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Autore Discussione: Perché Draghi riporterà l'Italia al centro dell'Europa.  (Letto 5046 volte)
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« inserito:: Marzo 10, 2021, 09:24:24 pm »

Perché Draghi riporterà l'Italia al centro dell'Europa. A partire dall'asse con Merkel

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Rep: Bertolt di Tonia Mastrobuoni
6 febbraio 2021

L'antitedesco
Mario Draghi è diventato presidente della Bce senza il complesso di non essere tedesco. Appena arrivato, ha tagliato i tassi, successivamente ha rivoluzionato le politiche monetarie col “whatever it takes”, lo scudo anti-spread, il ‘quantitative easing’, i tassi negativi e tonnellate di liquidità buttate sui mercati. Eresie, per i tedeschi. L’ex governatore della Banca d’Italia si è attirato dal primo giorno l’odio di una parte dell’opinione pubblica in Germania, della Bundesbank e dello stesso partito di Angela Merkel. In una riunione a porte chiuse l’allora ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, disse una frase mai smentita né confermata: la Bce porta voti all’ultradestra Afd. E la Bild, che lo accusò spesso di favorire l’Italia e gli altri Paesi del sud finiti nella spirale della crisi finanziaria, gli dedicò una copertina in cui è raffigurato come un vampiro: “Draghila”, il nemico dei risparmiatori.
Il suo segreto, in quegli anni di pesante Draghi-bashing, è stato il solidissimo rapporto con Angela Merkel. Il presidente della Bce andava regolarmente a Berlino per incontrarla, concordò con lei il “whatever it takes” che salvò l’euro e fece in modo che la clamorosa spaccatura in quegli anni tra la cancelliera e il suo ministro delle Finanze, tra il governo e la Bundesbank, non intralciasse troppo con il suo lavoro.
In fondo, Merkel è anche in debito con lui. Senza il “whatever it takes” del 2012, siccome in quei mesi drammatici il problema era fare da scudo all’Italia, un Paese troppo grande e con un debito troppo immenso per essere salvato come la Grecia o il Portogallo con piani di salvataggio da qualche centinaio di miliardi, soltanto gli eurobond avrebbero sortito lo stesso effetto salvifico. Un tabù per i tedeschi, tanto che se l’Europa li avesse adottati l’anno dopo per Merkel sarebbe stato difficile vincere le elezioni, forse persino essere ricandidata.
Ma ciò che si dimentica spesso è che il mese prima del “whatever it takes”, fu Mario Monti a porre le premesse per il salvataggio dell’Europa. A fine giugno, il presidente del Consiglio italiano organizzò una vera e propria “fronda del Mediterraneo” contro Merkel. Si alleò con Sarkozy e Rajoy e impose alla Germania l’Unione bancaria, la prima e ultima riforma fatta dalla Ue durante la crisi finanziaria. Per i mercati, fu il primo segnale concreto di un ricompattamento del continente. Fu la premessa politica del “whatever it takes”.

L'agenda di Draghi
Draghi può essere l’uomo che riporta l’Italia al centro dell’Europa, premessa indispensabile perché il nostro Paese continui a contare in un contesto globale in profonda trasformazione. Non siamo più la quinta potenza economica al mondo, come trent’anni fa, quando sedevamo di diritto nei caminetti che contavano come il G7. In un mondo di medie potenze, siamo condannati all’irrilevanza, se non conquistiamo un posto tra i Paesi che contano, anzitutto in Europa. Draghi è uomo ascoltatissimo dai potenti del mondo, da Christine Lagarde a Janet Yellen, da Jerome Powell ad Angela Merkel. Difficile che qualcuno si “dimentichi” dell’Italia guidata da Draghi, nei vertici ristretti che Merkel e Macron convocano ogni tanto (umiliante fu quello recente sul terrorismo islamico dopo l’attentato di Vienna). Draghi, se non verrà logorato dalla politica italiana, autoreferenziale e ipertattica, può tornare a far contare molto l’Italia, sul piano internazionale.
La sua storia fa capire anche cosa potrebbe fare in Italia per tirarla fuori dalle secche di una lunghissima stagnazione. Ma intanto la Bce, nel suo ultimo bollettino mensile, ha tracciato un sentiero delle cose da fare. Per l'intera eurozona, certo, ma soprattutto per l'Italia, che nei prossimi anni sarà il maggiore beneficiario del Next Generation Eu. E dunque la maggiore responsabile del rilancio complessivo del continente.

Il gasdotto della discordia
Per compiacere il neopresidente americano Joe Biden, Emmanuel Macron si è spinto nei giorni scorsi sino a chiedere il blocco del gasdotto più controverso d'Europa, quel Nordstream 2 che è sempre stato l'eredità più avvelenata del cancellierato di Gerhard Schroeder. Per anni ha suscitato polemiche perché, collegando direttamente la Russia e la Germania, indebolisce i tradizionali Paesi di transito del gas in Europa, ossia Ucraina e Polonia. Ma da quando gli Stati Uniti hanno scoperto enormi giacimenti di shale gas e hanno interesse a venderlo anche in Europa, stanno anche aumentando le pressioni sulla Ue perché la pipeline russo-tedesca venga bloccata.
Con il caso Navalnyj la querelle sul gasdotto è tornata di bruciante attualità sia in Europa sia in Germania. Ormai è completato al 90%, ma al di là delle pressioni americane ed europee, anche all'interno della Germania si levano voci sempre più autorevoli che ne chiedono lo stop. E' il caso dei Verdi e di una parte della Cdu. E non è un dettaglio. In vista delle prossime elezioni politiche, il 26 settembre, potrebbe diventare un tema estremamente divisivo per due partiti che aspirano a governare insieme.
Venerdì Merkel e Macron hanno affrontato l'argomento durante il consueto Consiglio franco-tedesco della difesa. Merkel "per ora" continua a difendere il progetto, a volerlo tenere slegato dal caso Navalnyj e a proporre ulteriori sanzioni contro la Russia, per ottenere il rilascio del principale oppositore di Putin. Ma qualche soluzione di compromesso sta già nascendo, a Berlino. Una è quella di completare la pipeline e dotarla di un meccanismo che blocchi automaticamente le forniture se la Russia taglia il gas all'Ucraina. Basterà?

Una nazista alla sbarra
Dieci anni fa il processo a Demjaniuk, il "boia di Sobibor", ha segnato una svolta epocale nei processi agli ex nazisti. Da allora i tribunali tedeschi non condannano più solo chi ha partecipato attivamente a un crimine, ma anche chi ha contribuito alla macchina della morte di Hitler.
E' il caso dell'ex segretaria novantacinquenne del campo di concentramento di Stutthof, vicino a Danzica, scovata e rinviata a giudizio nel nord della Germania dopo cinque anni di indagini. E' accusata di concorso in diecimila omicidi o tentati omicidi. Ma siccome era minorenne all'epoca in cui lavorò nel lager, tra il 1943 e il 1945, sarà processata da un tribunale minorile.

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« Risposta #1 inserito:: Marzo 12, 2021, 09:35:34 pm »

Società liquida
Neologismi (2008)

Società liquida loc. s.le f. Concezione sociologica che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile.
◆ Il noto sociologo Zygmunt Bauman sostiene che viviamo in una «società liquida», ma il suo modello non intende certo prendere alla lettera questa metafora, come sta avvenendo invece ora, nel momento in cui libri, registri e quaderni, con tutti i significati ch’essi rivestono, rischiano di finire nelle tubature di scarico. Trascinando con sé tante memorie del passato ma anche tante speranze del futuro. (Silvia Vegetti Finzi, Corriere della sera, 19 ottobre 2004, p. 49, Cronaca di Milano)
• Una società «liquida» (secondo l’immagine felice – e fortunata – di Zygmunt Bauman). Dove i confini e i riferimenti sociali si perdono. I poteri si allontanano dal controllo delle persone. (Ilvo Diamanti, Repubblica, 4 giugno 2006, p. 1, Prima pagina)
• Questa avvincente avventura richiede forte investimento di «umanità» e di «passione etica». Esse stanno a fondamento della cultura sportiva. La «questione etica» precede lo sport, convive con lo sport e dà vero compimento allo sport. E lungi dall’essere un’ipotesi di anime belle, è una necessità se intendiamo salvare lo sport, per oggi e per domani. È opinione diffusa che viviamo in una società «liquida», aperta e incerta. (Carlo Mazza, Avvenire, 13 ottobre 2007, p. 31, Sport).
Composto dal s. f. società e dall’agg. liquido, ricalcando l’espressione ingl. liquid society.
Con riferimento alle analisi compiute dal sociologo di origine polacca Zygmunt Bauman, autore dei saggi Liquid modernity, Cambridge (UK) 2000 (trad. it. di Sergio Minucci, Modernità liquida, Roma-Bari 2002) e Liquid love, Cambridge (UK) 2003 (trad. it. di Sergio Minucci, Amore liquido, Roma-Bari 2004).
Già attestato nel Corriere della sera dell’11 giugno 2002, p. 33.
Da - https://www.treccani.it/vocabolario/societa-liquida_res-c0525b22-89ec-11e8-a7cb-00271042e8d9_%28Neologismi%29/

Comunità liquida
Neologismi (2008) 

Comunità liquida loc. s.le f. Comunità sociale e politica caratterizzata da una struttura e da un ordinamento variabili, con regole in costante evoluzione.
◆ La «presidenzializzazione» delle democrazie parlamentari, la personalizzazione del «premierato di comando» sono fenomeni che possono non piacere.
Ma ci sono già, inevitabili, negli sviluppi socio-politici delle nostre comunità «liquide» e nelle stesse necessità di autonomia del governo nei processi decisionali dell’Unione europea. (Andrea Manzella, Repubblica, 8 febbraio 2005, p. 17, Commenti).


Composto dal s. f. comunità e dall’agg. liquido, ricalcando l’espressione ingl. liquid community, sul modello di liquid society.
Da treccani.it
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