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« Risposta #1 inserito:: Febbraio 04, 2021, 07:50:37 pm » |
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Post della sezione Notizie Gianni Cuperlo
Ho letto il migliaio di commenti al post di ieri sera e torneremo sopra agli ultimi eventi, come è un dovere fare. Stamane vi allego il testo della lettera che è uscita su Repubblica (grazie per la cortesia e l’ospitalità) dopo i due interventi recenti di Concita De Gregorio e Michele Serra. Tutto sommato è una riflessione meno straniata di quanto sembri rispetto al clima e ai fatti di queste ore. Buona giornata e un abbraccio
“Concita De Gregorio ha dedicato alla “sinistra timida” nel Pd una riflessione critica e per molti di noi dolorosa. Lo ha fatto assieme a una bocciatura di Nicola Zingaretti e della sua leadership. La replica del segretario ha innescato, tra le altre, la reazione di Michele Serra, severo a sua volta sul ricorso a una formula, radical chic, giudicata da lui in appalto alla destra. Come ovvio ciascuno ha diritto di esprimere sulle figure pubbliche il giudizio che matura. Detto ciò è per me davvero incomprensibile l’accento scelto da Concita De Gregorio per descrivere il tratto umano e politico di chi oggi, alla guida del Pd, si sobbarca una rotta tra le più complicate cercando ancora in queste ore di pilotare la crisi verso uno sbocco utile al paese.
Altro naturalmente è avere opinioni diverse e misurarsi sulla funzione di quel partito e sulla sconfitta culturale della sinistra compreso un difetto di parole adeguate al tempo. Ecco, lasciando a lato le attitudini da talk (per inciso, da decenni porto con me il ricordo di uno tra i più amati leader comunisti sedersi in una sezione e dinanzi a dodici militanti – all’epoca li contai – estrarre il notes e seguire un ragionare che i dodici inchiodò all’ascolto. Quando alla fine gli chiesi ragione di tanta cura mi disse che era una forma di rispetto per quei compagni e, aggiunse, anche per sé), dicevo al netto del carattere, una mi pare la premessa ed è ritrovare il punto di vista che fa di una parte, quella che vuoi rappresentare, un soggetto.
Per capirci, gli operai, la classe operaia, non è mai stata per la sinistra rimpianta da molti solo un bacino di consenso. E’ stato il riconoscimento di una “intelligenza sociale” che nella sua coscienza maturava una funzione di guida, partecipava da protagonista a lotte in grado di emancipare quella parte di società e altre a seguire. Ho scritto classe operaia, ma lungo stagioni diverse sono stati i giovani, le donne, i movimenti, le forme di un civismo che allargava il perimetro destinato a rafforzare la democrazia. Tutto questo configurava una cultura, una identità collettiva, e di conseguenza il partito che se ne faceva interprete. La verità? A lungo noi abbiamo avuto il Soggetto, ma non il Governo. Dopo abbiamo avuto il Governo, ma abbiamo perduto il Soggetto. E però questo dramma non è dipeso dalla scarsa guasconeria del capofila, casomai è vero il contrario, a furia di esibizioni siamo passati dal 40 al 18 per cento. No, tutto questo è accaduto in un tempo oramai remoto, quando una lettura spiccia della modernità ha ritenuto si potesse dare nella storia una democrazia orfana di conflitti, a quel punto privilegiando il dualismo innovazione-conservazione a surrogare la dialettica polverosa tra destra e sinistra. L’hanno battezzata modernità: politici, economisti, commentatori, intere élite di questo paese. Invece era l’opposto, una regressione nel passato, e non il migliore.
Dunque siamo colpevoli? Certo che lo siamo. Ma non di una performance davanti a una telecamera. Il limite è non aver compreso per tempo che degradare il popolo a opinione pubblica era una operazione reazionaria. L’errore per un paio di decenni è avere sostituito il pensiero ambizioso, persino utopico, con la tattica della permanenza al governo, salvo accorgersi un giorno che se sei la sinistra devi sempre poter dire al governo perché, con chi, per fare cosa.
In un epigramma folgorante Andrea Zanzotto scriveva “In questo progresso scorsoio / non so se vengo ingoiato o se ingoio”. Forse noi, al pari di Pinocchio, non ci siamo avveduti per tempo che si finiva ingoiati, ma non già dalla balena bensì dal pescecane della destra. Però, se posso scriverlo in amicizia alle due firme di questo giornale, siamo quella sinistra che dai limiti di prima e dal ventre del sovranismo sta provando a uscire. Non abbiamo titolo né diritto a chiedere critiche bonarie. Solo sarebbe bello, forse anche un po’ giusto, non caricare sugli ultimi arrivati oneri e cambiali scadute da molto prima che guidare la fila ci toccasse.
Se accadrà, ve lo giuro, anche noi ci sentiremo meno soli perché sappiamo che rimanere isolati in un capitolo complicato della storia alla fine è un danno enorme per tutti.”
Da Fb del 3 febbraio 2021
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