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Autore Discussione: Da MASSIMO GIANNINI -- Risultati positivi? - dove nel centrosinistra?  (Letto 5856 volte)
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« inserito:: Maggio 29, 2021, 04:35:02 pm »

Veltroni: torna lo spirito del '96 sceglieremo il leader senza veti

"Sulla par condicio Boselli non aiuti Berlusconi"

di MASSIMO GIANNINI
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ROMA - I ragionamenti di Parisi? "Vanno nella direzione giusta". Le stoccate di Cossiga? "Preferisco non rispondere a certi attacchi: lo considero il miglior contributo alla stabilità del governo".
Dire che Walter Veltroni sia contento, forse, è dire troppo. Questa crisi, le ragioni che l'hanno causata e le trattative complesse che hanno permesso di superarla, qualche segno sul leader della Quercia lo hanno lasciato. "Ma sono convinto che abbiamo fatto la scelta giusta, perché non vi erano alternative", dice dal suo ufficio a Botteghe Oscure, in quest'ultima intervista prima di chiudere le comunicazioni con l'esterno in vista del congresso diessino di gennaio. "In questa crisi siamo entrati con una sola soluzione, un governo con D'Alema. E' sempre rischioso, in politica, non avere subordinate. Ma feci così anche proponendo per primo Ciampi al Quirinale. Allora riuscì, ed è riuscito anche oggi. E poi, due risultati positivi li abbiamo comunque raggiunti".
E quali sarebbero, onorevole Veltroni?
"Il primo: il Paese è uscito da una fase di pericolosa instabilità. Le tensioni nella maggioranza stavano crescendo da più di un mese. E' stato giusto accelerare e provocare un chiarimento definitivo: adesso l'Italia ha un nuovo governo che può riprendere il cammino fino al termine della legislatura. Del resto, che potevamo fare? Anche le elezioni anticipate erano l'ipotesi peggiore: una campagna elettorale senza la par condicio, un centrosinistra lacerato e sconfitto, un premier messo in discussione, il rischio di far saltare il referendum...".
Fin qui ci siamo. Quale sarebbe il secondo aspetto positivo?
"E' quello che rende possibili, oggi, i ragionamenti di Parisi. Abbiamo ricostruito una coalizione. Era troppo difficile, nel centrosinistra, la convivenza tra la strategia di chi puntava a un'alleanza durevole e omogenea tra le diverse forze e quella di chi mirava invece a un'intesa transitoria, con l'obiettivo futuro di compattare la sinistra da una parte e il resto dello schieramento dall'altra. Ora questa convivenza si è risolta. Siamo tornati a parlare un linguaggio comune. Mi sono adoperato molto per raggiungere questo risultato, prima con il documento unitario e poi con l'idea della delegazione congiunta al Quirinale. L'obiettivo è raggiunto. Lo considero un valore...".
Ma il D'Alema-bis è quasi un governo di minoranza.
"E' vero, ha una base parlamentare più fragile. Ma non è detto che abbia un consenso altrettanto fragile nel Paese. Sono convinto che il centrosinistra possa vincere le regionali: questo contribuirà al rilancio dell'azione di governo e della coalizione".
Basta andare in apnea fino alle regionali, senza che nel frattempo il centrosinistra abbia dato un senso a questo presunto "governo rinnovato"? Lo stesso Parisi dimostra di non crederci, quando dice "diamo un segnale entro gennaio", non crede?
"E' giusto. Il nostro impegno, da oggi in poi, deve essere quello di ridare un'anima e un'identità a questa coalizione. Cos'era l'Ulivo del '96? Una coalizione unitaria, con un programma comune e un unico simbolo. In quel contenitore i partiti contavano e per questo ottenevano consensi elettorali crescenti. In quell'esperienza c'era uno spirito che dobbiamo far rivivere: forza della coalizione e visibilità delle diverse identità che la compongono. Uno spirito da far rivivere nei luoghi e tra i soggetti che decideremo insieme. L'ho detto alla Camera, e voglio ripeterlo oggi: il centrosinistra o è innovazione, o non è".
Ma non sarebbe ora di lavorare sul serio al partito unico?
"E' un'ipotesi che metterebbe in grave difficoltà molti degli alleati, e potrebbe compromettere lo stesso varo della coalizione".
Nel frattempo c'è da risolvere la questione della premiership. Si sente dire nel centrosinistra: "Con D'Alema si perde". Lo pensa anche lei?
"Ora che D'Alema è di nuovo premier posso dire che ha lavorato bene in questo anno. Ma sulla premiership decideremo tutti assieme con l'approssimarsi della scadenza delle elezioni politiche. E questo avverrà senza traumi, e senza che si pongano o si accettino veti da parte di nessuno. Se D'Alema fallisse, se il suo governo andasse male, sarebbe una sconfitta per tutto il centrosinistra. Vincere le politiche del 2001 è interesse di tutta la coalizione. Ma una scelta sul candidato premier, prima di allora, andrà fatta comunque. Decideremo insieme il modo, primarie o altro, con cui fare questa scelta".
Torniamo al "governo rinnovato". Lei ha parlato dei risultati positivi. Ma non può nascondere che la maturazione del D'Alema-bis si porta appresso parecchi frutti avvelenati.
"Non lo nascondo. Io ne vedo due. Il primo: l'Italia vive ancora in una crisi di sistema, l'opinione pubblica è bipolare ma nei comportamenti politici prevale il proporzionalismo con le sue degenerazioni. Il secondo: permane la crisi della politica, che somiglia a un universo chiuso, nel quale pochi "manovratori" costruiscono edifici barocchi, in base a logiche impenetrabili all'opinione pubblica. E' un fatto grave, che sarà al centro del nostro congresso: indicheremo un percorso per ridare valori e programmi che meritino l'attenzione della gente, un decalogo di regole per vincolare i politici alla coerenza e un sistema di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Con una stella polare: siano i cittadini, e non i partiti, a fare i governi di legislatura".
Tutti qui, i frutti avvelenati della crisi? Non mi dica che lei e il suo partito avete accolto con gioia l'apertura del premier sulla Commissione per Tangentopoli...
"No, non glielo dico. Ho accettato quella proposta solo per senso di responsabilità, e per garantire la stabilità al governo D'Alema. Una commissione composta da parlamentari che fanno l'inchiesta sulle inchieste giudiziarie può avere effetti devastanti sul Paese. Si rischia un processo alla magistratura, e una guerra tra i partiti fatta di colpi sotto la cintura. Ma le vicende della politica italiana avevano creato una sorta di corto circuito tra la prosecuzione della legislatura e il varo di questa commissione...".
Quanta realpolitik, onorevole Veltroni.
"Le confesso che non me la sono sentita di decidere in una notte, con un no, di affidare le chiavi del Paese a Berlusconi. Ho chiesto e ottenuto che vi fossero dei paletti ben precisi, sulla composizione ristretta e autorevole di questo organismo, sulla sua durata e soprattutto sul fatto che non potesse indagare sui processi chiusi o ancora in corso. Nei giorni successivi ho anche letto la proposta di Cossiga sull'istituzione per via costituzionale di una commissione presidenziale composta da personalità al di sopra delle parti, qualcosa di analogo alla nostra proposta sulla commissione di saggi. Questa parte mi sembra da approfondire, mentre non lo è affatto la parte restante sull'amnistia: su quel terreno non abbiamo cambiato idea, siamo nettamente contrari".
Al di là degli attacchi personali, il Picconatore prepara una guerriglia politica contro il governo che non promette nulla di buono. E anche i socialisti non sembrano da meno.
"Ai socialisti vorrei dire questo. Al di là del conflitto di questa fase, registro due cose che pesano, tra noi: la prima è la comune appartenenza alla famiglia del socialismo europeo, la seconda è la ribadita adesione al centrosinistra italiano, il che razionalmente dovrebbe comportare una piena partecipazione al suo progetto politico. Vorrei che a partire da questi due punti fosse chiara una cosa: siamo divisi sul governo, ma dobbiamo andare uniti alle regionali".
Ma Boselli e i suoi continuano ad accusarvi della solita "egemonia".
"Per quanto riguarda i Ds, posso assicurare che il confronto rispettoso e la ricerca di una convergenza con lo Sdi sarà una preoccupazione costante. Spero però che da parte loro vi sia una preoccupazione analoga. E mi auguro che specie su temi come la par condicio, su cui tra noi vi è stato un voto comune al Senato, Boselli non voglia fare un regalo davvero a Berlusconi, che proprio non se lo merita".
Questo lo dice lei, che è un suo avversario politico. Ma lo vada a spiegare a chi lo considera un perseguitato...
"Senta, se c'è un'altra lezione che è venuta fuori, da questa crisi, riguarda proprio la destra. Berlusconi alla Camera ha sfoderato una violenza inusitata, e Fini scavalcato a destra è stato costretto a rimettere in discussione l'operazione più importante della sua vita, il passaggio dal Msi ad An. Quel dibattito è servito a ricordare a chi lo avesse dimenticato cos'è la destra in Italia: quale impasto di furore ideologico, di intolleranza e di aggressività si nasconda dietro gli auguri di Natale che Berlusconi dispensa ogni giorno dalle sue reti tv".
Cerca la gramigna nell'orto dei vicini perché non vuole vedere le erbacce cresciute tra la Quercia e l'Ulivo? Vogliamo parlare del "Manuale Mastella", del mercato dei sottosegretari o del caso Misserville?
"Certi fatti, e certe scelte, hanno rischiato di essere in aperto contrasto con lo spirito di innovazione senza il quale un governo di centrosinistra rischia di pagare un prezzo troppo alto".
Le segnalo un ultimo frutto avvelenato: la proposta socialista sulla legge elettorale, che spacca il vostro asse col Ppi e rischia di essere un siluro al referendum.
"Già, si sente in giro questa grande nostalgia di proporzionale, che accomuna i socialisti ma anche Berlusconi, che con le sue bordate contro il referendum vuole scaricare Fini e coltivare un suo improbabile disegno neo-centrista. Io, al contrario, sono convinto che dobbiamo accelerare col maggioritario. E insisto con la mia idea: turno unico, premio di maggioranza, indicazione del premier e del vicepremier sulla scheda. E' una proposta che riprende quelle avanzate da Barbera, Parisi e Franceschini. Noi comunque sosterremo con forza il referendum, come facemmo nell'aprile dello scorso anno. Solo ora tutti capiscono quante cose sarebbero cambiate in meglio, se quel referendum fosse passato".

http://www.perlulivo.it/radici/nuovoulivo/Veltroni199929.html
« Ultima modifica: Maggio 31, 2021, 07:04:22 pm da Admin » Registrato

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« Risposta #1 inserito:: Giugno 08, 2021, 03:15:05 pm »

SCUOLA E FORMAZIONE

IL PENSIERO CRITICO COME ANTITODO CONTRO L’EMERGERE DEL NUOVO FASCISMO
   
TITTI FERRANTE
5 Giugno 2021

“Siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro”

Viviamo in un’epoca in cui i rituali collettivi e le commemorazioni degli eventi della storia vengono preferiti all’analisi e alla riflessione, alimentando così una “religione civile” che ci rassicura e ci consola, nell’illusione di opporre il presente al passato, la vita alla morte, il bene redentore alla barbarie. Si assiste a un moltiplicarsi di leggi sulla memoria che impongono come dovere istituzionale la commemorazione di fatti della storia nazionale cui lo Stato attribuisce riconoscimento giuridico di memoria ufficiale o legittima.
Si è celebrato, qualche giorno fa, la nascita della Repubblica Italiana; figura divenuta emblema della nascita dell’Italia democratica dopo il ventennio fascista è il volto sorridente di Anna Iberti che campeggia sulla prima pagina de “ Il Corriere della Sera”.
Tra un po’ gli studenti italiani si appresteranno ad affrontare l’agognata e temuta maturità, verrà loro richiesta l’acquisizione di contenuti e i metodi propri delle singole discipline, di essere capace di utilizzare le conoscenze acquisite e di metterle in relazione tra loro per argomentare in maniera critica e personale.
Se uno di questi studenti avrà sfogliato un quotidiano, o attinto informazioni attraverso il web, nell’ultima settimana, la tragedia della Funivia dello Stresa Mottarone, il caso Ilva, l’aggressione della coppia gay in vacanza a Palermo, la scarcerazione di Brusca erano tra le notizie nazionali che avevano maggiore rilevanza. Avrebbe il nostro studente, leggendole, utilizzato le conoscenze acquisite per argomentare in modo critico sui fatti?
In primo luogo, bisogna definire cosa si intende per pensiero critico e come si può educare al suo esercizio. Certamente, esso non è identificabile con un modello di pensiero determinato, un protocollo, un algoritmo, come se fosse possibile identificare una serie di passaggi logici da insegnare. Dewey parla di apprendimento collaterale che è un processo parallelo, contemporaneo all’apprendimento superficiale degli argomenti, un processo di formazione di abiti mentali che sono il prodotto più duraturo della formazione scolastica perché sono pervicaci, rimangono e condizionano il modo di pensare e affrontare la realtà.
Ritornando al maturando che si imbatte nelle notizie più rilevanti dell’ultima settimana, egli potrebbe scorgere nel comportamento criminale dei proprietari dell’impianto di Stresa un azzardo morale sulla vita delle persone in base all’applicazione di una semplicissima logica: garantire i propri profitti. Logica che sottende il caso Ilva dove a essere svenduto non è solo l’ambiente, ma la vita di tanti bambini. Potrebbe scorgere nell’abbrutimento dell’essere umano a mezzo di produzione di ricchezza, nella sopraffazione dell’altro, nella caduta dell’umanità nella barbarie, nell’uso improprio della ragione, gli indicatori di un fascismo latente, in continua evoluzione di cui si rinvengono tracce anche se sotto mentite spoglie.
Adorno, uno dei rappresentanti più brillanti della scuola di Francoforte, lasciata la Germania nel 1938, mette in guardia i contemporanei contro i pericoli della ragione strumentale e della fine dello spirito critico. Per il filosofo tedesco, gli orrori nazisti rappresentano un evento drammatico della storia dell’umanità da cui è necessario trarre un insegnamento storico. Con lui nasce l’idea che il nazismo non è stata un crollo della civiltà nella barbarie ma, al contrario, la conseguenza di una certa forma di civiltà basata sul principio della ragione strumentale. È per questo che insiste sulla necessità di prendere posizione in favore dell’umanesimo in un mondo sempre più inumano in cui la regola da seguire sembra essere quella del perseguimento del profitto individuale.
Adorno definisce ragione strumentale, la conoscenza oggettiva che riduce il comportamento umano a un certo numero di leggi, e che imbriglia l’individuo nei fatti considerati nella loro immediatezza e allo stato grezzo. Suo limite è la ricerca di ciò che è utile e funzionale. Denuncia i pericoli della mercificazione della società che nel disprezzo per il pensiero critico è assoggettata alla legge dello scambio. Che si tratti di esattezza matematica o di utilità commerciale, quando la ragione è semplicemente strumentale, il pensiero risulta diminuito. Il ruolo dell’intellettuale, secondo Adorno, perciò, è quello di cercare e analizzare il senso nascosto delle cose, denunciare l’emergere del conformismo e la fine dello spirito critico che ha permesso al fascismo di manifestarsi.
Le riflessioni di Pasolini riecheggiano le analisi di Adorno.
Pasolini vedeva il fascismo come una forma di abbandono morale, una complicità con il potere che tocca le persone in ciò che hanno di più intimo, il suo apogeo viene raggiunto quando non ci si oppone più al processo di mercificazione dell’essere umano, quando si considera normale che i rapporti fra le persone si riducono a un rapporto di consumo. Condanna la violenza di quel che chiamava il vero fascismo: la violenza del conformismo, dell’omologazione sociale, della deculturazione. Sebbene considera il fascismo storico scomparso, gli pare che la società dei consumi imponga una dittatura di gusti, di preferenze, e produca al tempo stesso sia il conformismo che le merci. Il “poeta dei ragazzi di vita”, l’araldo della povera gente, disprezzato da chi non tollera che si offra dell’Itala un’immagine diversa da quella della prosperità economica e borghese, sottolinea come la febbre del consumo sia febbre di obbedienza. Non esiste più controllo poliziesco dei comportamenti; ciascuno si sottomette alla dittatura della maggioranza: bisogna consumare, essere felici, essere liberi.
Quando Adorno in “Minima Moralia”, analizza la frenesia del consumo che sembra ossessionare le persone nel dopoguerra, anticipa le critiche di Pasolini:
“Ogni programma deve essere ingoiato fino in fondo, ogni best seller deve essere letto, ogni film visto durante il periodo del suo maggior successo. La massa di quel che si consuma senza discernimento raggiunge proporzioni inquietanti”.
Appare lampante, allora, che ci siano nel presente tracce di un nuovo fascismo che si traduce nell’assenza di qualunque forma di pietà, nella connessione fra cancellazione della sensibilità ed economia del profitto.
Se si pensa che nel disegno di riforma La Buona Scuola del governo Renzi si auspicava all’istituzione di un corso obbligatorio di economia in ogni tipo di scuola, si comprende come soffocare ogni tentativo di sviluppo di pensiero critico, comprimendo l’alunno nella dimensione del piccolo ragioniere, sia strumentale alla docilità del cittadino nei confronti dell’estabilishment politico.
Sempre più necessaria, perciò, appare la formazione di un pensiero critico che non sia feticcio da sovrapporre ai vari insegnamenti, ma accorto alla realtà e che si nutra di un atteggiamento democratico. Formare allo spirito critico e formare allo spirito democratico devono essere facce di una stessa medaglia e ciò può avvenire solo in una scuola pensata come comunità di liberi dubitanti.

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