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Autore Discussione: Felicia Masocco - Damiano: cambiare i contratti per aumentare i salari  (Letto 2358 volte)
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« inserito:: Dicembre 25, 2007, 07:23:04 pm »

Damiano: cambiare i contratti per aumentare i salari

Felicia Masocco


Più soldi in busta paga riformando i contratti. Oltre al fisco il governo intende usare questa leva per frenare l´impoverimento dei redditi da lavoro dipendente. «Si deve fare una manutenzione del protocollo del ‘93 - afferma il ministro del Lavoro, Cesare Damiano - il governo va coinvolto». Scadenza triennale, estensione della contrattazione decentrata legata la produttività, mantenimento del ruolo del contratto nazionale che dovrà recuperare l´inflazione e definire norme e diritti. Il ministro ha un «orientamento» preciso, ma guai a chiamarlo bozza. Determinato a farlo valere in sede di concertazione perché, dice, «il governo non è ufficiale pagatore di decisioni altrui», Damiano auspica che Cgil, Cisl e Uil e Confindustria vincano «le resistenze residue» e trovino un accordo.

La questione salariale è arrivata al pettine ed è tra le priorità del governo. Quali sono i terreni di intervento?

«Il protocollo del 23 luglio scorso dà risposte importanti per lo stato sociale e la competitività. Si tratta di proseguire sulla strada tracciata per affrontare argomenti fondamentali come il potere d´acquisto delle retribuzioni e delle pensioni, e l´azione legislativa a tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro».

In concreto, quali misure si prenderanno?

«Le leve sono i contratti e il fisco. Per i contratti penso che si debba fare una manutenzione del protocollo del ‘93 che ha definito il modello. Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno avviato un confronto ed è positivo. Ma il governo va coinvolto».

Perché? Non è materia interconfederale?

«Perché ci sono alcune buone ragioni. Innanzitutto se vogliamo ritoccare il ‘93 dobbiamo sapere che si trattò di un confronto triangolare che coinvolse il governo. In secondo luogo c´è bisogno di un modello contrattuale omogeneo tra lavoro privato e pubblico per non avere disparità di trattamento e per questo il ruolo del governo è obbligatorio. Terzo, se una delle leve è quella fiscale, non si può pensare che il governo svolga l´azione dell´ufficiale pagatore di decisioni altrui».

Lei parla di ritocchi, e non di riforma dei contratti. A cosa pensa?

«Si deve intervenire sulla scadenza dei contratti. Attualmente hanno scadenza quadriennale e ogni due anni c´è un aggiustamento retributivo. Penso che in tempi di bassa inflazione sia preferibile tornare al triennio, sia per la normativa che per la retribuzione. Ritengo inutile avere rinnovi cadenzati nei due anni e ritardi medi fisiologici che ormai superano i 12 mesi, con punte di due, tre anni. Quindi il ritorno alla cadenza triennale è un elemento di semplificazione e può stimolare l´estensione della contrattazione aziendale o territoriale che, del resto, abbiamo già incentivato con il pacchetto-Welfare».

Contratti triennali, contratti aziendali o territoriali: più volte Cgil, Cisl e Uil, tra di loro e con Confindustria hanno provato ad affrontare la questione e hanno fallito per diversità di vedute. Non teme tempi lunghi?

«La ripresa di confronto tra sindacato e imprese sta andando nella direzione positiva. Direi che non dovrebbero più esserci incertezze circa la necessità di estendere la contrattazione decentrata legata alla produttività. La strada è già stata imboccata con il pacchetto-Welfare, dovremmo essere più vicini alla meta, e superare eventuali resistenze residue. Credo che sia una strada obbligata che tra l´altro porta vantaggi al lavoratore e alle imprese. Per i lavoratore significa aggiungere salario aziendale o territoriale al salario nazionale e, in base al protocollo di luglio, questa contribuzione si può trasformare in pensione. Prima non era così».

Qual è la sorte del contratto nazionale?

«Non ne prevedo un depotenziamento. Svolge la funzione fondamentale di recuperare la perdita di potere d´acquisto che deriva dall´inflazione reale, e definisce le norme sui diritti, l´orario, l´inquadramento. Quest´ultima parte, quella normativa, può essere pagata con una quota di produttività. Ma non c´è dubbio che va potenziata la risorsa retributiva che deriva dal contratto decentrato».

Pare di capire che mentre sindacato e imprese cercano l´accordo, la bozza Damiano sia già pronta...

«Il mio è un orientamento, sono argomenti che sostengo da almeno dieci anni».

Che altro c´è nel suo orientamento?

«Aggiungerei che dovremmo garantire una sostanziale corrispondenza tra inflazione programmata e reale, e un rinnovo dei contratti alla loro scadenza naturale perché basta il ritardo di un anno per perdere un punto percentuale di retribuzione. Per un rinnovo nei tempi giusti le piattaforme potrebbero essere presentate non 3 mesi prima della scadenza, come accade oggi con relativa moratoria degli scioperi, ma 6 mesi, 9 mesi, un anno prima, per avere più tempo per l´approfondimento, la definizione del contratto e magari chiuderlo senza conflitto».

Questo è il versante contrattuale. Sul versante del fisco spuntano «piani». Lei che informazioni ha?

«È stato giusto affermare nella Finanziaria 2008 che il surplus di gettito derivante dalla lotta all´evasione fiscale e - aggiungerei - al lavoro nero, vada a diminuire la pressione fiscale sul lavoro dipendente».

In che modo? Con deduzioni, detrazioni, bonus, fiscal drag, aliquote...

«Andrà discusso con le parti sociali. Le misure possono essere diverse, si tratta di vedere quali adottare compatibilmente con le risorse a disposizione».

L´emergenza sicurezza. Che cosa c´è in cantiere?

«Le leggi ci sono, sono avanzate e vanno applicate. Dell´ultima, la 123, undici articoli sono operativi, uno è in delega. L´8 gennaio avremo il coordinamento dei 15 gruppi di lavoro per l´attuazione della delega e l´11 gennaio l´incontro con le parti sociali sullo stesso argomento. Il 31 gennaio tireremo le somme. Inoltre in questi giorni il premier ha firmato due decreti della presidenza del Consiglio: uno prevede il rafforzamento del coordinamento delle attività di ispezioni, l´altro potenzia i controlli delle Asl che porteranno le ispezioni dalle 70 mila attuali a 250 mila nel 2008. Prevediamo infine di convocare le parti sociali per lanciare una grande campagna di attenzione sui temi della sicurezza. Ancora, pensiamo di fare una seconda conferenza nazionale dopo la prima che si è tenuta a Napoli all´inizio del 2007 (dopo ben otto anni dalla precedente) per un consuntivo delle attività».

Tornando al fisco, i sindacati temono che si tratti di un effetto annuncio. Sente si rassicurarli?

«Non sono abituato a rassicurare nessuno, sono più portato a inquietare perché non penso che sia giusto che la politica faccia delle promesse che non sa mantenere, però mi baso sui fatti. Ciò che Prodi ha detto sulla Finanziaria e sul protocollo sul Welfare ha trovato conferma, seppur tortuosa, nel recente voto del Senato. Sono certo che il tema del potere d´acquisto delle retribuzioni e delle pensioni sarà al centro dell´azione di governo. Ci batteremo perché avvenga».

Se ne parlerà nel prossimo consiglio dei ministri?

«Sono d´accordo con Prodi, deve essere oggetto di un programma d´azione del governo per il 2008. Ce ne occuperemo subito dopo le feste».

Coinciderà con la verifica di maggioranza. Ci sono fibrillazioni. Teme che - come già e stato con il Welfare - possano rallentare tutto?

«Il risultato del protocollo del Welfare è di straordinaria importanza per il Paese, si ampliano tutele sociali a vantaggio della parte più debole. L´approvazione non ha scavalcato l´accordo con le parti sociali e questo un grande successo raggiunto anche grazie ad una identità di vedute con il presidente del Consiglio. Mi auguro che dopo le polemiche il clima si rassereni e, anziché far prevalere le bandiere di partito, si pensi all´interesse di pensionati, lavoratori e giovani».



Pubblicato il: 24.12.07
Modificato il: 24.12.07 alle ore 15.19   
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