Admin
|
|
« Risposta #1 inserito:: Agosto 26, 2021, 11:21:38 pm » |
|
Gianni Cuperlo
Grazie per gli incoraggiamenti a tenere questa pagina come una sorta di diario dove si possono intrecciare toni e persino generi. Oggi un articolo uscito su "Domani" (questo gioco inevitabile di parole tra oggi e domani dev'essere sfuggito quando pensarono al titolo del giornale). Riprende alcuni dati che già conoscete (il tema è il reddito di cittadinanza), ma tornati di attualità dopo la discussione dell'altro giorno al Meeting di Rimini. Oggi pomeriggio vado a Napoli (il che è sempre un piacere) a presentare il libro appena uscito di Antonio Bassolino dedicato alla sua città.
Buona giornata e un abbraccio
*
Non credo si terrà mai, nel caso avvenisse immagino il referendum per abrogare il reddito di cittadinanza come una opportunità unica. Non tanto nell’esito su cui non azzardo previsioni, ma come riflesso delle culture che ispirano le principali forze politiche del paese.
Galeotto in questo il confronto tra leader l’altro ieri al Meeting di CL. Al netto di Giuseppe Conte (quella norma rimane l’ultima bandiera non ammainata del Movimento), le cronache riportano una stroncatura largamente condivisa fuori e dentro la maggioranza. L’impressione, però, è di trovarsi alle prese con una doppia questione. La prima di merito da maneggiare col rigore dei numeri. L’altra sul posizionamento di ciascuno a scopi che del merito conservano poco.
Allora, proviamo a distinguere e muoviamo dalle cifre.
A ricevere l’assegno sono state poco più di un milione e mezzo di famiglie, il 4,7 per cento della popolazione con differenze marcate. Per capirci, lo 0,2 per cento a Bolzano e il 12,2 in Campania.
Nel 17 per cento dei nuclei raggiunti vive un disabile, in poco meno di uno su tre dei minori. L’importo medio è stato di 584 euro. Secondo uno studio della Caritas la norma avrebbe consentito a oltre la metà delle famiglie che lo hanno percepito di superare la soglia di povertà. Tradotto, è stato uno strumento, imperfetto sin che si vuole, ma in grado di sostenere contesti che la vecchia crisi sommata alla pandemia avrebbe ammazzato. Vero che lo stesso rapporto dice anche altro, in particolare il 56 per cento delle famiglie povere non ha ricevuto un euro, ma questo “buco” si collega a una serie di requisiti assai rigidi con una penalità per le famiglie di extracomunitari a cui viene chiesta una residenza minima di dieci anni. Anche per affrontare il nodo sono in corso sperimentazioni tra Anci, Caritas, Comunità di Sant’Egidio, così da incrociare i dati dell’INPS con gli albi dei comuni.
Ultimo dato: dei 3 milioni e 700 mila persone circa che ne usufruiscono, oltre un milione sono minori; 450 mila i disabili; una parte è composta da soggetti con difficoltà fisiche o psichiche ma che non hanno ottenuto una pensione di invalidità; infine 200 mila sono in pensione, ma accedono al reddito perché l’assegno previdenziale non basta a farli uscire dalla povertà. In sostanza più della metà dei percettori non è materialmente occupabile, il che suona conferma dell’errore iniziale: racchiudere in uno strumento unico due funzioni, la lotta alla povertà e le politiche attive per il lavoro, da gestire con percorsi e istituti diversi.
In sintesi, modificare la norma non solo si può, si deve. Tutt’altra logica, però, è quella che si scaglia contro il “sussidistan” (copyright Confindustria) o “quelli che stanno sul divano invece di darsi da fare” (copyright collettaneo). Perché qui si esce dal merito e si va alla ricerca del consenso con argomenti sballati.
La tesi forte sarebbe che a causa del reddito non si trovano “gli stagionali di una volta” o che qualche mascalzone ne ha usufruito senza averne titolo. Certo, è accaduto, come accade che qualcuno passi col rosso, ma quando succede si sancisce l’infrazione, non si aboliscono i semafori.
Al fondo rimane un punto: in tutto l’Occidente sviluppato il capitolo di un sostegno al reddito è parte di una strategia su come garantire una cittadinanza non dimezzata a chi conosce una esclusione non volontaria, spesso prolungata o permanente, dal mercato del lavoro.
Alzare il dito accusatore e col birignao di certa destra (e sinistra) denunciare che la modernità è fatta della scommessa su di sé, del bisogno della fatica (sic) e del non arrendersi alle difficoltà, non è tanto e solo un atteggiamento aristocratico. No, è un errore diverso. Non so come dire…ecco, è come ostinarsi a infilare un gettone nell’iPhone. E ho detto tutto (copyright Peppino).
Da Fb del 25 agosto 2021
|