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Autore Discussione: MAURO BARBERIS - Come superare i conflitti Stato-Regioni e vivere sani  (Letto 2808 volte)
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« inserito:: Novembre 07, 2020, 09:18:30 pm »

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di MicroMega


MAURO BARBERIS - Come superare i conflitti Stato-Regioni e vivere sani

Durante la prima ondata della pandemia, la struttura regionale dello Stato italiano è stata percepita quasi esclusivamente come un motivo di confusione e inefficienza. Ancor oggi, l’informazione non trova niente di più piccante da sparare in prima pagina che i conflitti fra Stato e Regioni: come l’ultimo, plateale, fra la ministra dell’istruzione Azzolina e il presidente della Regione Campania, De Luca. Il secondo ha chiuso le scuole della propria regione, benché l’istruzione sia di competenza nazionale, ma per ragioni di sanità, materia di competenza regionale. Più volte conflitti del genere sono finiti dinanzi ai tribunali amministrativi, che talvolta hanno dato ragione allo Stato, più raramente alla Regione interessata. Può darsi che succeda anche stavolta, ma il problema, comune a Stati federali come la Germania, resta: come combattere le emergenze senza dividersi?
Giunti alla seconda ondata della pandemia, d’altra parte, nella stessa opinione pubblica ha cominciato a farsi strada la consapevolezza delle ragioni profonde del regionalismo. Già durante il lockdown di primavera, in effetti, molti hanno capito che non aveva senso trattare allo stesso modo le regioni del nord, dove il virus impazzava, e quelle del sud, dove era quasi assente: e che adesso il Covid sia diffuso trasversalmente, a macchia di leopardo, non cambia l’esigenza di trattare diversamente situazioni differenti. Come se non bastasse, l’emergenza sembra aver spiazzato definitivamente almeno un organo dello Stato un tempo centrale, il Parlamento: divenuto, nei casi migliori, un organo di controllo delle decisioni del governo, nei peggiori, una cassa di risonanza della litigiosità dei partiti. Adesso ci manca solo che si blocchi pure lui per il Covid, e il governo rischia di restare padrone del campo, sottratto anche al minimo controllo parlamentare.
È probabilmente a questa disaffezione per la democrazia parlamentare che si devono l’esito, scontato, del referendum per tagliare il numero dei parlamentari, ma anche i risultati di un recente sondaggio di Ipsos Italia, per conto di Astrid e della Fondazione per la Sussidiarietà, che da un lato lamenta l’inefficienza del nostro sistema democratico, dall’altro mostra un favore plebiscitario – da parte di quasi l’80% degli intervistati – per la democrazia diretta. Non sfuggirà a nessuno che, apparentemente, i due risultati sono in conflitto fra loro: come si può volere, insieme, più efficienza e più democrazia diretta? S’immagini solo cosa succederebbe se ogni decisione anti-Covid dovesse essere presa per referendum, coinvolgendo tutti gli interessati.
In realtà, ciò per cui gli intervistati mostrano di simpatizzare, probabilmente, non è la democrazia diretta, la cui inefficienza è nota a chiunque abbia partecipato anche una sola volta a un’assemblea di condominio, ma proprio il regionalismo. Se questi mesi di emergenza ci hanno insegnato qualcosa, in altri termini, è che le decisioni riguardanti solo una parte del territorio nazionale devono essere prese da autorità più vicine agli interessati e alle situazioni locali: in particolare dai presidenti delle Regioni, resi sin troppo popolari, proprio come il Presidente del Consiglio, dal loro attivismo anti-Covid, e di fatto riconfermati, più o meno entusiasticamente, dalle recenti elezioni regionali. In certi casi, come quello campano, si tratta di un’autentica sindrome di Stoccolma, la simpatia che s’insinua nella vittima per il proprio carceriere: ma questo è il mood in cui versa il paese, e bisogna tenerne conto.
Insomma: la gente dei sondaggi – questo surrogato più plausibile del “popolo” populista – non chiede certo che si moltiplichino i centri di decisione e le occasioni di scontro, ma una cosa molto più semplice: che i responsabili, statali e regionali, si mettano una buona volta d’accordo. Ora, mentre tutti i tentativi di coinvolgimento dei leader dell’opposizione nella gestione della pandemia sono sinora falliti miseramente – che aiuto può venire, infatti, da chi è in campagna elettorale permanente? – un qualche coordinamento è stato assicurato dalla Conferenza Stato-Regioni: organo che ha assunto un ruolo tale da far parlare, impropriamente, di una terza camera del Parlamento.
Può darsi che questo segnali la necessità di trasformare davvero il Senato in una camera della Regioni meno abborracciata di quella proposta a suo tempo da Renzi: ma ci manca solo che, con tutti i problemi più urgenti che abbiamo, c’imbarchiamo anche in un’altra riforma costituzionale. Guardiamo alle cose come stanno: la presidenza della Conferenza, a dicembre, potrebbe passare da Stefano Bonaccini, esponente di un Pd che governa solo cinque regioni e che già faceva una politica favorevole al regionalismo differenziato, a Giovanni Toti, rappresentante, molto più dialogante dei vari Meloni e Salvini, di un centrodestra che comunque di regioni ne governa quindici. Altro che democrazia diretta, allora. L’unica soluzione, almeno sinché dura l’emergenza, non è fare un improbabile governo di salute pubblica, che si trasformerebbe presto in una gabbia di matti, ma usare sistematicamente la Conferenza Stato-Regioni. Che cioè governo e presidenti delle regioni, maggioranza e opposizione, usino quella sede per coordinare la loro azione anti-Covid. Poi gli elettori giudicheranno dell’efficienza, ma anche della lealtà della collaborazione di ognuno.
Mauro Barberis
(19 ottobre 2020)
Scritto lunedì, 19 ottobre, 2020 alle 09:31 nella categoria Mauro Barberis. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

2 commenti a “MAURO BARBERIS - Come superare i conflitti Stato-Regioni e vivere sani”
•  Maria Cristina scrive:
20 ottobre 2020 alle 03:39
Certo che se crediamo ai "sondaggi"... Avremmo la Clinton come Presidente US.
Ricordo un fatto che mi è capitato qualche mese fa e del quale ho giù parlato. Mese di luglio: treno veloce da Ancona a Bologna. In territorio marchigiano distanziamento: posti segnalati con il divieto di seduta; in territorio emiliano l' addetto si è affrettato a togliere i cartelli, liberi tutti. Evidentemente il virus risentiva dell'aria... romagnola.
A Rimini tutti i posti si sono riempiti. Nonostante l’Emilia avesse in quei giorni l’indice Rt più alto del Paese.
Tutti hanno parlato delle discoteche sarde, nessuno del caos nella Riviera Romagnola. Bonaccini, renziano della prima ora come la sua vice, che gode di ottima stampa perché destinato da tempo (Renziani hanno in mano il Paese: i suoi sono dovunque) ad un grande futuro, questa estate ha aperto la qualunque.
Siamo stati, in piena pandemia, la seconda regione per contagi: il Veneto, con più di 400.000 abitanti in più, ha fatto molto meglio di noi. Avete sentito parlarne ogni giorno ed in ogni momento come successo col Veneto e la Lombardia? Ma se lo fa lui, col piglio da "uomo forte" ed incazzoso (agli Italiani piacciono così, ben lo sappiamo dai pregressi...), nessuno fiata: "governa bene". E dato che sappiamo solo quello che ci dicono...
Altro che Regioni: siamo alle antiche Signorie. Evidentemente va bene così: a questo siamo abituati, e lassù lo sanno.

•  Tremendo scrive:
20 ottobre 2020 alle 11:24
nel frattempo ci hanno tolto il sistema sanitario. Per far posto al Covid sono stati sacrificati letti e reparti ospedalieri. Una follia. Non c'è solo il Covid. Ogni giorno in Italia muoiono altre 1000 persone per altre patologie. A livello mondiale sono circa 30 milioni gli interventi rimandati, per il coronavirus che secondo l’OMS ha una mortalità sullo 0,3%…

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