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Autore Discussione: Ue, Se torna la parola umanità  (Letto 5564 volte)
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« inserito:: Settembre 17, 2020, 11:12:13 am »

Ue, Se torna la parola umanità | Rep

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>

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https://rep.repubblica.it/pwa/editoriale/2020/09/16/news/ue_von_der_leyen_migranti_recovery_fund-267554250/
 
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 08, 2020, 12:28:20 pm »

I migranti tra orrori libici e compromessi europei, il meteorite di Wojtyla e altre storie - Corriere.it

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Arlecchino Euristico
sab 3 ott, 15:22 (5 giorni fa)
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https://www.corriere.it/rassegna-stampa/2020/09/25/i-migranti-orrori-libici-compromessi-europei-meteorite-wojtyla-altre-storie-e9ee7e8e-fda3-11ea-a13a-1a7326323030.shtml

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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 10, 2020, 01:02:45 pm »

Sono fondamentali gli strumenti di comunicazione.
Le maggiori intelligenze, la Von der Lyen è certamente fra queste, cercano di costruire un futuro migliore per tutti, ma non si può aspettare solo che la scuola e le università rendano cittadini migliori.

E' una cultura che si deve diffondere subito e che non si può veicolare solo con gli slogan.

Servono luoghi di discussione in piazze fisiche ed anche non fisiche.

Serve aiutare la diffusione di cultura e non di battute "efficaci".

Constato come i meme sui social hanno un successo sconosciuto alle riflessioni, questo è un pericolo qualsiasi sia il messaggio.
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Arturo Infante detto Darwin detto Mac
arturo.infante@tin.it
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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 22, 2020, 12:04:07 am »


L'aria inquinata uccide mezzo milione di bambini all'anno in tutto il mondo | Ambiente | Il guardiano

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
mer 21 ott, 09:24 (14 ore fa)
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https://www.theguardian.com/environment/2020/oct/21/polluted-air-killing-half-a-million-babies-a-year-across-globe
 
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« Risposta #4 inserito:: Novembre 11, 2020, 11:04:29 am »

Attenzione! Perché dobbiamo accettare l'era dell'incertezza - la Repubblica

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
09:30 (1 ora fa)
a me

https://www.repubblica.it/economia/2020/10/28/news/attenzione_incertezza-272106159/
 
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« Risposta #5 inserito:: Dicembre 23, 2020, 07:30:40 pm »


Anita va veloce. Sulla sua carrozzina

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Scusi, Lei - La Repubblica Annulla iscrizione
12:57 (6 ore fa)
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da Scusi, Lei - La Repubblica

Scusi, Lei - Pane, rose e gender gap
23 Dicembre 2020

Anita va veloce. Sulla sua carrozzina

Cara abbonata, caro abbonato,

eccoci ancora assieme con un nuovo numero della newsletter sul gender gap che, se vorrai, troverai ogni giovedì nella tua mail. Una newsletter che fa parte dell'abbonamento digitale a Repubblica (per iscriversi qui il link).

---

Scusi lei vi saluta per una settimana, torniamo nella vostra casella mail il 7 gennaio. Buone feste e, soprattutto, buon nuovo anno a tutte e tutti.

Buona lettura,

Oriana Liso

 
“Donna e disabile: ci sono volte che alle riunioni sono l’unica con tutti uomini, e a quel punto è mansplaining multiplo. Se già a una donna gliela spiegano due volte, con me lo fanno almeno tre”. Anita Pallara ha 31 anni, da settembre scorso è la presidente di Famiglie Sma, la principale associazione in Italia che rappresenta chi è affetto da una malattia rara, ma non rarissima: la Sma, appunto, l’atrofia muscolare spinale, una patologia neuromuscolare che oggi riguarda circa 3 mila persone in Italia. “Quando avevo sette mesi i miei genitori si sono resi conto che le tappe del mio sviluppo motorio non erano come quelle degli altri bambini, così è iniziato il pellegrinaggio negli ospedali: all’epoca si sapeva molto poco della Sma, ma la diagnosi arrivò, e molto negativa: l’aspettativa di vita che mi fu data era di 7, 8 anni”.

 
Anita è la donna che ho scelto per raccontare questo 2020 quando manca una settimana alla sua fine e sui giornali, in tv, sui social si parla di Natale, di quante persone potremo mettere a tavola per il pranzo, di quanto ci si potrà muovere e chi si potrà andare a trovare. L’ho scelta (e ci diamo del tu perché seguo da anni i suoi racconti) perché Anita, che da quasi trent’anni vive su una carrozzina elettronica – “La mia macchinina: quando avevo tre anni i miei genitori fecero una battaglia legale per farmela avere” – e questo non le ha mai impedito di viaggiare, studiare, lavorare, sa bene cosa vuol dire dover fare attenzione a ogni minimo rischio. “Sorrido ma mi incazzo anche quando leggo di genitori che protestano perché i loro bambini devono tenere la mascherina in classe o devono stare distanziati: buongiorno a tutti, vi comunico che c’è chi da sempre e ogni giorno deve avere queste e altre mille attenzioni”.

 
Allora, chi è Anita Pallara?

“Sono nata a Bari, ho 31 anni, sono figlia unica. Per sette anni sono stata nel consiglio direttivo di Famiglie Sma occupandomi della parte comunicazione e fundraising, da settembre a questo impegno affianco quello della presidenza”.

A sette mesi, dicevi, i tuoi genitori hanno capito che c’era qualcosa che non tornava nei tuoi movimenti.

“Per loro è stato un momento complicato, parliamo di trent’anni fa e non solo la ricerca ma anche la società erano indietro. Ma loro mi hanno sempre cresciuta insegnandomi a puntare su quello che avevo e non su quello che mi mancava”.

Quando hai avuto la percezione della tua diversità? O meglio: se ti chiedo se ti sentivi una ‘bambina diversa’ lo trovi offensivo?

“In realtà no, perché diverso non vuol dire più fragile, o più debole, posto che la fragilità non è comunque una cosa negativa. Che i miei muscoli siano diversi da quelli degli altri però è un dato di fatto. Intorno ai cinque anni ricordo che mi chiedevo perché gli altri bambini giocavano e saltavano e io no, mia madre dice che la prima domanda sfacciata gliel’ho fatta quando ne avevo due: “Mamma, ma quando cammino io?”. Non mi hanno mai raccontato bugie, mi hanno sempre detto la verità come si può dire a una bambina: i miei muscoletti erano deboli, e come ci sono bambini che non vedono, o che non hanno la mamma, io non potevo camminare. E’ questa la diversità”.

Una diversità che ti ha portato a episodi di bullismo, discriminazione?

“Sono stata molto fortunata, in realtà. Adesso per il Covid si fa la didattica a distanza, io la facevo negli anni Novanta: non potevo raffreddarmi perché per me sarebbe stato un problema serio, quindi i mesi invernali studiavo a casa con l’insegnante di sostegno, quelli estivi andavo a scuola. Alle medie, tra la ricerca scientifica che migliorava e il mio organismo che si rafforzava, sono andata a scuola come tutti, e così anche al liceo. Dove mi sono molto divertita, ero la casinista del mio gruppo. Il bullismo e le discriminazioni? Non ci sono solo quelle estreme, violente, che arrivano nelle cronache. Ma per me le offese peggiori sono arrivate dagli adulti, magari insegnanti, che mi dicevano “Anita lascia stare, tu questo non puoi farlo”. Perché se ai bambini insegni la normalità della disabilità non vedono le differenze: io non potevo tenere in mano i pennarelli? Un compagno o una compagna mi aiutavano, per loro era normale”.

Per lavoro in questi anni hai viaggiato sempre, da Bari a Milano e Roma soprattutto. Adesso che non si può farlo per il coronavirus?

“Nel primo lockdown mi è mancato molto, per me viaggiare è anche una delle mie forme di libertà. Quando in estate è stato nuovamente possibile muoversi mi facevano molto sorridere le lamentele di chi diceva che era difficile pianificare un viaggio: ma dai, davvero? Chi ha la Sma deve sempre pianificare tutto in anticipo, anche andare al ristorante o al cinema, perché devi assicurarti che ci sia posto, che siano attrezzati per la carrozzina, che non ci siano barriere architettoniche…Dubito fortemente, purtroppo, che questa situazione ci insegnerà qualcosa: ma almeno spero che tante persone capiscano che per tanti altri pianificare è la normalità. E non è la fine del mondo”.

 
Difficile capirlo, vero?

“Io sono nelle categorie a rischio, vuol dire che i comportamenti sbagliati degli altri hanno un grandissimo peso per la mia salute. Ma, come tutti i bambini e le persone con la Sma, sono più abituata, preparata”.

 
Anita, in questa newsletter si parla di gender gap. Tu hai un ruolo direttivo in una associazione, viaggi per lavoro, ti confronti con tantissime persone: qual è la tua esperienza?

“Sai, nel mondo del sociale le donne nei ruoli di vertice sono meno un’eccezione, forse perché sociale uguale cura uguale donna, e nella mia esperienza aggiungo che lavorare assieme tra donne è bello, è possibile, e lo sappiamo fare. Ma anche qui nei tavoli decisionali alla fine ci sono gli uomini. Che te la spiegano sempre, e figurati a me che sono anche disabile. Se devo però fare il podio allora discriminazione come donna batte discriminazione come disabile”.

 
Disabilità e sesso. Se ne parla ancora troppo poco?

“Facciamo ‘forse non tutti sanno che’. Allora: in generale le persone affette da Sma possono avere figli, ci sono tante donne che ne hanno. Sul tema della disabilità e del sesso in Italia iniziamo a parlarne da troppo poco tempo e ancora in modo morboso. O peggio: c’è ancora chi pensa che siamo angeli asessuati. Per le donne disabili è un tabù doppio parlarne. Ma penso anche che se una persona non solo viene messa, ma si mette in condizione di poter vivere interagendo con gli altri in maniera più possibile completa, allora tutti i discorsi morbosi cadono”.


E tu? Hai mai desiderato figli, matrimonio?

“A 31 anni posso dirlo con cognizione: non ho mai pensato di avere figli, ma non per la mia disabilità, ma perché – e per le donne è già complicato dirlo – il mio obiettivo principale è sempre stata la carriera, per costruirmi una solida indipendenza anche economica. Il “dopo di noi” è un problema serio, io ho attorno una rete bella e grande che va anche oltre i miei genitori, ma so che devo pensare a costruirmi un futuro solido. Il mio impegno con le Famiglie Sma durerà sempre, ma il mio lavoro è la comunicazione: quattro anni fa sono stata assunta da un’agenzia a Milano, la routine non mi faceva impazzire e mi sono licenziata. Ma il mio desiderio è lavorare in questo ambito. E magari aprire una mia agenzia di comunicazione”.

 
Natale, Anita. Tra calcoli su quante persone possono sedersi a tavola e chi si può invitare, tu cosa farai?

“Natale con mio padre, mia madre e il mio cane. Vorremmo avere a casa anche mia nonna, ma nel caso faremo tutti un tampone all’ultimo momento perché per me il Covid è un rischio troppo alto, ed è così democratico che colpisce tutti. Ricordiamocelo”.
Me lo segno

 
I consigli di lettura scelti per voi questa settimana:

Anche Milena Anfosso va veloce. E’ una ellenista specializzata nei rapporti sociolinguistici tra antichi greci e popolazioni anatoliche e ricercatrice per Harvard. Ma a Repubblica racconta il suo primo esame di latino all’Università di Torino e le parole che le rivolse il docente che la esaminava: “A vederla così, ‘sta ragazzetta con i capelli platino, le avrei dato 21 o 22. Invece di cose ne sa e mi tocca darle pure la lode”. I pregiudizi ci sono sempre, eccome. Ma che soddisfazione batterli così.
 
Recovery Plan e le sue mancanze, capitolo mille. Della mancanza di politiche economiche di genere nelle linee guida che il governo italiano ha preparato per l’uso dei fondi europei dell’emergenza coronavirus abbiamo scritto spesso. Adesso un gruppo di 73 parlamentari di diversi partiti, radunate nell’intergruppo per le Donne, i diritti e le pari opportunità coordinato dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini, chiede con una lettera aperta al presidente Conte di verificare insieme come i fondi di Next Generation Eu saranno utilizzati: “Le cifre sulla suddivisione delle risorse che abbiamo visto circolare in questi giorni ci hanno preoccupato, dal momento che alla parità di genere sarebbero riservati appena 4,2 miliardi di euro, pari al 2 per cento dei fondi spettanti all’Italia. Una quota irrilevante, se non accompagnata da garanzie sull’introduzione di quegli ‘obblighi in materia di integrazione della dimensione di genere e impatto di genere’ auspicati dal Parlamento europeo”. Riusciranno le nostre eroine eccetera eccetera? Lo sapremo, forse, con il nuovo anno. Auguri a tutte e tutti, ci rileggiamo a gennaio.
Per questa settimana è tutto, grazie per la vostra attenzione.

 

La newsletter Scusi, Lei torna il 7 gennaio.

Per suggerimenti, storie e riflessioni scrivete a o.liso@repubblica.it

e a @Orialiso


Grazie,

Oriana Liso

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