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Autore Discussione: Stato di Diritto. Forma di Stato di matrice liberale, in cui viene ...  (Letto 3640 volte)
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« inserito:: Dicembre 01, 2020, 06:52:23 pm »

Stato di diritto
Dizionario di Storia (2011)

Stato di diritto
Forma di Stato di matrice liberale, in cui viene perseguito il fine di controllare e limitare il potere statuale attraverso la posizione di norme giuridiche generali e astratte.


L’esercizio arbitrario del potere viene contrastato con una progressiva regolazione dell’organizzazione e del funzionamento dei pubblici poteri, che ha come scopo sia la «diffusione» sia la «differenziazione» del potere, rispettivamente, attraverso istituti normativi (unicità e individualità del soggetto giuridico; eguaglianza giuridica dei soggetti individuali; certezza del diritto; riconoscimento costituzionale dei diritti soggettivi) e modalità istituzionali (delimitazione dell’ambito di esercizio del potere politico e di applicazione del diritto; separazione tra istituzioni legislative e amministrative; primato del potere legislativo, principio di legalità e riserva di legislazione; subordinazione del potere legislativo al rispetto dei diritti soggettivi costituzionalmente definiti; autonomia del potere giudiziario), comunemente considerati come parti integranti della nozione di Stato di diritto. Nell’Ottocento, attraverso la lenta costruzione giuridica dello Stato, la sovranità appartiene solo allo Stato, realtà impersonale che sintetizza e supera sia il re sia il popolo, e che assegna a entrambi compiti particolari e distinti. Tutti, in modi diversi, sono servitori dello Stato, ma ciò non risolve il dualismo originario fra re e popolo, fra Stato-apparato e società. Lo Stato appare sempre più uno S. di d., perché persegue i suoi fini nelle forme e nei limiti del diritto, producendo e applicando norme giuridiche. Il potere dello S. di d. risulta dunque «impersonale»; essendo giuridico, risolto nell’ordinamento, tende a scomparire. Per tre secoli i legisti hanno costruito giuridicamente lo Stato allo scopo, se non di eliminare il potere, almeno di sottoporlo alla razionalità, all’impersonalità e all’oggettività della legge. In origine, si parlava di un «potere sovrano», creatore dell’ordinamento giuridico, ma con la progressiva razionalizzazione giuridica dello Stato il vero potere sovrano tende a eclissarsi a favore di tanti poteri costituiti, che agiscono solo nell’ambito dell’ordinamento, con la scomparsa dell’antica sovranità. È nel Novecento, con l’apparire di forti conflitti sociali o con l’affermarsi di rivoluzioni politiche, che il potere sovrano riappare in tutta la sua forza, e le costruzioni giuridiche si dimostrano costruzioni di pensiero fragili. Lo S. di d. è uno Stato limitato e garantista, per la difesa dei diritti dei cittadini: pertanto si fonda sia sulla separazione dei poteri legislativo, giudiziario e amministrativo (gli ultimi due autonomi, ma subordinati alla legge) sia sulla coscienza che solo il diritto può dare alla società stabilità e ordine, con le sue norme chiare e certe, generali e astratte (e quindi impersonali), un diritto sempre subordinato a quella legge fondamentale che è espressa dalla costituzione. È un diritto concepito per una lunga durata, perché deve garantire ai singoli la prevedibilità delle conseguenze delle proprie azioni. Lo S. di d. comincia a entrare in crisi con il tendenziale affiorare dello Stato sociale.

Da https://www.treccani.it/enciclopedia/stato-di-diritto_%28Dizionario-di-Storia%29/

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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 01, 2020, 06:53:46 pm »

Forme di Stato e forme di governo
Enciclopedia on line

Forme di Stato e forme di governo
La problematica riguardante le forme di Stato e le forme di governo è uno dei temi classici della riflessione costituzionalistica: secondo un’opinione risalente, anzi, ne costituirebbe uno dei profili essenziali (Diritto costituzionale). Nella prospettiva schmittiana (C. Schmitt) della costituzione come «decisione politica fondamentale», infatti, il diritto costituzionale si esaurirebbe nello studio di esse: non è un caso, quindi, che uno dei maggiori studiosi di Schmitt, ovvero C. Mortati, ne sia stato uno dei più importanti teorici, anche se, in questi ultimi anni, alcuni studiosi ne hanno ridotto l’importanza. È certo, comunque, che i due concetti sono intrinsecamente legati tra loro, nel senso che una determinata forma di governo si riverbera sulla forma di Stato e viceversa.
Le forme di Stato. - In linea di massima, la maggioranza della dottrina parla di forma di Stato per indicare i diversi modi attraverso i quali si combinano i tre elementi costitutivi dello Stato: popolo, territorio e governo (alcuni preferiscono utilizzare l’espressione sovranità in luogo di quella di governo). In quest’ottica, lo studio delle forme di Stato riguarda solo quella peculiare forma di aggregazione politica che si afferma a partire dal XVI secolo (lo Stato moderno, inteso quale ordinamento giuridico territoriale e sovrano). Nell’ambito di questa prospettiva, si distinguono, a sua volta, due diversi profili: il primo attiene al rapporto tra governanti e governati, mentre il secondo riguarda la ripartizione verticale del potere. Per quanto concerne questo secondo profilo, si suole distinguere tra Stati federali e Stati unitari, nonostante tutte le difficoltà riscontrate nel tracciare una chiara linea distintiva tra queste due diverse figure organizzative (Federalismo). Quanto al primo profilo, invece, si distinguono, da un punto di vista storico, lo Stato patrimoniale (XVI-XVII secolo), lo Stato di polizia (XVIII secolo), lo Stato liberale o Stato di diritto (XIX secolo) e lo Stato democratico (XX secolo), fondato sul principio del suffragio universale (Democrazia e Diritto di voto). Una diversa suddivisione da un punto di vista storico è stata fatta da Mortati, secondo il quale lo Stato patrimoniale (rectius l’ordinamento giuridico a regime patrimoniale) nascerebbe con il feudalesimo e sopravvivrebbe ad esso, lo Stato di polizia finirebbe con l’identificarsi con la monarchia assoluta e lo Stato moderno si identificherebbe nello Stato liberale.
Per quanto riguarda, invece, lo Stato novecentesco, si possono distinguere quattro forme di Stato: lo Stato democratico costituzionale, lo Stato socialista, lo Stato autoritario e lo Stato di recente indipendenza (secondo alcuni studiosi, tuttavia, quest’ultimo non costituirebbe una forma di Stato autonoma). Al riguardo, occorre dire che alcuni studiosi preferiscono utilizzare la nozione di regime politico per indicare le ideologie, i principi e le strutture di autorità in cui agiscono gli attori politicamente rilevanti: tuttavia, secondo altri studiosi forma di Stato e regime politico non sarebbero altro che due facce di una stessa medaglia.

Le forme di governo. - Per quanto riguarda le forme di governo, esse concernono solo uno dei tre elementi essenziali dello Stato: il governo latamente inteso come assetto dei pubblici poteri. In altri termini, mentre le forme di Stato attengono allo studio dello Stato-comunità (o Stato-ordinamento), le forme di governo riguardano soltanto lo Stato-apparato, cioè lo Stato come soggetto (persona giuridica) all’interno dell’ordinamento statale. Più precisamente, a proposito delle forme di governo la dottrina maggioritaria si intende riferire ai diversi modi nei quali la c.d. funzione di indirizzo politico di maggioranza viene esercitata tra i diversi organi costituzionali. Conseguentemente, sono state abbandonate le tradizionali distinzioni elaborate dai classici del pensiero politico (dalla bipartizione machiavelliana tra monarchie e repubbliche alla tripartizione aristotelica tra governo di uno, governo di pochi e governo di molti), perché non rispondenti più alla realtà.
Una distinzione ancora importante è invece, quella tra forme di governo pure e forme di governo miste, anche se si riscontrano al riguardo opinioni divergenti. Secondo un primo orientamento (Mortati), forme pure sarebbero quelle caratterizzanti lo Stato patrimoniale e lo Stato di polizia, mentre quelle miste sarebbero quelle caratterizzanti lo Stato contemporaneo. Secondo un diverso orientamento, forme pure sarebbero soltanto la monarchia assoluta e la dittatura, mentre tutte le altre sarebbero da considerare forme miste. Secondo un terzo orientamento, infine, pure sarebbero solo quelle forme di governo a rigida separazione dei poteri (monarchia costituzionale, regime presidenziale e governo direttoriale), mentre miste sarebbero tutte con una qualche forma di coordinamento tra i poteri (forma di governo parlamentare, assembleare, semipresidenziale).
La forma di governo vigente nell’ordinamento italiano è quella parlamentare. Essa si caratterizza per la presenza di due elementi: il rapporto fiduciario tra il Governo e il Parlamento (Fiducia parlamentare) e la possibilità dello scioglimento anticipato di quest’ultimo organo. È proprio la presenza dello scioglimento a distinguere la forma di governo parlamentare da quella assembleare (che pure mantiene in comune con la prima il rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento).
La forma di governo presidenziale e la sua variante monarchica, la monarchia costituzionale, si caratterizzano invece per una rigida separazione tra l’esecutivo e il legislativo e per l’unificazione delle cariche di capo dello Stato e vertice del Governo in una stessa persona (il Re nella monarchia costituzionale e il Presidente nella forma di governo presidenziale). Una peculiare forma di governo poi è quella direttoriale, in cui ugualmente vi è una rigida separazione tra il legislativo e l’esecutivo (il legislativo elegge l’esecutivo, ma non può sfiduciarlo, così come l’esecutivo non può chiederne lo scioglimento anticipato) e dove manca pure la figura del capo dello Stato (che viene esercitata a rotazione dai componenti dell’esecutivo collegiale). Per quanto riguarda, infine, il sistema semipresidenziale, esso è frutto di un’elaborazione dottrinaria relativamente recente, proposta per la forma di governo francese a seguito dell’introduzione dell’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Repubblica (1962). Esso risulterebbe dalla combinazione di forti poteri di governo in capo al Presidente della Repubblica con il mantenimento della fiducia parlamentare tra il Governo e il Parlamento; proprio per questo, però, alcuni autori preferiscono parlare, anziché di forma di governo semipresidenziale, di forma di governo parlamentare a tendenza presidenziale.

Da - https://www.treccani.it/enciclopedia/forme-di-stato-e-forme-di-governo/
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« Risposta #2 inserito:: Dicembre 01, 2020, 11:42:20 pm »

Stato sociale
Dizionario di Storia (2011)

Stato sociale
Il termine S.s. indica un insieme di attività, prevalentemente ma non esclusivamente pubbliche, dirette a fornire sostegno a chi si trova in stato di bisogno e assicurazione e copertura contro determinati rischi e necessità.
Lo S.s. moderno ha origine in Gran Bretagna, prima della Rivoluzione industriale, e ha raggiunto la sua fase di massimo sviluppo a partire dal secondo dopoguerra. Oggi, in tutti i Paesi industrializzati di mercato, esso ha assunto contenuti simili e copre la quasi totalità della popolazione, mentre permangono differenze nei modelli organizzativi e amministrativi. In alcuni Paesi prevale la tendenza a unificare i diversi schemi in una gestione unitaria, mentre in altri, tra cui l’Italia, opera una molteplicità di istituzioni e gestioni autonome per le diverse tipologie di intervento e categorie occupazionali e professionali. Gli interventi della sicurezza sociale si distinguono nelle due tipologie dell’assistenza e della sicurezza sociale vera e propria. L’assistenza riguarda gli Stati di bisogno dovuti a invalidità, povertà e altre tipologie di esclusione sociale, mentre la sicurezza sociale riguarda situazioni che comportano diminuzioni di reddito o necessità di spesa dovute al verificarsi di certi eventi rischiosi, o a determinate altre cause, alle quali la sensibilità collettiva attribuisce una particolare rilevanza sociale: malattia, vecchiaia, superstiti, famiglia e figli, disoccupazione, abitazione. I benefici comprendono trasferimenti in denaro (a destinazione libera) e in natura. La forma più diffusa di finanziamento è quella contributiva, in cui il pagamento dei contributi da parte del beneficiario è condizione necessaria per aver titolo a ricevere i benefici; a essa si affiancano quella fiscale vincolata, quella fiscale generale, e la generosità privata.

Da - https://www.treccani.it/enciclopedia/stato-sociale_(Dizionario-di-Storia)/
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« Risposta #3 inserito:: Dicembre 01, 2020, 11:46:02 pm »

Società liquida
Neologismi (2008)

società liquida loc. s.le f. Concezione sociologica che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile. ◆ Il noto sociologo Zygmunt Bauman sostiene che viviamo in una «società liquida», ma il suo modello non intende certo prendere alla lettera questa metafora, come sta avvenendo invece ora, nel momento in cui libri, registri e quaderni, con tutti i significati ch’essi rivestono, rischiano di finire nelle tubature di scarico. Trascinando con sé tante memorie del passato ma anche tante speranze del futuro. (Silvia Vegetti Finzi, Corriere della sera, 19 ottobre 2004, p. 49, Cronaca di Milano) • Una società «liquida» (secondo l’immagine felice – e fortunata – di Zygmunt Bauman). Dove i confini e i riferimenti sociali si perdono. I poteri si allontanano dal controllo delle persone. (Ilvo Diamanti, Repubblica, 4 giugno 2006, p. 1, Prima pagina) • Questa avvincente avventura richiede forte investimento di «umanità» e di «passione etica». Esse stanno a fondamento della cultura sportiva. La «questione etica» precede lo sport, convive con lo sport e dà vero compimento allo sport. E lungi dall’essere un’ipotesi di anime belle, è una necessità se intendiamo salvare lo sport, per oggi e per domani. È opinione diffusa che viviamo in una società «liquida», aperta e incerta. (Carlo Mazza, Avvenire, 13 ottobre 2007, p. 31, Sport).
Composto dal s. f. società e dall’agg. liquido, ricalcando l’espressione ingl. liquid society.
Con riferimento alle analisi compiute dal sociologo di origine polacca Zygmunt Bauman, autore dei saggi Liquid modernity, Cambridge (UK) 2000 (trad. it. di Sergio Minucci, Modernità liquida, Roma-Bari 2002) e Liquid love, Cambridge (UK) 2003 (trad. it. di Sergio Minucci, Amore liquido, Roma-Bari 2004).
Già attestato nel Corriere della sera dell’11 giugno 2002, p. 33.

Da - https://www.treccani.it/vocabolario/societa-liquida_res-c0525b22-89ec-11e8-a7cb-00271042e8d9_%28Neologismi%29/

Comunità liquida
Neologismi (2008) 

Comunità liquida loc. s.le f. Comunità sociale e politica caratterizzata da una struttura e da un ordinamento variabili, con regole in costante evoluzione. ◆ La «presidenzializzazione» delle democrazie parlamentari, la personalizzazione del «premierato di comando» sono fenomeni che possono non piacere. Ma ci sono già, inevitabili, negli sviluppi socio-politici delle nostre comunità «liquide» e nelle stesse necessità di autonomia del governo nei processi decisionali dell’Unione europea. (Andrea Manzella, Repubblica, 8 febbraio 2005, p. 17, Commenti).
Composto dal s. f. comunità e dall’agg. liquido, ricalcando l’espressione ingl. liquid community, sul modello di liquid society.

Da treccani.it
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