condanna del fascismo, Ma da qui alla beatificazione laica del comunismo ce ne passa. Non scherziamo. Il punto casomai è un altro: proprio in ossequio alla memoria delle vittime “rosse” sarebbe quanto mai opportuno rimettere mano al testo costituzionale auspicabilmente riscrivendolo secondo verità e giustizia.

Luca Del Pozzo
 

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« Risposta #1 inserito:: Settembre 15, 2021, 12:30:17 pm »


Enrico Letta pensa che la malattia della democrazia italiana consista in quelli che chiama “cambi di casacca” e cioè, spiace dirlo, nell’esercizio di un libero e costituzionale diritto da parte degli eletti, di cui, peraltro, non si è mai sentita una vera lamentala da parte dell’opinione pubblica, se non istigata da campagne antipolitiche.

Non si accorge, Letta, di imbucarsi in un assurdo. Perché, sottoposto a rigoroso esame, il concetto di casacca neanche reggerebbe. La casacca è quella del partito in cui si è eletti? Difficile definirla così, perché un partito, uno stesso partito, può avere linee politiche differenti, ad esempio, tra ambito locale e nazionale, e scegliere un apparentamento in Europa e cose leggermente o fortemente diverse nel proprio paese. Qual è oggi la casacca, per dire, di un eletto in Forza Italia, magari al Parlamento europeo.

È un popolare, e di conseguenza in Italia un centrista, o è un sovranista di destra, come vorrebbe la casacca delle sue alleanze nazionali? Ma anche il Pd non è esente da questi slalom ideologici e programmatici. Insomma, forse Letta ha scelto il momento storico meno adatto per scagliarsi contro quelli che, nel linguaggio di chi di solito non ha troppo a cuore il processo democratico, si chiamerebbero voltagabbana.

È, semmai, questo il momento di rompere schemi, di, appunto, voltare gabbane, come, non coerentemente, il Pd si appresta a fare chiedendo reciprocità ai 5 stelle. Mentre si occhieggia al centro, ci si studia da sinistra con le parti non sovraniste del centro. O forse Letta crede alla leggenda della vittoria futura tutta a sinistra? Perché, sì, i socialdemocratici tedeschi (che comunque non stanno insieme alla sinistra sinistra di Linke), hanno quest’anno il vento a favore, ma puntano al 26% o poco più. E cosa se ne farebbero senza qualche ritocco alla casacca e qualche bavero da rivoltare? La fedeltà alla linea è l’ultimo rifugio di chi non ha un’idea in testa.

La fedeltà alla linea imposta per legge (forse la più stupida delle riforme costituzionali possibili) non è neanche un rifugio.

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