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Autore Discussione: Stefano Ceccanti - I diritti e la coscienza  (Letto 2316 volte)
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« inserito:: Dicembre 29, 2007, 09:51:05 pm »

I diritti e la coscienza

Stefano Ceccanti


Quando si affrontano i temi relativi alla laicità e ai diritti bisogna evitare di separarli dall’insieme del sistema politico, altrimenti arriviamo a giudizi deformati. Siamo in un sistema in cui su tutti i temi assistiamo a un’impotenza sostanziale: chiunque disponga di un minimo potere di veto è in grado di condurci alla paralisi. Da questo punto di vista un’omelia di un autorevole esponente della gerarchia cattolica pesa quanto dieci camionisti in sciopero: il problema sta nella debolezza delle possibili risposte.

Dobbiamo poi capire che non c’è una distinzione univoca tra diritti da affermare e temi “eticamente sensibili”: alcune soluzioni che per gli uni sono scelte politiche doverose sia nei fini sia negli strumenti individuati per gli altri possono porre problemi di coscienza, se non in astratto almeno nelle modalità. È un conflitto che sta nelle cose, anche perché tra i titolari dei diritti ci può essere conflitto e così pure tra i diritti stessi che vengono a incidere sulla medesima decisione e che possono essere bilanciati tra di loro in modi diversi. Non può però essere un alibi per non prendere posizione.

Se andiamo ad osservare il Regolamento del Senato, il luogo decisionale più problematico oggi, esso costituisce una riprova evidente dell’impossibilità di distinguere: il comma 4 dell’articolo 113 precisa che il voto segreto, lo strumento tipico per proteggere al massimo la coscienza, può essere richiesto in relazione a ben venti articoli della Prima parte della Costituzione. Anche l’articolo 2 del Regolamento del nostro gruppo senatoriale ci dice varie cose. Il comma 3 parte dalla libertà di coscienza, ma esprime la preferenza per una convergenza che nasce dal dialogo, senza logiche aventiniane: «Il Gruppo riconosce e garantisce la libertà di coscienza dei Senatori, con particolare riferimento alla incidenza delle convinzioni etiche o religiose dei singoli nella sfera delle decisioni politiche. Esso promuove, anche su questi temi, il confronto tra le diverse sensibilità e la ricerca di orientamenti comuni». Tuttavia se le mediazioni alte pazientemente ricercate non soddisfano alcuni membri il comma 5 stabilisce che: «Su questioni che riguardano i principi fondamentali della Costituzione repubblicana e le convinzioni etiche di ciascuno, i singoli Senatori possono votare in modo difforme dalle deliberazioni dell’Assemblea del Gruppo ed esprimere eventuali posizioni dissenzienti nell’Assemblea del Senato a titolo personale, previa informazione al Presidente o ai Vice Presidenti del Gruppo».

Il Gruppo come tale è un soggetto decisionale. Tuttavia per un Gruppo di un partito a vocazione maggioritaria, quindi necessariamente pluralista, l’unità nel voto, oltre che essere un risultato e non un a priori, non può essere considerata scontata. Sulla gran parte dei temi, infatti, sarà possibile trovare delle sintesi alte che non rispecchieranno pienamente le posizioni di partenza e le culture politiche di provenienza, come dimostrato in positivo anche nel caso dei Dico, aiutano a intendersi. Da qui però non deriva un automatismo: qualche esponente più intransigente (per semplificare: cattolico e/o “laico”) potrebbe non essere d’accordo con la mediazione raggiunta. Molto spesso saranno minoritari; più impareremo a lavorare insieme più saranno ridotti, ma si tratta comunque di un prezzo da pagare se vogliamo veramente un partito non monoculturale. Ciò che fa problema oggi è però l’incomunicabilità tra i poli, la quale fa sì che anche un limitato dissenso nel gruppo del Pd (o negli altri della maggioranza) blocchi la decisione. Anche per questo una civilizzazione del bipolarismo deve essere un obiettivo da perseguire. Non si può infatti pensare, per risolvere la difficoltà odierna, di imporre attraverso lo strumento del voto di fiducia, che deve servire in alcuni limitati casi ad attuare il programma di Governo, una disciplina ferrea di voto. Sulla fiducia bisogna votare uniti, ma della fiducia non si può abusare per imporre l’unità oltre il dovuto.

Infine qualche postilla specifica sul caso del decreto sicurezza, non quello approvato ieri ma quello contestato e decaduto una settimana fa. La nozione di “tendenze sessuali” era una traduzione sbagliata (a partire dal Trattato di Amsterdam e nelle prime versioni della Carta di Nizza); essa è stata poi sostituita da quella più precisa di “orientamento sessuale”, che compare nella versione della Carta di Nizza incorporata nella legge 7 aprile 2005, n. 55 che autorizzava alla ratifica del Trattato costituzionale europeo. In quella stessa legislatura, a maggioranza di centrodestra, è stata inserita nella legge Biagi per difendere la privacy dei lavoratori. La nozione è del resto citata pacificamente, sia pure con l’invito a non considerarla esaustiva delle caratteristiche della persona anche nel documento della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede del 1986 sulla “cura pastorale delle persone omosessuali”. Vi si dice infatti al n. 16 che: «La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, non può essere definita in modo adeguato con un riduttivo riferimento solo al suo orientamento sessuale». Oltre all’errore di numero contenuto nel decreto decaduto e a quell’errore di traduzione, l’ampio elenco di Amsterdam era stato pensato per legittimare azioni positive e sanzioni amministrative, non penali. Per di più la sua connessione con le sanzioni penali della legge Mancino, in particolare con l’incitazione alla discriminazione, non era del tutto immune dal poter sconfinare in un reato d’opinione.

Questi, invece, non sono motivi che si possano opporre in modo pregiudiziale al lavoro che sotto la guida del Presidente Pisicchio sta conducendo la commissione Giustizia della Camera a modificare in modo convincente la legge Mancino, anche per l’istigazione alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Ovviamente ogni formulazione è sempre perfettibile, ma credo che, eliminati gli errori iniziali, il Parlamento possa e debba approvare con larga maggioranza proposte come questa. Del resto il già citato documento del 1986, che reca la firma dell’allora cardinale Ratzinger, al numero 10 affermava chiaramente: «Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni». Sgombriamo il campo dagli errori e dai sospetti, ma si deve operare anche nelle legislazioni.

Pubblicato il: 29.12.07
Modificato il: 29.12.07 alle ore 8.34   
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