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Autore Discussione: ARCURI, UN FALLIMENTO. SERVE L’ESERCITO PER ORGANIZZARE LA LOGISTICA SANITARIA  (Letto 9024 volte)
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« inserito:: Novembre 17, 2020, 02:12:43 pm »

Il biologo Erico Bucci conferma l’analisi dell’Avanti! che chiede un cambio
nella guida dell’emergenza dal Consiglio Supremo di Difesa e Sicurezza
 
ARCURI, UN FALLIMENTO. SERVE L’ESERCITO PER ORGANIZZARE LA LOGISTICA SANITARIA

 
Di Stefano Carluccio

Rivolgendosi al Presidente Mattarella il 27 ottobre scorso, Claudio Martelli, direttore dell'Avanti! (Come riportiamo nel numero di questo mese) ha sollecitato che: “D’ora in poi il Consiglio Supremo della Difesa e Sicurezza accompagni e monitori, finché l’emergenza non sia finita, l’evolvere della situazione sanitaria e della sicurezza, i conflitti tra istituzioni e l’intensificarsi delle agitazioni sociali e di quelle strumentali. Il Paese, in questo momento più che mai, ha bisogno che la più alta Magistratura della Repubblica sia in campo attivando tutti gli strumenti di cui dispone e assicurando l’autorevolezza e l’imparzialità nella gestione della più grave crisi della storia repubblicana”.

Del Consiglio Supremo fa parte il Capo di Stato maggiore delle Forze Armate, oltre al presidente del Consiglio, i Ministri della sanità, dell’economia, degli interni e degli affari esteri. E’ l’unico Organo Costituzionale permanente per l’emergenza, coordina la Protezione civile, ed è presieduto dal Presidente della Repubblica.

I socialisti di Critica Sociale e dell’Avanti! hanno richiesto sin all’inizio della prima ondata e, a maggior ragione, al ritorno della seconda, giunta per inadempienza del governo e del CTS, che “si cambi marcia” nella conduzione dell’emergenza. In particolare sollecitando un ruolo diretto delle Forze Armate che hanno una catena di comando operativa autonoma e libera dalla paralizzante conflittualità di competenze politico-burocratiche tra Governo centrale e Regioni. Ed hanno il supporto di una ampia logistica internazionale che sarà assolutamente indispensabile per gestire la complessa organizzazione dell’urgente diffusione - e non semplice somministrazione -  del vaccino quando sarà disponibile.

Non siamo Cassandre. E’ di pochi giorni fa una analoga presa di posizione su Il Foglio del prof. Enrico Bucci che prevede “la più grande vaccinazione di massa della storia. Sarà molto simile a un’operazione militare. Solo che se gli Stati Uniti si stanno preparando al D-day come per lo sbarco in Normandia – da mesi i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) lavora a questo programma con il Dipartimento della salute e il Dipartimento della difesa e ha già delineato in diversi documenti tutte le fasi della strategia – l’Italia si sta organizzando come per la campagna di Russia, con il rischio concreto che cittadini e operatori sanitari si troveranno disorganizzati e mal equipaggiati come l’Armir”.

Il Prof. Bucci, dunque conferma e rafforza con nuovi argomenti l’insistenza con cui l’Avanti! ha chiesto e chiede una diretta assunzione di responsabilità del Consiglio Supremo guidato dal Presidente Mattarella. Non solo per la colpevole inerzia con cui è stata lasciata tornare la seconda ondata di epidemia, ignorando il Piano Crisanti che se adottato alla fine dell’estate - come dice il microbiologo - avrebbe persino offerto al nostro Paese un vantaggio in termini di fatturato, primo ad entrare, ma anche primo ad uscire dall’emergenza.
Non basta. L’inerzia del manico che tiene in pugno la situazione (Conte-Arcuri-Speranza-Cts) si mantiene impassibile: “Il 22 ottobre abbiamo scritto al commissario Arcuri, chiedendo l’organizzazione di un tavolo tecnico con tutta la filiera per programmare e monitorare la catena di approvvigionamento dei vaccini in sperimentazione. Finora non abbiamo avuto alcuna risposta”, rivela Pierluigi Petrone, presidente di Assoram, l’associazione della logistica farmaceutica.

Non resta che affidare l’operazione alle Forze Armate, sotto il coordinamento del Presidente Mattarella in sede di Consiglio Supremo.
E’ una decisione costituzionale, democratica e urgente. Di sua esclusiva responsabilità.
Parla Gustave Perna, generale dell’esercito americano, al vertice della logistica della US Army:
Siete pronti alla distribuzione se il vaccino viene approvato domani? - riporta Enrico Bucci sul Foglio da un’intervista alla televisione CBS.
“Sì, basta un semplice comando di ‘execute".
E se la distribuzione del vaccino non va secondo i piani, di chi sarà la colpa?
“Mia. Il discorso è chiuso. E’ abbastanza facile: mia. Mi ritengo personalmente responsabile al 100%”.

Un’operazione logistica senza precedenti. Milioni di dosi di un prodotto estremamente delicato viaggeranno per centinaia di chilometri sul continente europeo, attraverso porti, aeroporti o snodi ferroviari, per raggiungere ospedali, centri vaccinali e studi medici su tutto il territorio nazionale

Abbiamo detto: la più grande vaccinazione di massa della storia sarà molto simile a un’operazione militare. Ma per l’Italia sarà come la campagna di Russia.
Questo è più che un timore. Anzi una certezza, nello status quo in cui galleggia Arcuri: “Chi dai divani afferma che siamo impreparati e in ritardo non ha gli occhi onesti, non ha la mente libera e neppure la pazienza… Da ieri ci stiamo attrezzando”. Già, sempre “da ieri.. “.

Intanto nella strategia americana “Warp Speed” del generale Perna:

- la Biomedical advanced research and development authority (Barda) ha stipulato grossi contratti per fare scorta: centinaia di milioni di siringhe in arrivo entro dicembre 2020. Sono siringhe speciali di alta precisione per fiale multiple

- Inoltre, sempre la Barda si è occupata di aumentare la capacità produttiva nazionale: ha siglato un accordo con la BD (Becton Dickinson), uno dei più grandi produttori mondiali di dispositivi medici, che prevede un investimento pubblico da 42 milioni di dollari sui 70 totali per sviluppare lo stabilimento del Nebraska.

- A luglio, la stessa agenzia americana aveva siglato un accordo simile con un’altra azienda in Texas, la Retractable Technologies, per aumentare la capacità produttiva del 50% entro un anno.

- Alcuni paesi europei come Regno Unito, Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, così come Stati Uniti e Canada hanno già pronti i loro piani.

Ma per Arcuri, l’oggi è sempre “da ieri”.

E infatti ancora oggi il lavoro dei 15 esperti del gruppo di lavoro coordinato dal direttore generale della prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, appare davvero molto indietro: il piano che doveva essere già definito e presentato, deve ancora essere pensato.
Abbiamo ragione di temere, come sostiene Francesco Forte su questo numero dell’Avanti!, che il MES non sia stato richiesto perché il Piano sanitario per ottenere il finanziamento, semplicemente non ci sia.

Tuttavia la Cina ci sarà vicina nel settore farmaceutico nazionale, asse strategico inserito negli accordi della Via della Seta dal duo Conte-Di Maio.


da- Avanti del   17 novembre 2020


 

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« Risposta #1 inserito:: Novembre 18, 2020, 04:25:50 pm »

Approfondimento

Zone rosse, la mappa delle province che potrebbero cambiare colore
17 NOVEMBRE 2020

All’interno della stessa regione ci sono situazioni molto diverse. Per questo i governatori chiedono di riaprire alcune aree

DI MICHELE BOCCI
Una cosa è la provincia di Pavia, un'altra quella di Como. Nella prima c'è un Rt da zona gialla, 1,22, nella seconda da rossa: 1,93. È solo un esempio di quello che succede nelle Regioni, dove la situazione può cambiare anche di molto se si passa da una provincia all'altra. Verona (1,04) non è come Rovigo (1,64), Taranto (1,23) è diversa da Brindisi (1,85). A dirlo sono i dati sull'indice di contagio preparati per la Cabina di regia dalla fondazione Bruno Kessler di Trento, che dovrebbero servire alle amministrazioni locali per decidere se creare nel loro territorio zone rosse. Visto però che ormai la maggior parte delle Regioni e delle Province autonome (16 su 21) sono in zona arancione o appunto rossa, i numeri potrebbero essere usati per fare l'opposto, cioè attenuare le restrizioni dove le cose vanno un po' meglio. È quello che stanno chiedendo i governatori (per ora inascoltati) al Consiglio dei ministri.
I dati sono quelli del monitoraggio di venerdì scorso e prendono in considerazione l'Rt di circa due settimane prima. Se questo è compreso tra 1,25 e 1,5 la regione diventa arancione, se è superiore a 1,5 è rossa. Nella valutazione sulla zona entrerebbe anche il rischio, basato sui 21 indicatori che le Regioni vorrebbero modificare. Questo però adesso è alto ovunque (tranne che in Molise), e le decisioni si prendono in base all'Rt calcolato sui sintomatici.
Se l'indice di replicazione ha problemi a raccontare cosa succede in una Regione, perché è molto legato anche alla capacità di tracciare e fare i test, a livello provinciale è ancora più esposto ad errori. D'estate si considerava poco credibile nei territori troppo piccoli perché i positivi erano pochi. Con l'aumento dei casi è diventato un po' più affidabile.
In alcune Regioni rosse ci sono province che potrebbero essere in giallo o in arancione. Va ricordato che certe realtà, messe nella zona con più restrizioni nella prima settimana del nuovo sistema, nel frattempo sono un po' migliorate. Per questo, ad esempio, in Piemonte non c'è più nemmeno una provincia che meriterebbe il rosso. In Lombardia, dove l'Rt regionale in base all'ultimo monitoraggio è 1,46, sarebbero ancora da rosso Como, Bergamo, Brescia, Mantova, Monza e Brianza e Lecco. Le altre stanno sotto. In Toscana, diventata rossa all'ultimo monitoraggio per un Rt di 1,8, stanno sotto quel colore solo Pisa e Siena. In Campania, peggiorata sempre la settimana scorsa, invece non ci sono province sotto l'1,5. L'Abruzzo si è messa da sola in zona rossa e vede esclusivamente Pescara, potenzialmente, arancione. In Calabria sia Cosenza che Reggio sarebbero da arancione.

Da - https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/11/17/news/zone_rosse_la_mappa_delle_province_che_potrebbero_cambiare_colore-274794908/
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« Risposta #2 inserito:: Dicembre 01, 2020, 04:03:43 pm »


Più ci rendiamo consapevoli dei nostri problemi Regionali e Nazionali, grazie a Report, meno i furfanti ruba-salute e spesso ruba-vita, ci fregheranno il presente e il futuro.

ciaooo

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« Risposta #3 inserito:: Dicembre 02, 2020, 03:23:27 pm »

Gino Strada: “Datemi un ospedale da riaprire. In Calabria troppi errori” | Rep

Posta in arrivo

ggiannig <ggianni41@gmail.com>
09:30 (5 ore fa)
a me

https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/12/01/news/gino_strada_datemi_un_ospedale_da_riaprire_in_calabria_troppi_errori_-276643473/
 
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« Risposta #4 inserito:: Dicembre 23, 2020, 03:16:37 pm »

Covid, in Italia 112 morti ogni 100mila abitanti: è il dato peggiore tra i 20 Paesi più colpiti dal coronavirus

Secondo i dati della Johns Hopkins University, l’Italia ha 112,35 morti ogni 100 mila abitanti: ed è prima, tra i 20 Paesi più colpiti dalla pandemia, seguita da Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti

Di Redazione Online

L’Italia è — tra i 20 Paesi più colpiti al mondo dalla pandemia — la nazione dove il Covid ha ucciso di più in relazione al numero degli abitanti, secondo i dati della Johns Hopkins University.
Stando al database dell’università statunitense, tra i 20 Paesi più colpiti dagli effetti del coronavirus Sars-CoV-2, in Italia risultano 112,35 decessi ogni 100 mila abitanti. Seguono Spagna (104,71), Gran Bretagna (100,23) e Stati Uniti (95,85). I dati spagnoli sono oggetto di polemica, dopo che l’Ine — l’Istituto nazionale di statistica spagnolo — ha ridefinito la portata della pandemia nel Paese, parlando di 76mila e non 47 mila morti. Il governo iberico non ha però mai adottato questa stima, che dunque non si riflette nella classifica qui sotto.
Covid, in Italia 112 morti ogni 100mila abitanti: è il dato peggiore tra i 20 Paesi più colpiti dal coronavirus
L’Italia risulta invece terza al mondo, sempre tra i 20 Paesi più colpiti, per il numero di morti rispetto ai contagiati dal coronavirus Sars-CoV-2 (3,5%): davanti ha Iran (4,7%) e Messico (9%). Al quarto posto il Regno Unito (3,4%), seguito da Indonesia (3%) e Spagna (2,7%).

Se si allarga lo sguardo, conteggiando non solo i Paesi più colpiti ma tutti i Paesi nel database dell’università, l’Italia è quarta al mondo per numero di morti per 100 mila abitanti: peggio fanno la Repubblica di San Marino (prima con 162,79 morti ogni 100 mila abitanti), il Belgio (161,57) e il Perù (115,22). Il dato relativo a San Marino è però statisticamente poco significativo, viste le dimensioni totali della popolazione del Titano (dove i morti per Covid sono in tutto 55).

Stando ai dati dell’ateneo, ritenuto sin dall’inizio della pandemia tra le fonti più affidabili di dati, nel mondo i decessi per coronavirus sono pari a 1.674.840. In termini assoluti, al primo posto ci sono gli Usa con 313.588, seguiti dal Brasile con 185.650 e dall’India con 145.136. In tutta Europa, i decessi sono oltre 500 mila, 67.894 solo in Italia.
Durante la conferenza stampa di presentazione del «decreto Natale», il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha risposto a una domanda che si focalizzava sull’alto numero di decessi in Italia. «I morti restano una ferita aperta per tutti gli anni a venire», ha detto, prima di indicare alcune delle cause dietro a questo dato: «I decessi», ha spiegato, «dipendono da molti fattori. Abbiamo una popolazione molto anziana, la seconda al mondo dopo il Giappone. Le statistiche dicono che la morte colpisce chi ha delle co-morbilità.

E dipende anche dagli stili di vita. Con gli scienziati stiamo studiando le risposte, ma qui la politica si ferma e lascia spazio alla scienza».
Secondo quanto riportato dall’Istituto superiore di Sanità, nel suo report sui decessi in Italia (aggiornato al 9 dicembre 2020), l’età media dei pazienti deceduti e positivi a Sars-CoV-2 è 80 anni (l’età mediana è di 82), più alta di oltre 30 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione. Analizzando i dati di 5838 decessi, per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche, l’Istituto superiore di Sanità ha rilevato che il numero medio di patologie osservate nei pazienti morti di Covid è di 3,6: 182 pazienti (il 3,1% del campione) non presentavano altre patologie, 724 (12,4%) presentavano una patologia, 1077 (18,4%) ne presentavano 2 e 3855 (66,0%) presentavano 3 o più.

Come spiegato però qui, l’età media elevata non può spiegare, da sola, come mai ci siano così tanti morti in relazione alla popolazione in Italia. Marco Imarisio pochi giorni fa parlava del «disastro della medicina di base» e citava Roberto Bernabei, tra i più importanti geriatri nostrani: «Durante la canicola del 2003 ci fu una strage di anziani con le stesse patologie che vengono rese letali dal Covid-19. “Anche allora accadde una cosa tremenda: chi aveva una buona e continua assistenza domiciliare, ce la faceva. Chi non l’aveva, moriva. Se ne discusse molto, non cambiò nulla”». Non solo: l’Ispi suggerisce il paragone «con chi aveva sbagliato proprio tutto e oggi se la cava meglio di noi», come il Regno Unito: «A marzo, l’Italia ha inasprito le misure sei giorni prima del Regno Unito, che a parità di circolazione virale è arrivato ultimo. La media nazionale dei decessi al momento dei rispettivi lockdown è stata di 59 morti al giorno per noi, 140 per UK.

Alla fine della prima ondata, noi abbiamo avuto un picco di 800 morti al giorno, loro di 920, una media durata più della nostra. Invece a ottobre, per Londra e dintorni le nuove restrizioni sono scattate quando venivano registrati 120 morti ogni 24 ore. Dieci giorni prima dell’Italia, che ha adottato il sistema “a zone” quando ormai contavamo 350 decessi quotidiani. A parità di avanzata dell’infezione, oggi la curva britannica è più bassa della nostra, una media quotidiana di 460 persone scomparse contro le nostre 740. Carlo La Vecchia, docente di epidemiologia alla Statale di Milano calcola in venti giorni il tempo perduto. “Dal 10 al 30 ottobre ogni indice suggeriva di correre ai ripari, ma abbiamo dovuto attendere il Dpcm del 4 novembre. Ottobre è stato come febbraio durante la prima ondata. Gli stessi segnali. Allora non sapevamo, non avevamo capito. Questa volta sapevamo bene che agire subito era fondamentale”».

(In una prima versione di questo articolo, si indicava erroneamente l’Italia come il Paese con più alto numero di morti per 100mila abitanti, senza specificare che questo dato è vero solo se si considerano i 20 Paesi più colpiti in assoluto dalla pandemia)

19 dicembre 2020 (modifica il 19 dicembre 2020 | 20:20)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - https://www.corriere.it/salute/20_dicembre_19/covid-l-italia-prima-mondo-morti-ogni-100-mila-abitanti-dice-johns-hopkins-university-f6ad4a28-41e7-11eb-a986-08f3985f4b5a.shtml?utm_source=piano&utm_medium=email&utm_campaign=5555&pnespid=g_k1rPVYFBKNehnuwaFK072vH60y3OBZ5g4j24x_
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« Risposta #5 inserito:: Marzo 07, 2021, 07:02:13 pm »

Vaccini: campagna porta a porta e ordini di priorità uguali in tutte le Regioni | Rep

Posta in arrivo

Arlecchino Euristico
6 mar 2021, 19:08 (23 ore fa)
a me

https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2021/03/05/news/campagna_porta_a_porta_e_ordine_di_priorita_uguale_in_tutte_le_regioni-290547548/

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