LA-U dell'OLIVO
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Autore Discussione: La morte sociale  (Letto 7977 volte)
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« inserito:: Agosto 14, 2020, 02:14:14 pm »

Se con quei ragazzi muore un paese | Rep

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A-LAU-NUOVA da news
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Arlecchino Batocio

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https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/08/12/news/se_con_quei_ragazzi_muore_un_paese-264520118/

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« Ultima modifica: Settembre 26, 2020, 05:36:29 pm da Admin » Registrato

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« Risposta #1 inserito:: Agosto 27, 2020, 11:24:49 am »

Terremoti sull’Appennino, lo studio pubblicato su Science: c'è legame con presenza di CO2 nelle falde

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>

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https://tg24.sky.it/scienze/2020/08/26/terremoto-appennino-co2-falde
 
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« Risposta #2 inserito:: Agosto 29, 2020, 04:33:29 pm »

Ebru, l’avvocata morta dopo 238 giorni di sciopero della fame | Rep

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>

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« Risposta #3 inserito:: Settembre 22, 2020, 09:13:13 pm »


La telefonata che non farò

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
10:04 (11 ore fa)
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Suo padre avrebbe compiuto 80 anni ma a dicembre il virus che ancora era un agente patogeno sconosciuto,  lo ha ucciso. E ora ci sono parole che sono rimaste sospese e altre che si vorrebbero ripetere all'infinito. Così Alessandro ha immaginato di scriv

https://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2020/09/22/la-telefonata-che-non-faro/
 
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« Risposta #4 inserito:: Settembre 26, 2020, 05:34:19 pm »

Le carezze di mio fratello

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
gio 24 set, 09:23 (2 giorni fa)
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Disabile grave fin dalla nascita, ricoverato in una struttura protetta, è restato senza visite per sei mesi. Ma quando il lockdown è terminato e la sorella, con sua madre, è riuscita ad andare a trovarlo si è resa conto che a ricordarle di essere feli

https://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2020/09/24/le-carezze-di-mio-fratello/
 
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« Risposta #5 inserito:: Settembre 27, 2020, 03:26:54 pm »

È stato ritrovato il corpo del sottoufficiale della Guardia Costiera disperso in Sicilia

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Arlecchino Euristico
   
11:07 (4 ore fa)
   
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Il quarantunenne si era lanciato nel mare in burrasca per soccorrere un ragazzino che rischiava di annegare a Milazzo ma era scomparso tra i flutti -

https://www.agi.it/cronaca/news/2020-09-27/morto-ufficiale-guardia-costiera-disperso-9775921/

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« Risposta #6 inserito:: Luglio 29, 2021, 03:51:21 pm »

La morte sociale
Published on 5 febbraio 2021 Author: admin

Mauro Serio conversa con noi nella rubrica” Il morire in sociologia” sulla invalidazione dell’essere umano di funzionare in termini sociali.

Ma non esiste una statistica che misura con precisione il numero di esseri umani che affrontano morte sociale. I “socialmente morti” sono un crescente sezione della popolazione. I loro cuori battono ancora, i loro polmoni respirano ancora, quindi tecnicamente e fisicamente sono ancora vivi. Ma questo non è vivere come tale – è pura esistenza.
La morte sociale è la degradazione e l’eventuale cessazione della capacità di funzionare come essere sociale. Succede quando sei separato dal resto dell’umanità. Il senso di appartenenza a un gruppo, cultura o luogo svanisce e alla fine scompare sotto la pressione delle circostanze, mentre i ruoli nella vita, come quelli associati all’occupazione, alla famiglia e alla comunità, sono infranti. È una realtà affrontata da molti che vivono una profonda povertà, malattie croniche, senzatetto, demenza avanzata e migrazione forzata. E per sua stessa natura, è una realtà ampiamente ignorata. (Perché abbiamo bisogno di trovare una cura per la morte sociale- Jana Králová, Università di Bath)
Comunità vuol dire tante comunità. Vuol dire comunità di comunità. La comunità perfetta è utopica, non esiste e non può esistere. Assomiglia troppo al Regno di Dio. Dunque, è una meta, un traguardo, una misura infinita con cui misurare la comunità che abbiamo e che creiamo nella nostra vita.
Ma il nostro problema è non avere comunità. Non essere comunità. Avere, da secoli, messo ai margini, se non distrutto, la comunità, immaginandola come un peso e una zavorra. A tutti pensa lo Stato, a me ci penso io.
Certo, poi sì vanno bene le manifestazioni di resilienza, ai balconi, nelle riunioni ai cellulari, ma curerei molto la creatività pubblica per alzare il morale delle truppe e di tutti. Non lavorerei solo sullo Stato di polizia, le multe, le paure, le repressioni, gracchianti auto che urlano “state a casa!”, ma punterei soprattutto sullo Stato di Poesia della mia comunità. Quanta dose di bellezza, sorpresa, speranza, sorriso, illuminazione sta circolando o dovrebbe circolare tra i cittadini. E creatori e protagonisti di questa opera di aria aperta tra i rinchiusi in casa devono essere tutti, dai bambini agli anziani. Dalle associazioni alle istituzioni.
Più bellezza e poesia possibile. Non solo via social, ma nell’aria. Per le strade vuote. Nelle sere silenti. Contro il virus della morte sociale, la solitudine, la depressione e le sofferenze e le insofferenze di chi sta chiuso in casa la cura migliore è sempre quella: creare bellezza ovunque e comunque. E la bellezza più bella e la cura più efficace è creare comunità. (Creare comunità contro la morte sociale – Claudio Bernardi
Categories: "Il morire" in sociologia, News Tags: La morte sociale
Da - http://www.unosguardoalcielo.com/la-morte-sociale/
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« Risposta #7 inserito:: Luglio 30, 2021, 03:23:04 pm »

RACCONTO

IL FUTURO DELL’ISTRUZIONE: ABOLIRE LA SCUOLA PUBBLICA, I BIMBI POVERI A ZAPPARE

HECTOR G. THERON
24 Luglio 2021

La Smangubria, minuscolo stato balcanico tra la Macedonia del Nord e la Bulgaria famoso per aver rilanciato l’economia ripristinando la schiavitù, in questi giorni è tornato a far parlare di sé con una riforma dell’istruzione che farà la storia: l’abolizione della scuola pubblica. Ma andiamo con ordine, in modo da illustrare in modo obiettivo e senza triti pregiudizi ideologici una legge che think-tank di rilievo globale come il Freedoom Tomorrow Institute e l’Istituto Falaride hanno definito «epocale: la Smangubria sta indicando la strada verso la libertà a tutte le nazioni dell’Occidente».

Com’è forse noto ai conoscitori di cose balcaniche (e nell’agosto 2005 persino la stampa di Trieste si interessò vagamente alla questione) in Smangubria per anni la scuola pubblica è stata bersagliata dalle aspre critiche di latifondisti, economisti dell’Università privata Liviu Mihiyluv, direttori di giornali, politici di destra, estrema destra, centrodestra, centro, centrosinistra. Anche la potente lobby dei tavernieri e degli osti soleva tuonare contro la scuola pubblica, «che priva di sguatteri, facchini e cameriere a bassissimo costo il nostro settore, strategico per l’economia smangubra».

Nonostante gli incessanti tagli dei fondi alla scuola, gli stipendi degli insegnanti ridicolmente bassi, le continue riforme scolastiche in contraddizione tra loro, gli edifici scolastici sempre più pericolanti e catapecchiosi, dagli anni ’90 in poi la scuola smangubra non è migliorata, anzi è costantemente peggiorata. «Com’è possibile che la scuola non migliori, a dispetto degli auspici di tutti? – scriveva nel 2005 Ferdu Mihiyluv, allora vice-presidente dell’Associazione dei feudatari della Smangubria – Un insegnante di matematica guadagna 86 garab [2,70 euro] l’ora, il doppio di un mio bracciante, e ha due mesi di ferie, quando io stesso posso concedermi solo dieci giorni alle Seychelles!»

Nel 2007 il Ministero dell’istruzione della Smangubria ha istituito i test nazionali AVULSI (Investigazija zu Valutazjuna Ubjiquie Livelu Školazia Ismangubrija), e da allora ha sempre destato enorme scandalo il fatto che gli studenti delle scuole di periferia e delle aree più povere del paese ottenessero risultati ogni anno peggiori, a differenza dei loro coetanei dei quartieri ricchi della capitale. «Com’è possibile che mio figlio, che è un ragazzo normalissimo, che va a scuola come tutti, che ha un solo precettore, e che d’estate fa appena un mese di corsi estivi di lingua inglese a Londra, sia un asso in matematica e parli perfettamente inglese, e il figlio del mio stalliere venga sempre bocciato?» dichiarava nel 2018 in una conferenza stampa il famoso politico, contrabbandiere di sidro e venditore di cavalli Oskar Blaiduviju.

Il 3 luglio 2021, dopo l’ennesimo shock nazionale a causa dei test AVULSI, il nuovo governo guidato dall’ex banchiere internazionale Franu Mihiyluv (nessuna parentela con il già citato Ferdu Mihiyluv) ha deciso di abolire la scuola pubblica. All’affollata conferenza stampa del 6 luglio Mihiyluv (che ha studiato nelle migliori università d’Europa e d’America) ha detto: «Com’è noto persino a voi giornalisti, ai tempi della Rivoluzione neolitica non c’erano scuole pubbliche, eppure l’umanità fu in grado di inventare l’agricoltura, ancora oggi il pilastro della prosperità della Smangubria. Andò alla scuola pubblica Temistocle, Alessandro, Carlo Magno o il “babbo della patria” Ariesti Mihiyluv? L’italo-smangubro Colombo dovette frequentare la scuola pubblica per scoprire l’America? Il grande architetto e contrabbandiere di sidro Ferdu Blaiduviju ebbe bisogno di andare a scuola per edificare, nel 1998, la città utopica di Prahgrad, di cui ancora oggi ammiriamo le rovine? No. Una buona scuola per tutti è un’utopia, e non serve. Perché far studiare al figlio di un bracciante il teorema di Pitagora, l’Amleto o il Discorso della Stalla di Ariesti Mihiyluv, quando la sola cosa che potrà fare nella vita sarà il bracciante? A che scopo riempire la testa di un bimbo povero dei versi della Smangubreide, se a lui tutte quelle allitterazioni, metonimie e similitudini non serviranno a nulla?»

In un’ineguagliata prova di coesione patriottica, il parlamento della Smangubria ha approvato a larghissima maggioranza la riforma; si è opposto solo il partito di estrema destra Aurora Smangubra, secondo il quale la soluzione dei problemi della Smangubria non è abolire la scuola pubblica, ma addestrare gli scolari alla guerra, in modo da fargli invadere la Macedonia del Nord, saccheggiarla e annetterla.

L’abolizione della scuola pubblica è stata accolta con entusiasmo dai signori feudali, dagli albergatori e dai tavernieri del paese. Le due principali voci dell’economia della Smangubria sono l’agricoltura e il turismo, e ambedue i settori non necessitano di lavoratori istruiti o colti. «Prima della riforma mi capitavano braccianti con la laurea in filosofia o storia, e che magari sapevano più parole di me! – ha dichiarato Ferdu Mihiyluv, presidente dell’Associazione dei feudatari della Smangubria (nessuna parentela con il premier) –. Spero che almeno i miei figli potranno avere braccianti, fittavoli e schiavi più ignoranti e idioti di loro, in modo da poterli tenere sotto controllo in modo più efficiente e meno time-consuming».

Quasi tutti i media della Smangubria hanno plaudito osannanti al genio pedagogico del premier, paragonandolo al “maestro delle paludi” Franu Garadeijnu, che nel 1901 passò sei mesi a insegnare la matematica e lo smangubro alle ragazze povere della Grande Palude di Jadaijska. Il giornale smangubro Papjr, molto letto dalla buona borghesia piaciona della capitale, ha paragonato Mihiyluv al primo re della Smangubria Franu IV, o al primo vescovo di Kapgrado Oskar lo Schizogene: «Il metodo Mihiyluv funziona, e zittisce passatisti e conservatori».

Grazie alla riforma tutti i bimbi poveri ambosessi, al compimento dei sei anni di età, saranno avviati ai campi a zappare in qualità di apprendisti schiavi, e nelle paludi a prendere ranocchie (la famosa alternanza lavoro nei campi-lavoro in palude). Ai bimbi ricchi invece saranno offerte le seguenti possibilità formative:

1)    Studiare in una scuola privata a spese dello Stato;
2)    Studiare all’estero in una scuola privata o pubblica a spese dello Stato;
3)    Studiare a casa con un precettore privato (home-schooling) a spese dello Stato;
4)    Non studiare mai e ottenere comunque, a 18 anni compiuti, l’accesso alla prestigiosa Università privata Liviu Mihiyluv, dove potranno laurearsi con tutta calma in teoria del dominio, scienze del mercato o metodologia dello schiavismo (gli insegnamenti di metodologia dello schiavismo, nuovissimo corso di laurea, saranno totalmente impartiti in inglese, e prevederanno stage presso i latifondi più importanti della Smangubria).

«Agli smangubri poveri non serve l’istruzione, gli basta un sano terrore verso i latifondisti e i concittadini più agiati – è stato il commento di Urko Mihiyluv, preside dell’Università Liviu Mihiyluv (il più prestigioso ateneo privato della Smangubria), e in nessun modo imparentato con gli altri Mihiyluv citati fuorché con Liviu, che era suo zio nonché migliore amico –. Confido poi che, grazie a questa riforma, nasceranno in tutto il paese ottime scuole private che offriranno ai bimbi ricchi un’altissima offerta formativa. Senza l’intralcio dei compagnucci più poveri e ignoranti, i bimbi ricchi potranno imparare meglio, in modo più efficiente e meno time-consuming».

Il professor Urko Mihiyluv ha proposto inoltre di chiudere tutte le università pubbliche della Smangubria, rese ormai obsolete dalla riforma della scuola, e convogliare le risorse sulla sua università. «Molto meglio avere una sola super-università di eccellenza per duecento giovani smangubri, in grado di competere con le università dell’Ivy League e di Oxbridge, che buttar soldi in tanti piccoli atenei, soprattutto delle contrade meridionali». Il governo ha dichiarato che prenderà in seria considerazione la proposta dell’illustre docente.

Economisti di fama planetaria come Harrison Trickledown del Tim Truncheon Institute hanno lodato l’abolizione della scuola pubblica, fossile del XX secolo, e invitato gli USA e gli altri paesi europei a studiare con attenzione il case study Smangubria. «I nostri modelli e i dati che abbiamo in possesso ci dicono che l’ignoranza sarà la grande rivoluzione culturale del XXI secolo. Onore [kudos] al premier Mihiyluv, che continua a sbalordire il mondo» ha dichiarato Trickledown. Difficile dargli torto.

 L’immagine della copertina è stata tratta da Pixabay, che svolge un caritatevole servizio

TAG: scuola, Smangubria, Università
CAT: scuola, università

DA - https://www.glistatigenerali.com/scuola_universita-scienze/abolire-la-scuola-pubblica-ora/
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« Risposta #8 inserito:: Novembre 10, 2021, 06:33:57 pm »


Evelina Schatz
Ieri alle 18:25  ·

Trattatello del nero
                 “Si può dire, ora che ogni vera libertà sia nera” A. Artaud

“Plinio indica un nero ricavato dalle vinacce seccate, cotte in fornace e tritate con glutine, come uno dei quattro colori adoperati da Apelle, Polignoto, Micone e dagli altri famosi pittori greci. Le analisi chimiche rivelano l'uso di nerofumo impastato con sostanze grasse presso gli Egiziani, di tannino, galle di quercia e mirtillo presso gli Ebrei, di cortecce, di mallo di noce, noci di galla e solfato misto a ferro e rame presso i Romani e di numerose altre sostanze naturali come le ligniti, il bitume, gli scisti bituminosi, la grafite, la pirolusite e alcuni ossidi di ferro. Ma i neri più importanti e più diffusi, quelli di cui gli autori classici si dilungavano a descriverne le proprietà, la preparazione e le applicazioni, erano certamente l’atramentum ottenuto dalla fuliggine di resine e l’elephantium, ricavato dalla combustione dell’avorio” (*)

“Nero è il più bianco dei colori”, - dice il Poeta. E poi ancora: “E quell’unica strada era il nero”. Luogo della libertà. O di infinite tenebre. Colore algebrico o piuttosto il metacolore pari solo allo zero (0): il metasegno.
Quando un segno per il Niente o, più precisamente, quando un segno per l’Assenza entra nel lessico, qual è l’impatto? Potrebbe essere il paradigma o il prototipo di cambiamenti, e rivendicare allora il ruolo eminente: significanza è uno stato intellettuale in conflitto con la sua apparenza inespressiva, inspettacolare. La connessione con il niente, con il vuoto, con il posto in cui nessuna cosa è, ne fa il luogo di una sistematica ambiguità tra l’assenza di cose e l’assenza di segni.

Così il Poeta, eterno fingitore, del nero può dire: nero-porpora, nero-cerchio, nero-sole e persino nero-notte. “Oh, notte dove le stelle mentiscono luce, notte, unica cosa della dimensione dell’Universo, fammi diventare corpo e anima, parte del tuo corpo, fa si che io mi perda nel fatto di essere nera tenebra e diventi notte anch’io, senza sogni che siano stelle in me né sole, aspettando che risplenda in futuro”, — così dell’ambiguità e del desiderio di essere corpo nero, corpo notturno, corpo libero (!) scrisse Fernando Pessoa, il più fingitore dei poeti. Sono sempre al nero, i poeti, quando conferiscono alla luna e alla notte, da lei illuminata, il colore nel suo infinito.

Il nero accomuna la notte con le profondità della terra, il limo fertile del Nilo con il colore delle pupille
--------------
pupilla = 0
in greco
kùanos: pasta vitrea, colore turchino, blu scurissimo quasi nero, nero lucente dai riflessi blu, tinta plumbea.
mèlas: nero, ogni cosa nereggiante
kelainefés: cupo, fosco, caliginoso
in latino
ater. assenza di colore. assenza di luce oscurità, ombra.
niger. nero brillante, nerastro, nero splendente, blu-corvini

TOTALE: paura, disperazione, veleno, nube scura, ragni, serpi, morte vicina, oscurità di linguaggio.

Ecco tutti i colori scuri, quali i grigi intensi, i bruni e l’indaco scuro. Totti i colori pari allo zero, numero con il quale Schopenhauer indica il nero. Lo zero non è un’assenza, non è un niente, non è una semplice esclusione. Non è un intero, ma un metaintero, una regola intorno agli interi e alle loro relazioni. É un principio? pari al nero? che tinge la Creazione?
All’inizio c’era un fosco buio, senza confini di spazio. Così per i Fenici, così per gli Egizi. Uovo Cosmico degli Egizi e dei Fenici ripreso dall'astronomo belga Georges Lemaitre non è forse un simbolo dello 0? Quel periodo di universo in cui tutta la materia era compresa in un corpo unico e nero: la perfezione e la totalità, l’inizio e la fine. Il nero, come lo zero, sta per la concentrazione e per la latenza inespressa.

Zeus non nasce forse in una nera notte-grotta-caverna?
Già la stanza buia del Dio mesopotamico Marduk non era forse luogo dei destini, dimora della determinazione? O viceversa. Il nero/zero come simbolo della virtualità e della potenzialità. Complesso e algebrico, è l’intelligenza costruttiva. “ln verità io trabocco di possibilità senza limiti” (capitolo LXIV del Libro dei Morti), e Dio nel Salmo davidico si avvolgeva di Tenebre come di velo, acque oscure e dense nubi lo coprivano. Le dee-madri (Terra), dispensatrici di vita e di morte, erano spesso nere. Il nero è la morte senza nome. Di purissima essenzialità. Appunto, lo 0.
Ancora un po’ e diventerà rara come una propria vita. Propria morte ha perso le vie errabonde che vi ci portavano.

Perso il vibrante colore della fosca caligine che il ritmo dell’Universo scandisce.
Parafrasando Adorno sull’esperienza della morte che un tempo era il “prezzo assoluto del valore assoluto”, ora il nero/notte “cade insieme all’individuo che si è dissolto nella società”. Già dolore rilkiano. Nero/morte seduce per la sua inafferrabile lontananza. Oggi grigio/fumo della moderna democrazia fa dire che l’esperienza della morte/del nero non è più altro che la secessione di un essere vivente del consorzio/società. Soggetto che muore sprofonda sempre più al nostro sguardo e sempre più remota si fa la sua bianca/alba.
L’incompiutezza e la finitezza dell’esistere ci condannano a scrutare il nero: “l’altra faccia della vita, a noi opposta e per noi non illuminata” (Rilke), che è la “libertà per la morte”, la libertà di silenzio, di zero, ma anche di un’altra grammatica, quella delle virgole, della punteggiatura, del vivere, del bianco insomma, (già per Schopenhauer) che toglie alla morte/nero il suo senso dell’abisso. Così, abbandonata l’iniziale morte di ciascuno, ci ritroviamo vagabondi della morte, a volere un morire di nessuno.
...
“Dammi la morte che non sia la mia — scrive Rilke — ma la morte di nessuno, il morire che sia veramente venuto dalla morte, in cui io non debba morire, che non sia un evento, un evento che mi sia proprio, che accade a me solo – ma l’irrealtà e l’assenza in cui non avviene nulla in cui non mi accompagnano né amore, né senso, né pena; ma il puro abbandono di tutto ciò”.
Nero come pratica dell’oblio. L’operazione sovrana. Non appena la sovranità volesse subordinare a sé qualcuno o qualcosa, si sa che si lascerebbe riprendere dalla dialettica.
Sfuggire al progetto servile di conservare la vita – così L’opera al Nero della sovrana Yourcenar.
“Pochissimi sanno morire” — diceva Savinio, pochissimi muoiono. É un atto di energia. Guardare il sole — bruciarsi. Conoscenza è oltre. La nera araba pietra degli alchimisti: nigrum - nigrius — nigro (nero - più nero - più nero) in cui vi sono tutte le strade. “Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Passo di giorno in giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo, o del mio destino”. Pessoa era dei pochissimi. “Manteniamo il silenzio, silenzio sull’impenetrabile. Scendiamo mostrando il velo che non abbiamo mai alzato”.

Forse risponde, meditando, sull’aldilà a Gilgamesh:

 Dimmi amico mio, dimmi, amico mio!
Dimmi il regolamento delle terre che tu conosci...
 Non te lo dirò, amico mio, non te lo dirò.
Se ti dicessi il regolamento della terra che conosco, tu ti sederesti e piangeresti.
 Ebbene, io mi sederò e piangerò.
Si sono sempre seduti, gli artisti/poeti. E hanno pianto.
Sull’ossimoro: nero - luce - nero.
Sulla metafora e metafisica: caverna e sole (Platone). Sole è la Conoscenza. Cuore nero è l’invisibile o, piuttosto, ultravisibile — ecco il fatto metafisico. “Il cuore della luce è nero”, appunto, secondo Derrida. Ma “la lacrima di Mercurio è calda” secondo il Poeta.
Nell’opera d’arte è sempre contenuto un monito del tempo.

L’area del cittadino temporaneo si presenta come campo che sfugge a qualsiasi localizzazione. Il Quadrato altero di Malevič è in realtà un campo del tempo. Tempo bellico. Come lo è oggi. Tempo del Novecento. La velocità è tale da paralizzare il movimento. Volevano ben dire i futuristi e altri. Cioè, per dirla con Gillo Dorfles, il tempo è un feticcio, la rapidità è la tirannia assoluta. E questo diegetico (cineteatrale) tempo vorrebbe ricongiungersi con il presente continuo dell’Antica Cina.
Il feticcio della velocità ci porta, secondo Dorfles, ad una sorta di nuove barbarie, ad un regressum ad uterum dell’intera comunità umana. Ed ecco che si cerca di ricreare quell’intervallo, quella pausa perduta, quel presente continuo che precede questa diabolica assenza di intervallo che porta con sé l’accelerazione dei tempi e con essa l’oblio del Niente.
Nel codice scritto della notazione musicale occidentale affine allo zero sarebbe il segno del silenzio, la metanota — un vuoto, una pausa.
Qui a voler fare da guida all’ascolto, in questo luogo della pittura a/ nero, rintracciamo la sferzante proposta per Il dibattito sul niente e il suo opposto dialettico - il lutto, il Cosmo, l’Infinito. Vi ricordate “De pictura” di Alberti'? Di certo è che “l’nero e il bianco fa le cose dipinte parere rilevate”. In qualche modo, secondo i classici, è l’incontro del bianco con il nero che genera il colore. Colori e odori, funebre scorza, l’albero sabeo. Eterno sbattersi contro il corpo dell’esistenza, della sopravvivenza, dell’oblio e dell’annichilazione, fino ai paradossi retorici del nihil: vedi ossimori visivi del niente nella pittura olandese della natura morta, nelle profezie pittoriche gonfie di miracolo del Goya, concluse nella macabra grammatica di Malevič o Rodčenko.
“Nulla è visibile in questo mondo se non alla condizione d’una luce mescolata di tenebre, d’una oscurità rischiarata. I colori sono dunque le proprietà d’un corpo oscurato, d’una luce oscurata”, — scriveva Kircher già citato da Goethe…

Questi e altri pensieri ci venivano alla mente di fronte alle dislocazioni che con il nero — uno dei quattro colori dell’araldica principali, — si creano o piuttosto si impaginano policromie, sotto la luce viva e violenta, l’aria traslucida e il cielo terso mediterraneo orientale di un paese di posseduta scala dei colori.

(*) Lia Luzzato e Renata Pompas “Il significato dei colori nelle civiltà antiche” -

Da Fb del 7 novembre 2021
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